Prospettive assistenziali, n. 51, luglio - settembre 1980
Libri
A.
CHIARA CAPIRCI, La Provincia di Latina
per il diritto alla non emarginazione dei bambini handicappati,
Pubblicazione a cura della Amministrazione
provinciale di Latina e del Provveditorato agli Studi di Latina, 1978, pagg.
397.
È ormai a tutti noto che il bambino handicappato che
inizi una carriera di escluso e di diverso, in
strutture emarginanti, è destinato ad aggravare e a perpetuare la sua
«diversità». Per questo oggi la materia dell'assistenza agli handicappati è
trattata dalla legge nella più ampia prospettiva del problema del diritto allo
studio. La linea direttiva emergente, infatti, è che la scuola debba
realizzare tale compito educativo, in modo pieno per ogni soggetto, inserendo
ciascun alunno in una realtà che ne favorisca l'integrazione sociale e quindi
lo sviluppo della personalità.
Ma come è stato affrontato
il problema dai genitori, dagli insegnanti, dai direttori didattici, dagli
amministratori comunali, dai medici scolastici, come sono stati affrontati i
problemi dalla base, in relazione alle situazioni locali?
I documenti raccolti in questo volume e coordinati
dall'Autrice hanno il merito di offrire attraverso esperienze, dati ed
orientamenti, raccolti nella provincia di Latina, uno strumento che aiuti a
superare le difficoltà che ancora incontrano nell'educazione di bambini
handicappati, coloro che se ne occupano.
Partendo da alcuni cenni storici del problema dei
bambini handicappati in Italia dall'inizio del secolo, periodo in cui si fa strada il loro ricupero umano attraverso istituzioni
educative speciali, con iniziative private, per lo
più assistenziali ed atte a compensare con un'azione di beneficenza, le
singole e private situazioni di pauperismo economico; al periodo
dell'intervento statale 1925-1929 che vede il problema affrontandolo con la
delega a vari Enti, con compiti di riperimento e di
assistenza e con notevole frammentazione di competenze e di spese, l'Autrice
arriva a fare il punto sulla situazione attuale. Tra il 1945 e il 1971
attraverso congressi convegni e studi, non solo in Italia, e un lavoro
promozionale di alcuni gruppi, le necessità dei
disadattati vengono fatte conoscere dando luogo a nuove disposizioni
legislative. Viene riconosciuto il diritto alla scuola
in classi normali.
Ma il processo di integrazione
scolastica e sociale incontra notevoli difficoltà, senza una sensibilizzazione
preventiva del problema.
In questo libro, attraverso dati e tabelle conosciamo la situazione, in una realtà distrettuale della
Regione Lazio dove l'Autrice insegna ed ha svolto la sua opera in
considerazione della funzione di programmazione del Consiglio scolastico
distrettuale.
Ma la parte più consistente del lavoro, e secondo
noi anche la più interessante, è dedicata alla voce degli insegnanti impegnati
nell'educazione degli handicappati che vivono e
soffrono quotidianamente le difficoltà dell'inserimento; esperienze quindi
vissute in prima persona di chi ha dovuto sostenere molte volte da solo il peso
e la responsabilità dell'integrazione scolastica.
È un materiale di discussione il cui scopo è di sottoporre a tutti, insegnanti e no, il frutto di
osservazioni ancora assai parziali di una realtà complessa. Mentre la famiglia
rimane il luogo fondamentale per la soddisfazione di bisogno di sicurezza e di accettazione in ordine alla costruzione della propria
identità, la scuola permette una integrazione di queste esperienze primarie con
nuove esperienze, con altri, e con l'ambiente, in vista di uno sviluppo sia sul
piano emotivo affettivo che sul piano intellettuale.
Ma cosa succede quando il
comportamento di uno dei membri all'interno di un sistema come la classe
scolastica pone dei problemi al gruppo? Come ne vengono
risolte le tensioni?
Le posizioni che emergono da questo campionario non sono monocordi: alcune sono impostazioni di taglio
scientifico-tecnico. Questo argomento è stato esplicitamente affrontato in
quattro gruppi di studio ma anche in altre relazioni. «Siamo convinti che il trattamento va
iniziato sin dalla scuola materna, continuato nella scuola media e che si ha
bisogno di collaboratori specializzati di ambienti, attrezzature idonee». «L'amara
verità che è venuta fuori dal nostro gruppo di lavoro
è che la scuola ha voluto risolvere il problema dell'integrazione del bambino
handicappato senza prima darsi le strutture atte a recepirli e a risolverlo».
