Prospettive assistenziali, n. 47, luglio
- settembre 1979
Notiziario
dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie
INDAGINE
CONOSCITIVA DEL SENATO SULLE MODIFICHE ALLE LEGGI DELLA ADOZIONE SPECIALE E
ORDINARIA, DELL'AFFIDAMENTO E DELL'AFFILIAZIONE
Proseguiamo
in questo numero a relazionare sulle udienze
conoscitive che la Commissione Giustizia del Senato ha promosso sulle proposte
di legge presentate nella scorsa legislatura in materia di adozione speciale e
ordinaria, affiliazione e affidamento.
La
prima parte è stata pubblicata sul n. 45 di Prospettive
assistenziali; il
seguito sarà pubblicato prossimamente.
Dagli enti interpellati è emerso quanto segue:
Comune di Bari
Il capo ripartizione
dell'Assessorato alla pubblica istruzione si limita a
preannunciare che il Comune comunicherà alla Commissione i risultati di una
indagine che l'Assessorato sta ultimando sulla delinquenza minorile.
Comune e Provincia di
Perugia
Il capo sezione
dei servizi sociali del Comune, Andrea Rondini, dopo l'illustrazione di una memoria
redatta dal Comune con la collaborazione della Provincia, precisa che gli
interventi dei due enti sono diretti alla deistituzionalizzazione
dei minori.
Rileva «che la recente crisi economica ha
causato una certa indisponibilità da parte delle famiglie sia ad adottare sia ad accogliere minori in affidamento».
L'assistente sociale della Provincia
di Perugia, Maria Fernanda Petacca, precisa invece
che 480 sono le domande di adozione finora presentate,
e che il Tribunale, con i servizi sociali della Provincia e del Comune, con
cui opera in stretta collaborazione, «sta
procedendo ora all'esame delle domande presentate nel 1973».
Sull'affidamento precisa che «le famiglie affidatarie vengono seguite periodicamente dai servizi sociali, a volte
anche mediante conferimento di denaro», e che «le famiglie d'origine, soprattutto all'inizio, si mostrano contrarie
all'affidamento dei minori ad altre famiglie piuttosto che ad istituti».
La scarsa entità del contributo è
una delle cause, secondo Mirella Castaberte,
assistente sociale del Comune di Perugia, per cui mancano famiglie
disponibili all'affidamento.
L'affidamento «costituisce generalmente una iniziativa del
Tribunale per i minorenni, mentre il Comune risolve autonomamente i casi più
semplici e che involgono decisioni di minore portata».
Comune di Firenze
Andrea Croci, funzionario
dell'Assessorato alla sicurezza sociale e assistenza, dopo aver fatto presente
l'impegno e le difficoltà incontrate dal Comune nell'organizzazione di servizi
per le famiglie e i minori, sostiene la necessità di modificare la
legislazione vigente in materia di adozione,
affiliazione e affidamento. In particolare rileva che, verificata
l'inadeguatezza della figura del giudice tutelare rispetto alle funzioni ad esso attribuite dalla legge 431/1967, «sembrerebbe più opportuno concentrare ogni competenza sul Tribunale per
i minorenni»; inoltre non vi sarebbe motivo di mantenere in vita
l'adozione ordinaria e l'affiliazione con l'auspicabile elevazione dell'età
massima per l'adozione speciale a 18 anni.
Sull'affidamento aggiunge che «risulta dall'esperienza
che l'ente locale svolge un'efficace mediazione fra la famiglia di origine e la
nuova famiglia, mentre si potrebbe ricorrere al Tribunale per i minori,
soltanto quando vi sia da superare un netto rifiuto della famiglia d'origine,
ovvero occorra dichiarare l'adottabilità in via d'urgenza». Precisa
inoltre che «attualmente
l'affidamento effettuato con decreto del Tribunale presenta, rispetto al provvedimento
dell'autorità amministrativa, soltanto il vantaggio di regolarizzare la
situazione del minore per quanto concerne lo stato di famiglia, l'assistenza
sanitaria e l'esercizio della potestà dei genitori in sede scolastica. Tali
vantaggi non avrebbero però giustificazione: si potrebbe quindi attribuire
corrispondente valore giuridico al provvedimento dell'autorità
amministrativa».
Andrea Croci esprime
un consenso di massima sulla possibilità del cosiddetto «preaffidamento»,
che la madre potrebbe decidere prima della nascita, a condizione «che la decisione della madre possa essere
revocabile fino all'ultimo momento utile». Tornando al problema generale
dei servizi sociali, sottolinea ancora «le difficoltà di personale e finanziarie
incontrate dall'amministrazione comunale nell'attuazione dei compiti
attribuitegli dall'art. 23 del DPR 616/77, difficoltà affrontate finora
ricorrendo ad erogazioni della Regione che suppliscono ai fondi originariamente
provenienti dai Ministeri».
Concludendo il suo intervento, il rappresentante
del Comune di Firenze precisa che «nei
rapporti col Tribunale per i minori si è riscontrata fino ad oggi un'atmosfera
di completa collaborazione, nell'ambito della quale l'autorità amministrativa
comunale prepara e quindi propone le scelte che adotterà poi il Tribunale».
Comune di Bologna
L'assessore alla
sicurezza sociale Loperfido precisa che i servizi
sociali del Comune hanno operato per evitare nuove istituzionalizzazioni di
minori e per deistituzionalizzare quelli già ricoverati
negli istituti, attraverso soprattutto la realizzazione di gruppi appartamento
nei quartieri di provenienza dei minori stessi. Ritiene inoltre che gli
affidamenti familiari «possano costituire
una valida alternativa sia all'adozione, sia alle
altre forme di intervento assistenziale». Sulle modifiche
legislative necessarie nel settore sarebbe opportuno, a suo parere, «che la nuova legislazione si incentrasse
soprattutto sulla incentivazione dei servizi territoriali degli enti locali.
Sarebbe inoltre utile semplificare il più possibile il procedimento di adozione ed unificare le figure dell'adozione speciale e
di quella ordinaria».
Provincia di Bologna
L'assessore alla sicurezza sociale,
Alessandro Ancona, concorda con quanto esposto dall'assessore Loperfido, precisando che si è instaurata una positiva collaborazione a livello operativo tra i servizi
dei Consorzi socio-sanitari (formati da Comuni e Province) e il Tribunale per i
minorenni.
