PROSPETTIVE ASSISTENZIALI
N.
49 bis
marzo 1980
ALLEGATO 1
GLI ANZIANI DEFINITI
CRONICI VENGONO CALPESTATI NEI LORO DIRITTI
(Estratto
dal n. 44 di Prospettive assistenziali)
Negli ultimi anni larghi strati dell'opinione
pubblica sono stati sollecitati a porsi in posizione critica per quel che
riguarda l'istituzionalizzazione. Si è così operato in una prospettiva
alternativa agli istituti: l'adozione dei bambini abbandonati invece del
ricovero in istituto, l'inserimento scolastico e lavorativo e sociale degli
handicappati, la legge di chiusura dei manicomi, una prevenzione sanitaria e
sociale nei luoghi di lavoro e nel territorio.
Sono state avviate anche alcune iniziative nei
riguardi degli anziani autosufficienti: assegnazione
di alloggi della edilizia economica e popolare (v. leggi n. 865 del 22 ottobre
1971 e n. 513 dell'8 agosto 1977), contributi economici ordinari diretti ad
assicurare il minimo vitale e straordinari diretti a coprire particolari
esigenze (1), l'aiuto domestico, l'assistenza infermieristica domiciliare
oltre che ambulatoriale, le comunità alloggio inserite nel normale contesto
abitativo.
Questa sollecitazione, che è seguita alla lotta di alcuni gruppi, ha portato a risultati molto positivi,
anche se c'è ancora moltissimo da fare per arrivare a una situazione
soddisfacente per l'utenza, soprattutto per quanto concerne l'eliminazione
delle cause che provocano le richieste di assistenza.
Ma nel campo degli anziani definiti cronici, poco è
stato fatto e i problemi restano tutti da risolvere. Si tratta di un grande numero di persone che, se l'andamento dell'età media
crescerà, aumenterà ancora.
Non si è fatto nulla per alleviare le sofferenze e
curare la salute di questi cittadini che sono i più indifesi, a causa del
decadimento fisico e psichico; spesso abbandonati a loro stessi perché soli (2) o ignorati dai loro familiari. Anzi proprio
perché bisognosi di cure e di assistenza vengono fatti
oggetto di speculazione dagli istituti di assistenza sia privati che pubblici.
Tra questi le IPAB che per politica di prestigio e di potere clientelare non
solo cercano di sopravvivere, ma di accrescere il loro campo di azione, strumentalizzando spesso la dedizione del personale
laico o religioso e sfruttando il più delle volte un personale sottopagato,
insufficiente, senza preparazione alcuna e sovente anche privo di una
sistemazione lavorativa stabile e perciò sottoposto a minacce e ricatti, in
contrasto con l'obiettivo di benessere e di salute dei ricoverati.
Questa posizione degli istituti di assistenza
trova complicità nell'inerzia e nella totale indifferenza del Governo, del
Parlamento, delle Amministrazioni regionali e locali; così che le aspirazioni
ad una gestione dei servizi sanitari in funzione degli interessi reali della
popolazione, ripetutamente manifestate a livello verbale, non solo non hanno
trovato soddisfazione ma sono state sistematicamente contraddette.
In particolare la situazione sanitaria nei confronti della patologia della vecchiaia è gravemente
carente.
Una mutualità frantumata per categorie e differenziata
per prestazioni, una politica di prestigio e di potere di numerose
amministrazioni ospedaliere, una degenerazione mercantile della classe medica,
una pratica medica sempre più differenziata secondo il
censo dei pazienti non è certo portata a recepire i bisogni dei più deboli.
A questa categoria appartengono gli anziani cronici
poveri (quelli che godono di appoggi o protezione
potranno sfuggire a certe condizioni di emarginazione).
Nell'organizzazione ospedaliera vengono dimessi o
non ammessi perché di solito non graditi ai medici
mutualistici o specialistici troppo occupati negli aspetti burocratici e
tecnici della malattia, e poco attenti al valore etico ed umano della persona,
e neppure graditi dal personale paramedico ed infermieri che vedono nei cronici
solo un aggravio delle loro mansioni. Nello stesso tempo con una assistenza sanitaria che non riesce a far fronte ai suoi
compiti di segnalare, prevenire, curare e riabilitare, saranno sempre gli
stessi anziani che vedranno accelerato il loro decadimento fisico e psichico
così da esser costretti al ricovero in cronicario. Qui l'istituzionalizzazione,
carente di un accertamento operativo verso i problemi
personali, emarginandoli dalla loro vita di sempre con gli altri, sarà un ulteriore
elemento per l'aggravamento delle loro condizioni.
Prevenzione
Ne deriva una prima considerazione: anche gli
interventi contro la cronicità non possono essere
disgiunti da una lotta contro l'emarginazione e la segregazione. Non basta
quindi mettere in atto una serie di servizi di prevenzione nei riguardi degli
anziani, se questi interventi servono solo ad isolare l'anziano e non ad
aiutare ad una piena realizzazione della propria
personalità. Occorre quindi che la prevenzione sia di
tutti e per tutti e cioè diretta ad assicurare «il massimo benessere fisico,
psichico e sociale» secondo la famosa definizione dell'Organizzazione Mondiale
della Sanità.
Prevenire significa porsi l'obiettivo dell'eliminazione
delle cause che provocano malattie, handicap, disadattamento, emarginazione.
La prevenzione non è pertanto un
intervento esclusivamente o prevalentemente sanitario e deve attenuare gli
ostacoli sociali: riguarda perciò tutti i settori sociali: lavoro, casa,
scuola, cultura, assetto del territorio, ecc. (3).
Provvedimenti nei confronti dei cronici
Oggi le persone definite croniche (si tratta soprattutto
di anziani, ma lo stesso problema si pone anche nei
riguardi degli handicappati) sono sbattute (è la parola che esprime più
compiutamente quel che avviene) fuori dagli ospedali o non vi sono ammesse
anche quando esse hanno bisogno di cure non praticabili a domicilio o in
ambulatorio.
Si ritengono illegittimi i provvedimenti di dimissione o di non ammissione operati dagli Enti
ospedalieri nei confronti degli anziani definiti cronici perché:
1) già l'on.
Vigorelli nella relazione al Senato sulla legge 4
agosto 1955, n. 692, «Estensione
dell'assistenza di malattia ai pensionati di invalidità
e vecchiaia» commentando l'art. 3 («... tale assistenza spetta senza limiti di
durata nei casi di malattie specifiche della vecchiaia») mise in evidenza come
dato di fatto che la «condizione fisica dei pensionati richiede prestazioni
sanitarie del tutto particolari, almeno per quanto riguarda la durata
dell'erogazione delle prestazioni medesime»;
2) con il decreto del Ministero del lavoro 21
dicembre 1956 «Determinazione delle malattie da considerarsi specifiche della
vecchiaia» vennero determinate le malattie « specifiche » della vecchiaia per
l'applicazione dell'art. 3 legge 4 agosto 1955 n. 692 e fu ribadito che «le
manifestazioni morbose di cui al precitato elenco sono assistibili senza
limiti di durata, dopo l'età pensionabile, purché siano suscettibili di cure
ambulatoriali e domiciliari. Per tali forme morbose è analogamente concessa
l'assistenza ospedaliera, quando gli accertamenti diagnostici, le cure mediche
e chirurgiche non siano normalmente praticabili a
domicilio, ma richiedano apprestamenti tecnici e scientifici ospedalieri».
