Prospettive assistenziali, n. 53, gennaio - marzo 1981

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

SINTESI DELL'ASSEMBLEA DEI SOCI (1)

 

Nel suo intervento introduttivo Pallavicini ha rilevato la notevole "portata" che ha avuto l'ap­provazione della legge sull'adozione speciale nel 1967 per il nostro ordinamento giuridico (la "rivoluzione copernicana" rappresentata dal fat­to che la legge ha posto al centro il bambino in situazione di abbandono al posto delle persone senza discendenti, come era nel precedente ordi­namento) e per la crescita culturale dell'intera società.

Ha quindi ripreso le notevoli difficoltà incon­trate per fare applicare la legge (boicottaggio di enti e istituti che non segnalavano i bambini ri­coverati, inattività dei giudici tutelari, applicazio­ne della adozione ordinaria nei confronti dei bam­bini dichiarati adottabili per non interrompere il "legame di sangue", ecc.) precisando comunque che fin dai primi anni della sua attività l'associa­zione non ha mai ritenuto che l'adozione potesse risolvere le situazioni dei duecentomila bambini ricoverati in istituto ma che ha sempre soste­nuto la necessità (e in questa direzione si è con­cretamente impegnata) di prevenire le situazioni di abbandono sollecitando gli interventi nei set­tori: casa, scuola, lavoro, ecc. e nel settore assi­stenziale (aiuto economico-sociale alle famiglie d'origine, affidamento, adozioni).

Pallavicini ha rilevato inoltre come siano ve­nuti avanti diversi attacchi da magistrati, opera­tori e parte dell'opinione pubblica alla legge, perché "toglie i figli ai poveri per darli ai ricchi"; ha quindi precisato come questo atteggiamento nega o almeno tende a negare il diritto del bam­bino in situazione di abbandono materiale e mo­rale ad avere un'altra famiglia non essendo ade­guata la sua, "decidendo" quindi la sua emargina­zione e, spesso, istituzionalizzazione, di cui con­tinuerà a portare le negative conseguenze, per non "punire" i genitori togliendo loro i figli. Con­tinui episodi di cronaca confermano situazioni di violenza e maltrattamenti dei genitori sui figli; che non sempre però si concludono con l'ado­zione. La soluzione «istituti» accontenta pur­troppo troppi; anzi in questi ultimi tempi - se­condo Pallavicini - sono stati rivalutati, magari in forme rivedute e corrette, come i villaggi SOS.

Pallavicini ha quindi evidenziato di fronte alle carenze di intervento non solo dei Tribunali, ma di Regioni e Enti locali, la necessità di un forte impegno associativo per portare avanti una cam­pagna informativa che, recuperando le esperien­ze e proposte di diversi anni, sia diretta a denun­ciare le conseguenze negative del ricovero in istituto, l'entità notevole del fenomeno (si passa dai 5500 ricoverati in Piemonte ai 3000 della Sicilia), e ad avanzare le soluzioni possibili, che richiedono però scelte precise da parte degli am­ministratori, dei magistrati e degli stessi opera­tori.

Venendo alle proposte di legge, Pallavicini ha riassunto le osservazioni presentate dalla Asso­ciazione (V. documento pubblicato sul n. 49 di Prospettive assistenziali) sottolineando come queste richiedano (soprattutto quella PCI e PSI) profonde modifiche per un reale miglioramento della legislazione in materia di adozione e affi­damento.

Ha quindi preso la parola Maggiora, presidente della Sezione Lombarda che sulla base dei risul­tati della ricerca condotta dalla sezione stessa sul ruolo dell'ANFAA, ha proposto alcuni temi per la discussione in assemblea (V. allegato).

Il commento dei risultati è stato invece fatto dal Vice Presidente Nazionale Oggioni (V. docu­mento allegato) che ha rilevato come questi han­no sostanzialmente confermato le scelte opera­tive dell'ANFAA in questi anni.

Dopo i primi interventi introduttivi si è aperto il dibattito, in cui sono intervenuti numerosi soci che hanno dato un notevole contributo all'appro­fondimento dei temi affrontati da Pallavicini, Maggiora e Oggioni e che hanno contribuito a definire le linee operative della Associazione per i prossimi mesi. Non essendo poi possibile riportare tutti gli interventi abbiamo tentato di riassumerli per argomenti.

La maggioranza degli interventi ha concordato sui contenuti delle relazioni introduttive e ha ribadito la necessità di un sempre maggiore im­pegno dei soci per concretizzare e valorizzare le proposte avanzate in questi anni dall'Associa­zione, indirizzando comunque l'attività dei soci e delle sezioni nei prossimi mesi in una campa­gna di denuncia delle conseguenze negative e spesso irreparabili determinate dal ricovero in istituto e di proposta di reali interventi alterna­tivi (interventi di Ghisandi, Bortolotti, Misse­rotti, Di Stefano, Lucioni, Rossi, Sassi, Dragone, ecc.).