Illustra l'attività svolta dalla
Provincia per la ristrutturazione degli istituti, osservando che «negli anni dal 1976 al 1978 è cresciuta la
richiesta di istituzionalizzazione e di conferimento
di sussidi a favore di figli illegittimi rispetto a quelli legittimi e a quelli
abbandonati».
Ritiene che «lo strumento dell'affidamento possa essere estremamente
positivo a bisogni diversi da quelli cui può far fronte l'adozione, a patto che
sia reso più snello e che debba essere gestito dai servizi sociali degli enti
locali più che, direttamente, dalla magistratura».
Concludendo «non
crede che crei problemi la mancata corresponsione di assegni familiari alle
famiglie affidatarie, perché già ad esse viene conferito un contributo per il
mantenimento del minore, variabile secondo il reddito della famiglia dalle 80
alle 180 mila lire. Non suscita dubbi di sorta invece la possibilità che i
genitori affidatari abbiano la rappresentanza dei
minori negli organi collegiali scolastici».
Comune e Provincia di
Terni
Rita Alpini, assistente sociale dell'Assessorato
ai servizi sociali del Comune di Terni, riferisce sull'assistenza ai minori
attuata dal Comune di Terni, soffermandosi sulle difficoltà incontrate
nell'assistenza alle famiglie che è improntata alla riconosciuta opportunità di
conservare, per quanto è possibile, il rapporto del minore con la famiglia di
origine.
Giovanni Guidi, capo ripartizione
dell'Assessorato all'assistenza della Provincia di Terni, chiarisce le
difficoltà incontrate nella gestione delle competenze assistenziali
della Provincia che vanno assottigliandosi e che comunque non sono chiare in
presenza di una assai confusa ripartizione delle funzioni fra la Provincia e
il Comune. Ritiene pertanto auspicabile un riordinamento delle competenze con
legge dello Stato. Per quanto riguarda i disegni di legge all'esame della
Commissione, dichiara che l'Amministrazione della Provincia di Terni, sulla
base della propria esperienza nell'assistenza minorile, è favorevole
all'elevazione del limite di età per l'adozione speciale
al di sopra degli 8 anni, nonché ad una impostazione della futura normativa
che tenda a prevenire, per quanto possibile, la necessità di dover procedere
agli affidamenti e alle adozioni, per mezzo di una più attiva assistenza a
favore della famiglia di origine.
Rita Alpini rispondendo a quesito posto da un
componente della Commissione, afferma che l'affiliazione non appare oggi,
ormai, come l'istituto più appropriato per i minori in stato di abbandono,
essendo da preferire senz'altro l'adozione speciale. Tuttavia, anche l'istituto
dell'affiliazione può essere considerato tuttora utile, in taluni casi.
Provincia di Torino
Interviene l'assessore alla
Sicurezza Sociale, Attilio Sabbadini, il quale «riservandosi di trasmettere
alla Commissione una memoria dettagliata sui quesiti dell'indagine, afferma
che le procedure di affidamento e di adozione non dovrebbero svolgersi sulla
base di atti coercitivi, quali sono le decisioni del Tribunale per i minori,
atti che distolgono le famiglie dal collaborare. È ovvio tuttavia che in caso
di contrasti dell'autorità amministrativa con le famiglie sulle soluzioni da
adottare, l'intervento del magistrato è indispensabile. Per quanto concerne in
particolare l'istituto dell'adozione ritiene che
quella speciale - particolarmente se verrà elevato ai 18 anni il limite massimo
di età dell'adottando - sia configurata in modo da garantire gli interessi del
minore, mentre l'adozione ordinaria tende soprattutto agli interessi degli
adottanti».
Rispondendo a
una domanda del senatore Bausi, l'assessore Sabbadini conferma che «l'adozione
ordinaria può, in pratica, facilitare il "mercato dei bambini" dato
che un riconoscimento del minore - anche se non sincero - da parte della madre,
è sufficiente a sottrarre il caso ai controlli sociali previsti per l'adozione
speciale, agevolando quindi accordi illeciti e rendendo possibile l'adozione
anche da parte di adottanti che non hanno i requisiti psico-sociali
necessari».
Il dottor Galanzino
riferisce sulla gestione dei compiti riguardanti gli affidamenti da parte della
provincia di Torino, chiarendo come il servizio non sia ancora sufficientemente
esteso localmente, per le difficoltà di intervento
anche da parte dei comuni.
Il servizio ha comunque
ottenuto il risultato positivo di far rientrare gli affidati, nella maggior
parte dei casi, nelle famiglie di origine.
Comune di Torino
Maurizio Motta
dell'Assessorato alla sanità e ai servizi sociali precisa che gli interventi
nel settore assistenziale del Comune di Torino sono
prioritariamente orientati alla prevenzione della richiesta assistenziale, «mediante interventi nei settori della
scuola e del tempo libero, servizi a favore degli handicappati e dei
disadattati, interventi economici in favore delle famiglie. Anche per quanto
concerne l'assistenza minorile del Comune si
riscontra un positivo aumento dei casi di rientro nella famiglia originaria di
minori già dati in affidamento. Per quanto attiene infine alla difficoltà di
personale (in dipendenza dalla impossibilità di
procedere a nuove assunzioni), il Comune ha cercato di utilizzare al meglio le
strutture ereditate dall'Istituto provinciale di assistenza all'infanzia e dall'OMNI».
Comune e Provincia di
Roma
L'assessore all'assistenza sociale
della Provincia, Giovanni Petrini, fa presente le «difficoltà di utilizzare gli istituti
dell'affidamento e dell'adozione in favore dei minori handicappati, poiché
difficilmente si trovano famiglie disposte a farsene carico:
di qui la necessità del ricovero in istituto che purtroppo può durare per la
vita intera. Al di fuori del problema degli handicappati, l'istituto della adozione speciale ha avuto grande sviluppo, eccettuati
i casi dell'abbandono sopraggiungente nel corso dell'adolescenza».