Altre considerazioni sono più concrete, alla buona: «Un bambino di 12 anni che aveva frequentato
per tre anni una classe speciale è venuto fuori privo
di qualsiasi interesse e pieno di paure tanto che ho dovuto lavorare molto per scolarizzarlo, ma ho l'impressione che fuori della scuola
sia sempre emarginato». «Socialmente è inserito molto bene
nella scolaresca (...) i successi ottenuti sono veramente pochi». «Alla domanda che l'inserimento per questo caso difficile
sia stato positivo io onestamente rispondo di sì, nonostante i limiti e gli
insuccessi». «Ho cominciato pertanto ad andare avanti alla cieca osservando
le sue reazioni e cercando di suscitarne altre al fine di individuare il canale
adatto».
Sono successi ottenuti malgrado
le deficienze strutturali della scuola, i condizionamenti familiari e
ambientali. «La partecipazione dei
genitori sia ai gruppi di studio che agli incontri
semiresidenziali è stato molto scarso».
E gli insuccessi? Tra i casi di insuccesso
compaiono i bambini deistituzionalizzati; tra le
cause la mancanza di aiuto specialistico, i condizionamenti dell'ambiente
extra scolastico, le famiglie che non collaborano. Una madre alla maestra: «Sono stanca di combattere; l'anno scorso
avevo la piccola con la meningite ed ho dovuto scegliere: ho abbandonato lui».
La maestra: «Questo ragazzo con un quoziente intellettivo molto basso resta affidato alle cure
della scuola e della strada».
Per concludere questo libro
rifuggendo da una troppo facile demagogia, ripropone come ipotesi di lavoro:
una valida azione preventiva, uno sforzo per un valido aggiornamento degli
operatori sociali per evitare ed attenuare al massimo il disadattamento, una
ricerca non di nuove strutture speciali, ma tecniche nuove nelle strutture comuni.
GIULIANA LATTES
G.
MAIORANO, Elementi di igiene
e di medicina sociale, Vol. I e II, Edizioni
Beta, Salerno, 1977, pagg. 2000, L. 35.000.
Va subito precisato che la forma espositiva semplice
ed elementare è usata in maniera che, nel rispetto scrupoloso del rigore
scientifico, tali discipline potessero assumere un carattere di massima
accessibilità e quindi di altrettanta massima divulgabilità, allo scopo di offrire una sicura e larga
partecipazione d'interesse, estendibile anche a chi è privo di una
propedeutica cultura di base, necessaria per l'accesso a opere di difficile
interpretazione sia nella forma che nel contenuto.
Il primo volume, comprende tutta l'igiene, con
particolare riferimento alla profilassi diretta, indiretta e specialmente
immunitaria, senza trascurare la dettagliata illustrazione del fenomeno anafilattico,
presentato anche sotto il profilo interpretativo clinico e diagnostico.
L'aria, l'acqua, il suolo, le fognature, la conservazione
degli alimenti, sono altri capitoli del primo volume.
Anche l'igiene scolastica è ampiamente trattata,
soprattutto sotto il profilo dell'igiene mentale e della patologia dell'età
scolare.
Il secondo volume comprende l'importante ed attuale
argomento della medicina sociale, che è trattato non
solo sotto il profilo tradizionale medico, ma anche e specialmente sotto il
profilo «globale» nel senso che non è sufficiente la prevenzione dell'organismo
umano dal contagio microbatterico o dal danno prodotto
da altri agenti e da altre attività, ma occorre che l'opera di prevenzione
interessi, contemporaneamente, l'intera personalità umana di cui fa parte il
mondo fisico, unito al quale però, inscindibilmente, esiste anche il mondo
psichico e quello inconscio.
Ampio spazio risulta
riservato all'educazione sanitaria di massa che Maiorano
considera indispensabile ed essenziale, ai fini della creazione e della
formazione di una coscienza sanitaria, sia curativa che preventiva,
condizionante qualunque realizzazione pratica della medicina sociale e
preventiva che rimarrebbero, diversamente, solo scienze teoriche e perciò
inutili ai fini pratici della utenza.
Tra le malattie trattate, sotto il
profilo sociale, le malattie veneree, la tubercolosi, la malattia reumatica, il
gruppo delle malattie dismetaboliche ed i problemi della droga e del disturbo mentale.
SIMONE e ROGER BENJAMIN, Il bambino e i suoi bisogni fondamentali, Ed.