A giustificazione delle dimissioni e delle non
ammissioni al ricovero ospedaliero, gli Enti ospedalieri ritengono
(arbitrariamente) obbligatoria l'applicazione dell'art. 3 della legge 4 agosto
1955 n. 692 per i soli casi di malattie acute.
Risulta evidente l'arbitrarietà dell'applicazione dell'articolo
di cui sopra in quanto:
a) è ben vero che esisteva (circolare del 1953 n. 4
dell'I.N.A.M.) una disciplina sull'assistenza
mutualistica che fondava, tra l'altro, sulla distinzione tra malattie «acute» e
«croniche» il regolamento delle diverse prestazioni sanitarie dovute. Ma, a
ben interpretare la circolare, risulta chiaramente che
tale distinzione fu un parametro puramente cronologico-medico.
Con la definizione di cronicità non si volle assolutamente statuire un nuovo
criterio per stabilire chi avesse, o meno, la
possibilità di avvalersi di un diritto all'assistenza, diritto che la legge 692
del 1955 attribuisce a tutti indistintamente.
b) La legge n. 692 volle infatti
chiaramente eliminare (e così innovare alle precedenti prassi) ogni distinzione
tra le varie forme e stadi di malattie statuendo il principio della «assistenza
senza limiti di durata» (4-5); non sarebbe quindi possibile, neppure volendolo,
far conciliare due disposizioni di per se stesse opposte e contrastanti (quali
la circolare I.N.A.M. e la legge numero 692).
c) Il D.M. 21-12-1956, che stabilisce quali siano le
malattie da considerarsi specifiche della vecchiaia, statuisce al 3° comma che
«l'assistenza ospedaliera è analogamente ("senza limiti di durata")
concessa quando gli accertamenti diagnostici, le cure mediche o chirurgiche non
siano normalmente praticabili a domicilio ma
richiedano apprestamenti tecnici o scientifici ospedalieri».
Obblighi degli Enti ospedalieri
Ne deriva che il diritto al ricovero ospedaliero
«senza limiti di durata» non è condizionato da alcun requisito di «acuzie»
della malattia, bensì dal requisito della necessità
di cure od accertamenti «non normalmente praticabili a domicilio».
In altre parole, nasce l'obbligo per gli Enti
ospedalieri in relazione al ricovero, o meno, di
utilizzare un criterio che ben supera e annulla quello della semplice
constatazione medica dello «stadio» della malattia. Il criterio della necessità
(6), infatti comprende una valutazione complessiva delle
condizioni del malato che parte dalla considerazione dello stato morboso per
involgere, poi, fattori di diversa e complessa natura, quali ad esempio, la
possibilità o meno, a seconda delle strutture sanitarie e sociali e delle
condizioni soggettive, economiche, familiari del malato di proseguire le cure
in via ambulatoriale o domiciliare (7). In definitiva il concetto di «cronico»
non è più da valutarsi come «malattia a lungo decorso non guaribile», ma come
malattia che implica una valutazione dell'individuo nella sua globalità fisica,
psichica, sociale.
Il cronico non dovrebbe più essere un «deposito» e
un peso per gli ospedali, né un cliente temporaneo con pessimo trattamento.
A ben vedere l'introduzione di questo nuovo concetto
della necessità ha forse voluto anche ricordare che le affezioni del vecchio
divengono più o meno invalidanti sia in relazione al
tipo di lesione sia, e soprattutto, in rapporto al trattamento realizzato,
alla tempestività e continuatività dell'attuazione
delle pratiche riabilitative. Infatti un adeguato
trattamento ospedaliero può prevenire la cronicizzazione e quel deterioramento
psichico che si verifica nei vari istituti per i vecchi (8).
Alla luce di queste considerazioni e di quanto
stabilito dal D.M. 21-12-1956 e dall'art. 41 legge 12-1-1968 n. 12, appaiono
ancora più illegittime le dimissioni dei malati anziani «cronici» quando non sia valutata la «necessità» del ricovero e considerata la
possibilità, da valutare in relazione alle condizioni reali esistenti, di
poter praticare le cure a domicilio o in ambulatorio.
È da notare quanto il requisito giustificativo del
ricovero, «stato di necessità», sia ancor più
incidente «oggi» nel caso di persone affette da malattie specifiche della
vecchiaia: il ricovero è, infatti, quasi sempre, l'unica alternativa alla possibilità
di usufruire o di cure «normalmente praticabili» a domicilio, o quanto meno di
altre forme assistenziali pubbliche.
d) Infatti gli anziani affetti
da malattie « croniche », che dovrebbero poter usufruire maggiormente del
diritto all'assistenza gratuita pubblica, come ogni altro ammalato, nonostante
che la legge n. 692/1955 li abbia resi titolari di un particolare diritto e
privilegio nei confronti degli altri assistiti, vengono troppo spesso e troppo
presto abbandonati perché dimessi dagli ospedali arbitrariamente, senza avere a
disposizione alternative assistenziali pubbliche. Sono costretti, così, una volta dimessi dagli ospedali, a ricorrere ad istituti
di assistenza, il più delle volte a proprie spese (9).
Ciò è in contrasto non solo con tutto quanto detto
fin d'ora, ma con diverse leggi relative agli enti
ospedalieri che più volte ribadiscono il «diritto» per il «cronico» ed il
«lungodegente» ad un'assistenza ospedaliera pubblica. Statuisce la legge 12-2-1968 n. 12 art. 1: «L'assistenza ospedaliera pubblica é
svolta a favore di tutti i cittadini...». Art. 2: «Sono
Enti ospedalieri gli Enti pubblici che istituzionalmente provvedono al ricovero
e alla cura degli infermi». Art. 3: «Le istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza e gli altri Enti
pubblici, che al momento di entrata in vigore della presente legge, provvedono
esclusivamente al ricovero e alla cura degli infermi, sono riconosciuti di
diritto Enti ospedalieri. Sono pure costituiti in Enti ospedalieri tutti gli
ospedali appartenenti ad Enti pubblici che abbiano
come scopo oltre l'assistenza ospedaliera anche finalità diverse». Art. 20: «Gli ospedali sono generali e speciali, per lungodegenti e per convalescenti».
Art. 22: «Sono ospedali generali quelli dotati di
distinte divisioni di medicina generale, di chirurgia generale ... geriatria e
per ammalati lungodegenti, salvo che
ad alcune di dette specialità non provvedano ospedali
specializzati viciniori». Art. 25: «Gli ospedali per
lungodegenti e per convalescenti
sono classificati come ospedali di zona o provinciali in
relazione alle indicazioni del piano regionale ospedaliero... Gli
ospedali per lungodegenti e per
convalescenti devono, inoltre, possedere ogni altro servizio previsto per le
corrispondenti categorie degli ospedali generali, in quanto necessari alla specifica natura
dell'ospedale». Art. 29: «Ciascuna regione provvede a programmare i propri interventi nel settore ospedaliera...
ed indica la previsione degli interventi regionali relativi all'impianto di
nuovi ospedali, alla trasformazione, ammodernamento o soppressione degli
ospedali esistenti in relazione al fabbisogno dei posti letto distinti per
acuti, cronici, convalescenti, lungodegenti...».