Interviene quindi Cesarina Tugnoli, direttrice dell'Istituto provinciale di assistenza all'infanzia, riferendo che «nella zona di competenza dell'istituto
(che si estende anche oltre la Provincia) il numero annuale degli esposti è
sceso in misura notevole. Per i pochi che rimangono attualmente,
l'affidamento e l'adozione risultano assai facili, trovandosi anzi agevolmente
anche famiglie disposte ad accettare il minore in stato di abbandono
sopravvenuto successivamente. In tale contesto ritiene che si possa avere più
fiducia, riguardo al futuro, anche per quanto concerne gli handicappati, posto
che le esigenze degli adottanti, quanto ai requisiti richiesti nell'adottando,
vanno positivamente diminuendo. Per quanto concerne le situazioni
pregiudizievoli per l'evoluzione psichica del minore,
ritiene che sia necessario procedere con maggior sollecitudine, quando si
tratta di troncare un rapporto con i genitori naturali che diviene sempre più
dannoso al minore con l'avanzare della sua età: a tale riguardo gli organi
competenti, e in primo luogo la magistratura, dovrebbero rendersi conto che
non si tratta di recare giovamento alla famiglia per mezzo del minore, bensì al
minore per mezzo della famiglia».
Fernando Sarandrea
dell'Assessorato all'igiene e sanità del Comune di Roma rileva che «il Comune di Roma ha una seria carenza di personale preparato per i compiti di assistenza
minorile. Tuttavia l'istituto dell'adozione speciale si può considerare come
ben funzionante, mentre però sarebbe auspicabile una assistenza
ulteriore alle famiglie adottanti (dopo l'adozione) da parte degli organi
dell'assistenza pubblica».
Sull'adozione ordinaria, in base
all'esperienza acquisita dall'amministrazione del Comune di Roma ritiene che «si possano avere delle
perplessità sulla ulteriore validità di questo istituto in futuro.
Circa il problema degli handicappati, condivide l'opinione che si debba ridurre al massimo i ricoveri in istituti»,
istituti su cui il Comune e la Provincia effettuano rigorosi e continui
controlli.
Sul problema dell'assistenza
minorile nel suo insieme, auspica che «la
futura legge dello Stato di riassetto della assistenza
possa presto mettere ordine nella ripartizione delle competenze tra Provincia
e Comune». Esprimendo il proprio parere sui disegni di legge all'esame della
Commissione afferma che «il legislatore
dovrebbe definire con massima attenzione, in materia di adottabilità
sia il presupposto morale che quello materiale, entrambi indispensabili per
costituire lo stato di abbandono» precisando che comunque «l'ente pubblico deve intervenire a sostegno
dei genitori che si trovino in difficoltà: sia per l'abbandono materiale che
per quello morale, prima di ritenere che sussista lo stato di abbandono occorre
verificare se sia stato fatto quanto è possibile per porre i genitori in
condizioni di assolvere i loro doveri nei confronti dei figli».
Sullo stato di abbandono
interviene anche Antonietta Natuzzi che precisa «in ordine al presupposto
"morale" per il sorgere dello stato di abbandono, che non può essere
considerato di per sé come concretizzante assistenza morale il semplice
interessamento della madre, allorquando il rapporto madre-figlio è
sostanzialmente viziato da una tendenza possessiva che viene a subordinare gli
interessi del minore a quelli della madre. In proposito ritiene inoltre che da
parte della magistratura vi dovrebbe essere maggiore attenzione nel dare corso
a provvedimenti di dubbio fondamento, sotto l'aspetto dell'interesse reale del
minore».
I rappresentanti della Provincia e
del Comune di Roma, si impegnano a presentare una nota
scritta di approfondimento su alcuni degli argomenti trattati.
Comune e Provincia di
Catania
L'assessore ai servizi
socio-sanitari, Matteo Bonaccorso, dopo aver lamentato «il mancato collegamento delle strutture comunali con quelle assistenziali, anche a causa della carenza di personale e,
soprattutto con l'amministrazione della giustizia che procede molto lentamente
in questo settore», fornisce alcuni dati riguardanti l'adozione ordinaria
e speciale, rilevando «come le richieste
di adozione speciale siano di gran lunga superiori alle declaratorie di
adottabilità dei minori».
Per «evitare le già menzionate lungaggini burocratiche e giudiziarie che
ostacolano la procedura di adozione», conferma
che molti hanno fatto ricorso «allo
strumento, offerto dalla riforma del diritto di famiglia, del
"falso" riconoscimento di bambini nati fuori del matrimonio».
Presenta, quindi, il programma di intervento dell'amministrazione comunale nel settore minorile
(asili nido, case famiglia, ecc.) per deistituzionalizzare
gli oltre duemila bambini ricoverati. Questo programma si presenta comunque di difficile realizzazione per la sussistenza,
secondo Maria Casella, assistente sociale, di inconvenienti soprattutto di
natura pratica ed operativa anche a causa della disorganizzazione degli uffici
giudiziari e per le difficoltà, - secondo l'assistente sociale Maria Vittoria
Feltri - incontrate nel far accettare dalle famiglie siciliane le iniziative
alternative al ricovero.
Rispondendo ad alcuni quesiti posti
dai componenti della Commissione, Maria Casella precisa successivamente
che sugli attuali 2800 ricoveri di bambini, quelli necessari sono circa 500,
mentre gli altri sono dovuti sostanzialmente a carenze delle strutture
pubbliche nel campo della pubblica istruzione. Inoltre M.V. Feltri informa che è sorta a Catania una rete di istituti privati,
prevalentemente a carattere speculativo, che copre la fascia dei bambini dai
tre ai sei anni ai quali non provvede l'assistenza pubblica. Anche Enea
Ferrante della Provincia di Catania, lamenta «le enormi difficoltà esistenti, soprattutto a causa delle complesse
procedure giudiziarie e delle remore, che spesso
vengono frapposte da parte dei magistrati alle adozioni, tanto che in genere le
procedure non hanno una durata inferiore ai tre anni. Auspica quindi un loro
snellimento, tanto più che nella Provincia di Catania vi sono molte coppie di
coniugi in attesa di adottare un bambino».
Maria Anastasi,
assistente sociale della Provincia di Catania, osserva, a proposito dell'adozione
speciale, che «non si riescono a trovare
minori che posseggano le caratteristiche per essere dichiarati in stato di adottabilità: occorre a tal uopo un intervento normativo
chiarificatore. Confida inoltre che ai consultori vengano
affidati maggiori compiti nel campo della prevenzione e si dichiara favorevole
al contenuto dei disegni di legge nn. 1116-bis e 124,
soprattutto per la parte in cui si propone di recidere i legami, principalmente
anagrafici, tra gli adottati e le famiglie di origine».
