Prospettive assistenziali, n. 47, luglio - settembre 1979

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

INDAGINE CONOSCITIVA DEL SENATO SULLE MODIFICHE ALLE LEGGI DELLA ADOZIONE SPECIALE E ORDINARIA, DELL'AFFIDAMENTO E DELL'AFFILIAZIONE

 

Proseguiamo in questo numero a relazionare sulle udienze conoscitive che la Commissione Giustizia del Senato ha promosso sulle proposte di legge presentate nella scorsa legislatura in materia di adozione speciale e ordinaria, affilia­zione e affidamento.

La prima parte è stata pubblicata sul n. 45 di Prospettive assistenziali; il seguito sarà pubbli­cato prossimamente.

 

 

Dagli enti interpellati è emerso quanto segue:

 

Comune di Bari

Il capo ripartizione dell'Assessorato alla pub­blica istruzione si limita a preannunciare che il Comune comunicherà alla Commissione i risul­tati di una indagine che l'Assessorato sta ulti­mando sulla delinquenza minorile.

 

Comune e Provincia di Perugia

Il capo sezione dei servizi sociali del Comune, Andrea Rondini, dopo l'illustrazione di una me­moria redatta dal Comune con la collaborazione della Provincia, precisa che gli interventi dei due enti sono diretti alla deistituzionalizzazione dei minori. Rileva «che la recente crisi economica ha causato una certa indisponibilità da parte delle famiglie sia ad adottare sia ad accogliere minori in affidamento».

L'assistente sociale della Provincia di Perugia, Maria Fernanda Petacca, precisa invece che 480 sono le domande di adozione finora presentate, e che il Tribunale, con i servizi sociali della Pro­vincia e del Comune, con cui opera in stretta col­laborazione, «sta procedendo ora all'esame delle domande presentate nel 1973».

Sull'affidamento precisa che «le famiglie affi­datarie vengono seguite periodicamente dai ser­vizi sociali, a volte anche mediante conferimento di denaro», e che «le famiglie d'origine, soprat­tutto all'inizio, si mostrano contrarie all'affida­mento dei minori ad altre famiglie piuttosto che ad istituti».

La scarsa entità del contributo è una delle cau­se, secondo Mirella Castaberte, assistente so­ciale del Comune di Perugia, per cui mancano fa­miglie disponibili all'affidamento.

L'affidamento «costituisce generalmente una iniziativa del Tribunale per i minorenni, mentre il Comune risolve autonomamente i casi più sem­plici e che involgono decisioni di minore por­tata».

 

Comune di Firenze

Andrea Croci, funzionario dell'Assessorato alla sicurezza sociale e assistenza, dopo aver fatto presente l'impegno e le difficoltà incontrate dal Comune nell'organizzazione di servizi per le fa­miglie e i minori, sostiene la necessità di modi­ficare la legislazione vigente in materia di ado­zione, affiliazione e affidamento. In particolare ri­leva che, verificata l'inadeguatezza della figura del giudice tutelare rispetto alle funzioni ad esso attribuite dalla legge 431/1967, «sembrerebbe più opportuno concentrare ogni competenza sul Tribunale per i minorenni»; inoltre non vi sareb­be motivo di mantenere in vita l'adozione ordi­naria e l'affiliazione con l'auspicabile elevazione dell'età massima per l'adozione speciale a 18 anni.

Sull'affidamento aggiunge che «risulta dall'esperienza che l'ente locale svolge un'efficace mediazione fra la famiglia di origine e la nuova famiglia, mentre si potrebbe ricorrere al Tribu­nale per i minori, soltanto quando vi sia da supe­rare un netto rifiuto della famiglia d'origine, ov­vero occorra dichiarare l'adottabilità in via d'ur­genza». Precisa inoltre che «attualmente l'affi­damento effettuato con decreto del Tribunale pre­senta, rispetto al provvedimento dell'autorità am­ministrativa, soltanto il vantaggio di regolariz­zare la situazione del minore per quanto concer­ne lo stato di famiglia, l'assistenza sanitaria e l'esercizio della potestà dei genitori in sede sco­lastica. Tali vantaggi non avrebbero però giustifi­cazione: si potrebbe quindi attribuire corrispon­dente valore giuridico al provvedimento dell'auto­rità amministrativa».

Andrea Croci esprime un consenso di massima sulla possibilità del cosiddetto «preaffidamen­to», che la madre potrebbe decidere prima della nascita, a condizione «che la decisione della ma­dre possa essere revocabile fino all'ultimo mo­mento utile». Tornando al problema generale dei servizi sociali, sottolinea ancora «le difficoltà di personale e finanziarie incontrate dall'ammini­strazione comunale nell'attuazione dei compiti attribuitegli dall'art. 23 del DPR 616/77, difficoltà affrontate finora ricorrendo ad erogazioni della Regione che suppliscono ai fondi originariamente provenienti dai Ministeri».

Concludendo il suo intervento, il rappresen­tante del Comune di Firenze precisa che «nei rapporti col Tribunale per i minori si è riscontrata fino ad oggi un'atmosfera di completa collabora­zione, nell'ambito della quale l'autorità ammini­strativa comunale prepara e quindi propone le scelte che adotterà poi il Tribunale».

 

Comune di Bologna

L'assessore alla sicurezza sociale Loperfido precisa che i servizi sociali del Comune hanno operato per evitare nuove istituzionalizzazioni di minori e per deistituzionalizzare quelli già rico­verati negli istituti, attraverso soprattutto la rea­lizzazione di gruppi appartamento nei quartieri di provenienza dei minori stessi. Ritiene inoltre che gli affidamenti familiari «possano costituire una valida alternativa sia all'adozione, sia alle altre forme di intervento assistenziale». Sulle modi­fiche legislative necessarie nel settore sarebbe opportuno, a suo parere, «che la nuova legisla­zione si incentrasse soprattutto sulla incentiva­zione dei servizi territoriali degli enti locali. Sa­rebbe inoltre utile semplificare il più possibile il procedimento di adozione ed unificare le figure dell'adozione speciale e di quella ordinaria».

 

Provincia di Bologna

L'assessore alla sicurezza sociale, Alessandro Ancona, concorda con quanto esposto dall'asses­sore Loperfido, precisando che si è instaurata una positiva collaborazione a livello operativo tra i servizi dei Consorzi socio-sanitari (formati da Comuni e Province) e il Tribunale per i minorenni.

