Prospettive assistenziali, n. 54, aprile - giugno 1981
L'INSERIMENTO LAVORATIVO DEGLI
HANDICAPPATI ALL'ALFA ROMEO DI ARESE CON IL FINANZIAMENTO
DEL FONDO SOCIALE EUROPEO
WALTER FOSSATI
La presente relazione intende tratteggiare i problemi
di fronte ai quali il sindacato si è venuto a trovare con il progetto speciale
finalizzato all'inserimento di n. 50 «minorati» allo stabilimento
di Arese dell'Alfa Romeo.
Il progetto speciale di cui trattasi comporta un
onere di 1.500.000.000, del quale il 50% è a carico del Fondo sociale europeo (Art. 5 della vigente normativa) e l'altro 50% è a carico
del Ministero del lavoro italiano.
Nella primavera 1980, quando il consiglio di fabbrica
ne è venuto a conoscenza, il progetto era già stato
redatto ed era già stato approvato in sede comunitaria.
L'elaborazione era stata curata dall'ANCIFAP, un
organismo di formazione professionale dell'Intersind,
associazione sindacale padronale alla quale la direzione aziendale dell'Alfa
Romeo aderisce.
La presentazione del progetto in sede comunitaria
era stata curata dalla Regione Lombardia, attraverso l'Assessorato
all'istruzione, il quale si rende garante anche per gli aspetti esecutivi e gestionali, fungendo da tramite fra le parti sociali
(direzione aziendale e sindacato).
La prima presa di posizione del sindacato, ai livelli
aziendale, di zona, provinciale e regionale, è stata di protesta: si è stigmatizzata, in particolare, la frase contenuta nel
progetto, a partire dalla sua prima stesura: «le parti sociali sono state
consultate e seguono con interesse l'iniziativa».
Ciò veniva affermato dalia
Regione Lombardia; in realtà, l'Assessorato, come s'è detto, aveva stabilito un
rapporto soltanto con una delle due parti sociali e precisamente con la
direzione e col suo organismo tecnico, l'ANCIFAP ed in nessuna circostanza,
prima dell'approvazione del progetto, aveva preso il benché minimo contatto
con il consiglio di fabbrica o con altra struttura del sindacato.
Il sindacato, entrando nel merito del progetto, ha
chiesto ed ha ottenuto di far parte degli organismi gestionari:
un comitato di coordinamento ed un comitato tecnico.
Il primo di carattere più propriamente di indirizzo
politico, il secondo per gli aspetti più squisitamente pedagogico-didattici,
relativi alle modalità esecutive.
I cinquanta minorati vengono
ripartiti in 5 corsi da dieci soggetti ciascuno.
Ogni corso, attuato il reclutamento degli handicappati,
si svolge su più fasi, nelle quali si presenta in chiave illustrativa la
fabbrica e la sua ragione produttiva, si valutano la personalità e le
attitudini dei corsisti, si scelgono le aree professionali nelle quali realizzare
l'inserimento lavorativo e si avviano, infine, i soggetti nelle aree stesse,
passando attraverso una fase sperimentale finale del corso.
Il primo pacchetto delle richieste sindacali sono state le seguenti.
Atteso che col termine di «minorati» si dovesse in
Italia far riferimento alla categoria protetta degli invalidi civili di cui
alla legge n. 482, si è concordato con la direzione aziendale che, sul totale
dei cinquanta, non più di dieci dovessero rientrare fra gli assunti con la
legge in questione nell'ultimo anno precedente alla
data del progetto, mentre i rimanenti quaranta dovessero rientrare fra gli
assumibili.
L'Alfa Romeo, infatti, alla luce della legge per il
collocamento obbligatorio, non ha attualmente in forza
il 15% della mano d'opera appartenenti alle diverse categorie protette, ma un
numero inferiore.
Anche all'interno delle categorie protette, gli invalidi
civili presenti ora in fabbrica ed avviati con la legge 482 sono inferiori al
quorum legislativo e, quindi, il collocatore è in grado in questi mesi di
avviare i 40 invalidi civili in graduatoria provinciale, ai fini della
realizzazione del progetto speciale.
Una seconda richiesta, accolta in sede regionale e
di direzione aziendale, è stata quella di chiamare in causa almeno un centro di
formazione professionale per handicappati, esterno
alla fabbrica, che avesse una personalità giuridica di diritto pubblico e che
operasse nel territorio di Arese.
