Prospettive assistenziali, n. 49,
gennaio - marzo 1980
PROPOSTA DI LEGGE DEL
PSI «LEGGE QUADRO SUI SERVIZI SOCIALI» (1)
Art. 1.
(Principi ed
obiettivi).
In attuazione delle norme costituzionali e nel quadro della sicurezza sociale, la presente legge
determina i principi fondamentali relativi agli interventi di assistenza
diretti a garantire al cittadino il pieno e libero sviluppo della personalità
e la sua partecipazione alla vita del paese.
Tali obiettivi si realizzano con un'attività di
prevenzione e di rimozione degli ostacoli di natura personale, familiare e
sociale, mediante un complesso di servizi sociali coordinati ed integrati sul
territorio con i servizi sanitari e formativi di base, ed in armonia con gli
altri servizi finalizzati allo sviluppo sociale, nonché
attraverso prestazioni economiche.
È garantita a norma dell'art. 38 della Costituzione
la libertà dell'iniziativa privata.
Art. 2.
(Finalità).
Per rendere effettivo, con un'organica politica di
sicurezza sociale, il diritto di tutti i cittadini alla promozione,
mantenimento e recupero dello stato di benessere fisico o psichico, al pieno
sviluppo della personalità nell'ambito dei rapporti familiari e sociali, al
soddisfacimento delle esigenze essenziali di vita, l'attività del sistema dei
servizi socio-assistenziali persegue le seguenti finalità:
a) prevenire e rimuovere le cause di ordine
economico-sociale e psicologico che possono provocare situazioni di bisogno
sociale o fenomeni di emarginazione negli ambienti di vita, di studio e di lavoro;
b) rendere effettivo il diritto di tutta la popolazione, senza distinzione di condizioni individuali o
sociali, ad usufruire delle strutture, dei servizi e delle prestazioni sociali,
seconda modalità che garantiscano la libertà e la dignità personale e
assicurino eguaglianza di trattamento, riconoscendo alle persone, per i
problemi che le coinvolgono direttamente, congrue possibilità di scelta di
strutture, di servizio, e di prestazioni;
c) sostenere l'azione della famiglia; garantire la
permanenza nell'ambiente familiare e sociale di appartenenza
o in quello liberamente scelto o assicurare, ove necessario, l'inserimento in
idonei ambienti sostitutivi della famiglia; promuovere il reinserimento di
quanti sono emarginati in strutture o istituzioni segreganti;
d) sostenere i soggetti affetti da minorazioni
psico-fisiche e sensoriali con tutti gli interventi idonei, atti anche a
garantire la loro presenza nel normale ambiente di vita, di studio e di lavoro.
Art. 3.
(Servizi).
Il conseguimento delle finalità di cui al precedente articolo è assicurato mediante:
a) servizi di sostegno
individuale e familiare finalizzati ad assicurare ai singoli e alle famiglie la
soddisfazione dei bisogni connessi alla vita quotidiana;
b) iniziative volte a favorire la fruizione
di alloggi, anche in strutture comunitarie, al fine di assicurare ai singoli,
alle famiglie e ai gruppi il diritto alla casa, anche attraverso l'adeguamento
delle unità abitative alle esigenze dei soggetti affetti da minorazioni;
c) servizi territoriali
aperti volti a favorire la socializzazione dei singoli e dei gruppi, al fine di
prevenire la marginalità sociale;
d) servizi di assistenza e
segretariato sociale volti ad assicurare al cittadino l'informazione e
l'assistenza per l'espletamento degli atti necessari a garantire la possibilità
di fruizione dei servizi sociali organizzati sul territorio;
e) servizi di consulenza sociale volti a promuovere
l'educazione alla responsabilità sociale, a risolvere situazioni di conflittualità familiare e sociale e ad assicurare la
protezione e la tutela dei minori e dei soggetti incapaci di provvedere a se
stessi;
f) iniziative volte a
favorire l'inserimento lavorativo dei soggetti affetti da minorazioni, attraverso
la formazione professionale secondo
le modalità di cui alla legge 21 dicembre 1978, n. 845;
g) erogazione di prestazioni economiche, atte a
garantire adeguati mezzi di sussistenza ai cittadini impossibilitati ad
acquisire i mezzi economici necessari per vivere, ai
cittadini per i quali non siano in atto trattamenti di previdenza sociale e ai
cittadini, che in via temporanea, per circostanze eccezionali ed improvvise, si
trovino in situazioni di particolare bisogno;
h) servizi residenziali ad internato, destinati ad
ospitare, in via eccezionale, i cittadini per i quali non sia possibile
provvedere mediante gli interventi di cui ai punti precedenti, organizzati in
modo da garantire il pieno rispetto della personalità
degli utenti e da favorirne la partecipazione.
Art. 4.
(Destinatari).
