Prospettive assistenziali, n. 51, luglio - settembre 1980

 

 

Notizie

 

 

GIORNATE D'INFORMAZIONE SULL'INSERIMENTO PROFESSIONALE DEGLI HANDICAPPATI

 

Nel marzo del 1979 a Lussemburgo si sono svolte tre giornate d'informazione sul tema «In­serimento professionale degli handicappati» con la partecipazione dei vari Paesi della Comunità europea.

Lo scopo, oltre ad analizzare le varie esperien­ze fatte, era di stabilire dove ancora, in questo campo, esistono le carenze più evidenti.

L'obiettivo guida di ogni esperienza esposta è stata la deistituzionalizzazione del recupero dei soggetti portatori di handicap (V. per es. doc. n. 4009/77 dell'Amministrazione provinciale di Trieste), obiettivo che rifiuta la costituzione di strutture chiuse e postula invece che il proces­so di integrazione dell'handicappato si fondi sull'interscambio fra soggetti handicappati e non handicappati. Occorre cioè puntare ad una ge­stione sociale dell'handicappato, cioè ad un in­tervento che coinvolga tutti i momenti di vita as­sociativa ed istituzionale del territorio, che sia finalizzato all'autonomia dei soggetti nel limite delle possibilità poste dagli handicap, che favo­risca il loro graduale inserimento sia professio­nale nel mondo del lavoro, sia sociale negli am­bienti di vita.

In alcune esperienze riferite nel corso dei la­vori, il primo passo è stato quello di formare dei corsi gestiti da operatori ai quali era stata data una formazione non soltanto tecnica, ma anche socio-culturale (V. doc. n. 2654/79 - Formazione degli handicappati e formazione degli operatori del riadattamento nel quadro di interventi loca­lizzati - ENAIP, Ente nazionale ACLI per l'istru­zione professionale).

L'obiettivo dei suddetti corsi è stato, in un primo momento, quello di ridare la massima au­tonomia possibile agli handicappati nella vita quotidiana: pulizia personale, uso dei mezzi di trasporto, frequenza dei pubblici esercizi e delle pubbliche istituzioni (V. doc. ENAIP - Sede pro­vinciale di Mantova - Professionalità e socializ­zazione); successivamente si è passati a dei veri e propri corsi di formazione professionale nei quali, accanto a materie di carattere prettamente professionale, erano introdotte ore di lezione at­te ad abituare i soggetti alla vita collettiva degli ambienti di lavoro.

Ovviamente, a tutto ciò, per i soggetti meno gravi, segue l'effettivo inserimento lavorativo. L'inserimento deve essere preceduto da con­tatti tra l'operatore che ha seguito la persona handicappata nel periodo di formazione e l'am­biente di lavoro. (V. doc. ENAIP - Sede provin­ciale di Mantova - Professionalità e socializza­zione).

L'inserimento deve comunque essere graduale e spesso, per lo meno nel primo periodo, l'ope­ratore deve seguire da vicino, anche con la sua presenza fisica, il soggetto handicappato, so­prattutto per il suo completo inserimento sociale con i compagni di lavoro e per permettere un'ac­quisizione sempre più completa di movimenti au­tonomi nell'ambito lavorativo, cercando anche le occupazioni in cui i soggetti possono esprimere il meglio delle loro capacità (V. doc. n. 2085/79 - La formazione professionale dell'handicappato in un contesto economico sviluppato: l'esperienza tedesca).

Per i soggetti più gravi le attività sono state dirette al ricupero sul piano dell'autonomia, alla vita nell'ambito sociale in cui necessariamente si devono muovere. Quindi si è trattato di aiu­tare gli handicappati all'uso corretto dei mezzi pubblici, dei pubblici esercizi ed istituzioni, del denaro e all'acquisizione della percezione tem­porale (V. doc. ENAIP - Sede provinciale di Mantova - Professionalità e socializzazione e doc. n. 4009/77 dell'Amministrazione provinciale di Trieste).

Per tutti questi progetti, spesso già diventati esperienze operative, si è ovunque chiesta la collaborazione, meglio la partecipazione attiva delle famiglie. È stato sempre un lungo e diffi­cile lavoro in quanto si è dovuto superare l'osta­colo dovuto al timore espresso dalle famiglie che il figlio handicappato, muovendosi da solo, non fosse più sufficientemente protetto.

È estremamente utile superare questo blocco in quanto solo con la collaborazione e partecipa­zione delle famiglie, si aiuta la società ad accet­tare l'handicappato, anche se spesso ciò può av­venire solamente attraverso forzature.

Purtroppo la società industriale ha creato la emarginazione non soltanto degli handicappati fisici e psichici, ma anche di soggetti normali che, a causa dell'età o delle loro condizioni indi­viduali, non riescono ad inserirsi nel processo economico imposto da tale società.

Si fa riferimento agli anziani e a tutti coloro che non possono partecipare attivamente al processo produttivo (V. doc. n. 2088/79 - L'integra­zione del malato mentale: le condizioni che la rendono possibile).

Un grosso lavoro va fatto in questo senso fa­cendo, ovviamente, tesoro delle esperienze già avviate e dei progetti già in fase di avanzato stu­dio, quali quelli esposti ed esaminati a Lussemburgo.

Non si può però parlare di inserimento di han­dicappati di qualsiasi natura, senza affrontare due ordini di problemi determinanti a tale sco­po: uno di vera e propria integrazione sociale, l'altro di natura urbanistica.