Illustra l'attività svolta dalla Provincia per la ristrutturazione degli istituti, osservando che «negli anni dal 1976 al 1978 è cresciuta la ri­chiesta di istituzionalizzazione e di conferimento di sussidi a favore di figli illegittimi rispetto a quelli legittimi e a quelli abbandonati».

Ritiene che «lo strumento dell'affidamento possa essere estremamente positivo a bisogni diversi da quelli cui può far fronte l'adozione, a patto che sia reso più snello e che debba essere gestito dai servizi sociali degli enti locali più che, direttamente, dalla magistratura».

Concludendo «non crede che crei problemi la mancata corresponsione di assegni familiari alle famiglie affidatarie, perché già ad esse viene con­ferito un contributo per il mantenimento del mi­nore, variabile secondo il reddito della famiglia dalle 80 alle 180 mila lire. Non suscita dubbi di sorta invece la possibilità che i genitori affida­tari abbiano la rappresentanza dei minori negli organi collegiali scolastici».

 

Comune e Provincia di Terni

Rita Alpini, assistente sociale dell'Assessora­to ai servizi sociali del Comune di Terni, riferisce sull'assistenza ai minori attuata dal Comune di Terni, soffermandosi sulle difficoltà incontrate nell'assistenza alle famiglie che è improntata alla riconosciuta opportunità di conservare, per quan­to è possibile, il rapporto del minore con la fa­miglia di origine.

Giovanni Guidi, capo ripartizione dell'Assesso­rato all'assistenza della Provincia di Terni, chia­risce le difficoltà incontrate nella gestione delle competenze assistenziali della Provincia che van­no assottigliandosi e che comunque non sono chiare in presenza di una assai confusa riparti­zione delle funzioni fra la Provincia e il Comune. Ritiene pertanto auspicabile un riordinamento delle competenze con legge dello Stato. Per quanto riguarda i disegni di legge all'esame della Commissione, dichiara che l'Amministrazione della Provincia di Terni, sulla base della propria esperienza nell'assistenza minorile, è favorevole all'elevazione del limite di età per l'adozione spe­ciale al di sopra degli 8 anni, nonché ad una im­postazione della futura normativa che tenda a prevenire, per quanto possibile, la necessità di dover procedere agli affidamenti e alle adozioni, per mezzo di una più attiva assistenza a favore della famiglia di origine.

Rita Alpini rispondendo a quesito posto da un componente della Commissione, afferma che l'af­filiazione non appare oggi, ormai, come l'istituto più appropriato per i minori in stato di abbando­no, essendo da preferire senz'altro l'adozione speciale. Tuttavia, anche l'istituto dell'affiliazione può essere considerato tuttora utile, in taluni casi.

 

Provincia di Torino

Interviene l'assessore alla Sicurezza Sociale, Attilio Sabbadini, il quale «riservandosi di tra­smettere alla Commissione una memoria detta­gliata sui quesiti dell'indagine, afferma che le procedure di affidamento e di adozione non do­vrebbero svolgersi sulla base di atti coercitivi, quali sono le decisioni del Tribunale per i minori, atti che distolgono le famiglie dal collaborare. È ovvio tuttavia che in caso di contrasti dell'auto­rità amministrativa con le famiglie sulle soluzioni da adottare, l'intervento del magistrato è indi­spensabile. Per quanto concerne in particolare l'istituto dell'adozione ritiene che quella speciale - particolarmente se verrà elevato ai 18 anni il limite massimo di età dell'adottando - sia con­figurata in modo da garantire gli interessi del mi­nore, mentre l'adozione ordinaria tende soprattut­to agli interessi degli adottanti».

Rispondendo a una domanda del senatore Bau­si, l'assessore Sabbadini conferma che «l'ado­zione ordinaria può, in pratica, facilitare il "mer­cato dei bambini" dato che un riconoscimento del minore - anche se non sincero - da parte della madre, è sufficiente a sottrarre il caso ai controlli sociali previsti per l'adozione speciale, agevo­lando quindi accordi illeciti e rendendo possibile l'adozione anche da parte di adottanti che non hanno i requisiti psico-sociali necessari».

Il dottor Galanzino riferisce sulla gestione dei compiti riguardanti gli affidamenti da parte della provincia di Torino, chiarendo come il servizio non sia ancora sufficientemente esteso localmen­te, per le difficoltà di intervento anche da parte dei comuni.

Il servizio ha comunque ottenuto il risultato po­sitivo di far rientrare gli affidati, nella maggior parte dei casi, nelle famiglie di origine.

 

Comune di Torino

Maurizio Motta dell'Assessorato alla sanità e ai servizi sociali precisa che gli interventi nel settore assistenziale del Comune di Torino sono prioritariamente orientati alla prevenzione della richiesta assistenziale, «mediante interventi nei settori della scuola e del tempo libero, servizi a favore degli handicappati e dei disadattati, inter­venti economici in favore delle famiglie. Anche per quanto concerne l'assistenza minorile del Co­mune si riscontra un positivo aumento dei casi di rientro nella famiglia originaria di minori già dati in affidamento. Per quanto attiene infine alla difficoltà di personale (in dipendenza dalla impos­sibilità di procedere a nuove assunzioni), il Co­mune ha cercato di utilizzare al meglio le strut­ture ereditate dall'Istituto provinciale di assisten­za all'infanzia e dall'OMNI».

 

Comune e Provincia di Roma

L'assessore all'assistenza sociale della Provin­cia, Giovanni Petrini, fa presente le «difficoltà di utilizzare gli istituti dell'affidamento e dell'ado­zione in favore dei minori handicappati, poiché difficilmente si trovano famiglie disposte a far­sene carico: di qui la necessità del ricovero in istituto che purtroppo può durare per la vita in­tera. Al di fuori del problema degli handicappati, l'istituto della adozione speciale ha avuto grande sviluppo, eccettuati i casi dell'abbandono soprag­giungente nel corso dell'adolescenza».