Tutti i cittadini hanno diritto a fruire dei servizi
sociali, a prescindere da qualsiasi distinzione di carattere giuridico,
economico, sociale, ideologico e religioso. Sono, altresì, ammessi ai suddetti servizi gli stranieri e gli apolidi che si trovano
in territorio italiano anche se non siano assimilati ai cittadini italiani o
non risultino appartenenti a Stati per i quali sussiste il trattamento di
reciprocità, salvo i diritti che la presente legge conferisce con riguardo
alla condizione della cittadinanza.
Gli oneri relativi all'assistenza
agli stranieri ed agli apolidi sono anticipati dall'Ente locale e posti a
carico del bilancio dello Stato.
Può essere chiesto agli utenti il concorso al costo
di determinate prestazioni in relazione alle loro
condizioni economiche, tenendo conto della situazione locale e della rilevanza
sociale dei servizi, secondo i criteri stabiliti dalle Regioni. In ogni caso le
leggi regionali debbono garantire agli utenti dei
servizi la conservazione di una quota delle pensioni e dei redditi che permetta
loro di far fronte in modo adeguato alle esigenze personali.
Art. 5.
(Prestazioni
economiche).
Le prestazioni di carattere economico si distinguono in ordinarie e straordinarie.
Hanno diritto alle prestazioni ordinarie:
1) sotto forma di pensione sociale tutti i cittadini
che, per età, inabilità o per altri motivi indipendenti dalla loro volontà non
possono accedere al lavoro e sono sprovvisti dei mezzi necessari per vivere;
2) sotto forma di assegni
continuativi di assistenza tutti i cittadini che, a causa della loro inabilità,
hanno bisogno dell'aiuto di terzi per compiere gli atti quotidiani della vita,
o di una sorveglianza personale continua.
Le prestazioni di cui al precedente comma sono
definite con leggi dello Stato.
Le prestazioni straordinarie sono dirette a coloro
che si trovano in difficoltà economiche, contingenti o temporanee, e sono
erogate, anche nel caso di prestazioni a carattere continuativo, dai comuni,
secondo i criteri indicati dalle leggi regionali.
Art. 6.
(Compiti dello
Stato).
Sono di competenza dello Stato:
a) la funzione di indirizzo e
di coordinamento delle attività amministrative delle regioni a statuto
ordinario in materia di servizi sociali, attinenti ad esigenze di carattere
unitario, anche con riferimento agli obiettivi della programmazione nazionale e
agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali e comunitari, da
esercitarsi nei modi previsti dall'art. 3 della legge 28 luglio 1975, n. 382;
b) gli interventi di primo soccorso in caso di
catastrofe o calamità naturali di particolare gravità ed estensione e gli
interventi straordinari ad essi collegati;
c) gli interventi di prima assistenza in favore dei
connazionali profughi e rimpatriati, in conseguenza di eventi
straordinari ed eccezionali;
d) gli interventi in favore dei profughi stranieri,
limitatamente al periodo strettamente necessario alle operazioni di identificazione e di riconoscimento della qualifica di
rifugiato o per il tempo che intercorre fino al loro trasferimento in altri
paesi, nonché gli oneri relativi alla assistenza agli stranieri e agli
apolidi;
e) gli interventi sociali prestati ad appartenenti
alle forze armate e agli altri dipendenti dello Stato, limitatamente al
funzionamento e alla gestione di circoli e mense e comunque
di attività direttamente collegate all'espletamento del servizio;
f) i rapporti in materia di assistenza
con organismi stranieri e internazionali, la distribuzione tra le regioni di
prodotti destinati a finalità assistenziali in attuazione di regolamenti della
Comunità Economica Europea, nonché l'adempimento di accordi internazionali in
materia di assistenza;
g) le pensioni e gli assegni
di carattere continuativo di cui al secondo comma dell'articolo precedente;
h) gli interventi fuori del
territorio nazionale, a favore degli italiani residenti all'estero;
i) la certificazione della qualifica di
orfano, vedova, inabile e degli altri titoli di legittimazione al
godimento dei benefici previsti dalle leggi vigenti, da esercitarsi mediante
delega alle regioni.
Nell'esercizio della funzione di indirizzo
e coordinamento di cui alla lettera a)
del presente articolo rientrano la fissazione dei requisiti per la
determinazione dei profili professionali degli operatori sociali, le
disposizioni generali in materia di ordinamento e durata dei corsi e la determinazione
dei requisiti necessari per l'ammissione.
Art. 7.
(Ministero della
sanità e dei servizi sociali).
Il Ministero della sanità assume la denominazione di
Ministero della sanità e dei servizi sociali.
Le funzioni amministrative di cui alle lettere c), d), f), dell'articolo precedente nonché gli assegni a carattere continuativo in favore degli
invalidi civili, ciechi e sordomuti di cui alla lettera g) del precedente articolo sono esercitate dal Ministero della
sanità e dei servizi sociali.
Gli interventi previsti dalle lettere b), e), h), dello stesso articolo
restano assegnati rispettivamente ai ministeri competenti.