Per il primo si tratta di un lungo lavoro di edu­cazione sociale da effettuare partendo proprio dalle famiglie e dal soggetto portatore di handi­cap, per arrivare ad interessare tutta la società, compresi ovviamente gli organi istituzionali.

Per il secondo non si tratta soltanto di tenere conto dell'eliminazione delle barriere architetto­niche nella costruzione di nuovi edifici, ma an­che di provvedere, possibilmente in tempi brevi, all'adattamento, dove possibile, delle strutture già esistenti (V. doc. V/194/79 - Riabilitazione professionale degli handicappati).

Una particolare attenzione va rivolta all'inseri­mento e all'integrazione del malato mentale, pro­cesso che può avvenire solo superando l'assolu­tezza delle categorie «normalità» e «anorma­lità» ed avviando un processo di scomposizione e di critica di entrambe e dei rispettivi apparati ideologici ed istituzionali (V. doc. n. 2088/79 - L'integrazione del malato mentale: le condizioni che la rendono possibile).

PATRIZIA REGGE GIANAS

 

 

MANIFESTAZIONE A ROMA DI HANDICAPPATI

 

L'8 maggio 1980 vi è stata a Roma una impor­tante manifestazione di handicappati, organizza­ta dal Comitato nazionale di coordinamento con sede presso l'Associazione Papa Giovanni XXIII, Via Flaminia 84, Rimini, tel. 0541-83764.

Gli handicappati hanno rivendicato il diritto di gestire autonomamente la propria vita e pertan­to hanno sollevato la necessità di urgenti prov­vedimenti per il diritto al lavoro, alla casa, alla cultura, alla partecipazione alla vita sociale.

In occasione della manifestazione il CSA, Co­ordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base di Torino, ha consegnato al Presidente della Repubblica e al Ministro del lavoro una let­tera in cui sono avanzate le seguenti richieste:

1) Comprendere fra i soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio anche gli handicap­pati psichici (o almeno gli insufficienti mentali). L'ordine del giorno approvato dalla Camera il 30.1.71 e la circolare del Ministero della sanità del 30.1.72 n. 7 sono peraltro estremamente espli­cite nei loro contenuti.

Si può inoltre considerare che l'insufficienza mentale deriva in moltissimi casi da cause pu­ramente fisiche (traumi cranici subiti al momen­to della nascita oppure posteriormente a questa, mongolismo ecc.) e che pertanto i soggetti di cui sopra possono e devono rientrare negli aven­ti diritto all'assunzione obbligatoria di cui alla legge 482 del 1968.

2) Prevedere che le Commissioni per gli inva­lidi operino tenendo conto della documentazione che gli interessati possono presentare e di quel­la prodotta dalle Unità sanitarie locali mediante apposite e approfondite istruttorie preliminari.

3) Stabilire che le Commissioni per gli inva­lidi civili per i soggetti gravissimi o intrasporta­bili formulino il loro giudizio senza la presenza materiale dell'interessato, in base alla documen­tazione presentata (vedi punto 2) se con appo­sito certificato l'Ufficiale sanitario dichiari l'in­trasportabilità del soggetto. Procedura simile viene già utilizzata dall'esercito per le visite di leva.

4) Stabilire verifiche immediate a quelle azien­de che in base all'art. 13 della legge 482 hanno chiesto, spesso da anni, l'esclusione dagli obbli­ghi dell'assunzione obbligatoria e assumere al più presto i necessari provvedimenti.

5) Inoltre si chiede che il Presidente della Re­pubblica su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, in base a quanto stabi­lito dall'attuale art. 26 della legge n. 482 del 2 aprile 1968, operi sollecitamente per una più ido­nea suddivisione delle aliquote dei posti riser­vati alle categorie aventi diritto.

6) Sul problema della casa si richiede l'imme­diata applicazione del DPR 384 del 1978 riguar­dante l'eliminazione delle barriere architettoni­che, regolamento attualmente quasi inapplicato.

 

Sulla legge 482:

1) Modificare il valore delle contravvenzioni per le aziende che non ottemperino agli obbli­ghi di legge. Si ritiene che l'importo minimo del­le contravvenzioni debba essere pari a 4 volte le mensilità dello stipendio corrente nella stessa azienda per un operaio qualificato.

2) Stabilire una più severa penalità per quelle aziende che come previsto dall'attuale legge non presentino gli elenchi del personale dipendente alle date previste.

 

Sulla casa:

a) La legge n. 513 dell'8.8.77 deve prevedere che alloggi dell'edilizia economica popolare ven­gano assegnati anche ad invalidi non capi fami­glia ed a famiglie con invalidi a carico che hanno difficoltà di deambulazione o che presentano un grave handicap di tipo psichico.

b) È urgente che sia data applicazione all'art. 17 del DPR 384, finora totalmente disatteso, che prevede quanto segue: «Gli alloggi situati nei piani terreni dei caseggiati dell'edilizia econo­mica e popolare dovranno essere assegnati per precedenza agli invalidi che hanno difficoltà di deambulazione, qualora gli assegnatari ne faccia­no richiesta. Agli alloggi così assegnati dovran­no essere apportate le variazioni possibili per adeguarli alle prescrizioni del presente regola­mento».

c) intervenire affinché gli Enti locali emanino norme edilizie atte a permettere l'accesso e l'uti­lizzo di tutte le strutture o abitazioni sia pub­bliche che private (applicazione del regolamento 384 a tutte le strutture).

 

 

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