Viene infine ribadito all'art. 14 «Le norme concernenti l'ordinamento interno dei servizi dovranno
disciplinare: a) l'ammissione e
dimissione degli infermi ispirandosi al principio della obbligatorietà del
ricovero nel caso in cui ne sia accertata la necessità...».
Le prestazioni ospedaliere dovute a favore dei
cronici e lungodegenti vengono ribadite nel D.M.
13-8-1969, ove sono più volte nominate divisioni e sezioni per lungodegenti
nella previsione di un quadro di una rete ospedaliera che assicuri ogni forma
di assistenza in relazione alle esigenze della popolazione.
Infine, di notevole importanza è la legge 17-81974
n. 386, la quale precisa all'art. 12: «I compiti in materia di
assistenza ospedaliera degli Enti anche previdenziali che gestiscono
forme di assistenza contro le malattie, nonché delle casse mutue anche
aziendali, comunque denominati e strutturati, sono trasferiti alle Regioni a
statuto ordinario ... le quali erogano le relative prestazioni in forma diretta
e senza limiti di durata agli
iscritti e rispettivi familiari avvalendosi degli Enti ospedalieri, nonché a
seguito di convenzioni, delle cliniche ed istituti universitari, degli
istituti di ricovero e di cura...».
Questa nuova legge non solo dimostra l'esattezza di quanto affermato da noi
finora, ma fa cadere ogni eventuale problema interpretativo di tutte le leggi
ad essa precedenti. Infatti, l'art. 12 legge 1974
evolve ed amplia il concetto stesso di «assistenza senza limiti di durata» non
circoscrivendolo più (come nella legge n. 692/1955) alle sole persone in età
pensionabile. Finalmente viene esplicitamente prevista
e statuito un diritto di tutti ad
un'assistenza ospedaliera, senza alcuna discriminazione!
Pertanto, alla luce di questa nuova disposizione legislativa, appare ancora più illegittimo il voler
sostenere che qualora il soggetto non sia più suscettibile di recupero (cioè
cronico) l'ospedale non ha più obblighi né competenze di somministrare mezzi
terapeutici.
Per non scordare, poi, che quanto
sinora affermato «giuridicamente», è altrettanto valido da un punto di vista
medico. Il diritto all'assistenza
ospedaliera non può non essere relativo a tutti, sempreché la cura non possa essere fornita a domicilio o in
ambulatorio.
Ogni malattia è sempre suscettibile di cure anche se
si tratta di malattie inguaribili. Non esiste malattia di fronte alla quale non
si possa prescrivere una terapia efficace,
suscettibile cioè di provocare un effetto: l'efficacia terapeutica non va
confusa con la guaribilità.
Voler sostenere poi che l'assistenza deve essere
limitata «alle manifestazioni acute del morbo», costituisce anche un
apprezzamento atecnico degli stessi fini della
medicina.
A conclusione ribadiamo,
dunque, l'evidente illegittimità dell'operato degli Enti ospedalieri che non
accettano di ricoverare o dimettono le persone dichiarate «croniche».
Per quanto concerne i contenuti dei servizi sanitari e assistenziali, facciamo riferimento alla
proposta di legge regionale di iniziativa popolare n. 347 «Riorganizzazione dei
servizi sanitari e assistenziali e costituzione delle unità
locali di tutti i servizi», presentata al Consiglio regionale piemontese il 21
luglio 1978 con 13.000 firme (10).
Proposte di intervento
Proponiamo ai movimenti di base interessati di
sollecitare ovunque sia possibile iniziative ed interventi perché siano
riconosciuti agli anziani cronici i diritti sanciti dalle leggi vigenti: azione
informativa pubblica (volantini, articoli su giornali, radio e televisioni di
Stato e private), informazioni specifiche nei confronti degli interessati e
dei loro parenti, degli operatori sanitari degli ospedali e del territorio,
degli Amministratori regionali e comunali, dei Sindacati dei lavoratori.
Nei casi in cui queste o altre iniziative non portino
a risultati concreti, riteniamo che non siano da
escludere ricorsi alla Magistratura sia su casi specifici di persone
illegittimamente dimesse dagli ospedali, sia sull'arbitrio di giustificazioni
di dimissioni o non ammissioni.
Il problema è, a nostro avviso, molto urgente perché
se, come speriamo, entrerà presto in funzione la riforma sanitaria si può
consolidare l'illegale prassi attuale che,
calpestando i diritti degli anziani ammalati cronici, contribuirà a favorire
lo sviluppo degli istituti privati di assistenza.
Inoltre il passaggio delle IPAB ai Comuni (11) può portare
a un sovraccarico di personale assistenziale: di qui
la necessità di porre al Sindacato il problema della mobilità non solo all'interno
del settore assistenziale per i servizi alternativi al ricovero, ma di
estenderla al settore sanitario.
(1) Si veda la delibera del Comune di
Torino pubblicata sul n. 44 di Prospettive
assistenziali.
(2) Si tenga conto che i nuclei
familiari composti da una sola persona sono, in una città attiva come Torino,
ben 141.627 sul totale di 471.040 nuclei e cioè il 30%; la popolazione
complessiva di Torino è di 1.181.853 abitanti (dati relativi al 31-12-1977).
(3) Sul piano istituzionale questa
posizione porta alla richiesta dell'Unità locale di tutti i servizi di base.
(4) Relazione dell'on. Vigorelli, art. 3 della legge
692: «La condizione fisica dei pensionati richiede, peraltro, prestazioni
sanitarie del tutto particolari, almeno per quanto
riguarda la durata dell'erogazione e delle prestazioni medesime. (È più che evidente che non ha senso parlare di stato acuto
o cronico in relazione alle malattie tipiche della vecchiaia in quanto la
maggior parte di esse è di per sé "non suscettibile di recupero o
guarigione"). È da una visione umanitaria di tali situazioni che è scaturita la formulazione dell'art. 3, il quale...
rimuove qualsiasi limite di durata per le malattie specifiche della vecchiaia».
(5) V. anche C. Stato Ad - Gen. 22
novembre 1971 «Le malattie specifiche della vecchiaia sono assistibili senza
limiti di durata purché dopo l'età pensionabile».
(6) Criterio ribadito dall'art. 41
legge 12-1-1968, n. 132, il quale per determinare l'ammissione e dimissione
degli infermi, stabilisce il principio della «obbligatorietà» del ricovero nel
caso in cui ne sia accertata la necessità.
(7) V. anche la sentenza del Tribunale
di Savona del 31 maggio 1958: «Il ricovero deve essere necessario soggettivamente
e non oggettivamente, perché l'ammalato non è in grado di discutere la diagnosi
del dottore e nemmeno sono in grado di farlo a distanza di tempo i medici
dell'INAM e tanto meno i suoi dipendenti del ramo amministrativo, in quanto
anche una malattia che normalmente può essere curata in casa può
rendere necessario il ricovero del malato in ospedale». Foro It. 1959/1859.(8)
Le sindromi psichiche da disadattamento (in istituti) recano con sé notevoli
manifestazioni negative: dalla regressione, alla
perdita dell'autosufficienza, all'accentuato decadimento fisico, alla comparsa
di atteggiamenti aggressivi, reattivi, depressivi.
