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INACCETTABILE L'ATTUALE RIORGANIZZAZIONE DEL SETTORE ASSISTENZIALE |
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Numerose e positive sono state le conquiste avvenute a partire dal 1967 (anno di promulgazione della legge sulla adozione speciale) nella lotta contro l'esclusione e la emarginazione sociale. Artefici di queste conquiste (lotta contro la segregazione nei manicomi e negli istituti di assistenza, inserimento degli handicappati nella scuola e nel lavoro, istituzione delle pensioni sociali, ecc.) sono stati - com'è noto - il movimento di base, il sindacato e l'appoggio dei partiti di sinistra.
Situazione attuale Attualmente, a causa della caduta della partecipazione e del cambiamento di posizione dei partiti di sinistra, si sta procedendo, partendo dalle Regioni economicamente più sviluppate, ad una inaccettabile riorganizzazione del settore assistenziale, mediante il graduale cambiamento della utenza degli istituti di ricovero. Si passa dagli anziani autosufficienti ai cronici, dai minori normali agli handicappati psichici gravi, dai disadattati alle persone con profondi disturbi psichiatrici. Si tratta di persone che non hanno alcuna possibilità di protestare. I posti letto per i suddetti ricoveri possono ammontare a 200.000, ma la cifra può salire anche in misura notevole in considerazione del fatto che la definizione tecnica di cronicità e di gravità è molto elastica. A questi assistiti si devono poi aggiungere i minori per i quali l'autorità giudiziaria, con ampia discrezionalità, dispone provvedimenti civili di ricovero, gli anziani parzialmente o totalmente autosufficienti, i ragazzi con famiglie in difficoltà, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali (spastici, subnormali, distrofici, ciechi, sordi, ecc.): gli istituti privati non intendono certo rinunciare spontaneamente a percepire anche queste rette. D'altra parte le organizzazioni private, che traggono spesso guadagni anche notevoli dalla gestione dei ricoveri, si sono accorte, specie in questi ultimi anni, che gli enti pubblici non battono ciglio di fronte alle richieste di aumento delle rette. Si è arrivati a oltre 40.000 lire al giorno per gli handicappati psichici gravi (convenzione Provincia di Torino - Arciconfraternita dello Spirito Santo). In tal modo le organizzazioni private possono dotarsi di psicologi, psichiatri, geriatri, assistenti sociali, ecc., magari assunti per poche ore settimanali, per avere le spalle coperte sul piano tecnico. Dunque nessuna contestazione dall'interno e apprestamento delle opportune difese contro i possibili attacchi esterni. I parenti dei ricoverati, poi, sono in genere ben contenti di trovare una qualsiasi soluzione, stante anche l'impossibilità di compiere scelte diverse a causa della perdurante mancanza di servizi alternativi.
Leggi emarginanti dell'Emilia-Romagna e del Veneto Per quanto riguarda gli anziani non autosufficienti, occorre rilevare che il fabbisogno di posti letto previsto per gli istituti di ricovero assistenziale (istituti denominati «case protette») è individuato nel 2,3-2,5 per mille sul totale della popolazione. Si vedano in proposito il «Progetto anziani» della Regione Piemonte e le «Linee di indirizzo per la programmazione e la gestione dei servizi degli interventi di assistenza sociale» del Dipartimento sicurezza sociale della Regione Emilia-Romagna. Stabilire una percentuale del 2,3 - 2,5 per mille, significa prevedere per l'intero territorio nazionale da 131.000 a 142.000 posti letto. Queste cifre non solo sono enormi, ma addirittura risultano superiori al numero degli anziani attualmente ricoverati in istituto, la maggior parte dei quali peraltro è costituita da