Comune e Provincia di
Venezia
L'assessore alla sicurezza sociale Elionella Finzi Federici premette che «l'amministrazione
comunale di Venezia ha ritenuto di dover impostare il ruolo dei consultori
familiari come comprendente in sé anche l'assistenza minorile, stante che
l'assistenza ai minori, qualunque sia la loro situazione, dovrebbe rientrare nel quadro dell'assistenza alle famiglie. In tal senso
ritiene che dovrebbe essere più opportunamente definita l'attuale legislazione
dello Stato (legge n. 405) e anche quella regionale di attuazione».
Rispondendo quindi ad una domanda
della senatrice Giglia Tedesco Tatò, l'assessore Finzi Federici riferisce «che l'amministrazione comunale si è valsa
soprattutto - al fine di evitare il ricovero dei minori - di due alternative: l'erogazione di aiuti finanziari alle famiglie
(vengono sostenuti attualmente 64 nuclei familiari, evitando con ciò il
ricovero per 121 minori); e la predisposizione di adeguati servizi sociali. Al
riguardo, si fa affidamento soprattutto sulla disponibilità di asili-nido, che è stata portata, dai due asili ereditati
dall'OMNI, a 19 unità».
L'assessore alla sanità della
Provincia, Loris Andrioli, interviene precisando che «per l'assistenza
minorile la Provincia si vale ancora essenzialmente delle strutture ereditate
dall'ONMI, le quali tuttavia operano con un rendimento minore rispetto a quello
che si registrava anteriormente allo scioglimento dell'ente. Per quanto
concerne la deistituzionalizzazione, dichiara che in
molte zone - nelle quali vi sono per le famiglie notevoli difficoltà di ordine economico e sociale - si deve ricorrere purtroppo,
ancora in gran prevalenza al ricovero, che avviene presso 40 istituti, quasi
tutti retti da religiosi. La Provincia opera, comunque,
per favorire soluzioni alternative al ricovero, specialmente sovvenzionando i
servizi dei Comuni di minore dimensione addetti alle procedure di affidamento
e di adozione. Inoltre, una équipe più consistente e più
attrezzata opera centralmente - ovvero a livello provinciale - in stretto
contatto con il Tribunale per i minori. Deve tuttavia ricordare come il
numero degli affidamenti sia assai modesto, anche a causa dei ritardi delle
erogazioni dei contributi alle famiglie affidatarie».
Sulle modifiche - a suo parere
necessarie - alla legislazione attuale in materia di adozione,
l'assessore Andrioli interviene ripetutamente nell'udienza
precisando che dovrebbe essere consentita alle persone singole l'adozione, «tenuto conto che in qualche caso nella
famiglia già affidataria avviene la separazione dei
coniugi», mentre «potrebbe essere
soppresso l'istituto dell'affiliazione, ed elevato al di sopra degli otto anni
il limite di età per l'adozione speciale». Lamenta infine «l'imponenza assunta dal mercato clandestino
dei bambini che si alimenta soprattutto con bambini
provenienti dalle regioni meridionali e dall'estero». Su questo grave e
vasto fenomeno, egli richiama l'attenzione della Commissione «sull'opportunità che, sul piano dei
rapporti internazionali, si controlli l'afflusso in Italia di bambini da
Paesi nei quali le procedure equivalenti alla dichiarazione di stato di abbandono e di adottabilità
sono eccessivamente facili e superficiali. Un simile intervento sarebbe
importante soprattutto in quanto interventi successivi dell'ente pubblico,
dopo che il bambino già da tempo vive nella famiglia che lo ha accolto, sono senz'altro impossibili. Anche per quanto concerne i bambini
di provenienza dalle regioni meridionali, ritiene che sarebbe opportuno un
maggior rigore per quanto concerne le procedure che portano allo stato di adottabilità».
Provincia di Milano
L'assessore all'assistenza e
sicurezza sociale della Provincia, Tranquillo Bechis,
presenta un documento preparato dalla Provincia unitamente agli altri enti
locali che operano nella zona di Milano, ad organizzazioni che si occupano di
materia minorile e al Tribunale per i minorenni; tale memoria è ispirata al
concetto che deve essere data una famiglia ad ogni minore.
Enuclea poi «alcuni ulteriori problemi emersi nell'ambito
della Provincia di Milano, ed in particolare quello costituito dalla ricerca,
spesso assai difficoltosa, ma forse superabile con un congruo aiuto da parte
dell'ente locale, di una famiglia adottiva per i fanciulli portatori di handicaps; l'opportunità di ridurre i termini intercorrenti
tra la sottrazione del minore alla patria potestà e la pronuncia di adozione,
cercando almeno di riunire in un'unica fase contenziosa quelle relative alla
declaratoria di adottabilità; l'opportunità infine di far durare il meno
possibile l'affidamento eterofamiliare».
Vengono quindi forniti i dati relativi ai «minori ricoverati in istituti pubblici e
privati nella provincia di Milano, che attualmente, dopo l'ampia opera di deistituzionalizzazione attuatasi nell'ambito provinciale,
sono 750 unità». Precisa successivamente che «i minori ricoverati nell'istituto provinciale dell'assistenza per
l'infanzia di Milano dai 150 del 1975 sono passati agli attuali 70, perché si è
preferito ricorrere all'affidamento, conferendo alle famiglie affidatarie un
incentivo di carattere economico non irrilevante. Nella Provincia di Milano si
è inoltre sempre proceduto a dare in affidamento i
minori non riconosciuti direttamente alle famiglie, senza passare per l'IPAI».
Lo stesso istituto provinciale per
l'infanzia sarà ristrutturato «per
ridurre la funzione dell'IPAI esclusivamente a quella di pronto intervento, trasferendo
gli altri compiti alle comunità alloggio e agli asili-nido permanenti».
Tribunale per i
minorenni di Perugia
Il presidente, Giorgio Battistacci, afferma che «nel decennio di applicazione ormai trascorso
l'adozione speciale ha dimostrato di essere un istituto valido - almeno per
quanto concerne le esperienze riscontrate in Umbria - anche se tale successo
può essere in parte attribuito all'attiva collaborazione degli Enti locali, e
soprattutto della Provincia, specialmente nella individuazione degli stati di
abbandono e per la selezione delle coppie aspiranti all'adozione. Per quest'ultima incombenza è stato di valido aiuto anche il
Centro di igiene mentale di Perugia, con gli esami
psicologici delle coppie. L'attività che conduce alle adozioni speciali è
stata quindi assai intensa negli anni trascorsi; è però ora pressoché
esaurita, sia per la diminuzione delle nascite che per il completato controllo
delle situazioni degli istituzionalizzati, dalle quali non emergono ulteriori possibilità di adozione. Infatti, nel quadro della politica di riduzione
dell'istituzionalizzazione per mezzo di soluzioni alternative - portata avanti
dalla Provincia e successivamente dalla Regione - i minori ricoverati in
istituto sono scesi da circa 4000 a circa 1000, e anche per questi residui
ricoverati non si può parlare di stato di abbandono e quindi non vi sono
previsioni di adozione».