Le funzioni di cui alla lettera i) dell'articolo precedente sono attribuite al Ministero del
tesoro. Per l'assolvimento dei compiti di cui all'articolo precedente sono
trasferiti al Ministero della sanità e dei servizi
sociali, per costituire la direzione generale dei servizi sociali, i seguenti
uffici: Direzione generale dei servizi civili del Ministero dell'interno;
Divisione V (tutela della famiglia e dei lavoratori) del Ministero del lavoro e
della previdenza sociale.
Alla medesime Direzione generale può essere assegnato, a domanda, personale esperto
nel settore dei servizi sociali proveniente da altri ministeri ovvero da enti
pubblici soppressi ai sensi della legge 20 marzo 1975, n. 70, della legge 28
luglio 1975, n. 382, e dei relativi decreti di attuazione e della legge 21
ottobre 1978, n. 641, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 agosto 1978, n. 481.
La legge dello Stato prevista dall'art. 59 della
legge 23 dicembre 1978, n. 833, relativa al riordinamento del Ministero della
sanità, stabilirà i criteri e le modalità per l'effettuazione di tali
trasferimenti e la determinazione dei ruoli per il personale.
Art. 8.
(Consiglio nazionale
per l'assistenza sociale).
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della sanità e dei servizi sociali,
è istituito il Consiglio nazionale per l'assistenza sociale con funzioni
consultive, composto da un assessore per ciascuna delle Regioni a statuto
ordinario e a statuto speciale e, per la regione Trentino-Alto Adige, da un
assessore della provincia di Trento e uno della provincia di Bolzano; da un
rappresentante per ciascuno dei Ministeri del lavoro e della previdenza
sociale, del bilancio, del tesoro, degli affari esteri, della pubblica
istruzione, designati dai ministri competenti, nonché da sei esperti nominati
dal CNEL, da quattro esperti nominati dal Governo e da sei rappresentanti
nominati dall'ANCI. Per ogni membro effettivo deve essere nominato, con le
stesse modalità sopra previste, un membro supplente che subentra in caso di assenza o impedimento del titolare.
Il Consiglio nazionale per l'assistenza sociale è
presieduto dal Ministro della sanità e dei servizi sociali o, per sua delega,
da un Sottosegretario ed ha il compito di elaborare indicazioni in relazione ai problemi che si pongono a livello nazionale
per assicurare un equilibrato sviluppo di servizi sociali nel Paese, di attuare
un organico collegamento con le regioni, di formulare proposte in ordine alla
funzione di indirizzo e di coordinamento spettante al Governo, anche al fine
della determinazione dei parametri minimi che saranno adottati dalle Regioni,
allo scopo di garantire le prestazioni economiche già obbligatoriamente
assicurate dagli enti nazionali disciolti ex articolo 113 del decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, superando comunque la settorialità in conformità al primo comma dell'art. 4 della
presente legge. Nell'esercizio della funzione di indirizzo
e coordinamento il Governo è comunque tenuto a richiedere il parere del
Consiglio nazionale per l'assistenza sociale.
Il Ministro della sanità e dei
servizi sociali assicura il coordinamento tra le attività del Consiglio
nazionale per l'assistenza sociale e
il Consiglio sanitario nazionale di cui all'art. 8 della legge 23 dicembre
1978, n. 833, anche provvedendo alla convocazione di riunioni congiunte per l'esame
di problemi attinenti argomenti di comune interesse.
Art. 9.
(Compiti delle
Regioni).
La potestà delle Regioni in materia di servizi
sociali e di prestazioni economiche, di cui al terzo comma del precedente art.
5, è svolta nel rispetto delle norme fondamentali e dei principi stabiliti
dalla presente legge.
Le Regioni attuano le finalità della presente legge
mediante la programmazione degli interventi socio-assistenziali coordinati con
gli obiettivi definiti in sede di programmazione nazionale, e con gli
obiettivi generali dello sviluppo regionale, secondo le procedure previste nei
rispettivi statuti, assicurando comunque il concorso
dei comuni e delle province e tenendo conto delle indicazioni e proposte
emerse dalla consultazione delle associazioni regionali, delle formazioni sociali
e degli organismi pubblici e privati e del volontariato operanti nel settore.
Le regioni in particolare provvedono:
1) a stabilire le norme generali per l'istituzione, la organizzazione e la gestione dei servizi sociali, nonché
i livelli qualitativi e le forme delle prestazioni;
2) ad approvare il piano regionale
di sviluppo dei servizi sociali, coordinandolo con il piano sanitario
regionale;
3) a determinare i criteri generali
per il concorso degli utenti al costo delle prestazioni secondo i principi
indicati nel precedente art. 4;
4) a determinare le aree territoriali delle unità socio-sanitarie locali di cui al successivo
articolo 11, secondo quanto disposto dagli articoli 13 e 14 della legge 23
dicembre 1978, n. 833;
5) a promuovere iniziative per la qualificazione, la
riqualificazione e l'aggiornamento del personale addetto o da adibire ai
servizi sociali in collaborazione con le università e le altre istituzioni
formative, e sulla base del fabbisogno di operatori
determinato in sede di programmazione regionale;
6) a determinare gli indirizzi di carattere generale
per la erogazione delle prestazioni straordinarie per
i cittadini che si trovano in particolari situazioni di difficoltà personali o
familiari;
7) a provvedere alla ripartizione fra i comuni
singoli e associati e le comunità montane, dei fondi comunque
disponibili per l'impianto e la gestione dei servizi sociali, sulla base delle
priorità prospettate dagli organismi preposti alla gestione dei servizi e
definite in sede di programmazione regionale;
8) a determinare le condizioni ed i
requisiti per l'iscrizione delle istituzioni private nell'apposito registro
regionale;
9) a disciplinare la vigilanza
sulle attività socio-assistenziali svolte nell'ambito regionale;
10) a svolgere una azione di
assistenza tecnica diretta alla istituzione e al miglioramento dei servizi
sociali, anche promuovendo la sperimentazione di nuovi servizi.