(9) Ricordiamo che la maggior parte
di questi istituti di ricovero per i vecchi, anche se annessi alle opere ospedaliere,
hanno rette piuttosto alte. Molte case di cura hanno, infatti, favorito sempre
più il ricovero dei vecchi malati cronici per poter fruire delle rette elevate;
alcuni istituti sono ridotti a veri e propri cronicari.
(10) V. Prospettive assistenziali, n. 43.
(11) Dovrebbe essere evidente che le
IPAB che gestiscono istituti di ricovero per anziani non «svolgono in modo
precipuo attività inerenti la sfera educativo religiosa» e che perciò
dovrebbero essere trasferite tutte alle regioni e ai comuni.
ALLEGATO 2
INIZIATIVE CONTRO LE
DIMISSIONI DAGLI OSPEDALI DI ANZIANI CRONICI
(Estratto
dal n. 46 di Prospettive assistenziali)
Segnaliamo
le iniziative assunte dai Comuni di Brescia e di Torino contro le illecite
dimissioni di anziani cronici dagli ospedali, per
sottolinearne la tempestiva validità.
Le
dimissioni dagli ospedali di anziani, che abbisognano
ancora di cure non praticabili a domicilio o in ambulatorio rischiano di
essere la sola strada praticata per consentire agli ospedali di ridurre le
spese, le giornate di degenza, la mortalità, il carico di lavoro del personale
sanitario, parasanitario e inserviente e violano i diritti degli anziani
stessi (1).
Si tenta in
sostanza di non modificare le condizioni di fondo che
determinano i costi assurdi e l'inefficienza del nostro sistema sanitario, ma
di scaricare sui più deboli, come sempre avviene, i rilevanti ritardi della
riforma ospedaliera che ha completamente disatteso le aspettative.
Gravissime
sono state le conseguenze. A Torino dal 1974 un gruppo di parenti di cronici
ricoverati nell'Istituto di riposo per la Vecchiaia di Torino (700 posti
letto) si rifiutava di pagare la retta (attualmente di
L. 15.000 al giorno), asserendo - giustamente - che
le spese dovevano essere attribuite al settore sanitario, essendo il ricovero
dovuto a situazioni di non salute.
Fermo
restando questo principio, in via di transazione è intervenuto un accordo fra
l'istituto suddetto, il Comune di Torino e i parenti in base al quale le rette arretrate sono ridotte del 50%: in sostanza la quota
di retta dei cronici a carico degli interessati e dei parenti tenuti agli
alimenti è dello stesso importo della retta per gli autosufficienti.
Si tratta ora
di estendere questo accordo a tutti i cronici
ricoverati in istituto; nello stesso tempo occorre far attuare le leggi vigenti
per impedire che gli ospedali dimettano o non ricoverino gli anziani cronici
compresi quelli non riabilitabili.
DOCUMENTAZIONE
DEL COMUNE DI BRESCIA
a)
Lettera al Presidente dell'Ospedale
regionale di Brescia (2)
Il Comune di Brescia ha già ripetutamente chiesto a codesto Ente che non gli fossero più inviati anziani
lungodegenti per il ricovero in Istituti o Case di riposo.
Ci ha sempre spinto ad avanzare questa richiesta
l'impossibilità per i nostri Istituti di provvedere ad una adeguata
assistenza sanitaria, propria di chi dispone di una attrezzatura di tipo
ospedaliero. Recentemente, anzi, ci è stata rammentata
dall'Assessorato Regionale ai Servizi Sociali la nostra posizione di «fuori
legge» e la conseguente responsabilità perché svolgiamo funzioni che non ci
spettano e per cui non disponiamo di mezzi adeguati.
La legislazione vigente, d'altronde, è univoca
nell'assegnare agli Enti ospedalieri l'assistenza e la cura per gli anziani
ammalati, non solo lungodegenti, ma anche cronici.
Il Comune di Brescia si vede pertanto costretto, a partire dal 15 marzo 1979, a non più accogliere gli
anziani ammalati che gli verranno indirizzati dagli ospedali.
Fermi restando questa nostra posizione e il termine
di cui sopra, siamo disponibili per un eventuale colloquio che possa essere ritenuto necessario.
b) Dichiarazione dell'Ospedale
Spett. Comune di Brescia
Ripartizione Assistenza e Servizi
Sociali
ISTITUTO
DI CURA .........................................................
REPARTO
..........................................................................
Il
sottoscritto .................................... in qualità
di ........................................... dichiara che ...l... sig.
................................... nat. .... a ..................................... il
....................................... ricoverat....
il ................................... con diagnosi d'ingresso
..................................................... con diagnosi riscontrata
....................................................... deve essere dimesso non
avendo più alcuna necessità di ricovero ospedaliero.
L'anamnesi
e le condizioni attuali sono le seguenti:
.........................................
Condizioni
psichiche
□
lucide
□
fasi di confusione e disorientamento
□
persistente disorientamento spazio-temporale
□
fasi di agitazione psicomotoria
Le
necessità assistenziali sono:
-
Alimentazione
□ autonoma o con piccolo aiuto
□ con necessità d'imboccamento
-
Incontinenza
□ assente
□ occasionale
□ doppia
□ abituale
□ catetere
-
Decubito
□ assente
□ grave
□ iniziale
□ multiplo
-
Deambulazione
□ cammina da solo
□ cammina con aiuto
□ si sposta in carrozzella
□ immobilizzato a letto
□ Motivo della ridotta mobilità
........................................
-
Livello di dipendenza
□ aiuto totale
□ modesto
□ considerevole
□ nullo
Richiede
le seguenti prestazioni:
Trattamento
riabilitativo ......................................
-
Cure mediche
□ continue
□-I saltuarie
□ periodiche
□ nulle
-
Cure infermieristiche
□ continue
□ saltuarie
□ periodiche
□ nulle
SI n/ NON n □ si / □ non normalmente praticabili a domicilio o in
strutture per autosufficienti
Brescia
............................
Timbro
Istituto di cura ..............................
Firma
del medico ........................................
c)
Dichiarazione del medico curante
Spett.
Comune di Brescia
Ripartizione
Assistenza e Servizi Sociali
Sig.
..................................................... nat... a .....................................
(...........) il ...................
Anamnesi
(principali episodi morbosi, ricoveri ospedalieri, ecc.) ......................................................
Situazione
clinica attuale
......................................................................................................
Condizioni
psichiche
□ lucide
□ fasi di confusione e disorientamento
□ persistente disorientamento spazio-temporale
□ fasi di agitazione
psicomotoria
Le
necessità assistenziali sono:
-
Alimentazione
□ autonoma o con piccolo aiuto
□ con necessità d'imboccamento
-
Incontinenza
□ assente
□ occasionale
□ doppia
□ abituale
□ catetere
-
Decubito
□ assente
□ grave
□ iniziale
□ multiplo
-
Deambulazione
□ cammina da solo
□ cammina con aiuto
□ si sposta in carrozzella
□ immobilizzato a letto
□ Motivo della ridotta mobilità
..........................................
