Prospettive assistenziali, n. 52, ottobre - dicembre 1980

 

 

DIBATTITO

 

 

PAOLO SOMMARUGA

 

Mi interesserebbe sapere quale sia la proce­dura fino ad ora seguita per l'adozione dei bam­bini stranieri.

 

 

GIORGIO PALLAVICINI

 

Proverò a rispondere in due parole.

Ci sono due modi per adottare bambini stra­nieri: uno, seguendo la procedura del CIAI. Che cosa fa il CIAI?

Si preoccupa che le persone che intendono adottare bambini stranieri abbiano gli stessi re­quisiti previsti dalla legge italiana per l'adozione di bambini italiani. Cioè, in altre parole, si preoc­cupano che anche per i bambini stranieri ci siano le stesse garanzie di trovare una famiglia idonea che sono previste per quelli italiani. Questa è la strada giusta.

Però molte famiglie che per motivi vari non sono state ritenute idonee all'adozione di bambi­ni italiani, ripiegano su vie traverse. Le vie tra­verse sono più di una; quella più battuta è que­sta: uno parte, se ne va in Perù, se ne va in Nicaragua, se ne va in Costarica, contratta, si prende un bambino, va al Tribunale locale e si fa rilasciare una sentenza di adozione, di tutela (le formule sono diverse). Prende il bambino, se lo porta in Italia, va in Corte di appello, Sezione mi­norenni e dice: senta, qui io ho una sentenza del Tribunale di tal paese che dice che questo bambino l'ho adottato io... Il giudice, in genere, non si preoccupa minimamente di chiarire che cosa significhi l'atto che è chiamato a deliberare; piglia il timbro e lo appone e dice: va be', va con Dio, questo è figlio tuo e tientelo. Questi adottan­ti sono persone le più disparate. Sono spesso anziani o gente che non ha la minima capacità educativa, persone singole. Pertanto questo bam­bino che viene da un paese con lingua, proble­mi, abitudini, colore diversi, ecc. ecc. si trova a correre il grosso rischio di essere inserito in un contesto di tipo familiare inadeguato e spesso del tutto inadatto alle sue reali esigenze.

I rischi sarebbero molto minori qualora anche per l'adozione di bambini stranieri venissero uti­lizzate famiglie la cui idoneità educativa fosse stata positivamente valutata dal Tribunale per i minorenni.

Di famiglie di tale tipo ce ne sono tante e non hanno potuto adottare solo perché scarseggiano i bambini italiani in stato di adottabilità.

Il nostro impegno, per concludere, è volto a consentire l'adozione internazionale solo a que­sto tipo di famiglie, introducendo delle modifiche legislative che impediscano l'adozione selvaggia.

 

 

FRANCESCO SANTANERA

 

Stante la legislazione attuale è difficile che la Corte di appello possa non riconoscere un atto straniero di adozione quando l'atto stesso non è in contrasto con l'ordine pubblico italiano.

A questo punto occorrerebbe introdurre nell'ordinamento italiano norme di legge in base alle quali rientri nell'ordine pubblico l'obbligo preventivo dell'autorizzazione del Tribunale per i minorenni, autorizzazione che certifichi il rico­noscimento della idoneità delle persone che intendono adottare bambini all'estero.

L'idoneità deve essere la stessa di quella ri­chiesta agli adottanti italiani.

Questo è il problema che si sta ponendo an­che il CIAI.

 

 

FRIDA TONIZZZO

 

Questa è anche la proposta su cui concorda il gruppo «Come noi» di cui vi sono alcuni rap­presentanti presenti al seminario e che mi sem­bra la più seria per garantire ai bambini stranieri in situazione di abbandono gli stessi diritti di quelli italiani come prevede la legge sull'adozio­ne speciale.

Ancora oggi, nel gruppo in cui ero io è stato riportato il caso di una coppia alla quale era stata rifiutata l'adozione di un bambino italiano, e che poi ha adottato un bambino in Guatemala. Certo è che, nella situazione attuale, agiscono in piena legalità, come già prima precisava Santa­nera. Da questo deriva quindi la necessità di por­tare avanti la modifica su un piano legislativo, per evitare che questo fenomeno assuma dimen­sioni sempre più vaste e che, magari, fra dieci anni, ci troviamo a fare seminari per vedere come intervenire su questi bambini stranieri, adottati da coppie «sballate».