Art.
10.
(Compiti delle
province).
Le province concorrono alla elaborazione
del piano di individuazione degli ambiti territoriali della unità
socio-sanitaria locale di cui al successivo articolo 11 e del piano regionale
di sviluppo dei servizi sociali. Approvano, nell'ambito di tale piano, il
programma provinciale di localizzazione dei presidi
socio-assistenziali ed esprimono il parere sulla rispondenza alla gestione dei
servizi stessi delle delimitazioni territoriali determinate dalla regione.
Le funzioni in materia di assistenza
attualmente svolte dalle province sono trasferite ai comuni singoli o
associati con il relativo personale e patrimonio, nei tempi e con le modalità
stabilite dalla legge regionale.
Le somme stanziate nei bilanci delle Amministrazioni
provinciali, per un importo almeno pari a quanto stanziato nell'anno 1979 per
l'esercizio delle funzioni di cui al comma precedente, sono destinate alle
Regioni, per essere interamente ripartite tra i comuni, secondo quanto previsto
dal numero 7) del terzo comma del precedente articolo
9.
Le province svolgono le funzioni amministrative che siano ad esse delegate dalle Regioni.
Art.
11.
(Compiti dei
comuni).
Sono attribuite ai comuni tutte
le funzioni amministrative concernenti l'assistenza sociale che non siano
espressamente riservate allo Stato ed alle Regioni.
Entro il 31 dicembre 1980, con legge regionale, l'USL
prevista agli articoli 10, 12, 14 e 15 della legge 23 dicembre 1978, n. 833,
assume la denominazione di unità socio-sanitaria
locale (USSL) e provvede, oltre ai compiti ad essa assegnati dalla citata
legge, a gestire il complesso dei presidi, degli uffici e dei servizi dei
comuni singoli e associati per l'assolvimento dei compiti di cui alla presente
legge, nonché a stipulare, se del caso, le convenzioni con le istituzioni
private iscritte nel registro di cui al successivo art. 15.
I comuni singoli e associati partecipano alla elaborazione e realizzazione del programma regionale
di sviluppo dei servizi sociali e assicurano la partecipazione degli operatori,
delle formazioni sociali, e dei cittadini a tutte le fasi della programmazione
e gestione sociale dei servizi secondo la modalità prevista dall'art. 13 della
legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Art. 12.
(Servizi dell'USSL).
Nell'ambito delle proprie competenze, oltre ai
compiti di cui all'art. 14 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, l'USSL
provvede alla realizzazione e gestione dei servizi e
delle prestazioni di cui all'art. 3 ed in particolare:
1) degli asili nido di cui alle
leggi 6 dicembre 1971, n. 1044, e 23 dicembre 1975, n. 698;
2) dei servizi di assistenza
domiciliare;
3) dei centri diurni, dei servizi
di ristoro, dei centri di vacanza, delle aree attrezzate per le attività
sociali;
4) dei programmi di utilizzazione
del patrimonio edilizio pubblico destinato ad alloggi, casaalbergo, ambienti
residenziali per piccole comunità e gruppi famiglia, pensionati, nonché alla
erogazione dei fondi di cui alla legge 29 luglio 1978, n. 392;
5) dei servizi di informazione
e di segretariato sociale;
6) del servizio di consulenza, di
tutela e di sostegno di cui alle leggi 29 luglio 1975, n. 405, 23 dicembre
1975, n. 698, all'art. 23 del decreto
del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, alla legge 4 agosto
1977, n. 517;
7) dei servizi di assistenza
scolastica per la refezione, il trasporto degli alunni e per l'inserimento
scolastico dei soggetti affetti da minorazioni;
8) dei servizi per l'inserimento
sociale e lavorativo dei soggetti affetti da minorazioni;
9) dei servizi di assistenza
già gestiti dagli Enti nazionali disciolti in base al decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e alla legge 21 ottobre 1978, n. 641;
10) dei servizi di assistenza
in internato;
11) delle prestazioni economiche straordinarie di
cui all'ultimo comma dell'art. 5 della presente legge.
L'assemblea generale della USSL
determina quali funzioni inerenti alla gestione dei servizi sociali di
interesse locale vengono esercitate dai comuni singoli.
Art.
13.
(Funzionamento dell'USSL).