Il presidente Battistacci
illustra quindi alcuni limiti della legge sull'adozione speciale, limiti che
potrebbero essere superati nella nuova normativa; essi sono: «le difficoltà
derivanti dal limite di otto anni di età per l'adozione speciale (al quale
talvolta si può porre rimedio ricorrendo all'adozione ordinaria); alcune
complicazioni non necessarie nelle procedure di notificazione che preludono
alla dichiarazione dello stato di adottabilità; le
difficoltà, per molti genitori naturali di modeste condizioni, di far valere le
loro ragioni per mezzo di opposizione nel procedimento di adozione, stante
l'attuale necessità di assistenza di avvocato, che non dovrebbe invece essere
ritenuta indispensabile, data la natura non contenziosa di tale attività
giudiziaria; la possibilità di dolose sottrazioni di minori alle segnalazioni
per la dichiarazione di stato di abbandono, anche se nella regione Umbria tali
abusi non sembrano verificarsi, per l'attento controllo sugli istituti; la
mancata precisazione del limite di durata della situazione di forza maggiore,
ai fini dello stato di abbandono ai sensi dell'articolo 314/4 del codice
civile; l'opportunità di sanzionare penalmente, oltre che le mancate
segnalazioni di stati di abbandono di cui sopra, anche le eventuali
"vendite di minori", nonché di prevenire abusivi riconoscimenti, non
rispondenti a realtà, da parte di genitori che non potrebbero adottare;
l'opportunità di promuovere maggiormente in sede legislativa, e ovviamente
anche finanziaria, l'assistenza ai genitori naturali che si trovano in
difficoltà materiali nell'adempimento dei loro doveri verso i figli;
l'opportunità di prevedere misure più incisive al fine di impedire che possa
essere conosciuto l'atto di nascita originario del minore adottato;
l'opportunità di sottrarre ad un qualche controllo la validità degli atti che
conducono alla sottrazione di minori, all'estero, alle famiglie naturali,
conducendo spesso troppo facilmente a quelle che sono chiamate "adozioni
internazionali"; l'opportunità infine di sopprimere l'istituto dell'affiliazione,
ormai inutile, e di ridurre al minimo la sfera di applicazione dell'adozione
ordinaria».
Il presidente Battistacci «richiama l'attenzione della Commissione
sulla forse eccessiva facilità con cui nel giudizio in appello vengono accolte le opposizioni dei genitori naturali nel
procedimento di adozione speciale: tali tendenze giurisdizionali, forse
dipendenti anche da una sopravvalutazione del vincolo di sangue, recano in
pratica conseguenze gravi, posto che la decisione del Tribunale per i minori
interviene solo in caso di reale necessità, dopo un ponderato esame della
situazione del minore in base della grande esperienza di tali organi
giudiziari, specializzati nei problemi dei minori. Ritiene comunque
ché attualmente il problema di una adeguata selezione delle coppie adottanti
possa dirsi virtualmente risolto, a seguito della grande esuberanza di aspiranti
rispetto ai pochi minori adottabili: in tale situazione occorrerebbe invece
insistere per una piena attuazione dei compiti assistenziali affidati agli Enti
locali dal decreto n. 616, piena attuazione alla quale si frappongono
scarsezza di mezzi finanziari e di personale, ed anche forse una
impreparazione culturale di molti funzionari degli Enti locali, fatta eccezione
per quelli delle Province, che hanno una lunga esperienza nel settore».
Rispondendo ad alcune domande il
presidente Battistacci precisa che «l'affidamento familiare dovrebbe essere
disposto preferibilmente in via amministrativa, evitando l'intervento
formalizzante del Tribunale per i minori (che può essere sentito
come "autoritario") nell'intesa ovviamente che tali affidamenti
amministrativi debbano essere sempre segnalati all'organo giudiziario. D'altra parte anche l'affidamento familiare può presentare
inconvenienti: si deve aver presente che il rapporto che si viene ad instaurare
con i genitori affidatari non dovrebbe essere più spezzato, nei casi in cui
l'affidamento è avvenuto in periodo neonatale. È
anche da prevenire il sorgere di aspettative illegittime
negli affidatari, ai quali deve essere chiarita la differenza rispetto all'affidamento
preadottivo».
Sulle condizioni che determinano lo
stato di abbandono del minore il presidente aggiunge
inoltre che «di fronte al problema della
reversibilità o meno della malattia mentale delle madri, che concreta
l'abbandono per il lato morale, lo stesso Centro di igiene mentale si trova
spesso in difficoltà nell'esprimere un giudizio».
Sull'adozione di bambini stranieri
precisa che avvengono prevalentemente «nell'ambito
dell'attività del Centro italiano adozioni
internazionali, con il quale vi è in pratica un accordo, che in via di fatto
obbliga il CIAI a non procedere nel caso singolo se prima non ha avuto
un'attestazione del Tribunale sull'idoneità della coppia aspirante
all'adozione. Vi sono tuttavia adozioni che non avvengono per il tramite di
questo organismo, per lo più riguardanti - per quanto
concerne l'esperienza fatta dal Tribunale di Perugia - bambini indiani, che
entrano in Italia per iniziativa di suore: anche in questi casi talvolta è
stata chiesta preventivamente al Tribunale una attestazione sull'idoneità della
coppia adottante. Certamente il Tribunale per i minori, quando dichiara l'adottabilità,
non è in grado di sapere se la provenienza del bambino dall'estero non possa destare preoccupazioni per quanto attiene ai principi
giuridici che valgono nell'ordinamento italiano: in tal senso sarebbe
auspicabile un controllo del Ministero degli affari esteri».
Risponde quindi ad una domanda sulle
possibili soluzioni giuridiche di questo problema, affermando che esso non
sembra di facile soluzione e che si rendono necessarie nuove norme
internazionali.
Sulla «adozione prenatale», prevista
dalla proposta di legge di iniziativa popolare n.
