Prospettive assistenziali, n. 54, aprile - giugno 1981
DIRITTO DEGLI ANZIANI CRONICI
ALL'ASSISTENZA SANITARIA E OSPEDALIERA (1)
Fra gli
impegni prioritari il CSA, Coordinamento sanità e
assistenza fra i movimenti di base, ha assunto il problema degli anziani
cronici. In particolare il CSA sostiene da tempo che gli interventi per
questi cittadini ammalati sono di competenza del settore sanitario.
Questa tesi
è stata accolta dalla Commissione istituita per iniziativa del Sindaco di
Torino e dagli Assessori comunali alla sanità e all'assistenza.
Segnaliamo che
facevano parte della Commissione i rappresentanti delle Amministrazioni, delle Direzioni sanitarie e dei Primari degli Ospedali di
Torino e del CSA.
TESTO
DEL DOCUMENTO CONCLUSIVO
La Commissione ha esaminato vari aspetti del problema
e concordato le proposte che sono qui di seguito indicate.
Situazione attuale
Gli anziani ammalati cronici che necessitano
di assistenza sanitaria rappresentano una percentuale non indifferente della
popolazione anziana della Città, percentuale non facilmente quantificabile.
Infatti alcuni ammalati, dopo essere stati curati nella
fase acuta presso gli ospedali, quando non siano più
autosufficienti si rivolgono ai servizi sociali comunali per essere ricoverati
in istituti a case di riposo convenzionate con il Comune, molti altri si
rivolgono invece a case di cura, pensionati, istituti privati.
Gli anziani ammalati ricoverati presso istituti di
riposo a carico del Comune sono circa 1500, per gli altri non esistono al momento attuale dati precisi.
Qualunque sia il dato
complessivo, la Commissione ha concordato sulla urgenza di prospettare
soluzioni che garantiscano un'assistenza sanitaria adeguata, di livello per lo
meno pari a quello garantito alle fasce di popolazione non anziana.
Infatti dopo il ricovero ospedaliero, si apre per la
maggioranza dei pazienti il drammatico problema della collocazione per il
proseguimento delle cure.
Alcuni ricorrono a forme private e costose di assistenza, altri, pochi, e generalmente quelli in
condizione di relativa autosufficienza, trovano accoglimento presso presidi
riabilitativi o in semplici convalescenziari. Altri ancora vanno in cliniche
private convenzionate ma a parziale carico
dell'assistito o dei familiari o in istituti o case di riposo per anziani,
altri ancora in strutture prive di qualsiasi riconoscimento giuridico nonché
di ogni qualificazione.
Infine una percentuale non indifferente rientra al proprio domicilio o presso i parenti sui quali ricade
tutto il peso dell'assistenza.
In tutte le sedi sopra richiamate viene
fornita assistenza di carattere sanitario. Il carattere sanitario delle
prestazioni degli istituti di riposo per anziani è stato formalmente
riconosciuto nell'anno 1980 dalla Regione Piemonte con una erogazione di
contributi tratta dal fondo sanitario per le spese di assistenza
agli anziani ammalati cronici.
La Commissione ritiene indispensabile che anche per
l'anno 1981 e seguenti venga mantenuto tale criterio.
Le rette che vengono
richieste presso questi istituti tendono ad avvicinarsi alle rette ospedaliere
e, a parere di alcuni membri della Commissione, sono ancora contenute rispetto
a quelle degli ospedali, anche per il fatto che in molti casi il livello delle
prestazioni è insufficiente.
Proposte
La Commissione ritiene che, per quanto attiene alla fase di ricovero ospedaliero, non debbano essere
dimessi dall'ambiente ospedaliero i pazienti in fase terminale o con grave compromissione dello stato fisico generale per patologia
in fase evolutiva, sempreché la famiglia o chi per
essa non voglia o non possa farsi carico dell'assistenza a domicilio o in
altre sedi.
Nel transitorio la Commissione ritiene altresì che
sia necessario attuare una procedura uniforme per le dimissioni, che deve essere opportunamente pubblicizzata: quando sia in
dimissioni dall'ospedale un anziano non più autosufficiente e la famiglia non
abbia la disponibilità ad accoglierIo o a ricorrere a forme private di
assistenza, l'ospedale deve informare delle prossime dimissioni il servizio
sociale del quartiere di residenza della persona interessata. Il servizio
sociale del quartiere è impegnato a trovare una sede opportuna di ricovero nel
più breve tempo possibile e l'ospedale a trattenere l'ammalato finché tale sede
non viene reperita.
Tutti i membri della Commissione concordano nel
ritenere che il problema dell'assistenza agli anziani malati cronici è problema
sanitario, anche se non necessariamente ospedaliero.
Un miglioramento delle condizioni di
assistenza di tali malati richiede oggi un intervento congiunta di più
strutture che modifichi il carattere dell'assistenza.
È innanzitutto necessario
che il medico di base venga coinvolto direttamente nell'intervento sanitario,
fin da quando l'anziano è ancora in ospedale.
Quando poi la persona recuperi un
discreto grado di autosufficienza deve poter trovare sul territorio i servizi
necessari che garantiscano la possibilità di rimanere al proprio domicilio e di
continuare le terapie necessarie ambulatoriamente. A
garanzia di ciò è necessaria la massima incentivazione dei presidi
riabilitativi e dell'ospedale diurno.
Particolarmente significativa
dovrebbe risultare «l'ospedalizzazione a domicilio».