 

Con chi lavorare

 

L'Associazione dovrà ricercare la collabora­zione di tutte quelle organizzazioni o gruppi che operano nel settore socio-assistenziale e che condividono le suddette finalità.

Oltre all'Unione per la lotta contro l'emargina­zione sociale e al CIAI, che in alcune Regioni so­no arrivate ad unificare la propria attività con quella dell'ANFAA (es. sezione Firenze), sono state ricordate altre esperienze positive.

Era presente il Gruppo Volontari di Pistoia che, tramite Renzo Vannucchi, ha sottolineato l'im­portanza dell'informazione nelle scuole riferendo una loro esperienza nelle scuole medie superiori.

Con l'Associazione Giovanni XXIII di Rimini, che ha promosso a settembre il Convegno na­zionale sulle forme alternative all'istituzionaliz­zazione dei minori in Italia, sono stati stabiliti buoni rapporti che potranno portare - se ven­gono concretizzate le proposte emerse nel Con­vegno stesso - alla creazione di un coordina­mento nazionale delle associazioni e gruppi impegnati in iniziative alternative al ricovero.

Le realtà in cui l'Associazione opera sono di­verse e diversi potranno quindi essere «gli alleati»: organizzazioni femminili (es. UDI), Par­rocchie, ACLI, Organizzazioni Sindacali e organi scolastici, associazioni culturali, gruppi giovanili.

In questi rapporti sarà inoltre opportuno per al­cuni chiarire i motivi che hanno portato l'Asso­ciazione a scegliere di non essere solo un mo­mento «associativo» di incontro-scambio e ami­cizia fra famiglie che avevano in adozione o in affidamento dei bambini, ma anche un momento di denuncia e proposta sul problema più ampio dell’emarginazione e istituzionalizzazione dei bambini e ragazzi.

 

Nei confronti di chi lavorare (e come)

 

1) L'opinione pubblica

Molti concordavano sulla disinformazione esi­stente nell'opinione pubblica su questo tema (il ricovero in istituto sembra essere ancora per molti una «buona» soluzione per le situazioni familiari difficili), che richiede per la sua solu­zione l'impegno di tutti.

Sono stati suggeriti (interventi di Rossi, Dra­gone, Lesmo, Ghezzi): articoli sui giornali, (ad esempio la trasmissione «Invito a casa» sulla Rete 3) dibattiti e incontri, raccolte di firme (v. iniziativa C.S.A di Torino), mostre (es. Mostra dell'Amministrazione provinciale pubblicizzata dall'ANFAA di Brugherio) per affrontare i diversi aspetti del problema, partendo anche da situa­zioni specifiche.

 

2) Gli enti preposti

Precise disposizioni di legge hanno ridefinito (legge 616/1977 ecc.) le competenze assistenzia­li dei Comuni che dovrebbero garantire e gestire gli interventi a livello di consorzi per meglio ri­spondere alle esigenze di tutti; ma cosa è suc­cesso in questi ultimi anni?

Molte regioni non hanno ancora approvato le leggi che dovrebbero definire l'attuazione a livel­lo regionale e quelle poche che l'hanno approvate (Piemonte, Toscana, Lombardia, ecc.) non sono ancora riuscite a renderle operative, per cui si assiste ora in molte zone a «vuoti» di intervento (ad es. chi sta controllando in certe regioni gli istituti?) e a un «palleggiamento» di competenze fra i singoli Comuni, Consorzi, e Province con conseguenze ovviamente negative sull'utenza.

I numerosi interventi su questo tema hanno evidenziato, oltre alla necessità di avere chiare le competenze dei diversi enti, per meglio «ca­librare» le richieste come Associazione, l'«ur­genza» di interventi preventivi e alternativi al ri­covero in istituto dei minori.

 

2a) Rapporto ANFAA/Enti locali

Questo tema è stato ripreso in diversi inter­venti (Bortolotti, Mastropaolo, Lucioni, Di Ste­fano) ; attraverso un corretto rapporto con am­ministratori e operatori, l'azione dell'ANFAA do­vrebbe essere diretta a sensibilizzare e proporre interventi alternativi e a verificare il loro operato.

Alcuni hanno poi precisato che il lavoro dell'ANFAA non deve essere sostitutivo di quello degli enti (volontariato), ma di collaborazione costruttiva.

Non sono mancate le proposte di arrivare a denunciare anche «per vie legali» le inadempienze degli enti.