-
Livello di dipendenza
□ aiuto totale
□ modesto
□ considerevole
□ nullo
Richiede le seguenti prestazioni:
Trattamento riabilitativo
................................................................
-
Cure mediche
□ continue
□ saltuarie
□ periodiche
□ nulle
-
Cure infermieristiche
□ continue
□ saltuarie
□ periodiche
□ nulle
SI □ / NON □ normalmente praticabili a domicilio o in strutture per autosufficienti
Brescia
....................................
V.
si autorizza ..................................
V.
si autorizza ...................................
firma
del medico ...........................................
DOCUMENTAZIONE
DEL COMUNE DI TORINO
1)
Lettera ai Presidenti degli Ospedali
(3)
Le invio copia della dichiarazione che l'Assessorato
alla sanità e ai servizi sociali del Comune di Torino intende richiedere agli
ospedali, a partire dal 15 marzo p.v., per tutti i casi di malati cronici che debbano essere
dimessi e che vengono segnalati agli operatori socio-sanitari dei quartieri.
Tale dichiarazione sostituirà il questionario già in
uso.
2)
Comunicazione del Comune di Torino ai
propri operatori
Come già segnalato alla Regione e agli ospedali, si
comunica che a partire dal 28 marzo 1979 gli operatori
socio-sanitari dei quartieri dovranno richiedere agli ospedali, per tutti i
casi di malati definiti cronici che debbono essere dimessi, una dichiarazione,
di cui si allega copia, in sostituzione del questionario già in uso.
Gli operatori potranno inoltre avvalersi della
consulenza di medici incaricati dall'Ufficiale sanitario per evitare le
dimissioni di anziani affetti da malattie specifiche
della vecchiaia, di cui al D.M. del 21-12-1956 allegato (4) e per l'accettazione
in ospedale di anziani malati.
Ad evitare insostenibili carichi di lavoro dell'Ufficio
sanitario e di altri medici incaricati, gli operatori
sono Invitati a limitare le richieste solo a casi strettamente necessari.
3)
Dichiarazione dell'Ospedale al Comune di
Torino
Ripartizione
XVI Servizi Sociali - Via Giolitti, 2 bis - Torino
Il sottoscritto
..................................................................... nella sua
qualità di ............................., dichiara che
il sig. ................................................
ricoverato in ospedale il per i seguenti
motivi ........................................... deve essere dimesso non avendo
più alcuna necessità di ricovero ospedaliero.
Anamnesi
e condizioni attuali
.......................................................................
CONDIZIONI
GENERALI ATTUALI
□ buone
□ scadenti
□ discrete
□ gravi
CONDIZIONI
PSICHICHE
- lucido sì
□ no □
- fasi di confusione e disorientamento si □
no □
- persistente disorientamento si □ no
□
- spazio-temporale si □ no □
- fasi di agitazione
psico-motoria si
□ no □
CONTINENZA SFINTERI
- sfintere vescicale:
continente si □ no □
- sfintere anale: continente si □ no
□
PIAGHE DA DECUBITO si □ no □
DEVE ESSERE IMBOCCATO si □ no □
DEAMBULAZIONE
- può camminare solo si □ no □
- può camminare con aiuto si □ no
□
- si sposta con carrozzella si □ no
□
- immobilizzato a letto si □
no □
MOTIVO DELLA EVENTUALE RIDOTTA MOBILITA'
.......................................
NECESSITA' ASSISTENZIALI
(valutabili da: assistenza per pulizia, mangiare, vestirsi, deambulazione,
condizioni sfinteriali):
alta □
media □
modesta □
PUO' ESSERE ACCOLTO IN STRUTTURE PER
AUTOSUFFICIENTI si □ no
□
NECESSITA DI:
- trattamento riabilitativo si □
no □
- cure domiciliari si □ no □
- cure ambulatoriali sì
□ no □
Data ..........................................
Timbro dell'Ospedale
.........................................
firma
..................................................................
DECRETO
DEL MINISTRO DEL LAVORO DEL 21-12-1956
Malattie specifiche della vecchiaia
1)
Malattie dell'apparato cardio circolatorio:
Sequele morbose
dell'arteriosclerosi senile (come emorragia e trombosi cerebrale, trombosi
coronaria, gangrena, ecc.);
Flebosi senile e sue complicazioni;
Ipertensione essenziale senile;
Miocardiopatia senile con manifestazioni di insufficienza
cardiaca.
2)
Malattie del sistema nervoso:
Parkinsonismo senile;
Corea senile.
3)
Malattie degli organi dei sensi:
Cataratta senile;
Otosclerosi senile.
4)
Malattie dell'apparato digerente e del
ricambio:
Gastrite atrofica senile;
Diabete senile.
5)
Malattie dell'apparato respiratorio:
Enfisema
essenziale senile e sue complicazioni bronchiali.
6)
Malattie dello scheletro:
Artrosi
senile e sue complicazioni (radicoliti, ecc.).
7)
Malattie dell'apparato emopoietico:
Emopatia da aplasia midollare senile;
Leucemia linfatica della vecchiaia;
Porpora senile.
8)
Malattie delle ghiandole endocrine:
Disendocrinopatie senili.
9)
Malattie degli apparati
urinario e genitale:
Nefrosclerosi senile;
Ipertrofia prostatica e sue complicazioni;
Endometrite senile.
10)
Neoplasmi.
(1)
Si veda la delibera del Comune di Torino pubblicata sul n.
44 di Prospettive
assistenziali.
(2) Si tenga conto che i nuclei
familiari composti da una sola persona sono, in una città attiva come Torino,
ben 141.627
sul totale di 471.040 nuclei e cioè il 30%; la popolazione complessiva
di Torino è di 1.181.853 abitanti (dati relativi al 31-12-1977).
(3) Lettera inviata dal Comune di
Torino il 9 marzo 1979 agli Assessori regionali alla sanità e all'assistenza.
(4) (Nota della redazione). L'elencazione degli aventi
diritto di cui al D.M. 21-12-1958 è superata in quanto l'articolo 12 della
legge n. 386 del 17-8-1974 stabilisce che l'assistenza ospedaliera deve essere
fornita a tutti gli aventi diritto senza limiti di durata (v. Editoriale del n.
44 di Prospettive assistenziali).
ALLEGATO 3
DANNI DA INCONGRUA
ASSISTENZA OSPEDALIERA AGLI ANZIANI
di BRUNO FINZI
I danni che possono derivare al paziente anziano da una incongrua assistenza ospedaliera sono molti e di vario
tipo.
Si possono distinguere danni fisici e psichici, ma va
subito detto che si intrecciano gli uni agli altri in
modo assai stretto.
Abbiamo altre volte insistito sull'importanza di
concepire la geriatria come medicina della persona umana e non di un
determinato organo e sulla esistenza di processi
morbosi intimamente legati con la personalità del malato.
Gli errori cominciano spesso all'atto della accettazione; il malato viene quasi sempre inviato
all'ospedale con una diagnosi fasulla, abitudine residua da quando si doveva in
qualche modo giustificare «l'urgenza» per superare la burocrazia mutualistica
e le «carte regolari».