Interviene quindi Cesarina Tugnoli, direttrice dell'Istituto provinciale di assistenza all'infanzia, riferendo che «nella zona di competenza dell'isti­tuto (che si estende anche oltre la Provincia) il numero annuale degli esposti è sceso in misura notevole. Per i pochi che rimangono attualmente, l'affidamento e l'adozione risultano assai facili, trovandosi anzi agevolmente anche famiglie di­sposte ad accettare il minore in stato di abban­dono sopravvenuto successivamente. In tale con­testo ritiene che si possa avere più fiducia, ri­guardo al futuro, anche per quanto concerne gli handicappati, posto che le esigenze degli adot­tanti, quanto ai requisiti richiesti nell'adottando, vanno positivamente diminuendo. Per quanto con­cerne le situazioni pregiudizievoli per l'evoluzio­ne psichica del minore, ritiene che sia necessario procedere con maggior sollecitudine, quando si tratta di troncare un rapporto con i genitori natu­rali che diviene sempre più dannoso al minore con l'avanzare della sua età: a tale riguardo gli organi competenti, e in primo luogo la magistra­tura, dovrebbero rendersi conto che non si tratta di recare giovamento alla famiglia per mezzo del minore, bensì al minore per mezzo della fa­miglia».

Fernando Sarandrea dell'Assessorato all'igiene e sanità del Comune di Roma rileva che «il Co­mune di Roma ha una seria carenza di personale preparato per i compiti di assistenza minorile. Tuttavia l'istituto dell'adozione speciale si può considerare come ben funzionante, mentre però sarebbe auspicabile una assistenza ulteriore alle famiglie adottanti (dopo l'adozione) da parte de­gli organi dell'assistenza pubblica».

Sull'adozione ordinaria, in base all'esperienza acquisita dall'amministrazione del Comune di Roma ritiene che «si possano avere delle per­plessità sulla ulteriore validità di questo istituto in futuro. Circa il problema degli handicappati, condivide l'opinione che si debba ridurre al mas­simo i ricoveri in istituti», istituti su cui il Co­mune e la Provincia effettuano rigorosi e continui controlli.

Sul problema dell'assistenza minorile nel suo insieme, auspica che «la futura legge dello Stato di riassetto della assistenza possa presto met­tere ordine nella ripartizione delle competenze tra Provincia e Comune». Esprimendo il proprio parere sui disegni di legge all'esame della Com­missione afferma che «il legislatore dovrebbe definire con massima attenzione, in materia di adottabilità sia il presupposto morale che quello materiale, entrambi indispensabili per costituire lo stato di abbandono» precisando che comunque «l'ente pubblico deve intervenire a sostegno dei genitori che si trovino in difficoltà: sia per l'ab­bandono materiale che per quello morale, prima di ritenere che sussista lo stato di abbandono occorre verificare se sia stato fatto quanto è pos­sibile per porre i genitori in condizioni di assol­vere i loro doveri nei confronti dei figli».

Sullo stato di abbandono interviene anche Antonietta Natuzzi che precisa «in ordine al presup­posto "morale" per il sorgere dello stato di ab­bandono, che non può essere considerato di per sé come concretizzante assistenza morale il sem­plice interessamento della madre, allorquando il rapporto madre-figlio è sostanzialmente viziato da una tendenza possessiva che viene a subor­dinare gli interessi del minore a quelli della ma­dre. In proposito ritiene inoltre che da parte della magistratura vi dovrebbe essere maggiore atten­zione nel dare corso a provvedimenti di dubbio fondamento, sotto l'aspetto dell'interesse reale del minore».

I rappresentanti della Provincia e del Comune di Roma, si impegnano a presentare una nota scritta di approfondimento su alcuni degli argo­menti trattati.

 

Comune e Provincia di Catania

L'assessore ai servizi socio-sanitari, Matteo Bonaccorso, dopo aver lamentato «il mancato collegamento delle strutture comunali con quelle assistenziali, anche a causa della carenza di per­sonale e, soprattutto con l'amministrazione della giustizia che procede molto lentamente in questo settore», fornisce alcuni dati riguardanti l'ado­zione ordinaria e speciale, rilevando «come le richieste di adozione speciale siano di gran lunga superiori alle declaratorie di adottabilità dei mi­nori».

Per «evitare le già menzionate lungaggini bu­rocratiche e giudiziarie che ostacolano la proce­dura di adozione», conferma che molti hanno fatto ricorso «allo strumento, offerto dalla rifor­ma del diritto di famiglia, del "falso" riconosci­mento di bambini nati fuori del matrimonio».

Presenta, quindi, il programma di intervento dell'amministrazione comunale nel settore mino­rile (asili nido, case famiglia, ecc.) per deistitu­zionalizzare gli oltre duemila bambini ricoverati. Questo programma si presenta comunque di dif­ficile realizzazione per la sussistenza, secondo Maria Casella, assistente sociale, di inconve­nienti soprattutto di natura pratica ed operativa anche a causa della disorganizzazione degli uffici giudiziari e per le difficoltà, - secondo l'assi­stente sociale Maria Vittoria Feltri - incontrate nel far accettare dalle famiglie siciliane le ini­ziative alternative al ricovero.

Rispondendo ad alcuni quesiti posti dai compo­nenti della Commissione, Maria Casella precisa successivamente che sugli attuali 2800 ricoveri di bambini, quelli necessari sono circa 500, men­tre gli altri sono dovuti sostanzialmente a caren­ze delle strutture pubbliche nel campo della pub­blica istruzione. Inoltre M.V. Feltri informa che è sorta a Catania una rete di istituti privati, pre­valentemente a carattere speculativo, che copre la fascia dei bambini dai tre ai sei anni ai quali non provvede l'assistenza pubblica. Anche Enea Ferrante della Provincia di Catania, lamenta «le enormi difficoltà esistenti, soprattutto a causa delle complesse procedure giudiziarie e delle re­more, che spesso vengono frapposte da parte dei magistrati alle adozioni, tanto che in genere le procedure non hanno una durata inferiore ai tre anni. Auspica quindi un loro snellimento, tanto più che nella Provincia di Catania vi sono molte coppie di coniugi in attesa di adottare un bam­bino».

Maria Anastasi, assistente sociale della Pro­vincia di Catania, osserva, a proposito dell'ado­zione speciale, che «non si riescono a trovare minori che posseggano le caratteristiche per es­sere dichiarati in stato di adottabilità: occorre a tal uopo un intervento normativo chiarificatore. Confida inoltre che ai consultori vengano affidati maggiori compiti nel campo della prevenzione e si dichiara favorevole al contenuto dei disegni di legge nn. 1116-bis e 124, soprattutto per la parte in cui si propone di recidere i legami, prin­cipalmente anagrafici, tra gli adottati e le fami­glie di origine».

