Prospettive assistenziali, n. 54, aprile - giugno 1981

 

 

MAGISTRATURA E DIRITTI DEI MINORI

G. BATTISTACCI

 

 

Una delle cause che hanno reso a volte diffici­le l'attuazione della legge sull'adozione speciale rimane quella dell'interpretazione data al con­cetto di abbandono. Infatti alcuni settori della magistratura, in particolare molte Sezioni mino­renni delle Corti di appello, hanno continuato a interpretare l'abbandono in senso molto restritti­vo richiedendo per la sua identificazione che vi fosse una vera e propria «derelictio» del bam­bino, cioè una cosciente, esplicita, definitiva e irreversibile volontà del genitore di non occu­parsi più del proprio figlio. Di contro la mag­gior parte dei Tribunali minorili e la stessa Cor­te di Cassazione hanno interpretato l'abbandono in maniera più estensiva, ravvisandolo ogni qual volta risultava che i genitori organizzassero la propria vita prescindendo dalla considerazione del figlio, manifestassero, attraverso il loro com­portamento, una sostanziale incapacità educati­va causando al figlio uno stato di sofferenza con­seguente alla mancanza di un rapporto affettivo con i genitori, attuassero una continua delega delle loro funzioni a terzi.

Dietro la interpretazione restrittiva stava il permanere in certe aree culturali della conce­zione della superiorità della famiglia del «san­gue» rispetto a quella degli affetti, molto forte in passato ma mai venuta meno e oggi in parte rivitalizzata da un'enfatizzazione dei diritti del­la donna rispetto al prodotto del suo concepi­mento.

Va senza dubbio affermato che forse la legge sull'adozione speciale fu caricata, almeno all'ini­zio, di eccessive aspettative nel senso che si ri­teneva che attraverso di essa si potesse ovvia­re in modo totale e definitivo all'abbandono dei minori non rendendosi conto che certi abbando­ni e certe istituzionalizzazioni di minori non po­tevano farsi risalire al comportamento dei geni­tori ma alle carenze del sistema assistenziale e a carenze più generali sul piano della occupazione, della mancanza di alloggi, dello sviluppo econo­mico del paese e che un intervento sul piano dell'adozione speciale, con la conseguente rot­tura del legame tra genitori e figli, avrebbe si­gnificato una ulteriore emarginazione e colpe­volizzazione di famiglie, le cui carenze doveva­no farsi risalire a responsabilità che non erano le loro.

Tuttavia non può negarsi che il più delle volte la soluzione adottiva ha rappresentato una solu­zione fondamentalmente positiva per il bambino che ha potuto così uscire da un ambiente che sarebbe stato per lui sicuramente pregiudizie­vole e che sarebbe stato impossibile o almeno oltremodo difficile cambiare con rischi gravissimi per il minore.

La nostra esperienza ci dice che molto spesso, quando non si è avuto il coraggio di rompere in tempo i legami del bambino con certe famiglie o quando sono state accolte certe opposizioni allo stato di adottabilità, che a volte maschera­vano solo la protesta della famiglia di origine e la volontà di disporre del figlio ma non erano si­gnificative di un reale interesse per il figlio, i giudici minorili si sono trovati costretti ad inter­venire più tardi con altri mezzi a tutela del mino­re, quando tutto era inutile, se non addirittura si sono ritrovati di fronte a minori disadattati o autori di reati proprio in conseguenza dell'am­biente familiare nel quale erano stati lasciati crescere.

Le considerazioni che precedono conducono a mettere in risalto i rischi connessi ad una inter­pretazione restrittiva del concetto di abbandono soprattutto diffusa presso le Corti di appello e le conseguenze che possono derivare.

A tale proposito può essere utile prendere in considerazione i procedimenti di opposizione al­la dichiarazione di adozione speciale svolti in secondo grado avanti la Sezione minorenni della Corte di appello di Perugia sino al 1979.

1) Caso del minore A.F. Il Tribunale dichiara lo stato di adottabilità del minore per il disinte­resse della madre e la sua continua istituziona­lizzazione, respinge poi l'opposizione della ma­dre che viene accolta dalla Corte di appello. In questo caso il Tribunale non ha avuto più oc­casione di occuparsi del minore.