Tale centro è stato individuato nel Consorzio per la
formazione professionale e per l'educazione
permanente di Garbagnate, realizzato da tempo per
iniziativa di alcuni Comuni. Garbagnate si trova in
posizione limitrofa ad Arese e raccoglie giovani
handicappati, soprattutto psichici, del luogo.
Il Centro di Garbagnate,
fra l'altro, si era distinto per la politica dei suoi operatori socio-educativi.
Prima ancora che leggi dello Stato e regionali lo prevedessero, essi avevano dato vita ad alcune
significative esperienze di tirocinii «in posizione»
o guidati nelle fabbriche, passando attraverso la stipulazione di apposite
convenzioni.
Una terza richiesta sindacale è consistita nel fare
in modo che sui cinquanta handicappati, almeno 10 fossero psichici,
provenienti o dal centro di Garbagnate, di cui si è
parlato, o dal centro ANFFAS di Milano o dall'istituto
«Abetina» pure di Milano.
Questi due ultimi centri, pur operando in Milano,
svolgono in parte la loro attività su handicappati residenti nell'area di Arese, come, per esempio, nei
comuni di Cesate, Senago, Garbagnate, Bollate, Novate.
Chi risiede in uno di questi Comuni
può agevolmente recarsi a lavorare all'Alfa Romeo di Arese.
Su questa terza richiesta molto si è discusso con la direzione aziendale,
mentre i funzionari della Regione hanno dichiarato
subito il loro accoglimento.
A quest'ultimo proposito
c'è da notare che la Regione, negli ultimi cinque anni, con la presenza sul
territorio di oltre 50 centri per la formazione
professionale per handicappati, per un totale di 2500 utenti, per lo più
psichici, aveva stimolato e favorito l'inserimento lavorativo, in medie e
piccole fabbriche, di 580 soggetti portatori di handicaps.
La direzione aziendale, negli incontri del maggio e
del giugno '80 in fabbrica con il sindacato, ha ripetutamente sostenuto di non
essere attrezzata culturalmente per gli psichici.
In una successiva riunione delle parti avvenuta il
17 luglio '80 in Regione, affermava, correggendo finalmente il tiro, che non avrebbe ricusato alcun avviamento esperito dall'ufficio
provinciale per il collocamento obbligatorio.
Il problema dell'inserimento lavorativo all'Alfa
Romeo degli handicappati psichici si spostava, dunque, sul tavolo e negli
uffici del collocamento.
Affinché si costituissero le premesse di una
battaglia che doveva essere vinta, si rendeva necessario che un gruppo di
handicappati psichici dei tre centri summenzionati si iscrivessero
nella lista del collocamento obbligatorio, ottenuto il riconoscimento di
invalidità non inferiore ad un terzo e non superiore ai due terzi.
E così si è fatto nell'autunno dello scorso anno.
Sulla procedura da seguire si è aperto successivamente
un confronto assai impegnativo con il direttore dell'Ufficio provinciale del
lavoro di Milano.
Questo dirigente, d'accordo con i funzionari
dell'Assessorato regionale all'istruzione, ha dapprima proposto che i 40
invalidi civili da avviare all'Alfa Romeo, in base al progetto speciale del
Fondo sociale europeo, venissero scelti in una
graduatoria speciale risultante da un concorso specifico da bandire in Regione.
Questa soluzione è stata rigettata recisamente dal
sindacato; essa veniva giudicata macchinosa, non
attendibile e produttrice di lungaggini ingiustificate.
Il sindacato ha sostenuto la tesi che si dovessero avviare gli invalidi in graduatoria provinciale,
all'interno della quale gli psichici non dovevano subire un trattamento
discriminato.
La Commissione provinciale per il collocamento
obbligatorio, nella quale vi sono tre sindacalisti, nella sua seduta del dicembre
scorso ha deliberato a voti unanimi e con la sola astensione del rappresentante
padronale, che 10 dovevano essere gli handicappati
psichici da avviare all'Alfa Romeo, da pescare nella graduatoria, sposando in
pieno la tesi del sindacato.
C'è da annotare che il mese prima
era stata emanata dal Ministro del lavoro Foschi una circolare nella quale si
sostiene finalmente che gli handicappati psichici hanno pieno titolo d'essere
collocati ai sensi della legge n. 482.
Nei confronti degli psichici, si aggiunge, occorre
realizzare un avviamento oculato e non puramente casuale.