1116 bis, il presidente Battistacci «esprime alcune perplessità che lo
troverebbe consenziente solo in via di principio. Non sembra
infatti possibile poter prevedere con una certa sicurezza quale sarà la
decisione definitiva della futura madre, che verrà adottata dopo la nascita.
Nel caso comunque che - come sembra assai consigliabile - non si voglia
conferire irrevocabilità alla dichiarazione della madre prima della nascita,
l'attuale legislazione appare più che sufficiente per praticare una
"adottabilità prenatale" che si ridurrebbe
in sostanza ad un atto amministrativo di semplice "prenotazione"».
Tribunale per i
minorenni di Firenze
Il presidente, Gian Paolo Meucci, nel suo intervento introduttivo rileva che «il principale ostacolo al funzionamento di
tutto il settore dell'assistenza ai minori sia costituito dalla totale anarchia
nel funzionamento delle strutture della nuova assistenza, così come esse sono state ipotizzate nel decreto del Presidente della
Repubblica n. 616 del 1977: in particolare, l'incertezza sulla sorte
dell'istituto della Provincia crea notevolissime perplessità e difficoltà. La
mancanza poi di una concreta intelaiatura giuridica di riferimento non
permette una identificazione delle responsabilità e
dei ruoli a ciascuno affidati, contribuendo a creare l'inefficienza operativa
lamentata».
Sull'adozione speciale, osserva che «la legge vigente, pur con taluni difetti
possa essere valutata positivamente: è quindi favorevole ai disegni di legge
presentati, che sostanzialmente ne seguono l'impostazione fondamentale;
tuttavia quello d'iniziativa del Senatore De Carolis
ed altri appare essere più agile nella formulazione, e
quindi più adatto ad essere recepito dagli operatori del diritto. Si dichiara
favorevole all'abolizione degli istituti dell'adozione ordinaria e dell'affiliazione.
A proposito del disegno di legge n. 1116 bis (...) si dichiara sostanzialmente
ad esso contrario, perché la proposta oltre ad essere
di fatto inutile (infatti la prassi, almeno del Tribunale di Firenze, ha finora
mostrato come si possano agevolmente risolvere tali problemi senza alcuna precostituzione di volontà di abbandono da parte della
madre), sembra essere assolutamente ignara della psicologia femminile. Ritiene
poi che i centri di accoglienza della vita, previsti
in tale disegno di legge, oltre che a costituire organismi isolati rispetto
agli altri che operano sul territorio, potrebbero dar luogo a gravi abusi a
causa dei notevoli mezzi finanziari di cui disporrebbero».
Sull'affidamento familiare rileva
che «seppure la giurisdizionalizzazione
degli affidi abbia finora dato un buon risultato, tuttavia permangono perplessità,
soprattutto a causa dell'attuale strutturazione del Tribunale per i minori:
sarebbe quindi opportuno amministrativizzare il procedimento,
lasciando l'intervento del magistrato al caso di insorgenza
di conflittualità. Occorrerebbe altresì fare in modo che gli affidamenti non si
ponessero sullo stesso piano del fenomeno adottivo».
In risposta ad alcune domande il
presidente Meucci comunica che «per quanto riguarda il commercio dei bambini, ed in particolare il ricorso
al riconoscimento di figli dichiarati adulterini, al fine di eludere la legge
sulla adozione, si è fatto ricorso ad espedienti di carattere pratico per
individuare le possibili frodi. In merito all'adozione internazionale, il
giudice italiano non può prendere alcuna iniziativa
che riguardi la situazione familiare d'origine del bambino, che dovrebbe, più
opportunamente, essere oggetto di convenzione internazionali».
Ad una domanda del relatore Bausi, il dottor Meucci risponde che
«la lunghezza della procedura di adozione non dipende tanto dalla legge, quanto dai tempi
tecnici occorrenti per il lavoro degli operatori sociali e del Tribunale, anche
perché il provvedimento di adozione richiede la massima cautela, involgendo
scelte spesso drammatiche. Sarebbe però opportuno sopprimere in questi procedimenti
il grado di appello».
Giudice tutelare di
Firenze
Il giudice tutelare di Firenze, Catalbiano, dopo essersi associato alle affermazioni del
presidente Meucci «relativamente agli inconvenienti causati dall'intersecarsi
delle competenze in materia assistenziale», fornisce i dati relativi ai
casi di affiliazione negli ultimi anni nella città di Firenze. Afferma inoltre
che «l'affiliazione si potrebbe
agevolmente includere nel più ampio genus dell'adozione
speciale. L'affidamento familiare invece dovrebbe
essere considerato come un servizio di appoggio temporaneo a favore della
famiglia di origine».
A proposito dei disegni di legge
all'esame, rileva «come un importante
nodo da sciogliere sia quello della partecipazione o meno del giudice tutelare
alle procedure: a suo avviso l'intervento del magistrato potrebbe avere un
significato positivo, soprattutto per i provvedimenti
di urgenza, andrebbe però ristrutturato diversamente». Precisa quindi,
rispondendo ad alcune domande, che «l'affidamento
dei minori, disposto dai Tribunali ordinari a seguito di sentenze, di
separazione o di divorzio, crei gravi inconvenienti, soprattutto a causa della
scarsa conoscenza personale dei problemi da parte dei giudici ordinari e del
successivo sovrapporsi della competenza dei giudici tutelari. In ogni caso
andrebbero però regolati uniformemente i criteri di affidamento
dei figli all'uno e all'altro genitore».
Tribunale per i
minorenni di Bologna
Il giudice del Tribunale di Bologna,
Maurizio Millo, fa presente «come sia praticamente molto difficile trovare famiglie disposte a
ricevere minori in affidamento: sarebbe quindi opportuno addivenire ad una
migliore regolamentazione normativa soprattutto della responsabilità e dei poteri
delle famiglie affidatarie. L'affidamento potrebbe
poi suddividersi in due categorie, l'una più stabile, per certi aspetti simile
all'affiliazione, dalla quale potrebbe essere successivamente assorbita, e
l'altra di carattere più elastico, destinata a risolvere tutti gli altri
problemi. Si dichiara poi favorevole ai disegni di legge
presentati relativamente alla materia dell'adozione, sottolineando
l'esigenza di una semplificazione delle procedure. Osserva poi come, se
accolti i disegni di legge all'esame, cadrebbe la necessità di mantenere
l'istituto dell'adozione ordinaria, cui oggi si ricorre solo nel caso di
mancanza dei requisiti necessari ad ottenere il minore in adozione speciale».
