Prospettive assistenziali, n. 50, aprile - giugno 1980
Libri
T.
BANDINI e U. GATTI, Delinquenza
giovanile - Analisi di un processo di stigmatizzazione
e di esclusione, Giuffrè
Editore, Milano, 1979, pagg. 489, L. 12.000.
Il comportamento dei giovani, anche nelle sue
manifestazioni più evidenti, che si esprimono nella devianza, è estremamente sensibile ai mutamenti, alle crisi, alle
innovazioni, e può costituire una realtà attraverso la quale comprendere i bisogni,
i problemi, i fermenti dell'intera società.
D'altra parte la conoscenza della delinquenza giovanile,
del suo significato, delle sue cause, è offuscata, distorta ed alterata dal
fatto che gli individui, in generale, hanno una visione del fenomeno mediata
dai mezzi di comunicazione di massa, i quali tendono ad amplificare ed a manipolare la realtà dei fatti, a fini politici e commerciali.
Allo scopo di aumentare le vendite i giornali
presentano gli episodi connessi con la delinquenza in maniera sensazionalistica ed emotiva, inducendo nei lettori
convincimenti ed atteggiamenti che non hanno alcuna base razionale.
I comportamenti devianti, inoltre, ed in particolare
quelli dei giovani, sono spesso utilizzati nell'ambito di una politica
conservatrice, in quanto si prestano a distrarre i cittadini da più gravi problemi
di ingiustizia sociale e vengono facilmente
considerati la causa e non l'effetto dei gravi turbamenti sociali.
La distorta informazione sulla violenza fa sì, ad
esempio, che la segnalazione corretta delle cifre relative
all'omicidio volontario susciti incredulità e diffidenza.
Pochi sono disposti ad accettare che in Italia, nel
1977, gli omicidi non colposi sono diminuiti rispetto
al 1976 e che vi è stato un impressionante decremento di questi tipi di
delitto dall'inizio del secolo ai nostri giorni: nel 1901 gli omicidi
ammontavano a 3168, mentre nel 1931 erano 2260 e nel 1971 erano 1476.
Se si considera, poi, il tasso di omicidio
rispetto alla popolazione si può ricordare che in Italia si è passati da 4,4
omicidi non colposi ogni 100 mila abitanti negli anni 1930-1940, a 4,0 omicidi
negli anni 1950-1959, a 2,5 omicidi, sempre ogni 100.000 abitanti, negli anni
1963-1971.
È chiaro che con questi dati non si vuole entrare
nel merito del problema delle tendenze della criminalità in Italia, ma si
vuole evidenziare come le cifre relative al più
importante comporta
mento
violento contrastino nettamente con le convinzioni e con i pregiudizi della
maggior parte della popolazione.
Da ciò deriva la necessità di fornire informazioni
ed argomenti che permettano di superare una visione
del fenomeno criminale distorta e manipolata, mediante la proposta di una
visione problematica, che superi convinzioni ed atteggiamenti estremamente
semplicistici.
Anche la scienza ufficiale ha contribuito alla
diffusione di pregiudizi relativi alla delinquenza.
Molte teorie criminologiche, ad esempio, enfatizzando
elementi secondari o irrilevanti del fenomeno, hanno allontanato dalla
corretta comprensione di quel complesso processo che conduce alla criminalità.
Ciò è valido non soltanto per alcune delle teorie
più antiche e manifestamente infondate, che considerano il delinquente come un
individuo «malvagio» o «malato», ignorando completamente i problemi relativi alla reazione sociale, ma anche per interpretazioni
più recenti, che, in una rigida visione deterministica,
considerano il delinquente come una semplice rotella di un ingranaggio che lo
sovrasta, togliendogli ogni capacità di scelta e di autodeterminazione.
È questo un dibattito che è stato aperto dalle
correnti criminologiche più avanzate e che rifiuta di
considerare il delinquente come un oggetto, cercando di intravedere nel
processo di coinvolgimento nella delinquenza il risultato di tentativi, scelte
ed opzioni la cui comprensione può conferire un nuovo
significato al fenomeno delinquenziale.
Una criminologia critica, che tenga conto di questi
nuovi problemi, non può tendere ad una spiegazione definitiva e completa della
delinquenza. La comprensione della realtà, infatti, si
conquista faticosamente, attraverso ipotesi ed interpretazioni, anche
contrastanti tra loro, che permettano di vedere il problema sotto luci
diverse.
