Prospettive assistenziali, n. 49,
gennaio - marzo 1980
Notiziario dell'Associazione nazionale
famiglie adottive e affidatarie
INDAGINE CONOSCITIVA DEL SENATO SULLE MODIFICHE ALLE
LEGGI DELLA ADOZIONE SPECIALE E ORDINARIA, DELL'AFFIDAMENTO E DELL'AFFILIAZIONE
Concludiamo in questo numero la pubblicazione della sintesi
delle udienze conoscitive che la Commissione Giustizia del Senato ha promosso
sulle proposte di legge presentate nella scorsa legislatura in materia di
adozione speciale e ordinaria, affiliazione e affidamento.
Le
precedenti parti sono state pubblicate sui n. 45, 47 e 48.
Associazione nazionale famiglie
adottive e affidatarie
Il Presidente dell'Associazione, Giorgio Pallavicini, afferma che «una realtà contro la quale bisogna assolutamente combattere è quella
del mercato dei bambini, che avviene attraverso falsi riconoscimenti di
paternità o si cela dietro adozioni ordinarie e affiliazioni. Anche i centri di accoglienza per la vita, che vengono da alcune parti
auspicati, rischiano di facilitare questo mercato».
Esprime poi «il
proprio consenso alla richiesta del Presidente del Tribunale per i minorenni di Torino di consentire per via di legge al giudice di
accertare con ogni mezzo la compatibilità genetica tra il figlio e il presunto
padre, allo scopo di limitare la possibilità di falsi riconoscimenti».
Il dottor Pallavicini
rileva quindi che «a dodici anni di
distanza dalla approvazione, si sono evidenziati
alcuni limiti della legge sull'adozione speciale. Il limite massimo di otto anni di età previsto per l'adottando è troppo basso;
molti istituti resistono all'applicazione della legge, non inviando ai
tribunali gli elenchi dei bambini ricoverati, ed
infine molti giudici tutelari non svolgono gli importanti compiti che sono
loro affidati. L'Associazione delle famiglie adottive propone quindi di alzare
a diciotto anni l'età massima dell'adottando, di sopprimere gli uffici tutele,
affidando i loro compiti al Tribunale per i minorenni, e di semplificare le
attuali procedure». Propone inoltre «la
soppressione dell'adozione ordinaria e dell'affiliazione: quest'ultimo
istituto, che oggi viene applicato in poco più di 500
casi all'anno, era utilizzato, prima della riforma del diritto di famiglia, per
dare una forma surrettizia di riconoscimento ai figli adulterini, e serve oggi
per introdurre nella nuova famiglia i minori di più di otto anni di età, cui
non si può applicare l'istituto dell'adozione speciale».
Esprime quindi il proprio consenso alla «abolizione del ricorso alla Corte di appello» e manifesta invece «perplessità sulla tendenza ad allargare eccessivamente il concetto di
"abbandono", poiché in tal modo si lascerebbe all'autorità giudiziaria
una eccessiva discrezionalità, dalla quale inevitabilmente finirebbero per
essere colpiti soprattutto i ceti più poveri».
È inoltre preoccupato nei riguardi della «proposta, di parte comunista, di rendere
possibile l'adozione alle coppie conviventi, data anche la difficoltà di
accertare obiettivamente la convivenza e la sua durata». È nettamente «contrario alla possibilità di adozione da parte di singoli».
Sull'affidamento familiare «il Tribunale per i minorenni dovrebbe intervenire solo in caso di
conflitti».
Frida Tonizzo «ricorda che la legge attuale sulla parità
uomo-donna ha regolamentato anche il rapporto tra il genitore e il bambino
adottivo, in forme però che risulterebbero troppo limitative, con il previsto
innalzamento a diciotto anni del limite massimo di età
dell'adottando speciale».
Ritiene comunque che «la tutela previdenziale debba essere estesa
ai minori in affidamento: gli affidatari dovrebbero anche poter percepire gli
assegni familiari e intervenire per il minore negli organismi scolastici».
Lamenta quindi «la scarsa attività degli
enti locali nel settore, tanto che in molte zone, nel caso di un minore in
difficoltà, l'unico intervento cui ricorrono gli enti locali, spesso propensi
ad un pericoloso palleggiamento di responsabilità, è il ricovero in un istituto».