 

Comune e Provincia di Venezia

L'assessore alla sicurezza sociale Elionella Finzi Federici premette che «l'amministrazione comunale di Venezia ha ritenuto di dover impo­stare il ruolo dei consultori familiari come com­prendente in sé anche l'assistenza minorile, stan­te che l'assistenza ai minori, qualunque sia la loro situazione, dovrebbe rientrare nel quadro dell'assistenza alle famiglie. In tal senso ritiene che dovrebbe essere più opportunamente definita l'attuale legislazione dello Stato (legge n. 405) e anche quella regionale di attuazione».

Rispondendo quindi ad una domanda della se­natrice Giglia Tedesco Tatò, l'assessore Finzi Fe­derici riferisce «che l'amministrazione comunale si è valsa soprattutto - al fine di evitare il ri­covero dei minori - di due alternative: l'eroga­zione di aiuti finanziari alle famiglie (vengono sostenuti attualmente 64 nuclei familiari, evitan­do con ciò il ricovero per 121 minori); e la pre­disposizione di adeguati servizi sociali. Al ri­guardo, si fa affidamento soprattutto sulla dispo­nibilità di asili-nido, che è stata portata, dai due asili ereditati dall'OMNI, a 19 unità».

L'assessore alla sanità della Provincia, Loris Andrioli, interviene precisando che «per l'assi­stenza minorile la Provincia si vale ancora essen­zialmente delle strutture ereditate dall'ONMI, le quali tuttavia operano con un rendimento minore rispetto a quello che si registrava anteriormente allo scioglimento dell'ente. Per quanto concerne la deistituzionalizzazione, dichiara che in molte zone - nelle quali vi sono per le famiglie note­voli difficoltà di ordine economico e sociale - si deve ricorrere purtroppo, ancora in gran pre­valenza al ricovero, che avviene presso 40 isti­tuti, quasi tutti retti da religiosi. La Provincia ope­ra, comunque, per favorire soluzioni alternative al ricovero, specialmente sovvenzionando i ser­vizi dei Comuni di minore dimensione addetti alle procedure di affidamento e di adozione. Inoltre, una équipe più consistente e più attrezzata opera centralmente - ovvero a livello provinciale - in stretto contatto con il Tribunale per i minori. Deve tuttavia ricordare come il numero degli af­fidamenti sia assai modesto, anche a causa dei ritardi delle erogazioni dei contributi alle famiglie affidatarie».

Sulle modifiche - a suo parere necessarie - alla legislazione attuale in materia di adozione, l'assessore Andrioli interviene ripetutamente nell'udienza precisando che dovrebbe essere con­sentita alle persone singole l'adozione, «tenuto conto che in qualche caso nella famiglia già affi­dataria avviene la separazione dei coniugi», men­tre «potrebbe essere soppresso l'istituto dell'af­filiazione, ed elevato al di sopra degli otto anni il limite di età per l'adozione speciale». Lamenta infine «l'imponenza assunta dal mercato clande­stino dei bambini che si alimenta soprattutto con bambini provenienti dalle regioni meridionali e dall'estero». Su questo grave e vasto fenome­no, egli richiama l'attenzione della Commissione «sull'opportunità che, sul piano dei rapporti in­ternazionali, si controlli l'afflusso in Italia di bam­bini da Paesi nei quali le procedure equivalenti alla dichiarazione di stato di abbandono e di adot­tabilità sono eccessivamente facili e superficiali. Un simile intervento sarebbe importante soprat­tutto in quanto interventi successivi dell'ente pubblico, dopo che il bambino già da tempo vive nella famiglia che lo ha accolto, sono senz'altro impossibili. Anche per quanto concerne i bambini di provenienza dalle regioni meridionali, ritiene che sarebbe opportuno un maggior rigore per quanto concerne le procedure che portano allo stato di adottabilità».

 

Provincia di Milano

L'assessore all'assistenza e sicurezza sociale della Provincia, Tranquillo Bechis, presenta un do­cumento preparato dalla Provincia unitamente agli altri enti locali che operano nella zona di Milano, ad organizzazioni che si occupano di ma­teria minorile e al Tribunale per i minorenni; tale memoria è ispirata al concetto che deve essere data una famiglia ad ogni minore.

Enuclea poi «alcuni ulteriori problemi emersi nell'ambito della Provincia di Milano, ed in parti­colare quello costituito dalla ricerca, spesso as­sai difficoltosa, ma forse superabile con un con­gruo aiuto da parte dell'ente locale, di una fami­glia adottiva per i fanciulli portatori di handicaps; l'opportunità di ridurre i termini intercorrenti tra la sottrazione del minore alla patria potestà e la pronuncia di adozione, cercando almeno di riu­nire in un'unica fase contenziosa quelle relative alla declaratoria di adottabilità; l'opportunità in­fine di far durare il meno possibile l'affidamento eterofamiliare».

Vengono quindi forniti i dati relativi ai «minori ricoverati in istituti pubblici e privati nella pro­vincia di Milano, che attualmente, dopo l'ampia opera di deistituzionalizzazione attuatasi nell'am­bito provinciale, sono 750 unità». Precisa succes­sivamente che «i minori ricoverati nell'istituto provinciale dell'assistenza per l'infanzia di Milano dai 150 del 1975 sono passati agli attuali 70, perché si è preferito ricorrere all'affidamento, conferendo alle famiglie affidatarie un incentivo di carattere economico non irrilevante. Nella Pro­vincia di Milano si è inoltre sempre proceduto a dare in affidamento i minori non riconosciuti direttamente alle famiglie, senza passare per l'IPAI».

Lo stesso istituto provinciale per l'infanzia sa­rà ristrutturato «per ridurre la funzione dell'IPAI esclusivamente a quella di pronto intervento, tra­sferendo gli altri compiti alle comunità alloggio e agli asili-nido permanenti».

 

Tribunale per i minorenni di Perugia

Il presidente, Giorgio Battistacci, afferma che «nel decennio di applicazione ormai trascorso l'adozione speciale ha dimostrato di essere un istituto valido - almeno per quanto concerne le esperienze riscontrate in Umbria - anche se tale successo può essere in parte attribuito all'attiva collaborazione degli Enti locali, e soprattutto del­la Provincia, specialmente nella individuazione degli stati di abbandono e per la selezione delle coppie aspiranti all'adozione. Per quest'ultima in­combenza è stato di valido aiuto anche il Centro di igiene mentale di Perugia, con gli esami psico­logici delle coppie. L'attività che conduce alle adozioni speciali è stata quindi assai intensa ne­gli anni trascorsi; è però ora pressoché esaurita, sia per la diminuzione delle nascite che per il completato controllo delle situazioni degli istitu­zionalizzati, dalle quali non emergono ulteriori possibilità di adozione. Infatti, nel quadro della politica di riduzione dell'istituzionalizzazione per mezzo di soluzioni alternative - portata avanti dalla Provincia e successivamente dalla Regione - i minori ricoverati in istituto sono scesi da circa 4000 a circa 1000, e anche per questi re­sidui ricoverati non si può parlare di stato di ab­bandono e quindi non vi sono previsioni di ado­zione».

