Prospettive assistenziali, n. 50, aprile - giugno 1980
IL DISCORSO DEL PAPA
AL COTTOLENGO
GIORGIO PAGLIARELLO
Prima che il Papa venisse a Torino
e sapendo che nel programma della Sua giornata avrebbe visitato il Cottolengo, insieme a molti amici scrivemmo una lettera,
perché pensavamo che l'incontro con gli ospiti della «Piccola Casa» potesse
apparire o essere interpretato come un tacito avallo alla scarsa sensibilità
di quanti, persone famiglie comunità, delegano al personale del Cottolengo una solidarietà che dovrebbe e potrebbe essere
di tutti .
Purtroppo questa previsione si è avverata; anche
perché le parole pronunciate da Giovanni Paolo II all'interno della «Piccola
Casa» hanno sottolineato l'aspetto più noto e
tradizionale del problema degli emarginati, tacendone le cause e le
responsabilità.
Mi permetto ora, in spirito di riflessione con quanti
leggeranno, richiamare alcuni brani del discorso pontificio, facendoli seguire
da pensieri personali.
1. «L'amore è
la spiegazione di tutto. Un amore che si apre all'altro
nella sua individualità irrepetibile e gli dice la parola decisiva:
"Voglio che tu ci sia"».
A questo amore vanno
sollecitati tutti gli uomini; che nel Cottolengo si
dica a tanti «voglio che tu ci sia» significa che da parte di tanti si dice:
«voglio che tu ci vada»; mi sembra che evidenziare la disponibilità di chi
serve senza richiamare al proprio dovere chi rifiuta «l'altro» alimenti quell'atteggiamento già così abituale e comodo di delega,
anziché favorire una crescita nella fraternità.
2. «Ma il grande miracolo, che da oltre un secolo e mezzo continua a
prodursi in questa “Casa” nella normalità della vita di ogni giorno, è quello
di tanti esseri umani che scelgono di mettersi al fianco di fratelli e sorelle,
sui quali la malattia ha posto il suo sigillo, e di dividere con loro la propria
esistenza».
Certo, il Cottolengo è emblematico, perché raccoglie in modo visibile e
quantitativamente notevole chi soffre e chi condivide la situazione dei
sofferenti; ma il pensiero e le parole, l'affetto e la riconoscenza devono
essere manifestati in modo almeno altrettanto chiaro a quanti nel silenzio e
nascondendo la propria dedizione spendono la propria vita in un servizio che
rifiuta lo sradicamento dei poveri dal proprio ambiente e che si consuma nella
solitudine e nell'incomprensione.
3. «Nella luce
del Cristo risorto, io mi rivolgo, pertanto, agli ammalati ospiti di questa
Casa, e, in essi, a tutti coloro che hanno sulle
spalle la croce pesante della sofferenza. Carissimi fratelli e sorelle, fatevi
animo! Voi avete un compito altissimo da svolgere: siete chiamati a
"completare nella vostra carne quello che manca ai patimenti di Cristo,
a favore del Suo corpo che è la Chiesa". Col vostro dolore voi potete corroborare le anime vacillanti, richiamare al retto
cammino quelle traviate, ridare serenità e fiducia a quelle dubbiose e
angosciate. Le vostre sofferenze, se generosamente accettate ed offerte in
unione con quelle del Crocifisso, possono recare un
contributo di primo piano nella lotta per la vittoria del bene sulle forze del
male, che in tanti modi insidiano l'umanità contemporanea. In voi Cristo
prolunga la Sua passione redentrice, con Lui, se volete, voi potete salvare il
mondo!».
È importante dare un senso e una finalità al dolore
inevitabile, certo; ma senza per questo fare della sofferenza una missione e
dei sofferenti una categoria; la malattia, il dolore, la morte sono parte dell'essere e del vivere di ciascuno, ma sono
in se stessi una negatività, contro la quale si lotta, le cui cause con ogni
sforzo si tenta di eliminare; è «vittoria del bene sulle forze del male»
l'impegno per ridurre quanto più è possibile il dolore e sopportarlo quando è
necessario, ma in una costante e positiva proiezione verso la salute, la gioia
e la vita.
4. «Porgo un
saluto particolare e una parola di incoraggiamento ai
giovani, che vengono a prestare il loro servizio gratuito nelle corsie della
"Piccola Casa"».
L'augurio e la proposta sono che l'opera prestata al
Cottolengo sia una scuola di servizio, perché nella
concretezza della propria vita e del proprio ambiente i giovani partecipino ai
problemi delle loro comunità, conoscano la realtà del loro territorio, animino
i servizi che in esso si attuano; se l'impegno verso i
più deboli non è solo una parentesi e non termina all'interno della «Piccola
Casa» allora diventa una vera provocazione e testimonianza contro il
consumismo, la moda, la violenza.