Per la realizzazione e la
gestione delle attività di cui all'articolo precedente da parte dell'unità
socio-sanitaria locale, la legge regionale di cui al nono comma dell'art. 15
della legge 23 dicembre 1978, n. 833, provvederà, oltre a quanto previsto dal
citato art. 15:
1) ad assicurare l'autonomia tecnico-funzionale dei
servizi sociali dell'USSL, il loro coordinamento e la partecipazione degli
operatori anche mediante la istituzione di specifici
organi di consultazione tecnica;
2) a prevedere, nell'ambito dell'ufficio di direzione
dell'USSL, una autonoma responsabilità per i servizi
sociali;
3) a predisporre il conto di gestione per i servizi
sociali, secondo quanto previsto dall'ultimo comma dell'articolo 25 del
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio
1977, n. 616; 4) a emanare il regolamento organico del personale dell'USSL
comprensivo del personale adibito ai servizi sociali di cui alla presente legge,
e le piante organiche dei diversi presidi e servizi con riferimento alle norme
di cui all'articolo 27 della presente legge;
5) a predisporre l'organizzazione e la gestione dei presidi e dei servizi sociali multizonali.
Art.
14.
(Gestione dei beni
mobili ed immobili destinati ai servizi sociali).
È affidata alle unità socio-sanitarie locali la
gestione dei beni mobili ed immobili e delle attrezzature destinate a servizi
sociali, comunque pervenuti al patrimonio dei comuni e
di quello destinato dai comuni stessi a sedi di servizi sociali.
Art.
15.
(Registro regionale
istituzioni private).
In ogni Regione è istituito un registro per la iscrizione delle associazioni, fondazioni e istituzioni
private, dotate o meno di personalità giuridica, che intendono essere
consultate, nella fase preparatoria della programmazione dei servizi sociali e
concorrere alla stipulazione delle convenzioni di cui al secondo comma
dell'art. 11. L'iscrizione nel registro delle istituzioni private, fermo
restando il rispettivo regime giuridico-amministrativo,
è disposta dalla Regione, sentiti i comuni singoli o associati nei cui territori l'istituzione opera, previo accertamento dei
seguenti requisiti:
1) assenza di fini di lucro;
2) idonei livelli di prestazioni, di qualificazione
del personale e di efficienza organizzativa ed
operativa, secondo standards da stabilire con legge
regionale. Con la stessa legge si stabiliranno le
modalità per (e periodiche verifiche sulla esistenza dei requisiti richiesti;
3) rispetto per i dipendenti delle norme contrattuali
in materia, fatta eccezione per i casi in cui si tratti di prestazioni
volontarie o rese in forza di convenzioni fra le istituzioni e le fondazioni
di cui al primo comma con ordini religiosi o case generalizie;
4) corrispondenza ai principi
stabiliti dalla presente legge e alle condizioni previste dalle leggi
regionali.
Per le istituzioni operanti in più regioni
l'iscrizione è effettuata nel registro tenuto presso la Regione in cui
l'istituzione ha sede legale, sentite le altre Regioni interessate.
Art.
16.
(Associazioni di
volontariato).
È riconosciuta la funzione delle associazioni di
volontariato liberamente costituite aventi la finalità di concorrere al
conseguimento dei fini dell'assistenza sociale.
Tra le associazioni di volontariato di cui al comma
precedente sono ricomprese anche le istituzioni a
carattere associativo, le cui attività si fondano a
norma di statuto su prestazioni volontarie e personali dei soci.
Art.
17.
(Regioni a statuto
speciale).
Le norme fondamentali della presente legge, in quanto
legge di riforma economico-sociale della Repubblica,
si estendono alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento
e Bolzano.
Art.
18.
(Trasferimento delle IPAB
regionali).
Le istituzioni pubbliche di assistenza
e beneficenza che operano nell'ambito regionale sono soppresse entro il 31
ottobre 1980, salvo quanto disposto dal successivo articolo 19.
La legge regionale stabilisce le modalità e i criteri
per il trasferimento ai comuni singoli e associati delle funzioni, dei beni e
del personale delle IPAB che operano nell'ambito regionale, sulla
base dei principi stabiliti dai successivi commi.
Il patrimonio mobiliare e immobiliare delle istituzioni,
con il relativo arredamento e attrezzature, è trasferito ai comuni secondo le
modalità ed i criteri stabiliti dalla legge regionale di cui al comma
precedente con vincolo di destinazione alle USSL di cui al
precedente articolo 11.
Nel caso in cui l'IPAB abbia sedi istituzionali o
patrimoni ubicati in regioni diverse, i beni mobiliari ed immobiliari sono
destinati ai comuni in cui l'IPAB ha la sede legale, conservando i diritti
delle popolazioni a cui le prestazioni erano destinate
I comuni subentrano, dal momento del trasferimento,
nelle situazioni patrimoniali attive e passive e nei rapporti pendenti a
qualsiasi titolo inerenti a beni e loro pertinenze.
I trasferimenti ai comuni dei beni delle istituzioni
avvengono in esenzione da qualsiasi imposta o tassa di registrazione.