Il presidente Battistacci illustra quindi alcuni limiti della legge sull'adozione speciale, limiti che potrebbero essere superati nella nuova nor­mativa; essi sono: «le difficoltà derivanti dal li­mite di otto anni di età per l'adozione speciale (al quale talvolta si può porre rimedio ricorrendo all'adozione ordinaria); alcune complicazioni non necessarie nelle procedure di notificazione che preludono alla dichiarazione dello stato di adot­tabilità; le difficoltà, per molti genitori naturali di modeste condizioni, di far valere le loro ragioni per mezzo di opposizione nel procedimento di adozione, stante l'attuale necessità di assistenza di avvocato, che non dovrebbe invece essere ri­tenuta indispensabile, data la natura non conten­ziosa di tale attività giudiziaria; la possibilità di dolose sottrazioni di minori alle segnalazioni per la dichiarazione di stato di abbandono, anche se nella regione Umbria tali abusi non sembrano ve­rificarsi, per l'attento controllo sugli istituti; la mancata precisazione del limite di durata della situazione di forza maggiore, ai fini dello stato di abbandono ai sensi dell'articolo 314/4 del codice civile; l'opportunità di sanzionare penalmente, ol­tre che le mancate segnalazioni di stati di abban­dono di cui sopra, anche le eventuali "vendite di minori", nonché di prevenire abusivi riconosci­menti, non rispondenti a realtà, da parte di geni­tori che non potrebbero adottare; l'opportunità di promuovere maggiormente in sede legislativa, e ovviamente anche finanziaria, l'assistenza ai ge­nitori naturali che si trovano in difficoltà mate­riali nell'adempimento dei loro doveri verso i fi­gli; l'opportunità di prevedere misure più inci­sive al fine di impedire che possa essere cono­sciuto l'atto di nascita originario del minore adot­tato; l'opportunità di sottrarre ad un qualche con­trollo la validità degli atti che conducono alla sot­trazione di minori, all'estero, alle famiglie natu­rali, conducendo spesso troppo facilmente a quel­le che sono chiamate "adozioni internazionali"; l'opportunità infine di sopprimere l'istituto dell'affiliazione, ormai inutile, e di ridurre al minimo la sfera di applicazione dell'adozione ordinaria».

Il presidente Battistacci «richiama l'attenzione della Commissione sulla forse eccessiva facilità con cui nel giudizio in appello vengono accolte le opposizioni dei genitori naturali nel procedimen­to di adozione speciale: tali tendenze giurisdizio­nali, forse dipendenti anche da una sopravvalu­tazione del vincolo di sangue, recano in pratica conseguenze gravi, posto che la decisione del Tribunale per i minori interviene solo in caso di reale necessità, dopo un ponderato esame della situazione del minore in base della grande espe­rienza di tali organi giudiziari, specializzati nei problemi dei minori. Ritiene comunque ché at­tualmente il problema di una adeguata selezione delle coppie adottanti possa dirsi virtualmente risolto, a seguito della grande esuberanza di aspi­ranti rispetto ai pochi minori adottabili: in tale situazione occorrerebbe invece insistere per una piena attuazione dei compiti assistenziali affidati agli Enti locali dal decreto n. 616, piena attua­zione alla quale si frappongono scarsezza di mez­zi finanziari e di personale, ed anche forse una impreparazione culturale di molti funzionari degli Enti locali, fatta eccezione per quelli delle Pro­vince, che hanno una lunga esperienza nel set­tore».

Rispondendo ad alcune domande il presidente Battistacci precisa che «l'affidamento familiare dovrebbe essere disposto preferibilmente in via amministrativa, evitando l'intervento formalizzan­te del Tribunale per i minori (che può essere sen­tito come "autoritario") nell'intesa ovviamente che tali affidamenti amministrativi debbano es­sere sempre segnalati all'organo giudiziario. D'al­tra parte anche l'affidamento familiare può pre­sentare inconvenienti: si deve aver presente che il rapporto che si viene ad instaurare con i geni­tori affidatari non dovrebbe essere più spezzato, nei casi in cui l'affidamento è avvenuto in periodo neonatale. È anche da prevenire il sorgere di aspettative illegittime negli affidatari, ai quali deve essere chiarita la differenza rispetto all'af­fidamento preadottivo».

Sulle condizioni che determinano lo stato di abbandono del minore il presidente aggiunge inol­tre che «di fronte al problema della reversibilità o meno della malattia mentale delle madri, che concreta l'abbandono per il lato morale, lo stesso Centro di igiene mentale si trova spesso in diffi­coltà nell'esprimere un giudizio».

Sull'adozione di bambini stranieri precisa che avvengono prevalentemente «nell'ambito dell'at­tività del Centro italiano adozioni internazionali, con il quale vi è in pratica un accordo, che in via di fatto obbliga il CIAI a non procedere nel caso singolo se prima non ha avuto un'attesta­zione del Tribunale sull'idoneità della coppia aspirante all'adozione. Vi sono tuttavia adozioni che non avvengono per il tramite di questo or­ganismo, per lo più riguardanti - per quanto concerne l'esperienza fatta dal Tribunale di Pe­rugia - bambini indiani, che entrano in Italia per iniziativa di suore: anche in questi casi talvolta è stata chiesta preventivamente al Tribunale una attestazione sull'idoneità della coppia adottante. Certamente il Tribunale per i minori, quando di­chiara l'adottabilità, non è in grado di sapere se la provenienza del bambino dall'estero non possa destare preoccupazioni per quanto attiene ai prin­cipi giuridici che valgono nell'ordinamento ita­liano: in tal senso sarebbe auspicabile un con­trollo del Ministero degli affari esteri».

Risponde quindi ad una domanda sulle possi­bili soluzioni giuridiche di questo problema, af­fermando che esso non sembra di facile solu­zione e che si rendono necessarie nuove norme internazionali.