5. «Una parola di giusto riconoscimento, infine, ai cittadini di Torino,
della cui generosità la Provvidenza si serve ormai da molti anni per compiere
prodigi di bontà nei confronti di tanti fratelli provati».
È evidente che per tanti Torinesi l'unica possibilità
di aiutare i sofferenti è il sostegno dato a chi opera personalmente in loro
favore; ma è necessario che si denuncino con coraggio evangelico quanti
offrono denaro potendo dare se stessi, quanti convertono in elemosina, senza convertirsi, i frutti della propria ingiustizia, quanti
regalano alla «Piccola Casa» ciò che negano al vicino di casa; è doveroso
richiamare alle proprie responsabilità le persone, le famiglie, le comunità, la
società intera perché diminuiscano le cause dell'emarginazione, perché questa
non venga aggravata e perché non se ne impedisca il
superamento; si è certo generosi nel sostenere il Cottolengo,
ma si è ingenerosi nel «sistemare» nella «Piccola Casa» o nel costringerle a
rimanervi quelle persone che potrebbero restare o ritornare nella propria
casa, nella propria famiglia, nella vita di tutti.
6. «Nonostante
le nubi minacciose dell'odio, che oscurano l'orizzonte, alla fine l'amore ricondurrà
sulle strade dell'intesa e della collaborazione
rispettosa e concorde».
È l'attesa di ogni uomo, e
diventa anche preghîera per ogni credente; purché la Chiesa, noi che siamo
Chiesa, il Papa che della Chiesa è segno e strumento di comunione, abbiamo,
insieme con la testimonianza delle certezze e delle speranze che ci vengono
dalla fede, il coraggio profetico della denuncia delle ingiustizie e della
traduzione della carità in scelte storicamente necessarie perché richieste dal
dolore dei poveri.
TESTO
DELLA LETTERA INVIATA AL PAPA
Santo
Padre,
riteniamo che sia nostro dovere di credenti e di figli della
Chiesa esprimere opinioni e formulare richieste a chi del Popolo di Dio è in
modo preminente segno e strumento di comunione.
Le siamo riconoscenti perché la Sua presenza a
Torino, nell'incontro con gli ospiti del Cottolengo,
testimonia la sensibilità e l'affetto del Papa per quanti, da sempre, sono le
vittime abituali e silenziose dell'indifferenza e dell'egoismo - e quindi
della violenza - delle famiglie, delle comunità e della società.
E altrettanto ci rallegra il pensare che la Sua
visita vuole essere espressione della riconoscenza di tutti verso le persone
che hanno scelto di amare Cristo servendo i più
poveri.
Ma ci sembrerebbe incompleto il Suo gesto se
apparisse o fosse interpretato come una tacita approvazione della
insufficiente sensibilità e della scarsa responsabilità di quanti,
persone famiglie comunità, continuano con troppa facilità a delegare a pochi
generosi l'attenzione e la condivisione con quei fratelli che pur hanno il
diritto, come ogni uomo, al calore di una famiglia, alla permanenza nella
propria comunità e alla partecipazione alla vita di tutti.
Ci sembrerebbe inoltre significativo
che dalla Sua testimonianza la società - causa primaria del sorgere e
dell'aggravarsi dell'emarginazione - ricavasse uno stimolo a considerare come
compito prioritario misurare le proprie scelte concrete sulla realtà dei più
deboli.
Per questo osiamo chiederLe
che mentre è vicino a quanti vivono al Cottolengo,
si mette dalla loro parte e diventa la loro voce, richiami con chiarezza
evangelica le persone, le famiglie, le comunità cristiane, tutta la società, a
non produrre più emarginazione, a non favorirla, a non usarla come comoda
soluzione delle proprie difficoltà e come alibi al proprio egoismo.
Siamo con Lei nello Spirito e nell'affetto, perché il Suo annunciare Cristo all'uomo e l'uomo a se stesso
si traduca in questo momento e sempre, in profetiche incarnazioni dell'Amore
nella storia.
Torino,
25 marzo 1980.
P.S. - Alleghiamo le firme raccolte sino ad oggi.
Ci permettiamo di indicare come molto significativa
l'adesione degli invalidi ospiti del Cottolengo, i
quali, mentre manifestano la loro grande riconoscenza
per quanto ivi ricevono, condividono appieno il contenuto di questa lettera.
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