Prospettive assistenziali, n. 47, luglio
- settembre 1979
Specchio nero
LA DROGA AI BAMBINI «DIFFICILI»
«La felicità dei
bambini come quella degli uomini consiste nell'uso della loro libertà».
(dall'Emile di Rousseau)
Pubblichiamo volentieri il
comunicato che ripropone il rischio terapeutico, del tutto particolare, degli
psicofarmaci sui bambini e il loro uso indiscriminato spesso esercitato da
maestri e genitori senza la comprensione dei pericoli e dei problemi che essi
pongono. Anche se l'uso degli psicofarmaci nel nostro Paese
non arriva al 20% dei farmaci come in USA, Canada, Svezia, l'estendersi della
«patologia psicosomatica e comportamentale» cui essi sono indirizzati, il
persistere di una pratica medica distorta e soprattutto la crescente
campagna promozionale dell'industria potrebbe capovolgere la situazione.
L'impiego improprio degli
psicofarmaci sui bambini (essi infatti vengono spesso
utilizzati per sedare o lenire sintomi connessi a problemi non di natura
medica) vengono ad esercitare un ruolo di controllo su situazioni che
richiedono risposte non di natura medica ma personale, sociale, familiare.
Poiché l'ambiente culturale oggi
rifiuta sempre di più 1'etichetta di bambino difficile
perché cattivo, si è escogitato quella di bambino difficile perchè bisognoso
di cure particolari, giustificando con l'alibi scientifico l'insuccesso della
famiglia a prendersi cura del bambino, l'insuccesso della scuola ad insegnare (caso di insegnanti che raccomandano ad un terzo
della classe una terapia a base di droga, Time,
USA, 26 febbraio '73; The Sun, London, 1975).
Richiamiamo quindi l'attenzione dei
genitori, dei pediatri, degli operatori scolastici su questo pericoloso modo di
procedere sul disadattamento infantile, sottolineando
l'attività promozionale che in questo campo attraverso i mass media esercita
l'industria farmaceutica. Ma teniamo ben presente che l'ideologia che informa e
che vuole imporsi con questi messaggi va al di là dell'intento
commerciale, e rende ancor più evidente il pericolo che ci sovrasta.
La droga ai bambini (1)
Una abitudine estremamente
pericolosa si va diffondendo dagli Stati Uniti in Europa e in particolare in
Italia.
Si
tratta della somministrazione di psicofarmaci ai bambini. Escludiamo subito da
questa lista di psicofarmaci quei prodotti quali barbiturici e idantoinici usati su precisa indicazione nel
controllo dell'epilessia o di malattie più rare ben specifiche.
Nella
grande maggioranza degli altri casi, gli psicofarmaci
vengono somministrati ai bambini non in funzione terapeutica o curativa, ma in
funzione di puro e semplice controllo.
Quanto più gli adulti
diventano incapaci, siano essi insegnanti o genitori, di mantenere una buona
comunicazione e vicendevole comprensione con i bambini, tanto più
irrinunciabile diviene il bisogno di un aiuto esterno. Si tratta essenzialmente
della pillola di psicofarmaco, usata soprattutto per il controllo dei bambini
che una volta venivano chiamati «vivaci».
Naturalmente,
seguendo questa linea di pensiero e di comportamento, si è completamente
trascurato il problema educativo, che poteva richiamare la responsabilità
diretta dei genitori e degli insegnanti, per rivolgere tutta l'attenzione al
problema del controllo, che sottolinea la responsabilità
del bambino in quanto malato.
Infatti, il termine «bambino
vivace» è stato sostituito con il termine «paziente infantile ipercinetico».
Se
poi il bambino, oltre a essere vivace, si succhia il
pollice, a scuola ha degli alti e bassi e si mostra una volta di troppo
sfacciato con la maestra, viene etichettato come «affetto da danno cerebrale
minimo» e dunque passibile di terapia.
Il
termine di «danno cerebrale minimo» non sottintende in realtà alcuna lesione
organica, ma indica in definitiva e solamente qualsiasi comportamento
infantile che gli adulti possono trovare importuno.
Trovata
la malattia, è automatica la prescrizione dello
psicofarmaco, sia esso un ansiolitico, sedativo o un antidepressivo (quando
addirittura non si tratta di un neurolettico maggiore).
Numerose
ricerche condotte negli Stati Uniti e in Gran Bretagna hanno dimostrato che
l'apprendimento risulta rallentato e indebolito nei
bambini sottoposti all'uso degli psicofarmaci; che gli effetti collaterali
comunque derivanti dall'uso degli psicofarmaci sono di gran lunga più temibili
dei sintomi per i quali i farmaci furono prescritti; che le dinamiche personali
all'interno della famiglia dove esistono uno o più bambini sottoposti all'uso
di psicofarmaci sono suscettibili di un rapido deterioramento; che esiste un
rapporto preciso tra lo sviluppo delle farmacodipendenze e quello delle
tossico-dipendenze (in altre parole, il bambino sottoposto all'uso degli
psicofarmaci ha buone possibilità di divenire tossicomane da adulto).
Si
potrebbe allungare ancora tale lista nera: ma forse basta sin qui.
Tuttavia un altro dato fa ancor più rabbrividire:
l'estensione del fenomeno. Negli Stati Uniti da 500.000 a un milione di ragazzi vengono trattati con psicofarmaci;
in Inghilterra 200.000 bambini sotto l'età di undici anni vengono trattati con
farmaci psicoattivi; in Italia tre bimbi su dieci
sono «curati» con tranquillanti (Valgimigli sul Corriere del 29 giugno 1978).
In
Italia l'uso del Serenase e di altri
psicofarmaci è abituale in tutti gli istituti che accolgono bambini subnormali
o disturbati; nelle scuole sono state accertate percentuali varianti dal 3 al
30% di bambini sottoposti all'uso di psicofarmaci.
A
giudizio di alcuni pediatri tale uso sta diventando
di moda nel campo del «pianto dei lattanti».
Anche
se non si è ancora giunti in Italia a sottoporre, come è
già successo e sta succedendo in altre parti del mondo, i bambini cosiddetti
portatori di danno cerebrale minimo, ad interventi di psicochirurgia
(che devastano per sempre la personalità del bambino), è necessario fermarsi
in tempo.
La
società di domani dipende, come quanto mai prima d'ora, da quella di oggi.
(1) Comunicato stampa
del DIVIF (Comitato di difesa dei valori individuali e familiari), c/o Centro
sociale, Viale Giulio Cesare 197, Novara.
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