Emme, Milano, 1978, pagg. 194, L. 4.500.
La trasformazione in atto nella vita familiare, dove
i rispettivi ruoli sono in pieno cambiamento, l'incremento della
occupazione femminile, e specialmente una nuova pedagogia che punta sui
bisogni di socializzazione del bambino piccolo, sono tutti fattori che
conducono a chiedersi se in Italia vengono tenuti nel debito conto i bisogni
fondamentali del bambino. Se infatti a parole il
bambino è divenuto oggetto di attenzione, gli interventi operativi a suo
vantaggio sono stati spesso caotici e contradditori. Interventi legislativi significativi come l'adozione speciale si sono spesso
scontrati sul principio di trovare un bambino a genitori senza prole, piuttosto
che quello di dare al bambino una famiglia valida dal punto di vista affettivo
ed educativo. L'aggiornamento delle disposizioni in materia di medicina scolastica
non ha ancora avuto una funzione di intervento e di
profilassi sulla popolazione scolastica ed il suo nucleo familiare. La legge
degli asili nido non ha ancora trovato attuazione nella sua realtà educativa
che la vorrebbe stimolo di maturazione sociale dei bambini e dei genitori, e
non solo parcheggio.
Infine la riorganizzazione dei consultori per l'infanzia,
che doveva seguire al decreto di scioglimento
dell'ONMI, non ha portato come doveva ad un intervento precoce, unitario, e a
nuove norme relative alla tutela della maternità ed infanzia (siamo ancora tra
i cinque Paesi europei che hanno la percentuale più elevata della mortalità
infantile).
Questo libro, scritto da una pediatra specializzata
in psichiatria e da un sociologo, si muove sul riesame del significato del
termine «bisogno del bambino» cercando nelle varie epoche storiche una sua
definizione sociale, definizione che si traduce poi in bisogni particolari:
mescolanza della vita infantile e della vita adulta, tabù sessuali,
apprendistato attraverso la pratica, scuola come luogo di educazione,
ecc. Via via sino alla rappresentazione del bambino e
dei suoi bisogni secondo le norme di oggi.
Stabilito che lo sviluppo fisico del bambino dipende
da due ordini di fattori, gli uni di tipo genetico, gli altri legati
all'ambiente, ne vengono esaminati i bisogni connessi alla crescita fisica: importanza
dell'alimentazione, del sonno, visite prenatali, nascita senza violenza, ecc.
Ma la parte principale del libro si appunta sul bisogno
assoluto che il bambino ha degli altri per soddisfare i suoi più elementari
bisogni: condizione oggettiva irrinunciabile per un armonico sviluppo. Qui gli
Autori si soffermano in una attenta analisi del
legame con la madre, del vincolo tenace stabilito con lei, analizzano i pianti,
le reazioni dell'allontanamento e del ritorno della madre e non solo di lei, in
una azione congiunta dell'adulto e del bambino considerato sin dalla nascita
come persona dotata di intelligenza propria e capace di comportarsi come
soggetto che chiede agli adulti di interpretare i suoi segnali e di rispondere.
Di qui l'importanza che mantengono, oltre la madre, l'affetto per i pari
(coetanei), il sistema di affetti eterosessuali e
quello paterno.
Analizzati questi rapporti, gli Autori presentano una
serie di metodi e tecniche per realizzarli, aiutando il bambino ad acquistare
una conoscenza corretta del proprio corpo (organizzazione ed utilizzazione
dello spazio), ad acquisire esperienze e ricerche di mezzi espressivi
(strutture di gioco in funzione della fantasia, linguaggio in tutte le sue
forme verbali, gestuali, musicali, pittoriche) attraverso una messa in opera di
servizi e strutture sempre più numerose, dotate di
materiale e personale adeguato, capace di rivolgere allo sviluppo del bambino
una attenzione continua.
Soluzioni tutte molto stimolanti
per coloro che si pongono come scopo lo sviluppo del bambino nei suoi
fondamentali bisogni, ma poiché esso non avviene in strutture astratte e
studiate a tavolino ma nell'ambito delle proprie abitudini e delle situazioni
possibili, diventa poi necessario che il bambino sappia in quali limiti
muoversi in mezzo agli altri, in famiglia, nella scuola.
Problema che ha i suoi risvolti
economici e politici e che coinvolge una mobilitazione ed informazione dei
genitori.
GIULIANA LATTES
www.fondazionepromozionesociale.it