In risposta a domande della senatrice Giglia Tedesco Tatò, Pallavicini afferma che «quando le difficoltà, nel rapporto con la
famiglia d'origine, sono irreversibili, la rottura dei legami è necessaria;
già oggi in molti affidamenti il legame con la famiglia d'origine si allenta
sempre più fino ad aversi di fatto una situazione di adozione», mentre Tonizzo «ribadisce
che il limite di otto anni previsto dalla legge attuale è eccessivamente basso,
che si dovrà prevedere il consenso del minore, soprattutto dopo i sedici anni,
e che comunque la possibilità dell'adozione speciale per minori in età
adolescenziale è da considerarsi valida. pur con la
conseguente rescissione del legame giuridico con la famiglia originaria».
A sua volta Maria Attisani «fa notare che, allorché si arriva a
pensare ad una adozione speciale, la rottura dei
rapporti con la famiglia d'origine è già avvenuta: spesso è proprio il minore
che chiede un inserimento a pieno titolo nella nuova famiglia».
Aggiunge Pallavicini che «per venire incontro alla necessità del
decentramento delle competenze giudiziarie in materia minorile, sembra preferibile
ampliare e decentrare i tribunali per i minori anziché basarsi sul giudice
tutelare, che per lo più dimostra scarso interessamento per tali problemi».
Tonizzo afferma che «in
base alle esperienze conseguite dall'Associazione l'unico modo soddisfacente
per addivenire all'adozione di un bambino straniero è
quello che si basa sul preventivo parere del Tribunale dei minori circa l'idoneità
della coppia adottante» e aggiunge che «si
rende tuttavia indispensabile una regolamentazione legislativa della materia,
in quanto le delibazioni che avvengono in Italia hanno il carattere di pura
ratifica, senza entrare nel merito del provvedimento giudiziario estero».
Infine precisa che «l'Associazione
nazionale famiglie adottive condivide l'esigenza di una maggiore tutela del segreto
sull'origine dell'adottato, in relazione al disegno di
legge n. 124» e fa presente alla Commissione che «di frequente gli IPAI battezzano figli di ignoti, pregiudicando in tal
modo la scelta - in materia di religione - che deve essere riservata alla
futura famiglia di adozione. Tale prassi è pressoché generale negli IPAI delle Regioni meridionali».
Centro per la riforma del diritto di famiglia
L'avv. Giuliana Fuà
dichiara che la Commissione istituita dal Centro sui
problemi di applicazione della legge 382 ha rilevato «l'importanza di accertare lo stato di abbandono valutandolo come il
maturare di una situazione irreversibile, che rende inevitabile l'inserimento
in una nuova famiglia: in tale situazione conviene abbreviare la procedura di
adozione (successivamente alla dichiarazione di adottabilità)».
Prende la parola la dottoressa Danovi,
che «riferisce sui risultati raggiunti dalla Commissione del Centro incaricata dei problemi
dell'adozione. Si è concluso che soltanto l'adozione
speciale dovrebbe essere considerata come adozione in senso proprio, essendo
l'ordinaria un mero accordo tra famiglie, a contenuto e scopo patrimoniali
(...). Si è convenuto inoltre che debba essere
superato il limite di otto anni per l'adozione speciale, e che debbano essere
considerate idonee all'adozione anche persone singole».
Prende la parola la dottoressa Cammeo, la quale «ritiene necessario sveltire la procedura,
che attualmente può superare i 5 anni, sia eliminando
il bando per la ricerca dei genitori, sia abolendo l'opposizione innanzi allo
stesso giudice che ha dichiarato lo stato di abbandono». È sua opinione
che «debba essere sempre garantita la
difesa dei genitori e la rappresentanza del minore; che il minore debba essere
sempre sentito se abbia compiuto i 12 anni; che il provvedimento
di adozione non debba essere preceduto dall'affidamento preadottivo. È poi
opportuno che il cambiamento del cognome del minore adottato avvenga
contemporaneamente alla pronuncia di adozione e che
venga assicurata, sin dal momento del collocamento provvisorio che prelude all'adozione,
la segretezza degli atti del procedimento, per i quali deve essere prevista la
esenzione fiscale. È inoltre necessario che venga
chiarito meglio il significato della nozione di "stato di abbandono",
accentuando particolarmente l'aspetto morale, e che venga favorita in ogni
modo la formazione di una preparazione specifica nei magistrati della Corte
d'appello addetti ai minori».