I comuni sono autorizzati ad effettuare
alienazioni patrimoniali fino alla concorrenza delle passività accertate alla
data del trasferimento, nell'ambito di ogni singola dotazione patrimoniale.
Tutti gli immobili trasferiti ai comuni a norma della
presente legge, nonché quelli ad essi assegnati in
base agli articoli 113 e 117 del decreto del Presidente della Repubblica 24
luglio 1977, n. 616, alla legge 24 ottobre 1978, n. 641, e alla legge 23
dicembre 1975, n. 698, già adibiti a centri assistenziali degli enti e quelli
delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza soppresse, comprese
quelle già amministrate dagli enti comunali di assistenza, debbono essere
destinati a sede di servizi sociali.
I proventi netti derivanti dall'amministrazione e dalla eventuale trasformazione patrimoniale dei beni
acquisiti per trasferimento dai comuni e dalle regioni in forza delle
disposizioni di legge di cui al precedente comma, debbono essere portati ad
incremento dei fondi di bilancio iscritti per lo svolgimento di attività
socio-assistenziali.
Fino all'entrata in vigore della legge sulla riforma
della finanza locale, la gestione finanziaria delle attività di
assistenza e di tutti i beni trasferiti ai comuni concernenti le
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, gli enti comunali di
assistenza e gli enti nazionali di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, viene contabilizzata separatamente.
Gli utili destinati dalle Casse di risparmio ad
attività assistenziali, nonché i fondi comunque
stanziati in bilancio per attività assistenziali dalle medesime casse di
risparmio o da altre banche di diritto pubblico, ivi compresi quelli destinati
ad IPAB create dagli stessi istituti di credito, vengono assegnati alla Regione
ove gli istituti medesimi hanno le loro sedi legali, per essere ripartiti tra i
comuni singoli o associati per lo svolgimento delle attività
socio-assistenziali.
Art. 19.
(Esclusione delle IPAB
dal trasferimento).
Fermo restando quanto previsto dai successivi commi,
non si applicano le disposizioni di cui all'articolo precedente alle IPAB per
le quali ricorra almeno una delle seguenti condizioni:
1) alle IPAB aventi natura di associazione
di volontariato. Tale condizione sussiste allorché l'IPAB presenta
congiuntamente i seguenti requisiti:
a) che la costituzione dell'ente sia avvenuta per
iniziativa volontaria di soci o promotori privati;
b) che l'amministrazione ed il governo dell'istituzione
siano, per disposizioni statutarie, determinati dai soci nel senso che gli
stessi eleggano la maggioranza dei componenti
l'organo collegiale deliberante;
c) che l'attività dell'ente si esplichi
a norma di statuto, sulla base di prestazioni volontarie e personali dei soci,
i quali effettivamente prestino lavoro volontario nelle iniziative dell'ente;
d) che il patrimonio risulti
formato da beni derivanti da atti di liberalità o da apporti degli associati;
2) alle istituzioni pubbliche
promosse ed amministrate dai privati ed operanti con mezzi di provenienza
privata. Tale circostanza sussiste allorché ricorrono congiuntamente i seguenti elementi:
a) che si tratti di istituzione
il cui atto costitutivo o tavola di fondazione sia stato posto in essere da
privati;
b) che la maggioranza dei componenti
l'organo collegiale deliberante sia, per disposizione statutaria ad effetto
permanente, designata da privati; e che in tal caso il Presidente non sia per
statuto scelto tra i componenti di designazione pubblica;
c) che il patrimonio risulti
costituito da beni provenienti da atti di liberalità privata a dalla
trasformazione degli stessi;
d) che nell'ultimo quinquennio antecedente il 31
dicembre 1979, l'istituzione non abbia fruito di contributi, sovvenzioni od
altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da enti pubblici;
e) che nel
medesimo quinquennio, le entrate derivanti da rette erogate a qualsiasi titolo
da enti pubblici o dallo Stato non abbiano superato il 30 per cento delle entrate
complessive dell'ente;
3) alle istituzioni religiose. Tale condizione sussiste quando ricorrono congiuntamente i seguenti elementi:
a) che l'istituzione abbia, a norma di statuto, finalità
religiose o di culto e che l'attività istituzionale attualmente
svolta persegua indirizzi e finalità religiose;
b) che l'istituzione risulti
collegata in forza di disposizioni statutarie, ad una confessione religiosa
mediante la designazione negli organi collegiali deliberanti di ministri di
culto o di appartenenti a congregazioni religiose o di rappresentanti di
autorità religiose;
c) che l'istituzione si avvalga
della collaborazione di personale religioso come modo qualificante di
gestione dei servizio.
Si applicano in ogni caso le disposizioni dell'articolo
precedente, alle IPAB il cui organo amministrativo sia composto, a norma di
statuto, in maggioranza di membri designati da comuni, province, regioni o
altri enti pubblici, alle IPAB già concentrate o amministrate dagli ECA, alle
IPAB la cui attività si esplica esclusivamente attraverso
prestazioni di natura economica, nonché alle IPAB che non esercitano di fatto
le attività previste dallo statuto.