 

2b) Rapporto famiglie affidatarie-adottive/Enti fo­cali/Tribunali per i minorenni

È stata evidenziata inoltre la carenza di inter­venti nei confronti degli affidatari (Bortolotti, Mastropaolo, Dragone) e dei genitori che hanno adottato bambini anche «difficili» e quindi la necessità e l'urgenza di adeguati «sostegni» per evitare la privatizzazione di questi problemi e - in alcuni casi - il fallimento.

 

3) Tribunali per i minorenni e Corti di Appello

Non sono mancate le critiche (Soci Torino, Milano, Firenze) che hanno evidenziato quanto già accennato da Pallavicini nel suo intervento introduttivo (diminuzione delle dichiarazioni di adottabilità da parte dei T.M:, sostenuti anche dagli operatori e da buona parte delle Corti di Appello contrari alla definitiva separazione dei bambini dai loro genitori anche di fronte a situa­zioni anche clamorose di abbandono, tendenza ad allontanare i bambini in affidamento dichiarati adottabili dagli affidatari per inserirli, dopo un periodo di «decompressione» in istituto, in una nuova famiglia adottiva, discutibili criteri di se­lezione delle coppie aspiranti all'adozione, ecc.).

Con motivazioni diverse, anzi quasi opposte è stato criticato da Adami il Tribunale per i mino­renni di Venezia, che tenderebbe a precostituire, con l'allontanamento dei bambini da famiglie in situazioni difficili e il ricovero in istituto, le con­dizioni di abbandono anche quando queste non sussisterebbero.

Gli interventi successivi hanno evidenziato che questo è proprio un caso isolato, perché come già detto, operano in maniera opposta gli altri Tribunali.

 

Adozione di bambini stranieri.

 

È stato rilevato che sta assumendo dimensioni sempre più considerevoli l'adozione di bambini stranieri, che richiede una regolamentazione le­gislativa per evitare forme di « mercato » che si sta diffondendo con le delibazioni.

È stato discusso anche il ruolo del CIAI: men­tre in un intervento (Lesmo) veniva sollevato il problema dei costi dell'adozione di un bambino straniero, che escluderebbero coppie anche vali­de ma con limitate possibilità economiche, da altri questo problema finanziario veniva ridimen­sionato.

Diversi genitori di bambini stranieri presenti hanno invece sottolineato la convergenza di obiet­tivi fra l'ANFAA e il CIAI (Di Stefano, Tesi, Schianti), che si battono entrambe per garantire una famiglia ad ogni bambino, e la opportunità di un lavoro in comune per tutelare anche i dirit­ti dei bambini del Terzo Mondo adottati in Italia.

 

Attività associativa

 

Non è stata esclusa dal dibattito, ma anzi è stata ripresa in diversi interventi (Maggiora, Bortolotti), l'opportunità di aumentare il numero delle famiglie adottive e affidatarie (la «base as­sociativa») programmando momenti di incontro (V. Milano e Torino):

- per coppie disponibili all'adozione e all'af­fidamento;

- per coppie che hanno adottato bambini;

- per uno scambio e un approfondimento delle singole esperienze e per far conosce­re meglio il ruolo dell'Associazione.

L'intervento di un «vecchio» (così si è definito) genitore adottivo (Ghislandi) ha determinato vi­vaci reazioni nei presenti e ha indubbiamente animato il dibattito. Infatti questi, oltre a denun­ciare - giustamente - l'atteggiamento sfavo­revole di una parte dell'opinione pubblica nei confronti dell'adozione e a richiedere una più incisiva azione dell'ANFAA, ha ammesso di non essere tanto d'accordo sull'impegno dell'ANFAA per la rimozione delle cause di abbandono e di essere riconoscente alle madri che avevano ab­bandonato i loro bambini perché questi erano diventati suoi figli.

Non sono mancate le puntualizzazioni di altri genitori (Di Stefano, Tesi, Pallavicini). Questi, pur riconoscendo la gratificazione e la matura­zione che l'esperienza adozionale aveva indub­biamente significato per loro, hanno ribadito che l'azione dell'Associazione doveva essere porta­ta avanti:

- per eliminare le cause di ordine socio-eco­nomico che hanno provocato e continuano a provocare, purtroppo, le situazioni di ab­bandono;

- per ottenere e realizzare, contestualmente, interventi alternativi dagli aiuti economico­-sociali alle famiglie, agli affidamenti e ado­zioni;

«L'impegno nostro - ha commentato Palla­vicini - deve essere rivolto ai bambini emargina­ti o abbandonati non per farne una nostra pro­prietà privata come genitori adottivi o affidatari, ma per offrire loro le migliori condizioni di vita per il loro equilibrato sviluppo» (V. anche inter­vento operatore sociale di Genova).

 

 

(1) L'Assemblea annuale dei Soci si è tenuta a Cavi di Lavagna il 4-5 ottobre 1980.

 

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