Interviene quindi la dottoressa Petri,
la quale dichiara per «pur ritenendo che
quella della coppia costituisca la soluzione ottimale,
è opportuno prevedere la possibilità dell'adozione da parte del singolo, anche
perché la prevista elevazione del limite massimo d'età dell'adottando a 18 anni
non faciliterà certo la collocazione dei minori. Ricorda quindi che la
Convenzione di Strasburgo chiede che venga indicata
una autorità nazionale, alla quale gli organi degli altri Paesi possano far
riferimento, per la adozione di bambini stranieri. Per tutti i minori da
adottare non può essere previsto un assoluto potere
di veto della famiglia d'origine nei riguardi del provvedimento d'adozione, che
ha carattere nettamente pubblicistico, e d'altra parte si deve evitare
qualsiasi tono punitivo del provvedimento d'adozione versa la famiglia
d'origine stessa».
La dott. Petri «dopo aver espresso la propria convinzione
sulla necessità di ridurre il periodo dell'affidamento preadottivo,
che oggi è previsto della durata di 3 anni, dichiara la propria contrarietà
all'ipotesi, di cui al disegno di legge 1116bis, di un consenso all'adozione
prima della nascita. Tale ipotesi contravviene anche alla disposizione
dell'articolo 5, punto 4, della Convenzione di Strasburgo, secondo il quale la
richiesta della madre di dare il proprio figlio in
adozione deve essere presentata sei settimane dopo la nascita». L'oratrice conclude il suo intervento «chiedendo che, nel caso di un innalzamento del limite di età
dell'adottando a 18 anni, con una norma transitoria vengano tramutate in
adozioni. speciali le adozioni ordinarie e le
affiliazioni in atto».
La dott. Danovì chiarisce
che «secondo 1'opinione del Centro per la
riforma del diritto di famiglia, qualsiasi stato di
abbandono del minore, che non sia transitorio, ma irreversibile, deve avere conseguenze
giuridiche, che si tratti di abbandono morale o materiale e bastando comunque
uno solo dei due. Il legislatore deve sempre operare un sacrificio di interessi, privilegiando però l'interesse del minore, al
quale vanno evitati danni irrimediabili nel suo sviluppo psico-fisico e
prendendo in considerazione, oltre al genitore, anche altri parenti stretti,
cui può essere opportunamente affidata la sua educazione».
La dottoressa Petri
dichiara che «la decisione
dell'affidamento familiare, circa il quale è urgente
una normativa organica e chiara, dovrebbe essere presa dal servizio sociale,
con un potere di controllo anche all'autorità giudiziaria».
Fondazione Zancan
Mons. Giovanni Nervo dichiara che «si è ormai convenuto che il minore ha diritto alla
famiglia come luogo privilegiato per la sua crescita umana e che
quindi, in caso di difficoltà, prima che si arrivi a dichiarare lo stato di
adottabilità, la famiglia ha diritto ad essere aiutata a svolgere le sue
funzioni. È però ben fermo il principio che il minore
è una persona autonoma e che, in caso di contrasti, i suoi diritti prevalgono
sugli interessi dell'adulto».
L'oratore prosegue rilevando «come la consapevolezza dell'esigenza della deistituzionalizzazione
non si è concretizzata nella formazione di strutture alternative. Appare
opportuno a tale scopo potenziare l'istituto dell'affidamento familiare,
mentre un giudizio negativo deve essere dato sia sull'adozione ordinaria, che
porta ad una difficile convivenza tra famiglia biologica e famiglia adottiva,
sia sull'affiliazione, che non tutela abbastanza il minore».
Ritiene «apprezzabile
la disposizione di cui al secondo comma dell'articolo 18 del disegno di legge
n. 791, che consente al giudice di stabilire prescrizioni per l'assistenza al minore
anche nei confronti degli enti e organi di assistenza».
Aggiunge che «riguardo
al dibattuto problema del significato sociale delle dichiarazioni di adottabilità, che sono
costantemente pronunciate contro genitori non abbienti, ritiene approvabile la
modifica del concetto di abbandono, presente in entrambi i disegni di legge,
per la quale l'abbandono morale potrebbe valere di per sé solo a concretare lo
stato di abbandono: ciò consentirebbe infatti di dichiarare l'adottabilità
anche nei confronti dei molti genitori agiati che forniscono ai figli
assistenza soltanto materiale. In ogni caso dovrebbe restare fermo
il principio che il diritto dei genitori deve essere sempre subordinato al diritto
del minore».