 

 

GIORGIO PALLAVICINI

 

(approvazione mozione)

È stata avanzata la proposta di esaminare, di­scutere e poi votare una mozione da inviare al Parlamento e alla Commissione Giustizia del Se­nato che è così formulata: «I partecipanti al se­minario regionale di studio e scambio di espe­rienze sull'affidamento di minori a scopo educa­tivo e sull'adozione, svoltosi a Pianezza il 29.2 e l'1.3.1980, chiedono al Parlamento ed in par­ticolare ai Componenti della Commissione Giu­stizia del Senato di provvedere, nell'ambito di una nuova legislazione sull'adozione speciale, idonee misure per combattere ed eliminare il mercato dei bambini italiani e stranieri.

A tale scopo ritengono che debbano essere soppressi gli istituti giuridici dell'adozione ordina­ria e dell'affiliazione e che i bambini stranieri debbano essere adottati da coniugi italiani solo previo accertamento da parte dei Tribunali per i minorenni delle condizioni di idoneità e di età previste per tutti gli adottanti.

Chiedono inoltre che siano previste norme per evitare i falsi riconoscimenti e per punire l'omes­so invio degli elenchi trimestrali da parte degli istituti pubblici e privati di assistenza.

Chiedono infine che siano definiti i diritti­doveri delle famiglie affidatarie e che l'affidamen­to sia attribuito alla competenza degli Enti lo­cali, lasciando ai Tribunali per i minorenni la competenza nei casi di conflitto fra ente affidan­te, famiglie d'origine e famiglie affidatarie».

La mozione è messa ai voti e viene approvata all'unanimità.

 

 

MARIO ALIBERTI

 

Non vorrei che, dopo due giorni di discussione, da domani tutto continuasse come prima.

Spero che gli operatori si siano convinti dell'importanza dell'affidamento e della sua colloca­zione fra le alternative al ricovero.

Spero che gli operatori appoggeranno anche le azioni che le famiglie e le organizzazioni inte­ressate al problema continueranno a fare nei confronti della Regione e degli Enti locali per una effettiva tutela dell'infanzia.

 

 

GIORGIO PALLAVICINI

 

Sono favorevolmente colpito dal fatto che dopo un giorno e mezzo di lavori la sala sia ancora così piena; mi aspettavo, vi confesso, che oggi la riunione sarebbe stata una questione di poco più di una ventina di persone.

Non voglio però approfittare di questa vostra disponibilità più del necessario e, tenuto anche conto dell'impegno profuso da ognuno di voi in queste giornate così piene, credo che sia venu­to il momento di concludere.

A me sembra che si possa dire che è stata un'esperienza positiva e credo che voi possiate condividere questo giudizio.

Anzi gradiremmo che a questo riguardo, a mente fredda e facendo dei bilanci più meditati, voi ci facciate sapere le vostre impressioni, le vostre valutazioni sulla utilità di questo tipo di incontro.

Personalmente posso dire di avere ricavato delle indicazîoni preziose e di avere avuto l'oc­casione di rimeditare ed approfondire molti aspetti.

Vi ringrazio per il grosso apporto di idee ed esperienze che avete dato. Credo che sia una iniziativa da ripetere, migliorandola e tenendo conto della esperienza che abbiamo acquisito in questa occasione.

Penso che ci possiamo augurare che questo incontro non sia un fatto episodico ma che da esso possa nascere un proficuo rapporto tra operatori ed organizzazioni di base, per realizza­re le condizioni che consentano di sviluppare con­cretamente iniziative volte a risolvere i problemi dei ragazzini in difficoltà.

Per parte nostra, sicuramente, c'è la volontà precisa che questo seminario sia un punto di partenza: ci auguriamo che anche voi siate d'ac­cordo.

 

 

FRIDA TONIZZO

 

Vorrei solo aggiungere ancora questo.

Credo che un impegno che dobbiamo prenderci oggi, come Associazione e come Unione, pro­motori di questo seminario anche in base alle conclusioni convergenti emerse dai lavori dei cinque gruppi, è quello di riprendere e riportare queste conclusioni agli assenti, al Tribunale per i minorenni, alla Regione, agli Enti locali che qui sono rappresentati solo da funzionari e da ope­ratori.

Mancano gli amministratori, mentre è stato ribadito da tutti in questi giorni che per poter realizzare interventi alternativi al ricovero in isti­tuto sono necessarie scelte politiche di fondo, che solo loro possono fare.

Questo non deve ovviamente portare ad una deresponsabilizzazione degli operatori, per cui anche quel poco che si può fare deve essere fatto.

 

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