Non si applicano le disposizioni di cui all'articolo
18 e di cui al precedente comma del presente articolo alle IPAB che gestiscono
case di riposo per religiosi e seminari, per le quali valgono comunque le norme e le procedure di cui ai successivi
articoli 20, 21 e 22.
Art.
20.
(Procedure per
l'esclusione delle IPAB dal trasferimento).
Entro 20 giorni dalla data di entrata
in vigore della presente legge, il legale rappresentante delle IPAB
interessate alla esclusione dal trasferimento, presenta alla regione e ai
comuni, ove l'IPAB ha la sede legale e le sedi istituzionali, domanda per l'applicazione
del primo comma dell'articolo precedente fornendo tutti gli elementi utili ai
fini dell'esclusione.
Entro i successivi 30 giorni i comuni di cui al
precedente comma, fanno pervenire le proprie osservazioni alle Regioni.
Entro i successivi 60 giorni, le regioni anche in
assenza delle comunicazioni dei comuni di cui al primo comma del presente
articolo, comunicano alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che provvede
immediatamente a trasmetterle alla commissione interparlamentare per le
questioni regionali, le proposte di esclusione dal
trasferimento o di soppressione con riferimento alle domande presentate.
Entro il 30 settembre 1980 la commissione di cui al
precedente comma, trasmette alla Presidenza del
Consiglio dei Ministri il parere sulle proposte delle Regioni.
Decorso tale termine, il Presidente del Consiglio
dei Ministri con proprio decreto, provvede in conformità del parere della
Commissione.
Le IPAB escluse dal trasferimento ai comuni,
continuano a sussistere come enti morali, assumendo la personalità giuridica
di diritto privato, rientrando nella relativa disciplina.
Ove non sia stata presentata la domanda di esclusione di cui al primo comma del presente articolo,
entro il termine ivi prescritto, le IPAB sono soppresse e trasferite ai comuni
ai sensi dell'articolo 18.
Il trasferimento ai comuni dei beni, delle funzioni
e del personale delle IPAB che hanno avanzato domanda di esclusione
dal trasferimento decorre dalla data di emanazione del decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, che accerta il difetto delle condizioni previste
per l'inquadramento delle IPAB stesse in una delle categorie di cui al primo
comma dell'art. 19.
Art.
21.
(Trasferimento delle IPAB
interregionali).
Le norme di cui ai precedenti articoli 18 e 19
sostituiscono a tutti gli effetti quelle contenute nel VI e VII comma dell'art.
25 del decreto del Presidente della Repubblica 24
luglio 1977, n. 616, e quelle di cui all'annotazione apposta alla tabella B
allegata al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616,
relativa alle IPAB interregionali.
I beni, le funzioni ed il personale delle IPAB
interregionali soppresse sono assegnati alle regioni
nel cui territorio sono ubicate le sedi istituzionali dell'IPAB stessa per
essere destinate ai comuni secondo le modalità di cui all'art. 18 della
presente legge, salvo il caso di IPAB interregionali che svolgono attività
destinate esclusivamente alla popolazione di una sola regione, per le quali
valgono le norme di cui al quarto comma dell'art. 18 della presente legge.
Art. 22.
(Norme di
salvaguardia).
I divieti disciplinati dal primo comma dell'articolo
3 del decreto-legge 18 agosto 1978, n. 481, convertito, con modificazioni,
nella legge 21 ottobre 1978, n. 641, hanno applicazione, per tutte le IPAB comprese
quelle incluse nell'elenco di cui al sesto comma
dell'art. 25 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n.
616, sino alla data di emanazione del decreto di cui al comma del precedente
art. 20 e dei decreti previsti al primo comma dell'art. 21.
Art.
23.
(Fondo nazionale
per i servizi sociali).
Presso il Ministero del tesoro è istituito un fondo
nazionale per i servizi sociali costituito:
a) dal fondo per gli asili
nido di cui alla legge 6 dicembre 1971, n. 1044 e successive modificazioni;
b) dal fondo speciale di cui
all'art. 10 della legge 23 dicembre 1975, n. 698 (ONMI);
c) dal fondo sociale di cui
all'art. 75 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (equo canone);
d) dai fondi previsti
dall'articolo 1-duodecies della legge
21 ottobre 1978, n. 641 (ENAOLI, ONPI, ANMIL);
e) dai proventi netti di cui
al terzo comma dell'art. 117 del decreto del Presidente della Repubblica 24
luglio 1977, n. 616 (beni in liquidazione
degli enti nazionali, sedi centrali);
f) da una somma aggiuntiva
pari a lire 200 miliardi per il triennio 1980-82 iscritto nello stato di
previsione del Ministero del tesoro in ragione di lire 10 miliardi nell'anno 1980, di lire 95 miliardi
nell'anno 1981 e di lire 95 miliardi nell'anno 1982.