autosufficienti. Dunque la previsione è di una massiccia espulsione degli anziani dagli ospedali, anche quando non è terminato il periodo di cura. È scritto infatti nelle già citale «Linee di indirizzo» che «Il piano sanitario (dell'Emilia-Romagna) prevede per ogni ULS la presenza di posti letto "geriatrici", attribuendo a questa funzione ospedaliera compiti esclusivi di trattamento sanitario nelle fasi acute di malattia ed escludendo la possibilità di un qualsiasi utilizzo dei reparti geriatrici per il ricovero dei cosiddetti lungodegenti». Pertanto, anche nei casi in cui permanga un bisogno di ricovero sanitario non praticabile a domicilio o in ambulatorio, gli anziani malati verranno estromessi dagli ospedali. In attuazione di quanto sopra, la legge dell'Emilia-Romagna 1° settembre 1979 n. 30 «Interventi promozionali per la realizzazione e il potenziamento di servizi di assistenza sociale a favore delle persone anziane» prevede lo stanziamento ai Comuni singoli o associati ed agli enti pubblici e privati di assistenza di 2 miliardi e mezzo per il 1980 e di 2 miliardi per il 1981 per «contributi in conto capitale per la trasformazione in case protette delle case di riposo o per la istituzione di case protette». Precisa l'art. 5: «la casa protetta è un servizio volto a fornire residenza e adeguata assistenza a persone anziane, in particolare a quelle in stato di non autosufficienza fisica o psichica, per le quali non sia possibile la permanenza nel proprio nucleo familiare o nel proprio alloggio. Agli ospiti della casa protetta devono essere garantite dai servizi sanitari territoriali competenti le necessarie prestazioni sanitarie medico-generiche e specialistiche. L'istituzione di case protette dovrà essere realizzata prioritariamente attraverso trasformazione di case di riposo, ovvero riadattamento di altre strutture esistenti nel territorio». L'esclusione degli anziani dalle cure ospedaliere, anche quando esse non possono essere fornite a domicilio o ambulatorialmente, esclusione che viola nettamente i diritti sanciti dalle leggi vigenti, come è stato precisato nell'editoriale del n. 44 di Prospettive assistenziali, non è sostenuta solo da Regioni amministrate dalle sinistre come l'Emilia-Romagna e il Piemonte, ma anche - ovviamente - da quelle a maggioranza di centro o di centro-sinistra. La Regione Veneto, ad esempio, con la legge 21 giugno 1979, n. 45: «Interventi regionali per la realizzazione e il potenziamento dei servizi socio-assistenziali a favore delle persone anziane. Modifiche e integrazioni alla legge regionale 9 giugno 1975, n. 72» ha disposto per il 1979 una serie di finanziamenti a istituzioni pubbliche e private di assistenza per favorire il ricovero in istituto di anziani: - 2 miliardi per contributi giornalieri per il servizio di assistenza infermieristica e sanitaria a favore di persone anziane accolte in case di riposo; - contributi in conto capitale fino a150% della spesa per la ristrutturazione, la sistemazione, l'ampliamento e il completamento di edifici destinati a case di riposo, fino ad un massimo per ciascun intervento di 100 milioni. Detti contributi sono però riservati, fino alla misura massima del1'80%, per la ristrutturazione, l'ampliamento e il completamento di strutture destinate a persone anziane non autosufficienti; - contributi in conto capitale, fino al 50% della spesa e per un massimo di 20 milioni per ciascun intervento, per l'acquisto di attrezzature e arredi, impianti termici e mezzi di trasporto; - contributi in conto capitale per l'acquisto, la costruzione e la ristrutturazione di edifici da adibire a case albergo. La misura del contributo per ciascun intervento non può eccedere L. 200 milioni per case albergo fino a 100 posti (1).