Auspica poi «la
soppressione dell'adozione ordinaria, che apparentemente mantiene i legami con
la famiglia di origine, ma in realtà finisce per
estrometterla, come l'adozione speciale, per la quale però vi è almeno una
valutazione di inidoneità della famiglia di origine da parte del tribunale.
L'adozione ordinaria appare, in sostanza, come un contratto fra adulti in danno
di un minore, considerato come una proprietà da trasferire; qualora anche si
volesse consentire la trasmissione del nome e del patrimonio, si potrebbe
studiare un istituto apposito, soltanto per tale finalità
e sopprimendo quindi l'adozione ordinaria».
Manifesta quindi «una
valutazione del tutto negativa sull'istituto
dell'affiliazione e su ogni altra normativa tendente a favorire - come sembra
avvenire nel disegno di legge n. 968 - il formarsi di situazioni giuridiche con
le quali ci si appropria irreversibilmente di un
minore».
Afferma inoltre «che
il disegno di legge n. 968 rallenta con una normativa eccessivamente dettagliata
il procedimento di adozione, richiedendo troppi
adempimenti non indispensabili».
Monsignor Nervo si sofferma «sul problema delle cosiddette "adozioni internazionali", che
a suo avviso dovrebbero essere regolate dalla futura
legge, trattandosi di un fenomeno di costume realmente affermatosi, e di cui pertanto
il legislatore deve tener conto. Sulle adozioni internazionali
dovrebbero essere stabiliti più attenti controlli, particolarmente per quanto
concerne l'idoneità della coppia adottante, tuttavia senza che questi
controlli vengano a scoraggiare il fenomeno, che risponde, positivamente, da
un lato alla maggiore apertura psichica che si manifesta nella famiglia
italiana, dall'altro ai nostri doveri verso i Paesi in via di sviluppo».
Precisa poi che «la
segretezza sull'origine del minore dovrebbe essere preservata con maggior rigore».
Centro italiano per l'adozione internazionale
Gabriella Merguici
prospetta innanzitutto «la necessità che nella futura legge sia regolamentata anche
l'adozione internazionale, sulla base della stessa procedura che verrà
stabilita per l'adozione speciale in Italia, in particolare prescrivendo
l'onere di conseguire anzitutto la dichiarazione di idoneità all'adozione da
parte del Tribunale dei minori italiano, da valere come garanzia per il giudice
straniero. A tale riguardo fa presente che purtroppo oggi gli aspiranti alla adozione che sono valutati negativamente dal Tribunale
dei minori riescono ugualmente, per lo più, ad ottenere sul posto, all'estero,
un decreto di adozione. È chiaro quindi che l'intento del legislatore dovrà essere
quello di garantire ai bambini stranieri la stessa tutela giuridica che viene data, mediante il procedimento di adozione speciale,
ai bambini italiani. Avverte altresì che l'attività del CIAI si svolge
esclusivamente sulla base della preventiva dichiarazione di idoneità
da parte del Tribunale dei minori. Dovrebbe inoltre essere regolata la
delibazione delle pronunce straniere, in modo da affidarla ai tribunali dei
minori anziché alle corti d'appello, e precisando che l'effetto giuridico debba essere quello dell'adozione speciale: talvolta oggi
la delibazione produce gli effetti dell'adozione ordinaria, con serio
pregiudizio per gli interessi reali del bambino».
Donata Nova, dopo aver precisato che «il CIAI condivide del tutto le posizioni
manifestate nella presente indagine conoscitiva dall'Associazione nazionale famiglie
adottive ed affidatarie», afferma che il CIAI «ravvisa l'opportunità che sia alzato il limite di età
per l'adozione speciale a diciotto anni e che siano soppressi gli istituti dell'adozione
ordinaria e dell'affiliazione, in quanto usati in sostituzione dell'adozione
speciale per produrre evidenti abusi». Manifesta inoltre «perplessità sulla prospettata adozione
prenatale, affermando che, anche per adeguarsi alla Convenzione
di Strasburgo, deve esservi un minimo di intervallo, dopo la nascita, prima
della dichiarazione dello stato di adottabilità».
Ritiene inoltre che «nei disegni di legge nn. 791 e 968 venga
eccessivamente giurisdizionalizzato l'istituto
dell'affidamento familiare, che dovrebbe essere invece sempre disposto dai
servizi sociali, e soltanto segnalato al Tribunale dei minori. Non sembra
peraltro che tale istituto possa essere utilizzato sul piano internazionale, in
relazione al problema delle adozioni internazionali, dato il suo carattere
temporaneo, e la conservazione in esso dei rapporti
con la famiglia d'origine».
