Prospettive assistenziali, n. 53, gennaio - marzo 1981
ERRATA CORRIGE
Purtroppo a causa di un refuso tipografico (manca un
«non») è stato capovolto il pensiero di GIUSEPPE ANDREIS in un brano dell'articolo «Alcune note in merito ai gruppi
di famiglie affidatarie» apparso nel n. 52 di Prospettive assistenziali.
Ripubblichiamo l'intero brano il quale ci pare tocchi un punto di particolare importanza e attualità.
« ...
L'affidamento non si limita ad essere una iniziativa educativo-assistenziale, ma per i bambini con problemi di
personalità mette in moto, quando è valido, un processo psicoterapeutico.
L'energia
per la guarigione è attinta da questi dinamismi i quali sono potenzialmente
assai più ricchi e più forti dei corrispondenti rapporti educativi delle
usuali situazioni di istituto.
È intuitivo
nondimeno che educatori capaci di mettersi realmente in gioco possono dare al bambino
più di una famiglia che tende invece a irrigidirsi per
non cambiarsi.
Il bambino
può crescere, può maturare, può addirittura guarire perché si
inserisce in un processo che nella stessa famiglia è evolutivo. È vero
anche che nei casi di non riuscito
abbinamento bambino-famiglia questa stessa energia viene
messa al servizio di un rafforzamento della rigidità, anziché di una sua
rottura.
L'aggressività
distruttiva ed espulsiva domina allora il campo in modo più o
meno visibile ed esplicitato, e la crisi lascia infine il bambino e la
famiglia su posizioni talvolta più arretrate del punto di partenza.
Ogni dinamica ha sempre due versanti: uno positivo e uno
negativo. Se da un lato non ci si deve mai scoraggiare dal tentare strade
terapeutiche e assistenziali forse meno comode, ma
più ricche di potenzialità, occorrono nondimeno riflessione e preparazione per
avventurarsi e percorrerle».
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