Il piano sanitario nazionale e gli anziani Le leggi dell'Emilia-Romagna e del Veneto e il progetto anziani della Regione Piemonte non sembrano essere dei provvedimenti isolati. Tutto lascia pensare che siano la concretizzazione di una intesa fra i maggiori partiti per una ristrutturazione del settore assistenziale. La quota più numerosa dei ricoverati è e sarà sempre più rappresentata dagli anziani. L'aumento è dovuto soprattutto al maggior invecchiamento della popolazione e alla ormai sistematica posizione degli ospedali (Regioni e Comuni consenzienti) che non ammettono gli anziani malati cronici o li dimettono, anche di forza, nonostante che le leggi vigenti non lo consentano. Ma si sa, i deboli hanno sempre torto. L'esclusione degli anziani malati cronici o lungodegenti dalle cure ospedaliere sembra essere confermata dalla proposta di piano sanitario nazionale in cui, nel capitolo relativo al progetto obiettivo sulla tutela della salute delle persone anziane: - si gonfia il dato relativo al numero delle persone anziane. È infatti assurdo affermare che sono anziane tutte le persone di età superiore ai 60 anni (2); - si attribuisce agli anziani quasi una colpa per l'occupazione di circa il 40% del totale dei posti letto degli ospedali generali pubblici; - si sottolinea, sempre nel piano sanitario nazionale, che tale situazione corrisponde a circa 3.609.000 ricoveri, a 170.000 posti letto occupati ed a 46.800.000 giornate di degenza; - si propone una sostanziale deospedalizzazione dei ricoveri degli anziani «in una misura non inferiore al 50% degli attuali ricoverati», quando risulta invece che si provvede alle dimissioni o alle non ammissioni dagli ospedali di anziani che hanno bisogno di cure non praticabili a domicilio o in ambulatorio. La programmazione dell'espulsione degli anziani dagli ospedali trova e troverà forse tutti d'accordo: i consigli di amministrazione oggi ed i comitati di gestione delle unità sanitarie locali domani, poiché ciò consente una riduzione delle spese; i medici, gli infermieri e gli inservienti che hanno così la possibilità di ridurre un ingrato carico di lavoro. Resta il fatto che in tal modo tutto il settore sanitario avrà la convenienza economica ed operativa di cronicizzare il più rapidamente possibile l'anziano per affrettarne le dimissioni e ridurre le spese.
Spese a carico Vi è anche da osservare - e questo è un elemento di notevole importanza - che mentre le cure sanitarie sono gratuite per tutti i pensionati, il ricovero in istituti di assistenza è a carico del ricoverato e delle persone tenute agli alimenti, e cioè: coniuge, figli e discendenti, genitori, generi e nuore, suocero e suocera, fratelli e sorelle (art. 433 codice civile). I Comuni intervengono, quando intervengono, solo per le somme che non possono essere versate dalle persone di cui sopra. Da notare che le rette degli istituti di assistenza arrivano fino a 25.000 lire al giorno.
Problema di fondo Per quanto riguarda gli anziani definiti cronici o lungodegentí il problema principale da affrontare è il seguente: nei casi in cui è necessario procedere al loro ricovero, l'intervento deve essere a carico del settore sanitario o di quello assistenziale? Se gli anziani non sono considerati cittadini di serie B, allora dovrebbe essere evidente che tutte le volte che il ricovero è causato dalla mancanza di salute, gli interventi devono essere a carico del settore sanitario.
Riduzione dei ricoveri sanitari e assistenziali È però evidente che tutto deve essere fatto per evitare sia i ricoveri sanitari che quelli assistenziali. Per attuare quanto sopra sono necessari: - una vera prevenzione sanitaria e sociale che elimini e riduca le cause di malattia, di esclusione, di disadattamento; - l'approntamento dei servizi diagnostici, curativi e riabilitativi di territorio (servizi sanitari, compresi quelli di distretto, nei quali si introduca la pratica del lavoro di gruppo da parte di medici, infermieri e dell'altro personale sanitario e sociale; poliambulatori di unità locale che assorbano anche le funzioni poliambulatoriali gestite attualmente dagli ospedali; servizi domiciliari, sanitari o assistenziali integrati, ecc.); - una nuova concezione delle esigenze delle persone fondata sul principio del diritto alla non emarginazione e sul diritto di tutti alla fruizione dei servizi sociali (sanità, casa, ecc.). In particolare è indispensabile che le persone ed i nuclei familiari godano di redditi sufficienti per vivere. Per gli anziani ciò significa che le pensioni devono essere adeguate. Occorre però tener conto che un aumento di 1000 lire al mese per le pensioni oggi insufficienti (almeno 8 milioni) comporta una spesa annua di L. 104 miliardi. Di qui la necessità che i Comuni singoli o associati provvedano ad assicurare ai meno abbienti il minimo vitale. È anche necessaria una revisione dell'impostazione dei servizi di assistenza domiciliare che molto spesso si sostituiscono assurdamente alla spontanea e più efficace solidarietà di vicini e di parenti; - una riorganizzazione che superi l'attuale polverizzazione dei Comuni e che abbia come obiettivo la costituzione della Unità locale di tutti i servizi. Si veda al riguardo la proposta di legge regionale di iniziativa popolare presentata al Consiglio regionale piemontese il 21 luglio 1978 (3); - un riferimento costante all'autonoma partecipazione delle forze sindacali e sociali e dei cittadini.