Nel progetto in questione la casualità veniva superata da una procedura, successiva all'avviamento,
di ricerca dell'area idonea al profilo umano, esistenziale e professionale dell'handicappato.
La circolare Foschi faceva abbandonare definitivamente l'ipotesi del
concorso ad hoc e sulla scorta dell'apposita decisione della Commissione
provinciale per il collocamento obbligatorio, rendeva possibile, a partire dal
dicembre '80, l'avviamento dei primi tre handicappati psichici all'Alfa Romeo,
provenienti dal centro di Garbagnate, mentre gli
altri sette, rispettando la loro posizione in graduatoria, saranno avviati
prima dell'estate prossima, in tempo utile perché essi siano ammessi al 3°, al
4° o al 5° corso aziendale.
Nelle successive occasioni di incontro
con la direzione aziendale, che si sono avute in febbraio ed in aprile '81, il
tema dell'inserimento lavorativo è stato esaminato sotto il profilo delle sue
modalità attuative.
Si è trattato, da parte del sindacato, di esaminare anche tecnicamente, come realizzare gli
inserimenti nelle aree produttive.
Ciò è stato fatto soprattutto nel comitato tecnico e
can l'ausilio di un tecnico di fiducia del sindacato, recepito
dalla direzione aziendale come tecnico di parte.
Ciò che é sembrato al sindacato ancora più significativo è stato il coinvolgimento dei lavoratori dei
gruppi operai omogenei direttamente interessati all'inserimento.
Questo coinvolgimento specifico si aggiungeva a
quello più generale, fatto con volantini, prese di posizione pubbliche e
dibattiti in diversi convegni.
All'inizio la direzione aziendale pensava di coinvolgere
soltanto i capi reparto, ma in seguito ha dovuto ammettere che per molti versi era da considerarsi indispensabile l'interessamento di tutti
i lavoratori del reparto ed anche il loro giudizio di merito sulla scelta del
posto «ergonomico».
E così si è andati alla ricerca di alcuni
posti ergonomici, per alcuni handicappati.
Per altri, 17 o 18 la soluzione sarà quella della
«linea ergonomica».
Sulla questione della linea ergonomica
molto si è discusso e la discussione non si è ancora spenta.
La posizione direzionale è antitetica a quella del
sindacato.
Mentre la direzione sostiene che la linea ergonomica deve essere totalmente
adibita agli invalidi di cui al progetto speciale, il sindacato sostiene che
la linea deve essere «promiscua».
Il sindacato fa un ragionamento più profondo. Non è
pensabile che l'inserimento lavorativo, visto come un momento particolare
dell'integrazione sociale degli handicappati e come lotta ai fenomeni di emarginazione sociale, sia riprodotto secondo i vecchi
schemi del laboratorio protetto.
Secondo il sindacato, realizzare, ora, come s'è fatto
anni addietro allo stabilimento del Portello di Milano (sempre di proprietà
Alfa Romeo) una linea ergonomica per soggetti con
ridotte capacità lavorative, posta in una campata
apposita, senza contatti con altri lavoratori, significherebbe realizzare un
piccolo laboratorio per handicappati in un'unità produttiva.
La vera linea ergonomica
tale dev'essere considerata come strumento di integrazione fra portatori di handicaps
e normodotati allorché il lavoro sia svolto insieme,
senza soluzione di continuità fra la presenza degli uni e quella degli altri e
con occasioni plurime per i normodotati di ruotare
nelle posizioni di lavoro accanto agli handicappati.
Circa l'argomento della distrazione di fondi si
risponde scientificamente realizzando con la promiscuità della linea gli intendimenti
autentici per i quali vengono stanziati i fondi e non
con la settorialità, con il protezionismo
produttivo.
La Regione Lombardia, attraverso i
suoi funzionari, non ha preso finora parte attiva in questo discorso
della linea ergonomica.
Si rende conto, forse, che questo è un argomento
assolutamente delicato. Il suo atteggiamento sarà
soltanto di neutralità?
Per quanto la direzione non ne abbia
fatto menzione, è supponibile che essa tema che una volta che i lavoratori normodotati abbiano acceduto a processi lavorativi ergonomici, risultino allettati fino al punto da
rivendicare un più ampio riesame dei cicli lavorativi normali, da tempo
ritenuti frustranti, alienanti.
È il discorso della modifica dell'organizzazione del
lavoro, vista molto concretamente sotto il profilo della sua umanizzazione, in riferimento all'inserimento degli handicappati ed a
beneficio di più ampi strati di popolazione lavorativa.