Merguigi aggiunge che «la
dichiarazione di idoneità della coppia da parte del
tribunale costituisce per il CIA1 condizione necessaria ma non sufficiente per
dar seguito alla procedura, in quanto la coppia è sottoposta ad un'ulteriore
valutazione da parte del Centro stesso» e precisa che il CIAI «opera nei Paesi stranieri in collegamento
con i servizi sociali, gli istituti di ricovero e la magistratura: gli istituti
producono la documentazione necessaria riguardante il minore e la magistratura
fa le sue indagini, chiedendo al Tribunale per i minorenni italiano un
nullaosta per la famiglia che richiede l'adozione».
Infine Nova rileva che «ovviamente, gli ingressi illegali di bambini
stranieri in Italia non seguono questa procedura».
Unione italiana Centri di educazione matrimoniale e prematrimoniale
Giulia Filippetti Gentile
illustra natura e funzioni dei Centri in cui «le coppie vengono aiutate a risolvere i loro
problemi da personale specializzato, tra cui psicologi, genetisti, medici
internisti e legali».
Aggiunge poi che «i
centri non si occupano in modo particolare dei problemi dell'adozione».
Movimento per la vita
L'ing. Rocchi ricorda che «uno dei disegni di legge all'esame della
Commissione deriva da una proposta di legge del Movimento per la vita, che
raccolse in pochissimo tempo le firme di oltre un milione di cittadini».
Auspica che «i
consultori familiari vengano esclusi completamente
dall'iter abortivo e che quindi la scelta del personale venga effettuata con
criteri opposti a quelli attuali, ammettendo entro i consultori una
rappresentanza permanente dell'Associazione nazionale famiglie adottive ed affidatarie.
I dati statistici di altri paesi mostrano che la
certezza di poter facilmente dare in adozione il figlio dissuade la madre
dall'aborto, anche se bisogna sottolineare come elemento positivo il
frequente ripensamento della donna, a nascita avvenuta».
La dott. Brunori deplora
che «si diffonda l'aborto volontario, proprio mentre tantissime coppie non riescono ad adottare
bambini. In alcuni centri, come Firenze, si va ormai verso una
equiparazione tra nascite e aborti, con conseguenze gravissime per
l'invecchiamento demografico e la riduzione delle forze lavoro».
Centro italiano femminile
La Presidente del CIF, Bosco Lucarelli
ritiene che «la validità dell'adozione
sia da ravvisare soprattutto nell'aver portato avanti l'idea e l'affermazione
di un tipo di famiglia che non sia necessariamente basata sul vincolo di
sangue; in tal senso si può felicemente constatare che l'atteggi amento della
società è notevolmente mutato, da allora».
Dichiara che «il
CIF condivide pienamente l'impostazione dell'adozione speciale come extrema
ratio, da usarsi soltanto quando siano risultati vani
tutti i tentativi per conservare al minore la famiglia naturale» e
aggiunge che «il Centro è d'accordo anche
sull'elevazione del limite d'età degli adottandi ai diciotto anni, e sulla
diminuzione della differenza di età richiesta Per legge fra adottati e adottandi».
Segnala che «il
Centro non concorda invece sulla legittimazione ad
adottare per persone singole o per coppie non regolarmente sposate: a
prescindere dalla circostanza che ciò non avrebbe scopo, dato che vi è
sovrabbondanza di coppie regolari in rapporto al numero dei minori adottabili,
le coppie regolari danno maggiori garanzie per un migliore rapporto affettivo,
nell'interesse del minore».
Consiglia «vivamente
di provvedere, con la futura legge, in modo da stroncare (...) il ben noto
mercato dei bambini, prevedendo anche sanzioni penali».
Dichiara quindi che «il CIF è favorevole alla proposta di soppressione dell'istituto
dell'affiliazione, nonché alla limitazione della
sfera di applicazione dell'adozione ordinaria, che inoltre dovrebbe essere
regolata in modo da non poter essere utilizzata abusivamente per il menzionato
mercato dei bambini».
Precisa poi «che
il CIF è favorevole ad una completa regolamentazione dell'affidamento familiare,
e consiglierebbe comunque una normativa intesa ad
evitare lunghe attese del minore che, nelle more della sua definitiva
sistemazione, può risentire notevoli danni nella sua evoluzione psichica».