Sulla «adozione prenatale», prevista dalla pro­posta di legge di iniziativa popolare n. 1116 bis, il presidente Battistacci «esprime alcune per­plessità che lo troverebbe consenziente solo in via di principio. Non sembra infatti possibile po­ter prevedere con una certa sicurezza quale sarà la decisione definitiva della futura madre, che verrà adottata dopo la nascita. Nel caso comun­que che - come sembra assai consigliabile - non si voglia conferire irrevocabilità alla dichia­razione della madre prima della nascita, l'attuale legislazione appare più che sufficiente per prati­care una "adottabilità prenatale" che si ridurreb­be in sostanza ad un atto amministrativo di sem­plice "prenotazione"».

 

Tribunale per i minorenni di Firenze

Il presidente, Gian Paolo Meucci, nel suo in­tervento introduttivo rileva che «il principale ostacolo al funzionamento di tutto il settore dell'assistenza ai minori sia costituito dalla totale anarchia nel funzionamento delle strutture della nuova assistenza, così come esse sono state ipo­tizzate nel decreto del Presidente della Repub­blica n. 616 del 1977: in particolare, l'incertezza sulla sorte dell'istituto della Provincia crea note­volissime perplessità e difficoltà. La mancanza poi di una concreta intelaiatura giuridica di rife­rimento non permette una identificazione delle responsabilità e dei ruoli a ciascuno affidati, con­tribuendo a creare l'inefficienza operativa lamen­tata».

Sull'adozione speciale, osserva che «la legge vigente, pur con taluni difetti possa essere valu­tata positivamente: è quindi favorevole ai dise­gni di legge presentati, che sostanzialmente ne seguono l'impostazione fondamentale; tuttavia quello d'iniziativa del Senatore De Carolis ed altri appare essere più agile nella formulazione, e quindi più adatto ad essere recepito dagli ope­ratori del diritto. Si dichiara favorevole all'aboli­zione degli istituti dell'adozione ordinaria e dell'affiliazione. A proposito del disegno di legge n. 1116 bis (...) si dichiara sostanzialmente ad esso contrario, perché la proposta oltre ad es­sere di fatto inutile (infatti la prassi, almeno del Tribunale di Firenze, ha finora mostrato come si possano agevolmente risolvere tali problemi sen­za alcuna precostituzione di volontà di abbandono da parte della madre), sembra essere assoluta­mente ignara della psicologia femminile. Ritiene poi che i centri di accoglienza della vita, previsti in tale disegno di legge, oltre che a costituire organismi isolati rispetto agli altri che operano sul territorio, potrebbero dar luogo a gravi abusi a causa dei notevoli mezzi finanziari di cui dispor­rebbero».

Sull'affidamento familiare rileva che «seppure la giurisdizionalizzazione degli affidi abbia finora dato un buon risultato, tuttavia permangono per­plessità, soprattutto a causa dell'attuale struttu­razione del Tribunale per i minori: sarebbe quindi opportuno amministrativizzare il procedimento, lasciando l'intervento del magistrato al caso di insorgenza di conflittualità. Occorrerebbe altresì fare in modo che gli affidamenti non si ponessero sullo stesso piano del fenomeno adottivo».

In risposta ad alcune domande il presidente Meucci comunica che «per quanto riguarda il commercio dei bambini, ed in particolare il ri­corso al riconoscimento di figli dichiarati adulte­rini, al fine di eludere la legge sulla adozione, si è fatto ricorso ad espedienti di carattere pratico per individuare le possibili frodi. In merito all'adozione internazionale, il giudice italiano non può prendere alcuna iniziativa che riguardi la si­tuazione familiare d'origine del bambino, che do­vrebbe, più opportunamente, essere oggetto di convenzione internazionali».

Ad una domanda del relatore Bausi, il dottor Meucci risponde che «la lunghezza della proce­dura di adozione non dipende tanto dalla legge, quanto dai tempi tecnici occorrenti per il lavoro degli operatori sociali e del Tribunale, anche per­ché il provvedimento di adozione richiede la mas­sima cautela, involgendo scelte spesso dramma­tiche. Sarebbe però opportuno sopprimere in que­sti procedimenti il grado di appello».

 

Giudice tutelare di Firenze

Il giudice tutelare di Firenze, Catalbiano, dopo essersi associato alle affermazioni del presidente Meucci «relativamente agli inconvenienti cau­sati dall'intersecarsi delle competenze in materia assistenziale», fornisce i dati relativi ai casi di affiliazione negli ultimi anni nella città di Firenze. Afferma inoltre che «l'affiliazione si potrebbe agevolmente includere nel più ampio genus dell'adozione speciale. L'affidamento familiare inve­ce dovrebbe essere considerato come un servizio di appoggio temporaneo a favore della famiglia di origine».

A proposito dei disegni di legge all'esame, ri­leva «come un importante nodo da sciogliere sia quello della partecipazione o meno del giudice tutelare alle procedure: a suo avviso l'intervento del magistrato potrebbe avere un significato po­sitivo, soprattutto per i provvedimenti di urgenza, andrebbe però ristrutturato diversamente». Pre­cisa quindi, rispondendo ad alcune domande, che «l'affidamento dei minori, disposto dai Tribunali ordinari a seguito di sentenze, di separazione o di divorzio, crei gravi inconvenienti, soprattutto a causa della scarsa conoscenza personale dei problemi da parte dei giudici ordinari e del suc­cessivo sovrapporsi della competenza dei giudici tutelari. In ogni caso andrebbero però regolati uniformemente i criteri di affidamento dei figli all'uno e all'altro genitore».

 

Tribunale per i minorenni di Bologna

Il giudice del Tribunale di Bologna, Maurizio Millo, fa presente «come sia praticamente molto difficile trovare famiglie disposte a ricevere mi­nori in affidamento: sarebbe quindi opportuno ad­divenire ad una migliore regolamentazione nor­mativa soprattutto della responsabilità e dei po­teri delle famiglie affidatarie. L'affidamento po­trebbe poi suddividersi in due categorie, l'una più stabile, per certi aspetti simile all'affiliazione, dalla quale potrebbe essere successivamente as­sorbita, e l'altra di carattere più elastico, desti­nata a risolvere tutti gli altri problemi. Si dichiara poi favorevole ai disegni di legge presentati rela­tivamente alla materia dell'adozione, sottolinean­do l'esigenza di una semplificazione delle proce­dure. Osserva poi come, se accolti i disegni di legge all'esame, cadrebbe la necessità di mante­nere l'istituto dell'adozione ordinaria, cui oggi si ricorre solo nel caso di mancanza dei requisiti necessari ad ottenere il minore in adozione spe­ciale».