Al fine di stimolare le famiglie su questa proposta
si ritiene necessaria l'erogazione di un contributo svincolato dal reddito che possa permettere alle medesime di sostenere il maggior
onere derivante dall'assistenza dell'ammalato a domicilio.
Il controllo sulle condizioni sanitarie della persona assistita a domicilio al fine dell'accertamento
del diritto a tale contributo economico o dell'avvenuta guarigione è demandato
ai servizi sanitari e sociali del territorio.
Quando però l'assistenza domiciliare non sia accettata o non sia praticabile, si tratta di trovare le
soluzioni adatte sia ai lungo-degenti, sia ai cronici.
La soluzione attuale dei cronicari non è soddisfacente
sotto vari aspetti; infatti alcuni di questi, per le
caratteristiche delle prestazioni, per la scarsa qualificazione del personale,
offrono un servizio sanitario di qualità inferiore rispetto alle possibilità
di prestazioni di una struttura ospedaliera. E, se si
riconosce il diritto dell'ammalato cronico al servizio sanitario pari al
diritto del malato acuto, ciò è indubbiamente discriminante.
D'altra parte la permanenza dei cronici nei reparti
ospedalieri porta ben presto alla saturazione di
tutti i posti letto disponibili, per di più in sedi ospedaliere sovente non
specificamente attrezzate per l'assistenza ai lungodegenti.
La Commissione ritiene che il Comune debba perseguire
l'obiettivo, qualunque soluzione definitiva venga
scelta, di non allontanare i pazienti dal territorio, ad esclusione dei casi in
cui ciò sia necessario per esigenze terapeutiche.
La Commissione nel ribadire
che gli interventi sono di competenza sanitaria non presenta al momento attuale
proposte unitarie per l'intervento sugli anziani malati, per quanto attiene
alla organizzazione definitiva di tale settore.
Alcuni membri della Commissione ritengono che, quando
esistano necessità di ordine sanitario non
risolvibili a domicilio, l'anziano debba essere inviato in ospedale: sarà
accolto nel reparto di specifica competenza nosologica, o, dove esistano, in
reparti geriatrici. Questi ultimi, per specifica
competenza del personale operantevi, per le
strutture e la «mentalità» riabilitativa, per le facilitazioni di ordine logistico, si propongono come luogo di cura più
rispondente alle esigenze del paziente anziano.
Per la fase susseguente il momento acuto della
malattia, può talora rendersi utile il proseguimento
del trattamento in reparti particolarmente attrezzati alla prevenzione
dell'invalidità e al recupero funzionale.
Tali zone ospedaliere possono essere spazialmente collocate
nell'ambito dell'ospedale generale od anche al di fuori di esso. In quest'ultima evenienza dovrebbe esistere uno stretto
collegamento con la zona acuti, che può arrivare alla gestione comune, con
possibile mobilità del personale tra i due settori.
Nelle zone di prosecuzione cura, la presenza di medici, pur indispensabile,
risulta ridotta, mentre per contro viene potenziato il personale
infermieristico, riabilitativo e di assistenza. Infine,
una zona di «cure minime» è destinata all'accoglimento di quei soggetti per i
quali, essendo stati esperiti tutti i tentativi di recupero, si stabilizza una
situazione di cronicità, ma ancora è necessaria una serie di
interventi assistenziali e terapeutici.
Altri componenti ritengono
invece che debbano essere evitate tutte le soluzioni di carattere settoriale,
come quelle relative alla suddivisione dei pazienti in «normali» e «geriatrici». Propongono invece che il ricovero ospedaliero debba
essere effettuato in reparti scelti esclusivamente in
base alla loro specifica competenza nosologica.
In questi reparti dovrebbe essere previsto un certo
numero di letti per la degenza degli anziani cronici.
Con questa soluzione si assicurerebbe una effettiva continuità terapeutica, si eviterebbe l'emarginazione
dei pazienti più deboli e si darebbe al personale la possibilità di fruire
della rotazione che alterni il servizio ai pazienti acuti e cronici, evitando
che, come avviene attualmente, il lavoro svolto esclusivamente presso cronici
comporti dequalificazione e demotivazione e pertanto
una assistenza inidonea.
La Commissione è invece unanime nel suggerire l'opportunità di una seria sperimentazione delle
due ipotesi di assistenza sopra esposte e propone che l'Amministrazione
comunale decida di attuare tale sperimentazione garantendo criteri di
impostazione e metodologici tali da consentire una idonea conduzione e una
verifica fondata.
(1) Sull'argomento si veda anche in Prospettive assistenziali: n. 44 «Gli
anziani cronici vengono calpestati nei loro diritti»;
n. 45 «Gli anziani rifiutati anche dagli ospedali»; n. 46 «Iniziative contro
le dimissioni dagli ospedali di anziani cronici»; n.
47 «Il paziente geriatrico lungodegente» di C. Macchione e «Contro il rifiuto degli
ospedali di curare gli anziani cronici»; n. 49 bis «Atti del seminario di Jesolo del 5-7
ottobre 1979 sugli interventi sanitari e assistenziali per gli anziani
autosufficienti e cronici nelle Unità locali dei servizi»; n. 50 «Le rette per
anziani cronici: una battaglia vinta»; n. 51 «Presa di posizione del Comune di
Torino contro le dimissioni forzate di anziani cronici
dagli ospedali»; n. 53 «Esposto penale per la dimissione di una
anziana ammalata dall'ospedale».
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