Affronta quindi alcuni problemi
particolari, come «l'opportunità che la
procedura di abbinamento dei minori alle famiglie di
adozione venga delegata ad organi amministrativi, lasciando eventualmente al
giudice l'intervento in caso di conflitto; (...) la personale contrarietà alla
possibilità di adozione da parte di persone non sposate; l'estrema difficoltà
creata ai Tribunali per i minorenni dalla polverizzazione dei servizi sociali;
l'opportunità di definire l'abbandono del minore in modo elastico ed invece di
tipicizzare i casi nei quali sia ammesso il ricorso
all'adozione».
Ad una domanda della relatrice
Giglia Tedesco Tatò, il dottor Millo conferma che «è senza dubbio positivo
un trasferimento totale della potestà parentale alla
famiglia affidataria, mentre nel caso di affidamenti
temporanei il problema maggiore è costituito dalla regolamentazione dei rapporti
tra la famiglia affidataria e quella d'origine».
Giudice tutelare di
Bologna
Il giudice tutelare di Bologna,
Lucio D'Atti, dopo aver rilevato come in Emilia «si sia tentato, senza però risultati
concreti, di dare vita alle nuove entità che dovrebbero operare nel campo
dell'assistenza ai minori» si dichiara favorevole al contenuto della
proposta di legge di iniziativa popolare n. 1116 bis, «che prospetta la libertà come un fatto bivalente, pur dichiarandosi
perplesso dalla eventuale istituzione di nuove strutture; reputa non inutile
né obsoleta l'adozione ordinaria, che almeno in alcuni casi si dimostra tutt'oggi valida».
Sul problema della giurisdizionalizzazione degli interventi in campo di affidamento, andrebbe superata, a suo parere, «l'attuale prospettiva della coesistenza del
Tribunale per i minorenni e del giudice tutelare, ristrutturando l'organo giudiziario
mediante l'istituzione di una sorta di giudice della famiglia».
In risposta ad una specifica domanda,
il giudice D'Atti si dichiara «favorevole
al maggior credito che viene fatto nel progetto d'iniziativa comunista alla
responsabilità del magistrato per l'attuazione del principio legislativo di
preferenza dell'adozione legittimante, pur con i rischi che esso comporta».
Tribunale per i
minorenni di Torino
Il presidente Paolo Vercellone illustra un documento che viene
consegnato alla Commissione, sull'attività svolta dal Tribunale. Riferisce che «fino al dicembre '78 sono stati dichiarati
adottabili più di 9.700 bambini, figli di genitori ignoti, con una netta
tendenza alla diminuzione, nell'ultimo periodo, per i fattori sociali, dipendenti
probabilmente dal mutamento sociologico della figura della ragazza madre,
dalla diffusione degli anticoncezionali e dalla nuova legge sull'aborto. Nello
stesso periodo sono stati dichiarati adottabili 1.938 bambini riconosciuti da
entrambi i genitori, e quindi complessivamente si è giunti a dichiarare più di
3.500 adozioni speciali». Aggiunge che «in
generale, le famiglie e gli Enti locali hanno cercato di evitare il ricovero
del bambino in istituti; purtroppo alcune famiglie temono però anche l'adozione
speciale, perché non vogliono perdere i legami con il bambino: deriva da tutto
ciò un incremento degli "asiliombra", e quindi anche dei casi di
bambini maltrattati o denutriti».
«La
procedura per l'adozione speciale non è mai stata molto rapida per i bambini
riconosciuti, mentre per i bambini figli di ignoti si
è cercato, soprattutto negli ultimi tempi, di accelerare al massimo la
procedura. Ritengo, quindi, positivo lo sveltimento della procedura delineato dai due progetti di
legge, nn. 791 e 968, in materia di
adozione speciale, che la Commissione sta esaminando. Nel 1978, su 87
bambini ben 71 sono stati dichiarati adottabili nelle prime settimane di vita;
ci sono stati solo pochi casi di dubbio da parte delle madri e sono stati tutti
rapidamente risolti. Purtroppo i casi di adozione
speciale riguardano esclusivamente i figli di famiglie povere, e ciò lo
amareggia molto, pur essendo consapevole e certo che il Tribunale ha fatto solo
il suo dovere».
Riferisce quindi che visto il gran numero di domande di adozione
speciale rispetto al numero limitato di bambini adottabili, anche il Tribunale
per i minorenni di Torino «ha stabilito
criteri di selezione, adottando una procedura piuttosto lunga e garantista, e preferendo le coppie più giovani. I due
progetti di legge in esame, a suo parere, accentuano troppo il controllo sulla
disponibilità e idoneità delle coppie, prevedendo norme che risulterebbero
poi difficilmente applicabili. Esprime invece il proprio consenso alla
prevista introduzione della semplice dichiarazione di
disponibilità da parte della coppia, in luogo dell'attuale domanda, che obbliga
il Tribunale ad esprimere e a motivare l'eventuale rifiuto».
Illustra quindi un documento
elaborato dai giudici per i minorenni dell'Italia settentrionale, nel quale si
esprime una sostanziale adesione al disegno di legge n. 791, pur con alcune
differenze. Il presidente Vercellone ritiene che «il disegno di legge n. 968 tenda a dare
troppo spazio alle figure dell'adozione ordinaria e dell'affiliazione, a danno
dell'adozione speciale. Per quanto riguarda il disegno di legge n. 1116 bis
sull’“accoglienza della vita umana e tutela sociale della maternità”, ritiene
che i Tribunali per i minorenni abbiano poco a che vedere con questa materia,
ma che, ad ogni modo, la previsione di una residenza
per le gestanti che vogliano mantenere segreta la loro gravidanza sia da
rifiutare, e che infine le norme sull'adottabilità prenatale non sarebbero
solo crudeli, ma anche inutili, in quanto i bambini non riconosciuti possono
essere dichiarati adottabili in appena un mese di tempo dalla nascita».
Sull'affidamento familiare, a suo
parere, «essendoci il consenso della
famiglia di origine, non richiede un provvedimento del
giudice, al quale però deve essere notificato, poiché certo costituisce sempre
una spia di una situazione anomala. Vi è materia di
intervento per il giudice solo allorché il rifiuto dei genitori ad affidare il
bambino ad altra famiglia viene considerato dagli operatori sociali
pregiudizievole per il bambino stesso».