Svolge alcune considerazioni sul disegno di legge
della passata legislatura, di iniziativa popelare, n.
1116-bis e dichiara «di condividere tale
iniziativa legislativa nel suo spirito e nei principi che persegue, mentre gli
strumenti per pervenire a tali finalità potrebbero essere diversi da quelli in
essa proposti: in particolare si potrebbe prevedere una adottabilità
automatica nel caso del minore non riconosciuto e un immediato affidamento
preadottivo nel caso in cui i genitori non vi si oppongano».
Esprime infine «l'avviso
che si renda opportuno un conglobamento delle competenze giudiziarie in
materia di famiglia e minori, per superare il frazionamento attuale fra i
tribunali dei minori e gli altri organi giudiziari: la sfera della famiglia,
comprensiva di ogni rapporto nel suo ambito, e quindi
anche di ogni problematica inerente ai minori, dovrebbe essere trattata
unitariamente».
Interviene quindi la signora Busnelli,
«sottolineando le attuali gravi carenze nei servizi di appoggio alla famiglia: si dovrebbe
pertanto procedere parallelamente, sia portando avanti la nuova legislazione
in tema di adozione, sia provvedendo in concreto affinché si dia un reale
sostegno alla famiglia naturale, nonché ai "frammenti di famiglia" i
quali anche possono talvolta svolgere positivamente i propri compiti
educativi. Per tale finalità sembrano idonei non soltanto i consultori
familiari, ma anche iniziative come le case-famiglia, i "piccoli
istituti", le comunità-alloggio. Per quanto concerne
però, in particolare, i minori in età infantile, sembrano anche da
favorire, nell'ambito del volontariato, le famiglie disposte ad accoglierli
in affidamento, in quanto ciò potrebbe adattarsi meglio alle esigenze dell'età.
L'adozione speciale manifesta dunque dei limiti al suo impiego,
ai quali si deve provvedere».
La presidentessa Bosco Lucarelli
afferma che «l'organismo da lei
rappresentato non ha una visione unitaria sul problema della giurisdizionalizzazione e della amministrativizzazione dell'intervento in materia di
affidamento familiare, anche se è forse prevalente il desiderio di una
regolamentazione giurisdizionale, collegata però ad un ampio rinnovamento dei
tribunali per i minorenni».
Consiglio nazionale delle donne
italiane
La Segretaria del CNDI avverte che «in un prossimo convegno - indetto
nell'ambito dell'anno del bambino - si renderà possibile esprimere una
posizione unitaria del CNDI sui problemi dell'adozione, che verrà
comunicata alla Commissione: nell'odierna seduta le rappresentanti
esprimeranno le loro opinioni a titolo personale».
La dott. Gualtieri si
dichiara «contraria alla soppressione
dell'adozione ordinaria, che dovrebbe essere considerata quale istituto privatistico inteso ad assolvere, oltre alla
assistenza ai minori, compiti di diversa natura, che l'istituto svolge,
in sostanza, da secoli, e che potrebbe continuare utilmente a svolgere. Anche
l'affiliazione, nonostante la perdita di utilità a
seguito dell'entrata in vigore del nuovo diritto di famiglia, conserva
tuttora una sua funzione, in alcuni casi concreti».
Avverte che «in
tutti i casi di adottandi minori i due istituti
vengono a trovarsi in concorrenza, e che pertanto le due normative debbono
essere armonizzate. Occorre però soprattutto snellire ed abbreviare il
procedimento di adozione speciale, e vietare ai
genitori naturali qualunque iniziativa - successivamente alla pronunzia di
adottabilità - che possa rendere vana l'efficacia di tale pronunzia, e
specialmente le iniziative dirette a dare il bambino in adozione ordinaria. È
chiaro del resto che in tutti i casi in cui sussistono i requisiti per
entrambe le adozioni, l'interesse del minore dovrebbe
indurre a dare la preferenza all'adozione speciale».
Si dichiara «contraria
alla legittimazione all'adozione per le coppie solo conviventi, in quanto non
possano conferire lo status di figlio legittimo, che costituisce una delle
funzioni essenziali dell'adozione speciale» e sfavorevole anche «alla proposta di cui all'art. 28 del disegno
di legge n. 791 della passata legislatura, perché con essa
si darebbe al minore uno status ambiguo di figlio legittimo di un coniuge, e
naturale dell'altro coniuge; si dichiara favorevole alla validità dei rapporti
di parentela verso i parenti collaterali dell'adottante, per l'adottato con
adozione speciale (articolo 38 del disegno di legge n. 791)».