Affronta quindi alcuni problemi particolari, co­me «l'opportunità che la procedura di abbina­mento dei minori alle famiglie di adozione ven­ga delegata ad organi amministrativi, lasciando eventualmente al giudice l'intervento in caso di conflitto; (...) la personale contrarietà alla possi­bilità di adozione da parte di persone non spo­sate; l'estrema difficoltà creata ai Tribunali per i minorenni dalla polverizzazione dei servizi so­ciali; l'opportunità di definire l'abbandono del mi­nore in modo elastico ed invece di tipicizzare i casi nei quali sia ammesso il ricorso all'ado­zione».

Ad una domanda della relatrice Giglia Tedesco Tatò, il dottor Millo conferma che «è senza dub­bio positivo un trasferimento totale della potestà parentale alla famiglia affidataria, mentre nel ca­so di affidamenti temporanei il problema mag­giore è costituito dalla regolamentazione dei rap­porti tra la famiglia affidataria e quella d'ori­gine».

 

Giudice tutelare di Bologna

Il giudice tutelare di Bologna, Lucio D'Atti, dopo aver rilevato come in Emilia «si sia ten­tato, senza però risultati concreti, di dare vita alle nuove entità che dovrebbero operare nel campo dell'assistenza ai minori» si dichiara favorevole al contenuto della proposta di legge di iniziativa popolare n. 1116 bis, «che prospetta la libertà come un fatto bivalente, pur dichiarandosi per­plesso dalla eventuale istituzione di nuove strut­ture; reputa non inutile né obsoleta l'adozione ordinaria, che almeno in alcuni casi si dimostra tutt'oggi valida».

Sul problema della giurisdizionalizzazione de­gli interventi in campo di affidamento, andrebbe superata, a suo parere, «l'attuale prospettiva della coesistenza del Tribunale per i minorenni e del giudice tutelare, ristrutturando l'organo giu­diziario mediante l'istituzione di una sorta di giu­dice della famiglia».

In risposta ad una specifica domanda, il giu­dice D'Atti si dichiara «favorevole al maggior credito che viene fatto nel progetto d'iniziativa comunista alla responsabilità del magistrato per l'attuazione del principio legislativo di preferenza dell'adozione legittimante, pur con i rischi che esso comporta».

 

Tribunale per i minorenni di Torino

Il presidente Paolo Vercellone illustra un docu­mento che viene consegnato alla Commissione, sull'attività svolta dal Tribunale. Riferisce che «fino al dicembre '78 sono stati dichiarati adot­tabili più di 9.700 bambini, figli di genitori ignoti, con una netta tendenza alla diminuzione, nell'ul­timo periodo, per i fattori sociali, dipendenti pro­babilmente dal mutamento sociologico della fi­gura della ragazza madre, dalla diffusione degli anticoncezionali e dalla nuova legge sull'aborto. Nello stesso periodo sono stati dichiarati adotta­bili 1.938 bambini riconosciuti da entrambi i ge­nitori, e quindi complessivamente si è giunti a dichiarare più di 3.500 adozioni speciali». Ag­giunge che «in generale, le famiglie e gli Enti locali hanno cercato di evitare il ricovero del bambino in istituti; purtroppo alcune famiglie temono però anche l'adozione speciale, perché non vogliono perdere i legami con il bambino: deriva da tutto ciò un incremento degli "asili­ombra", e quindi anche dei casi di bambini mal­trattati o denutriti».

«La procedura per l'adozione speciale non è mai stata molto rapida per i bambini riconosciuti, mentre per i bambini figli di ignoti si è cercato, soprattutto negli ultimi tempi, di accelerare al massimo la procedura. Ritengo, quindi, positivo lo sveltimento della procedura delineato dai due progetti di legge, nn. 791 e 968, in materia di ado­zione speciale, che la Commissione sta esami­nando. Nel 1978, su 87 bambini ben 71 sono stati dichiarati adottabili nelle prime settimane di vita; ci sono stati solo pochi casi di dubbio da parte delle madri e sono stati tutti rapidamente risolti. Purtroppo i casi di adozione speciale riguardano esclusivamente i figli di famiglie povere, e ciò lo amareggia molto, pur essendo consapevole e certo che il Tribunale ha fatto solo il suo do­vere». Riferisce quindi che visto il gran numero di domande di adozione speciale rispetto al nu­mero limitato di bambini adottabili, anche il Tri­bunale per i minorenni di Torino «ha stabilito criteri di selezione, adottando una procedura piut­tosto lunga e garantista, e preferendo le coppie più giovani. I due progetti di legge in esame, a suo parere, accentuano troppo il controllo sulla disponibilità e idoneità delle coppie, prevedendo norme che risulterebbero poi difficilmente appli­cabili. Esprime invece il proprio consenso alla prevista introduzione della semplice dichiarazio­ne di disponibilità da parte della coppia, in luogo dell'attuale domanda, che obbliga il Tribunale ad esprimere e a motivare l'eventuale rifiuto».

Illustra quindi un documento elaborato dai giu­dici per i minorenni dell'Italia settentrionale, nel quale si esprime una sostanziale adesione al di­segno di legge n. 791, pur con alcune differenze. Il presidente Vercellone ritiene che «il disegno di legge n. 968 tenda a dare troppo spazio alle figure dell'adozione ordinaria e dell'affiliazione, a danno dell'adozione speciale. Per quanto ri­guarda il disegno di legge n. 1116 bis sull’“acco­glienza della vita umana e tutela sociale della maternità”, ritiene che i Tribunali per i minorenni abbiano poco a che vedere con questa materia, ma che, ad ogni modo, la previsione di una resi­denza per le gestanti che vogliano mantenere se­greta la loro gravidanza sia da rifiutare, e che in­fine le norme sull'adottabilità prenatale non sa­rebbero solo crudeli, ma anche inutili, in quanto i bambini non riconosciuti possono essere di­chiarati adottabili in appena un mese di tempo dalla nascita».

Sull'affidamento familiare, a suo parere, «es­sendoci il consenso della famiglia di origine, non richiede un provvedimento del giudice, al quale però deve essere notificato, poiché certo costi­tuisce sempre una spia di una situazione anoma­la. Vi è materia di intervento per il giudice solo allorché il rifiuto dei genitori ad affidare il bam­bino ad altra famiglia viene considerato dagli operatori sociali pregiudizievole per il bambino stesso».