Il presidente Vercellone
interviene poi sul mercato dei bambini. A suo parere «poiché accadono sempre più di frequente
riconoscimenti di paternità palesemente falsi, apparirebbe opportuna
una norma che imponesse, per il riconoscimento di bambino neonato (nato da
donna che non intende essere nominata) da parte di un adulto che si pretende
padre, un controllo della conciliabilità delle caratteristiche genetiche del
bambino con quelle del presunto padre».
Il presidente Vercellone,
rispondendo a un quesito posto dal sen. Petrella, si dichiara favorevole «alla istituzione di un giudice monocratico
decentrato con ampie competenze, lasciando funzionare nella maggioranza dei
casi, i Tribunali per i minorenni solo come organo di secondo grado. Nella
situazione attuale il giudice tutelare compie l'istruttoria, lasciando la
decisione al Tribunale; egli auspica, all'inverso un giudice monocratico locale che ad intervalli regolari partecipi,
per approfondire la sua esperienza, al Tribunale accentrato, escludendo però
una istituzionalizzazione di ciò, ovvero una
consulenza collegiale».
Giudice tutelare di
Torino
Il giudice tutelare di Torino,
Edoardo Denaro, presenta un documento che illustra. La proposta di legge n. 781
prevede l'eliminazione dell'affiliazione e la proposta n. 968 la sua
«riduzione», ma a suo parere, «pur
essendo negli ultimi anni diminuite drasticamente, possono ancora rispondere
allo scopo di introdurre nella famiglia i figli che uno dei coniugi abbia avuto
da un precedente matrimonio: andrebbe però eliminato il presupposto
dell'abbandono, che di fatto si verifica raramente. A
suo parere non si può estendere oltre certi limiti
l'ambito di applicazione dell'adozione speciale, e va quindi mantenuta
l'adozione ordinaria, tuttavia bisogna evitare che essa costituisca un modo
per pagare minori imposte di successione». Ritiene inoltre «eccessiva l'elevazione a
diciotto anni del limite di età per l'adottando nell'adozione speciale. Esprime
poi perplessità sulla proposta di abilitare all'adozione anche persone singole
o coppie non sposate». Afferma infine che «sull'affidamento familiare, che può continuare a svolgere una
funzione positiva, c'è soprattutto da evitare il
rischio di speculazioni».
NO A NUOVI ISTITUTI DI RICOVERO PER BAMBINI (1)
Molti quotidiani e settimanali hanno
riportato nei giorni scorsi la notizia che Madre Teresa di Calcutta «cerca una
casa a Roma, per accogliervi i bambini abbandonati» per «contribuire a combattere
l'aborto tramite l'adozione». Pare inoltre che la stessa «si sia in particolare rivolta al Vaticano per avere la
disponibilità di qualche convento abbandonato nel quale accogliere i bambini».
Vista la vasta popolarità che Madre
Teresa gode non solo in Italia, ma in tutto il mondo, questa notizia
suggerisce a noi, che ci occupiamo da anni di questi problemi, alcune
considerazioni:
- le conseguenze negative del
ricovero in istituto sullo sviluppo psicofisico dei bambini sono
state attentamente studiate e verificate non solo a livello nazionale ma
internazionale (v. Bowlby - Spitz
- Aubry);
- ripetute ricerche sulle cause che
determinano ancora oggi il ricovero in istituto di decine di migliaia di bambini hanno dimostrato che questi bambini sono spesso
ricoverati non per il «disinteresse» o l'«abbandono» dei genitori, ma per la
mancanza di interventi preventivi (lavoro e case adeguate ad esempio) e assistenziali
alternativi (aiuti economico-sociali alle famiglie d'origine, affidamenti,
ecc...);
- dall'entrata in vigore della adozione speciale non vi sono problemi per
l'inserimento adottivo dei bambini che si trovino nella «situazione di
abbandono materiale e morale» prevista dalla legge 431/1967: le domande di
adozione superano di molto il numero dei bambini adottabili per cui non è
assolutamente necessaria la creazione di un istituto per bambini «da adozione».
Per i bambini invece che, temporaneamente, non possono vivere coi loro genitori o parenti, è stato proposto e realizzato,
in alternativa al ricovero in istituto, da Enti assistenziali l'affidamento
familiare a famiglie o persone con risultati positivi;
- recenti leggi (DPR 616 e
successivi decreti) hanno attribuito quasi tutte le competenze nel settore assistenziale alle Regioni (compiti legislativi) e ai
Comuni e loro consorzi (compiti di gestione). Vanno denunciati gli enormi ritardi con cui le Regioni stanno legiferando ed i conseguenti,
gravissimi ritardi con cui le Regioni ed i Comuni stanno assumendo queste
competenze;
- va segnalato che, all'interno
della stessa Chiesa, diversi operatori religiosi del settore hanno evidenziato
in molti documenti questa realtà (v. al riguardo «Chiesa ed emarginazione in
Italia» della Caritas italiana, edizioni Dehoniane, Bologna, 1979) e hanno auspicato e realizzato
forme nuove di «testimonianza» cristiana sul territorio (es. apertura piccole
comunità).
Concludendo, la difficile e complessa situazione
illustrata richiede l'impegno attivo di tutti i cittadini, forze politiche,
sindacali e sociali, per trovare una corretta soluzione e per rispondere
concretamente alle reali esigenze dei bambini «abbandonati».
E anche la Chiesa può contribuire a
questo, imboccando strade nuove, anche se possono sembrare difficili, senza
cadere in una logica che privilegi le istituzioni invece della persona umana,
a maggior ragione se è bambino.
ESPOSTO DELLA SEZIONE DI FIRENZE A TUTELA DI
UN MINORE
Per tutelare in modo effettivo i
minori a volte è necessario chiedere l'intervento
dell'Autorità giudiziaria. È quanto hanno lodevolmente fatto alcuni aderenti
all'ANFAA di Firenze che in data 21 maggio 1979 hanno
sottoscritto un esposto al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Firenze affinché disponesse i provvedimenti del caso.
Nell'esposto si segnala che il
giorno 19 maggio 1979 presso l'Ospedale di Banti del Salviano è stata ricoverata la minore A.L. «con una ferita
profonda al cuoio capelluto, evidente distaccamento di epidermide in diverse
parti del corpo, piaghe, la cessione di continuo della cartilagine del setto
nasale».
(1) Comunicato stampa
dell'ANFAA nazionale del 3 agosto 1979.
www.fondazionepromozionesociale.it