La signora Marciani si dichiara «contraria
all'istituto dell'affidamento familiare, in quanto inteso a mantenere i legami
con la famiglia naturale, nonché la potestà dei genitori naturali: ritiene che
una famiglia disposta ad accogliere il minore a queste sfavorevoli condizioni
potrebbe farlo prevalentemente allo scopo di percepire la sovvenzione
pubblica; inoltre, con tale istituto può instaurarsi un rapporto di notevole
intensità con gli affidatari, che rende assai difficile il successivo rientro
del minore nella famiglia naturale».
Unione donne italiane
Anita Pasquali afferma che «nell'impostazione
della futura normativa si dovrà tener conto del diminuire delle domande di
adozione in confronto al numero dei bambini adottabili, nonché della circostanza
che anche i pochi bambini tuttora adottabili sono prevalentemente
nell'infanzia avanzata, cioè non più neonati. Ma soprattutto la riforma dovrà
avere come caposaldo solide norme per la prevenzione degli stati di abbandono: analogamente a quanto si è fatto,
positivamente, in sede di legge per la regolazione dell'aborto e la tutela
della maternità (rivolgendo cioè un energico impegno, anche finanziario,
all'obiettivo della prevenzione) ci si dovrà proporre una energica prevenzione
degli stati di abbandono, mediante interventi di ogni genere, fra i quali in
particolare quelli a sostegno delle ragazze-madri».
Precisa poi che «l'UDI
condivide l'idea che in primo piano debbano venire le esigenze del bambino in
difficoltà, e solo in seconda posizione le esigenze (comunque
anch'esse apprezzabili) delle famiglie che desiderano adottare bambini».
Riferisce che l'UDI è favorevole «ad un'ampia gamma di rimedi e di interventi
(da prevedere legislativamente) fra i quali in
particolar modo l'affidamento familiare, che deve divenire fatto di costume, un
contenuto normale della mentalità di una società rinnovata, nel quadro di una
idea ampliata della famiglia. L'affidamento familiare dovrebbe essere
amministrato dagli organi assistenziali socio-sanitari
dell'ente locale, mentre il tribunale dei minori dovrebbe intervenire soltanto
quando insorga un vero e proprio conflitto fra la famiglia naturale e la
famiglia affidataria».
L'UDI è anche favorevole «ad una legislazione che contrasti energicamente ogni forma di mercato
dei bambini, e tenga conto adeguatamente del collegamento che tale fenomeno può
avere con le cosiddette adozioni internazionali».
Teresa Serra osserva «a proposito del problema dei bambini
handicappati, che è essenziale fornire alla famiglia quegli indispensabili
servizi di appoggio, che possano evitare la "deportazione
assistenziale" negli istituti, altrimenti diventa inevitabile l'abbandono
del minore. Dopo essersi soffermata sul problema relativo al
conferimento dell'assegno di accompagnamento ai soli minori handicappati che
frequentino la scuola o i centri di rieducazione, auspica il ricorso, anche in
Italia, alle "family help unities" e alla
assistenza domiciliare, che hanno dato all'estero validissima prova».
Anita Pasquali dichiara che «l'UDI
è assolcatamente contraria alla cosiddetta "adozione prenatale"
ritenendo che la donna non debba essere mai considerata come semplice
produttrice di un "bene" (il bambino) che altri poi utilizzerebbero».
Precisa poi che «la via di far
intervenire l'ente locale in materia di affidamento è
quella che può consentire una maggiore rispondenza alle situazioni reali. Ciò
ovviamente non comporta una alternativa rispetto all'intervento
giurisdizionale, potendosi pensare ad una sorta di competenza di controllo
sulle decisioni adottate dall'ente locale».
Dichiara infine che «sul problema dell'adozione da parte di persone singole o di coppie non
coniugate non vi è nessuna preclusione di carattere generale, anche se
costituisce interesse prioritario da parte dell'adottando poter godere della maggior ricchezza possibile degli affetti».
Unione per la lotta contro
l'emarginazione sociale
Francesco Santanera premette che vi è l'urgente necessità di «un'ampia revisione ed un miglioramento dei servizi sociali».