Così a guardare le carte d'invio tutte le persone che presentano qualche difficoltà nella deambulazione,
lievi amnesie, sindromi vertiginose anche modeste sono «gravi arteriosclerotici
cerebrali»; tutti i miocardiosclerotici con lieve
dispnea (e lievi edemi malleolari) sono «gravi scompensi cardiocircolatori» e
così si potrebbe continuare.
In moltissimi casi il paziente, senza alcuna
preparazione, verrà inviato in ospedale a tarda sera o
nel cuore della notte solo perché è stato visto dal medico alla fine del suo
giro e ha poi dovuto attendere ancora qualche tempo l'ambulanza. Questo sarà
per l'anziano un trauma notevole e nella maggior parte dei casi inutile,
essendo le «urgenze vere» abbastanza rare in geriatria.
Tirato fuori dall'ambulanza
sarà come prima cosa cambiato di barella, cosa che si potrebbe benissimo
evitare creando barelle tutte uguali come ad esempio in Gran Bretagna. A
Venezia può essere già la seconda volta; infatti se il
malato viene da Mestre sarà già stato passato dalla autoambulanza alla idroambulanza con un altro cambio di barella.
L'accoglimento in queste circostanze da parte di un
medico svegliato all'improvviso e del personale di
guardia non può certo avvenire nelle migliori condizioni. L'ideale sarebbe che
il malato giungendo in pieno giorno e possibilmente in
mattinata, fosse accolto cordialmente, chiamandolo col suo nome e cognome.
Da molti anni noi ci battiamo contro gli appellativi,
falsamente affettuosi di «nonno, nonna, vecchio mio» tutt'altro
che caduti in disuso da parte degli infermieri; da anni abbiamo abolito i
numeri dei letti che continuavano a spersonalizzare i malati.
Il malato non va indicato altrimenti che col suo nome
e cognome preceduto da signor-signora.
Venendo ora al letto, questo per essere adatto al
paziente geriatrico non dovrebbe essere più alto di 55 cm da terra e ciò per permettere al paziente seduto
sul letto di appoggiare i piedi sul pavimento con sicurezza per potersi alzare;
nella realtà, nei nostri ospedali, sono di solito molto più alti perché si
tiene più conto della comodità del personale (necessità di piegare maggiormente
la schiena con i letti più bassi) che delle necessità dei pazienti. Ne esistono comunque di regolabili sia manualmente che
elettricamente, ma sono molto cari: questi naturalmente risolvono ambedue i
problemi, ma costano cari!
Quanto alla lunghezza, quella normale è di due metri
e di solito è rispettata, ma ho recentemente visitato un modernissimo ospedale
regionale dove hanno dovuto farne costruire appositamente di più corti perché
le stanze sono state costruite in modo che i letti normali non possono esservi
introdotti.
Per finire con il letto è poi molto importante che le
reti e i materassi non si infossino, data l'altissima
frequenza di deformazioni della colonna, di osteoporosi, di dolori al dorso in
generale.
La soluzione più semplice è la tavola o il traliccio
di legno indeformabile. Anche sui materassi ci sarebbe da fare
un lungo discorso: non dovrebbero essere troppo molli, non devono impregnarsi
di liquido, debbono essere facilmente lavabili e sterilizzabili.
Anche nei riguardi delle piaghe da decubito questo
problema è fondamentale. L'origine di esse è infatti
l'ischemia, provocata principalmente dalla
compressione su alcuni punti del corpo che sono in contatto permanentemente con
la superficie su cui un paziente, immobilizzato a letto, è costretto a
rimanere appoggiato.
L'area soggetta al contatto continuo varia con la
consistenza e la natura della superficie su cui appoggia. L'ischemia
è più marcata quanto meno sono i punti che appoggiano e quanto maggiore è
l'attrito. La situazione è peggiore negli incontinenti. La causa determinante delle piaghe da decubito è l'immobilizzazione.
Curare le piaghe da decubito è molto lungo, difficile
e doloroso per il paziente; molto più facile prevenirle.
È doloroso dover constatare che in generale i
pazienti che ci vengono trasferiti da altri ospedali
per essere riabilitati, arrivano quasi sempre molto tardi, piagati e con
posizione viziata spesso permanentemente (anchilosi, retrazioni).
In linea teorica prevenire le piaghe da decubito è
facile. Stabilito secondo un punteggio convenzionale (ad esempio quello
suggerito da Blocklehurst e Hanley)
quali sono i pazienti a più alto rischio, si deve prendere subito ogni provvedimento
adatto a prevenire gli effetti dell'immobilità: il rimedio più antico è quello
di cambiare di posizione il paziente, facendolo ruotare da un fianco, al dorso
all'altro fianco al ventre e ciò va fatto ogni due ore.
Questo sistema è molto efficace ma richiede molto
personale e spesso è molto male accetto dal paziente che ne ricava dolori e
dalla famiglia che lo ritiene un sistema brutale.
Si sono allora creati molti accorgimenti per muovere
la superficie del letto anziché il paziente: materassi ad acqua, ad aria a
pressione alternata; sono ottimi e non troppo costosi. Sono stati recentemente
disegnati molti tipi di letti con meccanismi più sofisticati,
ma sono più cari e si guastano più facilmente. La cosa più importante da
ottenere dal personale è che tutti quelli che non hanno bisogno di stare a letto vengano alzati, messi a sedere, fatti camminare il
più presto possibile.
Va anche sottolineato che
l'immobilizzazione a letto non produce solo ulcere da decubito ma un'affezione
ben più complessa che comprende sintomi fisici, psichici, ma soprattutto metabolici
e va sotto il nome di «sindrome da immobilizzazione».
Questa sindrome si produce quasi
sempre durante i ricoveri ospedalieri: è dunque una tipica forma iatrogena.
Una parola anche per le lenzuola e i teli che sono
spesso troppo ruvidi, che non dovrebbero far pieghe, spesso
origine di decubiti, che infine si dovrebbero lavare con detersivi sicuramente
innocui e risciacquati molto bene, mentre spesso danno reazioni cutanee specie
alle ginocchia e ai gomiti.
Quello che ho detto per il letto
si potrebbe ripetere per ogni sorta di altre suppellettili.
Se si vuole far alzare precocemente il malato ci vogliono sedie a braccioli, abbastanza larghe e
ben piantate a terra in modo da non rovesciarsi: sembra lapalissiano, ma
quando io sono arrivato all'ospedale Giustinian vi ho
trovato poltrone «belle e moderne» secondo chi le aveva comprate, ma in
pratica basse e costruite in modo tale che se un paziente anziano si sedeva
pesantemente e sull'orlo, come spesso accade, crollavano in avanti assieme a
lui.
È chiaro che questi esempi si possono moltiplicare.
Io non ho lo spazio per farlo; mi limiterò a
ricordare che il prof. Brian, antropologo di Genova, al congresso ANIMOG del
giugno 1979 faceva presente la necessità di adattare i sedili delle automobili
alla costituzione fisica prevalente in Italia e non a quella degli Stati Uniti
come avviene attualmente.
Questo discorso può eventualmente essere ripetuto per
tutte le suppellettili.
È necessario accennare - sia pur brevemente - ai
pavimenti che devono, sì, essere facili da mantenere puliti ma non
sdrucciolevoli e cerati, agli appigli (ringhiere, ecc.) assolutamente necessari,
alla eliminazione dei gradini inutili, alla giusta
illuminazione e tutto ciò per evitare le cadute e relative fratture.
