Prospettive assistenziali, n. 51, luglio - settembre 1980

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

DRAMMATICHE VICENDE DI BAMBINI

 

In questi ultimi mesi l'opinione pubblica è sta­ta colpita da alcune vicende drammatiche:

- Katiuscia di anni quattro di Bassano del Grappa e Mirko di anni tre di Genova sono stati dai Tribunali per i minorenni di Venezia e di Genova strappati alle madri che, avendo meno di 16 anni, non avevano potuto riconoscerli stan­te l'assurdo divieto imposto dalla legge, divieto che non si comprende per quali motivi non venga eliminato dal Parlamento.

Al riguardo purtroppo non ci risulta che sia stata presentata da nessuna parte politica una proposta di legge di modifica dell'ultimo comma dell'art. 250 del codice civile che recita «Il rico­noscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età».

Un'altra drammatica vicenda è stata vissuta dal piccolo Franco di Torino e in merito pubbli­chiamo il documento della sede nazionale dell'ANFAA del luglio 1980.

 

 

Le drammatiche vicende di Franco e di altri bambini ledono i diritti fondamentali dell'infanzia e mettono in discussione l'adozione speciale e l'affidamento familiare

 

I bambini hanno tutti gli stessi diritti?

Dopo le vicende di Franco e di altri bambini dobbiamo purtroppo dire di no!

Il 6° principio della Dichiarazione dei diritti del fanciullo afferma «Il fanciullo per lo svilup­po armonioso della sua personalità, ha bisogno di amore e di comprensione».

L'esistenza di un rapporto affettivo stabile del bambino con i genitori o con chi li sostituisce è ritenuta da tutti gli esperti la base fondamentale per l'armonioso sviluppo della sua personalità.

Questo rapporto deve formarsi fin dai primi giorni di vita e non deve mai essere interrotto se non per gravissimi motivi e sempre e solo nell'interesse del minore.

La procedura attuata dal Tribunale per i mino­renni di Torino nei confronti di Franco, di Ales­sandro e di altri bambini purtroppo non rispetta l'esigenza di uno stabile rapporto affettivo.

Infatti, secondo il Tribunale per i minorenni il bambino in affidamento familiare o presso balie, quando viene dichiarato adottabile, deve essere allontanato dalla sua famiglia (affidatari o balie), rinchiuso in un istituto per un periodo di «decon­gestionamento», e cioè perché dimentichi gli af­fetti stabiliti e si prepari a nuovi affetti, e quindi consegnato a coniugi adottivi.

Sembra che non sia mai prevista la possibili­tà, da concordare con i coniugi adottivi, del man­tenimento di un rapporto del bambino con gli af­fidatari, neppure quando questo possa essere vantaggioso per ridurre la sofferenza del bambi­no stesso.

Inoltre, mentre la famiglia adottiva deve es­sere «giovane», come giustamente prescrive la legge 431/67 (differenza di età con il bambino non superiore ai 45 anni) sempre secondo il Tri­bunale per i minorenni di Torino, gli affidatari e le balie possono anche essere «vecchi».

Per i baliatici poi non vengono generalmente fatti accertamenti sulle capacità educative delle balie. Spesso avviene addirittura che il marito della balia non venga nemmeno preso in consi­derazione, come se non esistesse e come se il bambino non tendesse a legarsi affettivamente anche a questi.

Esaminiamo la vicenda di Franco riportando gli avvenimenti più significativi e indicando che cosa, secondo noi, doveva essere fatto.

 

Vicenda di Franco

Che cosa si doveva fare

Nasce a Torino il 3.9.1976.

 

A sei giorni la madre lo affida ad una balia.

 

 

 

 

Finora la Regione Piemonte non ha emanato nessuna norma sul baliatico, sui relativi controlli, sulla vigilanza e sull'obbligo - previsto dagli art. 17 e 18 della legge 10 novembre 1925 n. 2277 e peraltro mai rispettato - della segnalazione al Comune dei minori degli anni 14 affidati a famiglie o a istituti pubblici e privati.

Il 10.5.1977 il Tribunale per i mi­norenni di Torino affida provvi­soriamente Franco alla balia suddetta, incaricando la Provin­cia di Torino di vigilare sul buon andamento dell'affidamento.

Come da accordi intervenuti con l'ANFAA, il Tribunale per i minorenni avrebbe dovuto affidare Franco alla Provincia, o meglio al Comune di Torino.

La Provincia di Torino non ha mai svolto i compiti che le erano stati attribuiti dal Tribunale per i minorenni.

Nessuno si è preoccupato dell'età degli affidatari; questo è un fatto grave perché, ad eccezione degli affidamenti sicuramente di brevissima durata, gli affidatari dovrebbero avere gli stessi requisiti di età e capacità educativa richiesti dalla legge sull'ado­zione speciale.

Infatti il bambino, qualunque sia la sua posizione giuridica e la sua situazione personale, ha bisogno di avere dei genitori o degli affidatari giovani e capaci. In sostanza il bambino non dovrebbe mai essere allontanato dagli affidatari, salvo i casi di ritorno nella propria famiglia d'origine, di un suo autonomo inserimento e, ovviamente, quando gli affidatari non lo trattino come si deve o non lo vogliano più tenere presso di loro.

