Prospettive assistenziali, n. 50, aprile - giugno 1980

 

 

Editoriale

 

LE LEGGI REGIONALI SUGLI ORGANI ISTITUZIONALI DELLE UNITA' LOCALI

 

 

Molte sono le perplessità che sorgono dall'esa­me delle leggi regionali approvate in attuazione della riforma sanitaria (1).

In primo luogo il nuovo organismo, l'Associa­zione dei Comuni, tende ad essere più una sorta di «azienda autonoma» che «la struttura opera­tiva dei Comuni».

È vero che i componenti delle Assemblee del­le Associazioni intercomunali sono nominati dai Consigli comunali, ma essi non sono tenuti a rendere conto del loro operato ai Consigli stessi.

Anzi in alcune Regioni i membri delle Assem­blee possono essere scelti al di fuori dei Consi­glieri comunali: viene quindi a mancare ogni col­legamento fra detti membri ed i Consigli comu­nali (2).

Parimenti le Assemblee possono designare componenti dei Comitati di gestione che non so­no Consiglieri comunali (3).

Non è addirittura prevista la nomina diretta da parte dei singoli Comuni dei propri rappresen­tanti nell'Assemblea; la designazione viene fatta da un collegio elettorale composto da tutti i Con­siglieri comunali (4).

In questo caso vi possono essere Comuni che non hanno nessun loro rappresentante nell'As­semblea dell'Associazione intercomunale.

In altri casi la nomina dei componenti dell'As­semblea viene fatta senza tener conto del nu­mero degli abitanti dei Comuni facenti parte dell'Associazione, avvenendo la ripartizione dei po­sti in base al numero dei Consiglieri presenti nei Consigli comunali (5). Ne deriva che un Co­mune di 50.000 abitanti ha una rappresentatività pari a 40 (quanti sono i Consiglieri comunali), quello di 10.000 pari a 30. In tal modo due Comuni di 90.000 abitanti hanno nell'Assemblea un nu­mero maggiore di rappresentanti del Comune di 50.000.

Con il suddetto sistema si può arrivare ad ave­re Assemblee la cui composizione politica è di­versa, anche sostanzialmente, dagli orientamenti politici espressi dai cittadini che fanno parte dell'Associazione intercomunale.

Le leggi regionali non attribuiscono alle As­semblee poteri e strumenti reali di intervento e di controllo. Esse saranno dunque convocate solo per ratificare quel che hanno deciso 1 relativi Comitati di gestione.

Questi ultimi hanno praticamente tutti i poteri ed i Comuni sono tagliati completamente fuori. Ne è prova il fatto che il Comitato di gestione non è tenuto ad inviare ai Comuni facenti parte dell'Associazione nemmeno copia degli atti deli­berativi (6).

 

Settorialità

Tutte le leggi regionali (7) stabiliscono che le Associazioni fra Comuni gestiscono solo la sa­nità e l'assistenza e, a questo riguardo, non deve trarre in inganno l'uso mistificatorio della dizione «servizi sociali».

Anzi la gestione dei servizi di assistenza da parte dell'Assemblea e del Comitato di gestione dell'Associazione intercomunale o è subordinata a decisioni in tal senso dei Comuni (V. le leggi delle Regioni Lazio e Molise) o riguarda solo le attività che non vengono attribuite ai Comuni dell'Assemblea dell'Associazione intercomunale (V. le leggi delle Regioni Basilicata, Lazio, Ligu­ria, Emilia Romagna, Piemonte). Solo la Regione Umbria prevede che tutte le attività assistenziali siano gestite a livello di Unità locale.

 

Conclusioni

Molte delle critiche da noi avanzate sono state fatte anche dal gruppo permanente di lavoro co­stituito dalla Lega regionale piemontese di cui pubblichiamo in questo numero il documento ela­borato nel corso della riunione tenutasi a Torino dal 6 all'8 marzo 1980.

Da parte nostra non possiamo non esprimere una profonda amarezza per i contenuti delle leg­gi regionali che disattendono sia le richieste avanzate da anni dai sindacati e dalle forze socia­li per una riorganizzazione dei poteri locali in gra­do di rispondere in modo non settoriale alle esi­genze reali della popolazione, sia le norme del DPR 24 luglio 1977 n. 616.

Questa. visione settoriale non è certo di buon auspicio per le riforme dell'assistenza e delle autonomie locali che sono attualmente all'esame del Parlamento.

La nostra amarezza riguarda anche 1'incapsu­lamento della partecipazione in paralizzanti co­mitati, così come è avvenuto per gli organi col­legiali della scuola.

Riteniamo pertanto che i movimenti di base che credono nella non delega e che respingono la cogestione debbano conservare la loro piena autonomia di elaborazione, di contrattazione e di controllo.

 

 

 

(1) Nel numero scorso abbiamo pubblicato la sintesi del­le leggi delle Regioni Veneto, Toscana e Umbria; su questo numero riportiamo gli aspetti salienti delle leggi delle Re­gioni Liguria, Lazio, Molise, Emilia-Romagna, Basilicata e Piemonte.

(2) È ad esempio il caso delle Regioni Basilicata, Molise e Veneto.

(3) V. le leggi delle Regioni Emilia-Romagna, Lazio, Ligu­ria, Piemonte, Toscana e Umbria.

(4) Questa modalità è prevista dalla legge del Piemonte. (5) V. la legge della Regione Piemonte.

(6) I Comuni sono chiamati solo ad esprimere il proprio parere «sulle decisioni di particolare rilievo dell'Associa­zione dei Comuni» (art. 15 della legge 23 dicembre 1978, n. 833), ma non vengono neppure informati su tutte le altre decisioni assunte dal Comitato di gestione e dall'As­semblea.

(7) Per quanto riguarda (a legge della Regione Toscana sulle Associazioni intercomunali si veda il commento a pag. 35 del n. 49 di Prospettive assistenziali.

 

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