- «Lei ha la mania dei femori» - mi diceva il
presidente della casa di riposo che dirigevo tanti anni fa e che aveva
pavimenti in piastrelle di gres in parte sconnesse; poi la sua mamma scivolò,
in casa sua, su un pavimento alla veneziana lucidato
a cera, si fratturò il collo del femore e il problema improvvisamente gli
divenne perfettamente comprensibile.
Su questo argomento è appena
uscito un articolo di Hugonot e Dubos
di Grenoble, sul numero del maggio scorso di Médicine et Hygiène.
Il titolo è: Hospitalism traumatique.
In una ricerca condotta presso il centro ospedaliero
di geriatria di Grenoble e altri cinque della regione
Rhóne-Alpes si è potuto stabilire che i traumi che
avvengono durante il ricovero ospedaliero colpiscono il 5% dei malati
ospedalizzati e in primo luogo le donne sopra i 65 anni (65%).
Questo fatto si può spiegare prima di tutto perché le
donne sono relativamente più numerose nelle classi di età
più elevate e poi perché la fragilità delle loro ossa è molto maggiore.
L'età più colpita è situata fra i 75 e i 95 anni e
l'accelerazione della curva fra 70 e 75 anni è particolarmente netta: 75 anni è
una età cerniera che conduce verso una più grande
fragilità.
È interessante notare che il 43% delle cadute sono
attribuite al pavimento (bagnato, sporco e comunque
sdrucciolevole) o a cattiva illuminazione; 50% sono dovute a caduta dal letto
troppo alto o dalla poltrona a rotelle nelle manovre per alzare o mettere a
letto il malato.
Questo discorso riconduce chiaramente a quanto già
detto sulla necessità di adattare le suppellettili agli anziani e agli
handicappati in genere.
Importantissima anche la topografia e la struttura
dei servizi: molte incontinenze insorgono perché il paziente anziano che
spesso ha bisogni impellenti non trova facilmente i gabinetti; addirittura
esistono reparti in cui la maggior parte dei servizi
sono chiusi a chiave perché non vengano sporcati e, per servirsene, bisogna
chiedere al personale che li apra. Mi sembra molto utile il sistema inglese di
segnare il percorso ai servizi sul pavimento con piastrelle colorate.
Ricorderò appena il nefasto sistema di mettere cateteri a permanenza alla maggior parte degli
anziani «perché non si bagnino», sistema tuttora in uso anche in molti ospedali
generali che abbiamo intorno a noi.
Nei riguardi dei farmaci, mi pare utile di ricordare
il problema dei dosaggi sul quale molte altre volte mi sono
soffermato e riassumo con una tabella quello che a mio avviso si potrebbe fare
per rendere meno pericoloso l'uso dei farmaci nell'anziano.
TABELLA
1
(da Finzi B., Giornale di
Gerontologia, 1973)
-
Sperimentare i farmaci anche su animali anziani
-
Fare prove cliniche anche su pazienti anziani
-
Specificare sulle confezioni le dosi per gli anziani
- Precisare bene e informare il medico pratico sui
sinergismi e gli effetti di potenziamento e inibizione delle associazioni
-
Usare pochi farmaci e semplici
-
Essere molto precisi nel ricettare e nello spiegare
al malato anziano uso, dosi e tempo dell'assunzione dei farmaci
-
Tenere presenti alcune alterazioni molto comuni nella vecchiaia (glaucoma, insuff. circolatoria cerebrale e coronarica, ecc.).
Fondamentale è lo studio attento della funzione
renale e il dosaggio nel sangue quando è possibile (per es. della digitale).
Un altro concetto da ribadire
è quello di guardarsi dal «curare» ogni singolo sintomo per evitare le trenta
o più compresse al giorno che qualche volta vengono somministrate.
Un cenno solo al problema della demenza senile. Vi è
stato dedicato in marzo il simposio annuale della Sezione lombarda della
Società italiana di Gerontologia e Geriatria; in quella sede ho ricordato gli
stati di confusione che possono essere sintomatici, reversibili e non
dovrebbero essere automaticamente attribuiti all'invecchiamento.
Grave errore è considerare irreversibili e non
suscettibili di trattamento forme che invece, se diagnosticate, possono essere
trattate e qualche volta guarite (tabella 2).
TABELLA 2
(da
Finzi B., in corso di stampa su «Acta
gerontologica»)
Stati
di confusione mentale sintomatici:
-
Infezioni: specialmente forme polmonari o delle vie urinarie (pieliti)
- Ipossia cerebrale: da
scompenso di cuore, da grave anemia, da scompenso respiratorio
- Ischemia cerebrale: low perfusion syndrome,
embolia; ictus senza compromissione della corteccia
motoria, forme multi-infartuale
-
Ematoma sottodurale
-
Meningite
-
Morbo di Parkinson
-
Tumore cerebrale primitivo o metastatico
-
Epilessia
- Alterazioni metaboliche: diabete, ipoglicemia, ipopotassiemia, uremia, disidratazione o intossicazione da
acqua, mixedema
-
Deficienze alimentari: pellagra, scorbuto, deficienza di vitamina B12
-
Cause iatrogene: barbiturici e sedativi in genere, digitale,
L-dopa, ipotensivi, ecc.
-
Altre cause tossiche esogene: alcoolismo, ecc.
-
Cause ambientali e sociali: morte del coniuge o altri lutti, disgrazie gravi,
cambiamento improvviso di ambiente (ricovero)
-
Forme depressivo pseudo-demenziali
-
Idrocefalo a pressione normale.
Per finire vorrei ricordare che, come la geriatria
deve essere considerata medicina della persona umana
e non di un determinato organo, così la riabilitazione in geriatria deve essere
globale e non di un singolo organo o segmento, deve essere sociale oltre che
clinica, deve tendere a reinserire l'anziano nella famiglia ogni qual volta sia
possibile, prevedendone e curandone l'invalidità.
Il grande vecchio - dicono Hugonot e Dubos nel lavoro citato
- è un «collo» fragile e, senza appiccicargli un'etichetta sulla schiena in
occasione di un trasporto, bisogna infaticabilmente dirlo, scriverlo e
ripeterlo a tutti quelli che lo circondano.
Questi Autori hanno coniato il termine «ospitalismo» per indicare l'insieme di effetti
secondari sfavorevoli che l'ospedale può avere specialmente sui pazienti
anziani.
L'«ospitalismo» può essere
istituzionale e psicologico, traumatico, infine infettivo, quando si tratta di infezioni legate a germi che sono trasmessi da uomo a
uomo o attraverso strumenti, materiale, personale.
Questi fatti sono una realtà quotidiana in tutti i
luoghi di cura, sono molto più frequenti negli anziani in generale, ma ancora
più frequenti negli anziani ricoverati negli ospedali generali, dove meno ci
si preoccupa di alcuni problemi che noi geriatri ci
sforziamo di affrontare da anni, quali:
- non tenere i pazienti a letto più del tempo
strettamente necessario;
- conoscere meglio le dosi e i rischi dei farmaci;
- preparare personale sempre qualitativamente
migliore ed esigere che sia quantitativamente sufficiente;
- ricoverare solo chi ne ha strettamente bisogno e
per il minor tempo possibile;
- il compito principale della geriatria, la prevenzione
dell'invalidità è compito pluridisciplinare e perciò
pluridisciplinare deve essere il gruppo di persone
che vi si dedicano e che deve possibilmente coinvolgere anche le famiglie.