Sostiene che «sarebbe inoltre opportuno
inserire nella normativa, sempre a proposito dell'assistenza, una forma di assistenza alle ragazze-madri e una forma di tutela del
segreto del parto, in modo da permettere che genitori legittimi non denuncino
come propri i figli che non si sentono in grado di allevare. Si dovrebbe poi
abolire l'adozione ordinaria e precludere ogni possibilità di riconoscimento giudiziale dei minori».
Ritiene poi che «sia
di essenziale importanza stroncare il mercato dei
bambini che, soprattutto a causa del ricorso all'adozione ordinaria, dei falsi
riconoscimenti e delle adozioni internazionali, ha assunto una vasta portata e
costituisce un gravissimo problema sociale».
«Dopo
essersi soffermato su alcuni problemi, come quello relativo
alla necessità che i giudici componenti le Corti di appello abbiano una
specializzazione, come i giudici dei tribunali dei mi-norenni; come quello del
conferimento di tutta la gestione degli affidamenti agli enti locali; e quello
della disciplina transitoria dell'adozione speciale, ove il limite di età venga
innalzata ai 18 anni; osserva che la linea di tendenza del legislatore
dovrebbe mirare all'abolizione dell'adozione ordinaria e dell'affiliazione,
mentre la prevalenza delle domande di adozione rispetto all'offerta potrebbe
consentire una maggiore libertà, al fine di dare la maggior garanzia possibile
al minore e di svolgere gli accertamenti di idoneità più rigorosi possibili nei
confronti degli adottanti».
Afferma quindi che «il problema dell'adozione degli handicappati psichici può essere più
facilmente risolvibile ove, da una parte, si forniscano servizi di appoggio alle famiglie di origine e, dall'altra, si
favoriscano gli affidamenti familiari a scopo educativo».
Osserva inoltre che «l'adozione speciale dovrebbe corrispondere ai casi di totale
abbandono, e invece l'affidamento a quelli di abbandono
parziale. Per i casi di affidamento poi il
legislatore dovrebbe regolamentare con una casistica abbastanza rigorosa i
poteri e i doveri relativi alla vita del minore, decidendo quali di essi
lasciare ai genitori e quali conferire in capo agli affidatari; l'intervento
giurisdizionale potrebbe aver luogo solo ove vi siano contestazioni e, in ogni
caso, mai con una caratterizzazione di tipo punitivo, come è attualmente».
Fa presente «la
difficoltà di legiferare in modo da combattere efficacemente
l'istituzionalizzazione dei minori anche nel
Mezzogiorno, in presenza di diffuse concezioni che attribuiscono una assoluta
preminenza alla posizione dei genitori naturali e al vincolo di discendenza
naturale. Ritiene peraltro che possa giovare anche per il Mezzogiorno (quanto meno combattendo efficacemente il mercato dei
bambini) una soppressione dell'adozione ordinaria per i minori e
dell'affiliazione, nonché una più severa disciplina per le procedure che di
fatto si svolgono in tema di adozione internazionale. Afferma poi che contro
l'istituzionalizzazione è anche efficace il promuovere con tutti i mezzi la pratica degli affidamenti familiari, per la quale è
sempre possibile trovare famiglie volonterose, purché non si pretenda di
impiegare l'affidamento familiare globalmente per tutti i casi (compresi i
minori handicappati), bensì si proceda gradualmente, iniziando, ad esempio, nelle
zone difficili, con i bambini fino a tre anni, e favorendo la trasmissione
delle esperienze dagli affidatari già collaudati ai nuovi affidatari».
Precisa che «l'istituto
dell'affidamento familiare dovrebbe essere impiegato con le dovute precauzioni,
al fine di impedire che possa costituire una facile premessa per un quasi
automatico affidamento preadottivo: occorre salvaguardare fin
quando è possibile la potestà dei genitori naturali, senza cioè
pregiudicare la loro posizione con affidamenti giuridicamente troppo
sanzionati. Per quanto concerne l'adozione ordinaria, ribadisce
l'opinione che convenga sopprimere l'istituto, trovando però i modi per
salvaguardare le comprensibili esigenze di trasmissione dei patrimoni e dei
cognomi».
Rammenta infine «come
troppo spesso (ed anche in Piemonte) si guardi prevalentemente agli interessi
delle persone adulte desiderose di adottare: anziché
dare in adozione i minori a chi non ha mai adottato (e pertanto non ha la
relativa esperienza, bensì soltanto un personale bisogno di adottare) si
dovrebbero preferire le famiglie che avendo già adottato un minore, e con
risultati positivi, possono fornire le massime garanzie di successo».
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