 

L'11 luglio 1977 il Tribunale per i minorenni di Torino dichiara lo stato di adottabilità di Franco.

Alla dichiarazione di adottabilità avrebbe dovuto seguire imme­diatamente l'affidamento preadottivo.

 

Il 18.10.1977 la balia e il marito chiedono al Tribunale per i mi­norenni di Torino l'affidamento definitivo.

Nel caso in cui venga pronunciata l'adottabilità di un bambino in affidamento, questi non deve essere di norma allontanato dagli affidatari.

Dal 18.10.1977 al 27.8.1979 e cioè per quasi due anni il Tribunale per i minorenni tace.

 

Il 28.8.1979 il Tribunale per i mi­norenni revoca l'affidamento al­la balia, dispone che il minore venga ricoverato in istituto e che sia ricercata una famiglia adot­tiva nonostante che la perizia fatta fare dallo stesso Tribunale affermi che «il minore ha stabi­lito con gli affidatari un forte legame affettivo; li chiama con il nome di mamma e papà... il bambino è incapace di accettare situazioni di separazione totale dai coniugi affidatari che ingene­ra in lui disperazione, angoscia e reazioni aggressive non con­trollabili».

La separazione di un bambino dalla famiglia che l'ha tenuto per quasi quattro anni come figlio (i genitori d'origine non si sono mai fatti vivi) viola i diritti fondamentali dell'infanzia e provoca traumi gravi e spesso irreparabili.

Non si tratta di trovare modalità (ammesso che esistano) per ri­durre i danni da separazione; occorre in tutta la misura possibile evitare le separazioni.

 

Il 30.10.1979 la Corte di Appello di Torino respinge il ricorso pre­sentato dagli affidatari.

 

Il 21.11.1979 gli affidatari presen­tano alla corte di Cassazione ri­corso contro il provvedimento della Corte di Appello. Finora il ricorso non è stato esaminato.

Il Tribunale per i minorenni avrebbe dovuto sospendere ogni iniziativa in attesa dell'esito del ricorso.

Il 17.6.1980 Franco viene allon­tanato dagli affidatari con l'in­tervento della polizia. Il bambi­no piange, grida, si dispera e viene letteralmente tolto dalle braccia del padre affidatario.

Dalla questura il bambino viene trasferito all'Istituto provinciale per l'infanzia non insieme agli altri bambini ma nel reparto con­tumacia!!!

Quel che è successo a Franco, è capitato anche ad altri bambi­ni, come ad esempio alcuni me­si fa ad Alessandro di Fossano, i cui affidatari avevano avuto il bambino dal Comune.

Quando deve essere disposto l'allontanamento del bambino dagli affidatari (o dalla sua famiglia d'origine), prima di chiedere l'in­tervento della forza pubblica, occorre ricercare tutte le possibili soluzioni per rendere meno traumatico l'allontanamento stesso. Nel caso di Franco non è stato nemmeno chiesto agli affidatari di collaborare.

È disumano non solo separare il bambino da quelli che per lui sono i suoi genitori (tanto più se l'allontanamento viene fatto manu militari), ma anche ricoverarlo in istituto perché si «decon­gestioni» degli affetti stabiliti e si prepari, come se fosse una macchinetta, a voler bene alla nuova famiglia.

 

L'8.7.1980 Franco viene affidato a scopo di adozione ad un'altra famiglia.

A questo riguardo ci chiediamo:

- che cosa è stato detto ai coniugi adottivi del passato di Franco?

- il bambino è stato preso come un pacchetto o c'è stato un periodo di reciproca conoscenza prima che venisse portato via dall'istituto?

- se la Corte di Cassazione accoglie il ricorso degli affidatari, che cosa succederà a Franco?

 

 

 

È assolutamente necessario sottolineare co­me questa Associazione sia sempre stata del tutto contraria alla trasformazione degli affida­menti educativi in adozioni ordinarie e come ab­bia sempre sostenuto la necessità di abolire que­sto tipo di adozione anche al fine di eliminare una delle vie attraverso le quali viene attuata la com­pravendita dei bambini; tuttavia, nel caso speci­fico, quando in seguito alla quantità di errori ed omissioni compiuti dagli organi amministrativi e giudiziari, vengono create condizioni per cui l'applicazione ortodossa della legge sull'adozio­ne speciale si rivela negativa agli effetti del fu­turo del bambino, riteniamo doveroso disatten­dere alla nostra posizione di principio.

A nostro parere ciò è tanto più valido in quan­to la situazione che si era venuta a creare era dovuta interamente alle decisioni disorganiche e pressappochiste, di volta in volta assunte da chi ha il compito istituzionale di tutelare le esigenze dei minori.

Una volta di più viene dimostrato come la man­cata formulazione di un «programma di interven­ti» ragionato e realistico, predisposto sulla mi­sura dei singoli casi, è, salvo casi fortuiti, sem­pre deleteria.

 

 

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