Il capitolo della linea ergonomica
promiscua è tuttora aperto.
La linea è in fase di realizzazione;
a giugno dovrebbe essere pronta. Il consiglio di fabbrica ha detto chiaramente
ai lavoratori perché, a suo avviso, dovrebbe essere promiscua. Al momento di
occupare i posti si vedrà. Nei reparti c'è una notevole aria
di tensione e di discussione, anche se, per la verità, in questi mesi
campeggiano altri temi come la liquidazione, la scala mobile, i rapporti
economici, il governo del nostro Paese.
Prima di chiudere la presente relazione, è necessario
che si faccia un accenno ad un secondo progetto del Fondo sociale europeo.
Sempre con l'intermediazione della Regione Lombardia,
esso riguarda la riqualificazione professionale di 90 lavoratori appartenenti
a tre aziende diverse in provincia di Milano: la ITALTEL
(ex-Sit Siemens), la Breda Siderurgica e, ancora una volta, l'Alfa Romeo.
Lo stanziamento complessivo è di
L. 855 milioni, di cui il 50% è coperto dalla C.E.E.
Il motivo che ci induce a
menzionare questo secondo progetto è da ricercarsi nella sua finalità.
Si tratta, infatti, non di inserimento
lavorativo di handicappati, ma di riqualificazione professionale di
lavoratori che sono diventati invalidi (con ridotte capacità lavorative) in
costanza di rapporto di lavoro.
Il progetto speciale é pilota perché non è contemplato
dalla base normativa della C.E.E.
In altri termini, con questo progetto pilota, la
Comunità europea accoglie una vecchia istanza della
classe padronale, secondo la quale non deve essere considerato invalido civile
soltanto colui il quale ha questo riconoscimento prima dell'accendersi di un
rapporto di lavoro, ma anche coloro i quali già lavorano.
Gli uni e gli altri, secondo gli
imprenditori, devono essere trattati alla stessa stregua.
Se si volesse prescindere dalle cause e dalle
responsabilità che hanno fatto insorgere la menomazione, si potrebbe dedurre
che la versione padronale è accettabile: perché trattare meglio un lieve invalido civile, collocabile obbligatoriamente, di
un operaio già al lavoro ed affetto da grave malattia professionale?
Il ragionamento padronale, ripetiamo, trascura
totalmente le cause e le responsabilità che stanno alla base di molti invalidi,
i quali tali diventano perché sono costretti a lavorare in ambienti aggressivi
e lesivi dell'integrità psico-fisica dei lavoratori.
Siamo d'accordo che i soggetti con ridotte capacità
lavorative che tali sono diventati in costanza di rapporto di lavoro non siano
emarginati dai processi lavorativi (quanti sono ora a lavorare
negli spogliatoi, nei magazzini, nelle mense aziendali?).
Il fenomeno è di massa: orientativamente è il 10%
della popolazione attiva (all'Alfa Romeo di Arese sono circa 2000 i lavoratori con ridotta capacità
lavorativa).
Quello che, però, è ancora più importante è
l'esigenza imprescindibile di spezzare le cause della formazione dei lavoratori
con ridotta capacità lavorativa e cioè i cicli di
lavoro ad alto rischio, bonificando i reparti, rivedendo le mansioni e le fasi
di lavoro, abbattendo i fattori di nocività chimico-fisici e prestando molta
attenzione anche agli altri fattori che agiscono sul carico mentale (4° gruppo
dei fattori nocivi, ovverosia la monotonia, i turni, la gerarchizzazione
del lavoro, l'estrema frammentarietà e la ripetitività delle mansioni, etc.).
L'orientamento che stiamo assumendo, come sindacato,
di fronte al secondo progetto del Fondo sociale europeo è quello di richiedere
l'inserimento anche qui di un gruppo di soggetti collocabili
obbligatoriamente, fra i quali alcuni psichici.
Circa la riqualificazione dei lavoratori con ridotta
capacità lavorativa con il finanziamento pubblico, una tale impostazione potrebbe
essere accettata, a nostro avviso, alla sola condizione che la direzione
aziendale si dichiari d'accordo di condurre
un'indagine conoscitiva, secondo la metodologia di partecipazione operaia, indirizzata
precipuamente alla bonifica in tempi brevi di quei reparti da cui escono
principalmente i lavoratori con ridotta capacità lavorativa.
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