Interventi per gli anziani cronici Definito che gli anziani cronici devono fare capo al settore sanitario, resta da decidere in quali strutture, ospedaliere o paraospedaliere, essi devono essere ricoverati quando gli interventi non possono essere praticati a domicilio o in ambulatorio. A questo riguardo si può sostenere che gli anziani cronici che richiedono cure non praticabili a domicilio o in ambulatorio devono essere curati negli ospedali, ospedali che devono però essere concepiti e organizzati in modo molto diverso da quello attuale, tenendo conto cioè di tutte le esigenze dell'utenza. In primo luogo l'organizzazione degli ospedali dovrà essere fondata sui dipartimenti. Particolarmente urgente è l'istituzione dei dipartimenti di accettazione e di emergenza con compiti anche di filtro al fine di evitare i ricoveri inutili. Inoltre, fatte ovviamente salve le esigenze igieniche, dovrà essere favorita la presenza responsabile e la collaborazione effettiva dei parenti, conoscenti o volontari. In particolare si può ipotizzare il ricovero dei cronici nei dipartimenti di medicina generale, senza creare però strutture speciali. In detti dipartimenti dovrebbe essere assicurata la necessaria consulenza geriatrica. A tempi brevi si potrebbe ipotizzare, ferma restando la necessità di idonei interventi di riabilitazione e di decronicizzazione degli anziani, la creazione di repartini paraospedalieri - uno per unità locale - in cui accogliere gli anziani cronici, Il personale sanitario dovrebbe essere fornito dalle Unità sanitarie locali. La retta a carico degli utenti e delle persone tenute agli alimenti dovrebbe essere quella praticata per gli anziani autosufficienti. Infatti, essendo le maggiori cure e spese per i cronici causate da una condizione di non salute, esse dovrebbero essere a carico del servizio sanitario nazionale.
Crisi della partecipazione La ristrutturazione in corso nel settore assistenziale, che è una bruciante sconfitta, è dovuta anche alla caduta della partecipazione, caduta che meriterebbe una analisi approfondita anche al fine di vedere se e come è possibile, tenendo conto dei condizionamenti e degli errori, una ripresa del movimento di base. Si ritiene che, fra l'altro, abbiano notevolmente inciso sulla caduta della partecipazione: - l'ingabbiamento in organismi di cogestione (V. organi scolastici) e l'inserimento di molti militanti di base in strutture preposte all'amministrazione; - il cambiamento di posizione dei partiti di sinistra nei confronti dei movimenti di base dopo le elezioni del 1975; - la scarsa consapevolezza da parte di molti movimenti di base del fatto che la lotta all'emarginazione richiede tempi molto lunghi (forse è addirittura un problema permanente) e la conseguente mancata individuazione di obiettivi a breve, medio e lungo termine e dei necessari strumenti. La caduta di partecipazione può avere conseguenze deleterie anche nella attuazione della riforma sanitaria, consentendo alle forze conservatrici e ai tecnici di riprendere il potere che in parte era stato loro sottratto con le lotte degli anni scorsi. È inoltre opportuno sottolineare, ancora una volta, che partecipazione e volontariato sono cose profondamente diverse.