Il presidente Vercellone interviene poi sul mer­cato dei bambini. A suo parere «poiché accadono sempre più di frequente riconoscimenti di pater­nità palesemente falsi, apparirebbe opportuna una norma che imponesse, per il riconoscimento di bambino neonato (nato da donna che non in­tende essere nominata) da parte di un adulto che si pretende padre, un controllo della conciliabi­lità delle caratteristiche genetiche del bambino con quelle del presunto padre».

Il presidente Vercellone, rispondendo a un que­sito posto dal sen. Petrella, si dichiara favorevole «alla istituzione di un giudice monocratico de­centrato con ampie competenze, lasciando fun­zionare nella maggioranza dei casi, i Tribunali per i minorenni solo come organo di secondo grado. Nella situazione attuale il giudice tutelare com­pie l'istruttoria, lasciando la decisione al Tribu­nale; egli auspica, all'inverso un giudice mono­cratico locale che ad intervalli regolari partecipi, per approfondire la sua esperienza, al Tribunale accentrato, escludendo però una istituzionalizza­zione di ciò, ovvero una consulenza collegiale».

 

Giudice tutelare di Torino

Il giudice tutelare di Torino, Edoardo Denaro, presenta un documento che illustra. La proposta di legge n. 781 prevede l'eliminazione dell'affilia­zione e la proposta n. 968 la sua «riduzione», ma a suo parere, «pur essendo negli ultimi anni diminuite drasticamente, possono ancora rispon­dere allo scopo di introdurre nella famiglia i figli che uno dei coniugi abbia avuto da un precedente matrimonio: andrebbe però eliminato il presup­posto dell'abbandono, che di fatto si verifica ra­ramente. A suo parere non si può estendere oltre certi limiti l'ambito di applicazione dell'adozione speciale, e va quindi mantenuta l'adozione ordi­naria, tuttavia bisogna evitare che essa costitui­sca un modo per pagare minori imposte di suc­cessione». Ritiene inoltre «eccessiva l'elevazio­ne a diciotto anni del limite di età per l'adottando nell'adozione speciale. Esprime poi perplessità sulla proposta di abilitare all'adozione anche per­sone singole o coppie non sposate». Afferma in­fine che «sull'affidamento familiare, che può con­tinuare a svolgere una funzione positiva, c'è so­prattutto da evitare il rischio di speculazioni».

 

 

NO A NUOVI ISTITUTI DI RICOVERO PER BAMBINI (1)

 

Molti quotidiani e settimanali hanno riportato nei giorni scorsi la notizia che Madre Teresa di Calcutta «cerca una casa a Roma, per accogliervi i bambini abbandonati» per «contribuire a com­battere l'aborto tramite l'adozione». Pare inoltre che la stessa «si sia in particolare rivolta al Va­ticano per avere la disponibilità di qualche con­vento abbandonato nel quale accogliere i bam­bini».

Vista la vasta popolarità che Madre Teresa gode non solo in Italia, ma in tutto il mondo, que­sta notizia suggerisce a noi, che ci occupiamo da anni di questi problemi, alcune considerazioni:

- le conseguenze negative del ricovero in isti­tuto sullo sviluppo psicofisico dei bambini so­no state attentamente studiate e verificate non solo a livello nazionale ma internazionale (v. Bowlby - Spitz - Aubry);

- ripetute ricerche sulle cause che determinano ancora oggi il ricovero in istituto di decine di migliaia di bambini hanno dimostrato che que­sti bambini sono spesso ricoverati non per il «disinteresse» o l'«abbandono» dei genitori, ma per la mancanza di interventi preventivi (lavoro e case adeguate ad esempio) e assi­stenziali alternativi (aiuti economico-sociali al­le famiglie d'origine, affidamenti, ecc...);

- dall'entrata in vigore della adozione speciale non vi sono problemi per l'inserimento adottivo dei bambini che si trovino nella «situazione di abbandono materiale e morale» prevista dalla legge 431/1967: le domande di adozione supe­rano di molto il numero dei bambini adottabili per cui non è assolutamente necessaria la creazione di un istituto per bambini «da ado­zione». Per i bambini invece che, temporanea­mente, non possono vivere coi loro genitori o parenti, è stato proposto e realizzato, in alter­nativa al ricovero in istituto, da Enti assisten­ziali l'affidamento familiare a famiglie o per­sone con risultati positivi;

- recenti leggi (DPR 616 e successivi decreti) hanno attribuito quasi tutte le competenze nel settore assistenziale alle Regioni (compiti le­gislativi) e ai Comuni e loro consorzi (compiti di gestione). Vanno denunciati gli enormi ritar­di con cui le Regioni stanno legiferando ed i conseguenti, gravissimi ritardi con cui le Re­gioni ed i Comuni stanno assumendo queste competenze;

- va segnalato che, all'interno della stessa Chie­sa, diversi operatori religiosi del settore hanno evidenziato in molti documenti questa realtà (v. al riguardo «Chiesa ed emarginazione in Italia» della Caritas italiana, edizioni Dehonia­ne, Bologna, 1979) e hanno auspicato e realiz­zato forme nuove di «testimonianza» cristiana sul territorio (es. apertura piccole comunità).

Concludendo, la difficile e complessa situazio­ne illustrata richiede l'impegno attivo di tutti i cittadini, forze politiche, sindacali e sociali, per trovare una corretta soluzione e per rispondere concretamente alle reali esigenze dei bambini «abbandonati».

E anche la Chiesa può contribuire a questo, im­boccando strade nuove, anche se possono sem­brare difficili, senza cadere in una logica che pri­vilegi le istituzioni invece della persona umana, a maggior ragione se è bambino.

 

 

ESPOSTO DELLA SEZIONE DI FIRENZE A TUTELA DI UN MINORE

 

Per tutelare in modo effettivo i minori a volte è necessario chiedere l'intervento dell'Autorità giudiziaria. È quanto hanno lodevolmente fatto alcuni aderenti all'ANFAA di Firenze che in data 21 maggio 1979 hanno sottoscritto un esposto al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze affinché disponesse i provvedimenti del caso.

Nell'esposto si segnala che il giorno 19 mag­gio 1979 presso l'Ospedale di Banti del Salviano è stata ricoverata la minore A.L. «con una ferita profonda al cuoio capelluto, evidente distacca­mento di epidermide in diverse parti del corpo, piaghe, la cessione di continuo della cartilagine del setto nasale».

 

 

 

(1) Comunicato stampa dell'ANFAA nazionale del 3 ago­sto 1979.

 

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