PROSPETTIVE ASSISTENZIALI
N.
49 bis
marzo 1980
PRESENTAZIONE DEGLI
ATTI
La situazione di centinaia di migliaia di anziani è tragica. Basti pensare che 5 milioni di essi ricevono la pensione minima di L.
143.000; 800 mila sono le pensioni sociali di L.
82.000.
In una società divisa in classi come la nostra non si
può per correttezza parlare in modo indifferenziato degli anziani.
Ci sono infatti i vecchi che
hanno un ruolo sociale spesso impegnativo e importante: moltissimi sono i
ministri e i parlamentari, i dirigenti d'azienda, i professionisti, i commercianti,
gli artigiani che anagraficamente parlando sono degli
anziani ma che detengono poteri più o meno ampi e che svolgono una vita attiva
e piena di interessi.
Molti coltivatori diretti, per non parlare degli
agrari, anche in età avanzata, continuano ad essere i responsabili
dell'azienda e il loro intervento viene spesso
richiesto per consigli, per risolvere controversie. Fino a quando essi godono di buona salute sono ascoltati, a volte temuti e in
ogni caso svolgono ruoli sociali positivi.
Se colpiti da malattia o da infortunio hanno la
possibilità economica di essere convenientemente
curati e adeguatamente assistiti.
La famiglia contadina a sua volta si sente ancora
solidale con i propri vecchi, dai quali attende di poter entrare in possesso delle
proprietà e di subentrare nel ruolo familiare e sociale.
Ben diversa è la situazione di coloro che svolgevano
un'attività lavorativa dipendente.
Il pensionamento rappresenta una
rottura spesso traumatica con tutta la vita precedente. C'è, è vero, il vantaggio di non essere più costretti al
rigido orario di lavoro, di non dover più sottostare agli obblighi della
produzione (si pensi ai ritmi sempre uguali di chi lavora alla catena di
montaggio), di non avere padroni. Però non ci sono più i rapporti con i
compagni di lavoro, gli scambi di notizie e di
esperienze con i colleghi, le discussioni non astratte ma legate alla vita di
tutti í giorni, alla situazione politica e di lavoro, alle lotte per il
miglioramento delle condizioni proprie e dei compagni.
Non si è più inseriti in una realtà viva che cambia
continuamente, in cui c'è il continuo confronto fra le proprie aspirazioni e
quelle dei compagni, c'è dialettica fra le opinioni degli uni e degli altri;
c'è il senso del gruppo specialmente per i problemi politici e sindacali con
tutti gli aspetti positivi e negativi; ci sono gli
atti quotidiani di aiuto e di solidarietà o di menefreghismo. Poi ci sono gli
amici con cui ci si ritrova anche fuori dell'azienda e ci sono i furbi dai
quali bisogna far attenzione per non farsi fregare.
Insomma nel bene e nel male c'è vita e c'è spesso
anche la speranza ora più forte ora più debole di
poter contribuire a cambiare le cose.
Con il pensionamento tutto questo viene a cessare e
si corre il rischio, molto pericoloso, di chiudersi nel proprio guscio, di
diventare degli isolati pieni di assurde
recriminazioni del bel tempo passato, di astio nel confronto dei giovani: in
sostanza si rischia una vita senza scopi e senza speranze.
In questa situazione cadono più facilmente coloro che sono stati tutto casa e lavoro e che il modello
borghese approva, loda e incentiva fino a quando serve.
È il tipo di operaio che va
bene al capitalista perché esegue, non si lamenta, non protesta e produce a
occhi chiusi, perché non si interessa dei problemi politici e sindacali e non
partecipa alle lotte per il miglioramento delle condizioni di vita e per il
cambiamento sociale.
Prima in fabbrica o nell'ufficio era un dipendente
in tutto e per tutto; ora che è fuori dal ciclo
produttivo continua a dipendere in tutto e per tutto e ad accettare
passivamente quel che passa i I convento.
Le pensioni sono basse, i servizi sanitari non
funzionano, la casa è diventata inabitabile: pazienza. Pazienza prima e
pazienza dopo.
Si comprende così la ragione per cui per molti il
pensionamento sia un duro colpo.
Il pensionamento infatti
rappresenta per molti la perdita di ogni ruolo sociale e spesso anche
familiare.
Alcuni riescono a compensare questa perdita
rifugiandosi negli hobbies o trovando uno sfogo nel
tempo libero. Le passeggiate, il gioco delle bocce o delle carte, gli scacchi
possono essere attività valide a condizione che gli interessati siano soddisfatti della loro condizione di vita.
Altrimenti gli hobbies e il
gioco non aiutano a risolvere i problemi di chi si
sente ormai inutile. Ben diversa è la situazione di coloro che avevano una
ricca vita sociale o svolgevano attività nel sindacato, in un partito, in una associazione,
in un
movimento di base.
Il maggior tempo a disposizione può anzi essere un
elemento per una partecipazione più attiva, per un coinvolgimento più intenso,
per una presenza più continua.
In sostanza il problema del ruolo sociale
dell'anziano è brutalmente semplice.
O l'anziano ha questo ruolo in quanto ricopre
posizioni che glielo assicurano, o se lo è conquistato e se lo
conquista ogni giorno, oppure la società attuale lo considera un peso morto.