Bibliografia
1) AMMAR A., BLANC A., Sur la réhabilitation de «malades» agés victimes du syndrome d'immobilisation, Méd. et Hyg.
37, 1920-1922, 1979.
2) BRIAN L., La
costituzione-tipo dell'anziano nei suoi aspetti quantitativi e nei suoi
riflessi socio-ambientali. Rel. al 3° Congr. Naz.
A.N.I.M.O.G., Verona 16-6-1979
in corso di stampa su «Medicina Geriatrica».
3) BROCKLEHURST J.C., HANLEY T., Geriatria,
Ed. Italiana a cura di F.M. Antonini,
Masson Italia, Ed. S.p.A., Milano 1978.
4) FINZI B., Dosaggi
e intolleranze e pericoli di certe associazioni farmacologiche
in età senile. Giornale di Gerontologia XXI, 7, 743-749, 1973.
5) FINZI B., L'inabilità
nell'anziano. Archivio dell'Ospedale al Mare, XX, VI, 561-572, 1968.
6) FINZI B., Le
sindromi cerebrali potenzialmente curabili. Relazione al simposio della
Sezione Lombarda della Soc. It. di Gerontologia e
Geriatria su «La demenza senile: pregiudizio, ignoranza o realtà». Milano 10-3-1979, in corso di stampa su «Acta
Gerontologica».
7) HODKINSON M., Come
si assiste l'anziano. Ed. It. a
cura di F.S. Feriglio, Omega
ed., Torino 1972.
8) HUGONOT R., DUBOS G., L'hospitalisme traumatique. Méd. et
Hyg. 37, 1934-1937, 1979.
9) MADERNA A.M., FINZI B., AVENI CASUCCI M.A. e
COLL., L'influenza dei fattori psicologici
nell'insorgenza e nel mantenimento di alcune malattie dell'età senile. Suppl. LV al Giornale di Gerontologia, Atti del XXI Congresso della Soc. It. di
Gerontologia e Geriatria, Bologna 1974.
ALLEGATO 4
UN GRUPPO DI
RICOVERATI AL COTTOLENGO CHIEDE L'EUTANASIA
Un esempio significativo della drammatica situazione degli anziani
malati è la lettera apparsa su La Stampa del 21 agosto 1979 che riproduciamo
integralmente:
«Siamo un gruppo di vecchi e di handicappati del Cottolengo: ti preghiamo di fare una campagna a favore
dell'eutanasia. Se l'iniziativa avrà successo ne
deriverà una legge, come l'aborto, che porterebbe tanto sollievo a tanti disperati. Basterebbe
che negli ospedali ci fosse un reparto per accogliere queste persone che
desiderano morire, mettendo a disposizione le medicine che devono prendere e un
letto per l'ultimo sonno.
Ti saremo molto riconoscenti se vorrai avere pietà di
noi e di tanti che si trovano nelle nostre condizioni».
ALLEGATO 5
GLI OSPEDALI RIFIUTANO
DI CURARE GLI ANZIANI MALATI CRONICI
(Volantino distribuito davanti agli ospedali)
Migliaia di anziani malati,
definiti cronici, continuano ad essere dimessi di forza, o a non essere
accettati dagli ospedali.
Quando le cure, per vari motivi, non possono essere
praticate a domicilio o presso ambulatori, l'anziano ha diritto all'assistenza
ospedaliera senza limiti di durata.
Inguaribile non vuol dire incurabile!
Le leggi vigenti prevedono il diritto di tutti ad
un'assistenza sanitaria e ospedaliera, senza alcuna
discriminazione.
Più volte il problema degli anziani cronici è stato
segnalato alla Regione Piemonte, ma finora non è stato preso alcun
provvedimento concreto per far cessare questi abusi.
Le illegali dimissioni fatte dagli ospedali costringono
i parenti a cercare un posto nei cronicari e a pagare di tasca propria fino a L. 450.000 al mese.
Non è vero che il numero dei posti letto è
insufficiente: occorre riorganizzare gli ospedali per far posto anche ai
cronici e ai lungodegenti.
Dal 15 marzo 1979 il Comune di Torino richiede una dichiarazione
all'ospedale che l'anziano cronico «non ha più alcuna necessità di ricovero
ospedaliero».
Parenti, non accettate che i vostri anziani siano dimessi senza che vi sia rilasciata questa dichiarazione.
PARENTI FATE
VALERE I VOSTRI DIRITTI: OPPONETEVI ALLE DIMISSIONI FORZATE
C.S.A. - Coordinamento Sanità e
Assistenza fra i movimenti di base - Via Assietta 13
- Tel. 54.91.84
Per
informazioni rivolgersi in via Assietta
13:
- Lunedì dalle
ore 18 alle ore 19,30
- Mercoledì dalle
ore 15 alle ore 16
- Venerdì dalle
ore 9 alle ore 11
Torino,
27 aprile 1979.
ALLEGATO 6
LE RETTE PER GLI
ANZIANI CRONICI SONO INSOSTENIBILI
(18.000-20.000 LIRE AL GIORNO)
(Volantino distribuito davanti agli istituti di ricovero per cronici)
In base alle leggi vigenti gli anziani, compresi
quelli cronici, hanno diritto alle cure ospedaliere senza limiti di durata e
gratuitamente quando le cure stesse non possono essere praticate a domicilio o
in ambulatorio.
Occorre in primo luogo opporsi alle dimissioni dagli
ospedali, cosa che è già stata fatta e ottenuta ogni volta che si è
intervenuti su questi casi.
IL COMUNE DI TORINO HA CONCORDATO CON I PARENTI DEI
RICOVERATI NELL'ISTITUTO DI CORSO UNIONE SOVIETICA UNA
NOTEVOLE RIDUZIONE DELLA RETTA PER I CRONICI FINO AL 31 DICEMBRE 1978.
I parenti dei ricoverati in Corso Unione Sovietica effettuano da anni l'autoriduzione della retta per i cronici
in quanto le cure sanitarie e le maggiori spese di assistenza dei ricoverati
negli istituti devono essere a carico del servizio sanitario nazionale e dal
1° gennaio 1980 intendono pagare per i cronici lungodegenti solo l'importo
corrispondente alla retta per gli autosufficienti.
RICHIEDIAMO LA RIDUZIONE DELLA RETTA PER TUTTI GLI
ISTITUTI PUBBLICI E PRIVATI PAGANDO PER I CRONICI LA RETTA DEGLI
AUTOSUFFICIENTI (CIRCA 7.500 LIRE AL GIORNO).
Le maggiori spese dovute alla mancanza di salute non
devono più essere a carico dei parenti ma del servizio sanitario nazionale.
Comitato
di difesa per i diritti dei ricoverati in Corso Unione Sovietica 220
Comitato
di difesa dei diritti degli assistiti, Via Assietta
13, Torino
Torino,
20 febbraio 1980
www.fondazionepromozionesociale.it