Non si tratta di realizzare un metodo eclettico che
combini gli elementi più disparati delle diverse teorie, bensì di sottoporre
ad analisi critica le più svariate interpretazioni, cercando di
accrescere, attraverso una continua revisione, le proprie conoscenze.
Questo processo dialettico di analisi
va condotto tenendo presente che in un campo come quello della delinquenza
giovanile i meccanismi del potere influenzano notevolmente l'informazione e la
stessa ricerca scientifica.
La demistificazione dell'immagine ufficiale che viene fornita di questo fenomeno è il primo ed
indispensabile passo per tentare di comprendere la dimensione, le implicazioni
ed i veri significati della delinquenza giovanile nella nostra società.
(dalla presentazione)
AA.VV., Famiglia e territorio: quale spazio per i
minori?, Fondazione Zancan, Padova, 1979, pagg.
174, L. 8.500.
All'indomani dell'approvazione
della nuova legislazione sulla famiglia da parte del Parlamento italiano, la
Fondazione «E.
Zancan» organizzava un seminario su «La famiglia e i servizi sociali sul territorio, con riferimento
alle innovazioni nella legislazione familiare». In quel seminario si
trattò della problematica della famiglia, ma emerse
anche quella relativa alle persone che sono «senza famiglia» o che dalla
famiglia sono state espulse. Si organizzò allora un seminario sul tema «Tutela
del diritto alla famiglia: servizi nuovi per i minori abbandonati», che si svolse
nel 1977, delle «comunità alloggio», dei «gruppi famiglia»,
ecc.
Nel frattempo il sistema assistenziale
italiano subiva una notevole trasformazione sul piano legislativo.
L'emanazione dei decreti applicativi della legge 382
forniva nuovi criteri per affrontare il problema dei minori abbandonati. Ma a
questo punto non era più possibile esaminare i problemi degli «abbandonati»
separatamente dai diversi problemi di natura assistenziale
e sanitaria presenti nel territorio; le stesse nuove iniziative (consultorio
familiare, trasformazione dei servizi ex-Onmi)
spingevano per affrontare il problema in termini più generali.
Il terzo seminario, svoltosi nel 1978 sul tema «Le
risposte allo stato di abbandono dei minori nella
attuazione della 382», affrontò in realtà il problema dei minori molto più in
generale, tenendo presente che la situazione dei minori «soli» non poteva
considerarsi «diversa» rispetto ad una «normale», proprio per i pericolosi
effetti sociali che tale «diversità» continuava a provocare.
Data questa successione è parso
di poter accostare le relazioni, anche se fatte in tempi diversi, per poter
proporre questo volume, non come la raccolta degli atti di un seminario, ma
come un contributo sui problemi del minore, che pure è frutto di elaborazioni e
riflessioni fatte durante i seminari suddetti. Per poter dare unitarietà agli
interventi non è stato peraltro possibile né rispettare l'ordine cronologico
delle relazioni, né raccogliere gli interventi di tutti gli esperti, che hanno
partecipato ai seminari.
La successione con cui vengono
presentati i saggi dei diversi autori risponde a un ordine logico, secondo il
quale la Documentazione si può dividere in tre parti:
a) una prima parte esamina il problema con
un'attenzione particolare per gli aspetti teorici e di tipo metodologico
generali;
b) segue una seconda parte che esamina la problematica
avendo presente la realtà organizzativa dei servizi e le questioni proprie
della pratica sociale;
c) l'ultima parte presenta un'analisi del problema
condotta alla luce della legislazione vigente, con l'intento di cogliere la
dimensione politica del problema, o la percezione del
problema riscontrabile nella classe politica, attraverso gli atti legislativi.
Segue alla fine una breve appendice di documentazione.
Tutti e tre i seminari (1976-1977-1978) hanno avuto
come responsabile e coordinatore Renzo Scortegagna,
docente di sociologia presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università
di Padova, e come collaboratori
Giorgio Battistacci, Carlo Brutti, Italo de Sandre, Alfredo Carlo Moro, Wanda Scopel,
Luigi Secco, Giuseppe Trentin.
(dalla presentazione)
www.fondazionepromozionesociale.it