Alla ripartizione del fondo tra le regioni si
provvede con decreto del Ministro del tesoro di
concerto con il Ministro della sanità e dei servizi sociali sulla base delle
proposte della Commissione interregionale di cui alla legge 16 maggio 1970, n.
281, sentito il consiglio nazionale per l'assistenza sociale.
Le somme stanziate a norma del precedente comma vengono ripartite tra tutte le regioni comprese quelle a
statuto speciale tenuto conto delle indicazioni contenute nei piani regionali
e sulla base di indici e di standards individuati dal
consiglio nazionale per l'assistenza sociale, distintamente definiti per la
spesa corrente e per la spesa in conto capitale. Tali indici e standards devono tendere a garantire livelli di prestazioni
uniformi su tutto il territorio nazionale eliminando progressivamente le
differenze strutturali e di prestazioni tra le regioni.
Per la ripartizione della spesa in conto capitale si
applica quanto disposto dall'art. 43 del testo unico delle leggi sul
Mezzogiorno approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno
1967, n. 1523, prorogato dall'art. 7 della legge 6 ottobre 1971, n. 853.
Art.
24.
(Piano regionale
dei servizi sociali).
Le Regioni, nell'ambito del piano regionale di
sviluppo dei servizi sociali di cui all'art. 9, tenendo conto
delle indicazioni delle province e dei comuni singoli o associati, stabiliscono
gli obiettivi qualitativi e quantitativi, le priorità di intervento e gli standards concernenti il complesso dei servizi sociali,
coordinandoli con quelli del piano sanitario regionale di cui all'art. 55 della
legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Art. 25.
(Soppressione dei CPABP e
dei CAS).
I Comitati provinciali di assistenza
e beneficenza pubblica (CPABP) sono soppressi. Le relative funzioni sono
attribuite ai comuni singoli o associati nel modi e
nelle forme stabilite dalle leggi regionali.
I Consigli di aiuto sociale
(CAS), di cui agli articoli 74 e seguenti della legge 26 luglio 1975, n. 354,
sono soppressi. Le funzioni, i beni e il personale sono trasferiti ai comuni
singoli o associati nei modi e nelle forme stabiliti dalle leggi regionali.
Art.
26.
(Stato giuridico
del personale).
Lo stato giuridico ed economico del personale degli
enti nazionali, le cui funzioni in materia
assistenziale siano state integralmente o parzialmente trasferite, delegate o
attribuite alle regioni o agli enti locali in base al decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e della legge 21 ottobre 1978, n. 641,
viene disciplinato secondo le disposizioni al riguardo contenute nella legge 23
dicembre 1978, n. 833.
Le leggi regionali previste dall'articolo 123 del
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, verranno adottate nei tempi e secondo principi e criteri
direttivi previsti dal terzo e quarto comma dell'articolo 47 della legge 23
dicembre 1978, n. 833.
Art.
27.
(Iscrizione nei ruoli nominativi regionali).
Con legge regionale, così come previsto dall'art. 68
della legge 23 dicembre 1978, n. 833, viene
disciplinata la iscrizione nei ruoli nominativi regionali di cui all'articolo
precedente: del personale delle IPAB soppresse in base agli articoli 18 e 21
della presente legge; del personale degli enti comunali di assistenza disciolti
in base all'ottavo comma dell'art. 25 del decreto del Presidente della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; del personale delle province adibito alle
funzioni assistenziali trasferite ai comuni in base all'articolo 10 della
presente legge; del personale dipendente dai comuni addetto alle attività
assistenziali; del personale degli Enti nazionali disciolti ex art. 113 del
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, del personale
statale trasferito ai sensi dell'art. 112 del decreto del Presidente della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
Il personale di cui al precedente comma è assegnato
alle unità socio-sanitarie locali, nella posizione
giuridica e funzionale corrispondente a quella ricoperta nell'ente di
provenienza, secondo le tabelle di equiparazione previste dal terzo comma, n.
3, dell'art. 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Sino all'entrata in vigore del primo accordo
nazionale unico di cui al nono comma dell'art. 47 della citata legge, al
personale in oggetto spetta il trattamento economico previsto dall'ordinamento
vigente presso gli enti di provenienza, ivi compresi gli
istituti economico-normativi previsti dalle leggi 18 marzo 1968, n. 431,
e 21 giugno 1971, n. 515, e dai decreti applicativi delle medesime.
Art.
28.
(Abrogazione di norme
incompatibili).
Sono abrogati:
a) la legge 18 luglio 1890, n. 6972, e successive
modificazioni e integrazioni, e relativi regolamenti di esecuzione;
b) le norme previste
dall'art. 154 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con
regio decreto 18 giugno 1931, n. 763;
c) le norme di cui all'art.
15 del decreto luogotenenziale 23 marzo 1945, n. 173;
d) ogni altra norma che risulti
incompatibile ed in contrasto con le disposizioni contenute nella presente
legge.
(1) Proposta di
legge presentata alla Camera dei Deputati in data 20 novembre
1979 dall'on.
Magnani Noya e altri parlamentari PSI.
www.fondazionepromozionesociale.it