Ruolo degli operatori sanitari e sociali Per una reale riforma della sanità, dell'assistenza e dei servizi sociali è determinante non solo la partecipazione delle forze sociali e dei cittadini, ma anche la posizione che verrà assunta dai sindacati e dai lavoratori dei servizi. A questo riguardo deve essere tenuto in considerazione il fatto che si stanno accentuando le posizioni corporative. Una contrapposizione fra gli interessi dei lavoratori dei servizi e le esigenze dell'utenza sarebbe un aiuto notevole, al di là delle intenzioni, a tutte quelle forze - e sono molte - che si oppongono al cambiamento. È perciò indispensabile e urgente uno stretto collegamento fra i movimenti di base ed i sindacati dei lavoratori anche allo scopo di arrivare a piattaforme rivendicative comuni o almeno concordate. Di particolare importanza è anche lo scambio sistematico di informazioni fra i movimenti di base ed i lavoratori dei servizi e soprattutto una ampia, tempestiva e comprensibile informazione alla popolazione da parte del sindacato.
Lettera dei ricoverati al Cottolengo Un esempio significativo della drammatica situazione degli anziani malati è la lettera apparsa sul giornale La Stampa del 21 agosto 1979 che riproduciamo integralmente: «Siamo un gruppo di vecchi e di handicappati del Cottolengo: ti preghiamo di fare una campagna a favore dell'eutanasia. Se l'iniziativa avrà successo ne deriverà una legge, come per l'aborto, che porterebbe tanto sollievo a molti disperati. Basterebbe che negli ospedali ci fosse un reparto per accogliere queste persone che desiderano morire, mettendo a disposizione le medicine che devono prendere e un letto per l'ultimo sonno. Ti saremo molto riconoscenti se vorrai avere pietà di noi e di tanti che si trovano nelle nostre condizioni».
Conclusioni del Seminario di Jesolo Dal 5 al 7 ottobre scorso si è tenuto a Jesolo un seminario di studio sul tema «Interventi sanitari e assistenziali per gli anziani autosufficienti e cronici nelle unità locali dei servizi» di cui riportiamo la relazione dei lavori del gruppo sui problemi sanitari che è stata adottata come documento conclusivo del seminario: «La commissione per i problemi sanitari ritiene che si debba evitare la settorialità degli interventi a favore dei cittadini e perciò che l'Unità locale debba gestire, oltre agli interventi sociali e sanitari, tutti quei servizi che ad essi si riferiscono (politica della casa, cultura, tempo libero, urbanistica, ecc.), intendendo con ciò ampliare la concezione del servizio sociale, anche al fine di dare al cittadino un unico interlocutore capace di fornire una risposta globale ai propri bisogni. L'Unità locale non deve configurarsi come una “municipalizzata" o un nuovo ente, bensì come l'espressione dei Comuni singoli o associati, che gestiscono unitariamente gli interventi, coerentemente con una più vasta programmazione nella quale, alla chiarezza ed unità degli obiettivi, deve corrispondere la possibilità di sperimentazioni differenziate. La partecipazione, intesa come confronto e controllo democratico, si estrinseca anche mediante la discussione e il contributo delle esperienze delle forze democratiche di base, che servono all'elaborazione di ulteriori obiettivi programmatici. Le iniziative per la difesa della salute dell'anziano debbono essere globali e rispettose della sua personalità e delle sue scelte. Allo scopo di superare le esistenti istituzioni ghettizzanti ed invalidanti, vanno subito attuate linee di intervento capaci di ridurre continuamente e progressivamente i livelli e le strutture di emarginazione. Il Servizio sanitario nazionale, e solo esso, ha il compito di affrontare i bisogni sanitari degli anziani, come quelli di tutti i cittadini, con metodi di intervento globali e ovunque essi si trovino (nell'ospedale, nelle case di riposo, nelle strutture semiresidenziali e a domicilio). Vanno perciò respinte soluzioni legislative ed organizzative che possano mettere in contrapposizione gli operatori alle riforme; va invece perseguito il loro coinvolgimento sugli obiettivi da raggiungere, mediante la loro riqualificazione professionale e attraverso un processo di mobilità contrattato col sindacato. Strumento dell'unitarietà dell'intervento è il dipartimento che non va concepito come istituzione, ma