Anzi l'anziano è spesso considerato
un elemento «passivo e parassitario» secondo la celebre definizione data agli
assistiti dal Ministero degli interni nel 1969. Nella nostra società la persona è considerata solo
in quanto produttore e/o consumatore. Il pensionato non produce più e consuma
poco.
Inoltre «costa» allo Stato un sacco di quattrini per
le pensioni, le cure sanitarie e anche per i camposanti.
Prepararsi al pensionamento ricercando prima di
lasciare il lavoro dei ruoli attivi, è uno dei consigli che sono dati da geriatrici e da sociologi.
Resta però lo squallore e la brutalità di una società
che considera l'uomo non come un portatore di
diritti, ma semplicemente uno strumento di produzione e/o di consumo. Pertanto
le lotte per il miglioramento delle condizioni di vita degli anziani possono
portare a risultati validi e duraturi solamente a condizione che siano inserite nell'ambito di lotte per una società a misura
della persona e delle sue esigenze. Finora gli anziani hanno usato in modo
limitato il loro potere contrattuale e spesso sono
stati strumentalizzati a fini elettorali.
Se è già difficile agli anziani usare la loro forza
per far valere i propri diritti quando hanno la
capacità di autogestirsi, ciò diventa assolutamente
impossibile quando non sono più autosufficienti.
La mancanza di peso politico degli
anziani spiega perché la loro situazione sia così tragica. Finché gli anziani
agiranno ciascuno per proprio conto, finché spereranno che le cose si
risolveranno da sole, non succederà niente. Ci potranno essere promesse,
specialmente nei periodi elettorali, e poi tutto resterà come prima.
Da tutto ciò si potrebbe dedurre che vi è la
necessità che gli anziani si organizzino per portare avanti i loro problemi.
Tuttavia è ben difficile che da vecchi si possa incominciare
a fare ciò che non si è mai fatto prima.
I problemi sociali si possono affrontare solo se si è
riusciti a superare l'individualismo ed è ben raro che la concezione dei
diritti degli altri venga acquisita da vecchi dopo una
vita vissuta tutta casa e lavoro.
Bisogna poi interrogarsi se sia
vero o meno che solo gli anziani possono occuparsi degli anziani, che solo i
ciechi hanno la capacità di capire i problemi dei ciechi, che solo gli spastici
sono in grado di comprendere i bisogni degli spastici e così via.
Se la risposta è sì, come purtroppo avviene nella
pratica, allora immediatamente si isolano dalle lotte
per i vecchi tutti i cittadini che anziani non sono.
In tal modo non solo il fronte di lotta è più debole
sul piano numerico, ma anche gli strumenti sono meno incisivi.
Il problema degli anziani non si può isolare, a
nostro avviso, dai problemi degli altri cittadini. Non esiste un problema della
salute dei vecchi, ma quello della salute dei cittadini.
Le stesse considerazioni si possono e si devono fare per la casa, i trasporti, il tempo libero,
l'informazione e per tutti gli altri settori del vivere sociale.
La prevenzione, non solo sanitaria ma anche se non
soprattutto sociale, non può iniziare a una certa età,
riguardare questa o quella età o categoria, ma è una scelta e un metodo di
lavoro (non un servizio o un ufficio) che devono essere decisi e applicati -
per essere efficaci - da tutti e per tutti.
Il problema degli anziani, come tutti i problemi che
riguardano i rapporti fra persone e fra persone e
enti, è innanzi tutto politico. Solo dopo che siano state
definite le linee politiche di intervento, si può passare all'operatività e a
considerare gli aspetti tecnici.
Gli anziani vanno isolati dal contesto
sociale (case di riposo, gerontocomi, cronicari, case protette, ecc.) quando
non se la cavano più con i mezzi propri o dei familiari, oppure devono restare
inseriti?
Questo
è il primo nodo politico.
Che cosa vuol dire restare inseriti? Altro nodo
politico.
Perché i giovani e gli adulti se ammalati sono curati dai
servizi del territorio e, occorrendo, dagli ospedali e gli anziani sono spesso
rifiutati come pazienti?
Perché spesso per gli anziani non c'è nessuna attività di riabilitazione?
Gli ospedali devono curare tutti gli ammalati oppure
devono rifiutare i cronici?
Altri problemi politici.
L'aggregazione sui problemi
politici non avviene - è ovvio - in base a criteri di età ma in base ad altri
riferimenti.
Nel campo degli anziani, come in tutti gli altri
settori sociali, i cittadini si uniscono in base al concetto che hanno della persona e delle sue esigenze.
Occorre dunque partire da che cosa si pensa sul ruolo
sociale dell'individuo in generale e del vecchio in particolare.
Se si ritiene, com'è oggi il
concetto purtroppo prevalente, che le persone valgano solo in quanto
produttori e/o consumatori, allora i vecchi sono spacciati, come lo sono tutti
coloro che produttori e/o consumatori non sono. Si pensi ad esempio agli invalidi.
Se invece si pensa che tutte indistintamente le persone
devono avere una risposta ai loro bisogni, allora c'è lo spazio politico per
non emarginare i non produttori e i non consumatori, come lo sono gli anziani
e gli handicappati.
La redazione di Prospettive assistenziali
Nota - Negli
atti non sono pubblicati gli interventi dell'Assessore all'igiene e sanità del
Comune di Cosenza e del Direttore dell'Istituto Salvi
di Vicenza poiché non ci sono giunte, nonostante i ripetuti solleciti, le loro
relazioni.