come modello culturale e professionale, non limitato esclusivamente all'ospedale, ma che verta essenzialmente sul territorio e riesca ad utilizzare le possibilità tecniche ospedaliere nell'ambito di tutta l'Unità locale e nei suoi singoli servizi. Ciò consente, tra l'altro, la conseguente integrazione dei servizi sociali con quelli sanitari. Le strutture aperte quali ospedale diurno, poliambulatorio, assistenza domiciliare, sono nuovi strumenti con i quali si realizzano questi compiti. L'assistenza dell'anziano nel territorio va affidata direttamente al medico di base il quale dovrà poter usufruire del personale paramedico necessario all'assistenza domiciliare e della consulenza geriatrica. La formazione e l'aggiornamento degli operatori vanno realizzati, sia per gli aspetti generali che per quelli specialistici, nelle strutture del Servizio sanitario nazionale, in collegamento con le sedi formative, ed il numero di questi operatori va programmato unicamente in rapporto alle esigenze dell'utenza. L'assistenza sanitaria va prestata in modo unitario, anche se differenziato, ad acuti, lungodegenti e cronici, la cui distinzione non deve essere predeterminata per motivi solo amministrativi ma verificata sperimentalmente e attuata con il metodo del "progressive patient care" e con gli unici criteri dell'efficacia terapeutica e riabilitativa. Prevenzione e riabilitazione sono fini primari della medicina geriatrica, fermo restando il concetto che la prevenzione primaria va attuata fin dalla nascita (in particolare sui posti di lavoro e nell'ambiente, quindi in un contesto più generale), ma assume carattere di specificità a causa della particolare vulnerabilità psico-fisica dell'anziano. A questo fine una corretta educazione sanitaria va praticata non come esortazione morale, ma come scambio di esperienze e creazione di un nuovo modo di vita tra operatori ed utenti. La riabilitazione va svolta con immediatezza sin dal momento della acuzie clinica e proseguita con continuità fino al conseguimento del miglior risultato possibile, preferendo, in linea di massima, il trattamento ambulatoriale. Il suo fine più importante è il recupero da parte dell'anziano dei rapporti sociali positivi. La verifica obiettiva e periodica dei bisogni ed il metodo sperimentale nell'attuazione degli interventi, consentono di evitare o di correggere gli errori e di verificare la validità delle soluzioni proposte. Case di riposo ed ospedali debbono perdere le loro caratteristiche emarginanti. Le prime debbono eliminare i caratteri di medicalizzazione e tendere a ridimensionarsi e ad essere sostituite da comunità alloggio e residenze per anziani inserite nell'habitat comune; l'ospedale deve aprirsi all'Unità locale e divenirne un servizio. Queste prospettive hanno la possibilità di essere realizzate in tempi brevi mediante l'entrata in vigore della riforma sanitaria. È perciò necessario varare al più presto le idonee misure legislative e rendere concretamente operative quelle già approvate. Nel frattempo, e da subito, è necessario opporsi decisamente e denunciare all'opinione pubblica la distorta interpretazione e la violazione sistematica da parte di ospedali e di enti locali dei diritti già previsti dalle leggi vigenti ed evitare che sorgano equivoci e limitazioni interpretative del diritto dell'anziano ad una adeguata assistenza sanitaria come previsto dalla legge 833/78 che istituisce il Servizio sanitario nazionale e bisogna, a tale scopo, prefigurarne sin d'ora le idonee strutture socio-sanitarie».
(1) La legge dell'Emilia-Romagna prevede anche contributi per l'assistenza domiciliare; quella del Veneto per l'assistenza domiciliare, soggiorni climatici, centri diurni per anziani, riadattamento e sistemazione di alloggi individuali. Da notare che le due leggi non contemplano l'erogazione di contributi economici agli anziani, nonostante sia noto che moltissimi ricoveri sono dovuti solo al fatto che gli anziani non hanno il denaro sufficiente per continuare a vivere per proprio conto. (2) Si dovrebbe considerare, a nostro avviso, anziana la persona che ha superato i 65 o i 70 anni. (3) V. Prospettive assistenziali, n. 43.
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Prospettive assistenziali
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