2) Caso del minore F.P. Il Tribunale dichiara lo stato di adottabilità del minore per il disinte­resse della madre e la sua continua istituziona­lizzazione, respinge poi l'opposizione della ma­dre e la decisione trova conferma in appello.

3) Caso del minore G.R. Il Tribunale dichiara lo stato di adottabilità del minore per il disinteres­se della madre che presenta anche disturbi mentali e lascia il figlio in istituto, respinge poi la opposizione della madre e la decisione trova conferma in appello. Il minore viene adottato.

4) Caso del minore A.B. Il Tribunale dichiara lo stato di adottabilità del minore per il disinteres­se della madre, la sua scarsa capacità educati­va e la prolungata istituzionalizzazione del mino­re e respinge poi la opposizione della madre. La Corte di appello riforma la decisione di primo grado e accoglie l'opposizione. Dopo poco il Tri­bunale deve iniziare un procedimento civile per­ché risulta che il minore è stato di nuovo isti­tuzionalizzato e la madre vive lontana da lui. Non è più possibile prospettarsi una adozione del bambino perché ormai verrebbe da lui rifiu­tata, mentre la madre pone ogni ostacolo a un affidamento familiare del figlio. Si ottiene dopo qualche anno che il bambino ritorni a vivere con la madre ma questa si allontana subito dall'Um­bria probabilmente per sfuggire al controllo del Tribunale e per istituzionalizzare nuovamente il figlio.

5) Caso del minore L.S. Il Tribunale dichiara lo stato di adottabilità del minore insieme a due suoi fratelli, uno maschio e l'altra femmina, per­ché da tempo notevole istituzionalizzati e non seguiti dalla madre che tiene condotta irregola­re. La madre propone opposizione ma poi accet­ta che la figlia perché femmina venga adottata, mentre propone appello avverso la decisione del Tribunale che ha rigettato l'opposizione per tutti e tre figli. I due maschi rimangono in istituto an­che dopo che la Corte di appello ha riformato la decisione del Tribunale. A seguito di ricorso proposto dal curatore del minore L.S. la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso in opposizione della madre e conferma lo stato di adottabilità. Il minore viene così adottato. Suc­cessivamente il Tribunale pronuncia la dichiara­zione di decadenza della potestà genitoriale del­la madre nei riguardi del terzo minore rimasto in istituto e perviene alla pronuncia di adozione ordinaria dello stesso con il consenso del tuto­re applicando l'art. 297 c.c.

6) Caso dei minori G.M.L. e M.A. Il Tribunale dichiara lo stato di adottabilità dei tre minori: due femmine e un maschio. Il padre non li ha riconosciuti e si disinteressa totalmente di loro mentre la madre tiene una condotta irregolare, ha istituzionalizzato i figli e li segue rarissima­mente. L'opposizione allo stato di adottabilità proposta dalla madre viene rigettata ma poi vie­ne accolta dalla Corte di appello che riforma la decisione di primo grado. I figli vanno a vivere con i genitori in quanto il padre li ha nel frat­tempo riconosciuti. Si accerta però poco dopo che la più piccola M. vive presso degli zii e non è più venuta in famiglia, che con il nucleo fa­miliare vivono invece altre persone, che nella ca­sa si esercita la prostituzione e che pure la mi­nore M.L. è oggetto di attenzione sessuale da parte di alcuni adulti. Il Tribunale è costretto co­sì ad intervenire iniziando un procedimento ci­vile e disponendo l'allontanamento della minore da casa e la sua istituzionalizzazione. Vengono tentati affidamenti familiari che non riescono per l'atteggiamento ambiguo della madre per cui la bambina rimane in istituto dove ancora tro­vasi. Intanto i genitori vengono condannati per favoreggiamento della prostituzione. Il minore G., nel frattempo cresciuto, inizia a dare mani­festazioni di disadattamento che richiedono l'in­tervento del Tribunale.

7) Caso della minore M.T. Il Tribunale dichia­ra lo stato di adottabilità della minore. Il padre ha abbandonato da tempo la moglie e la figlia e si disinteressa del tutto di loro, mentre la ma­dre ha istituzionalizzato la figlia e si interessa molto poco a lei convivendo con altro uomo. Vie­ne respinta la opposizione allo stato di adotta­bilità proposta dalla madre ma la sentenza vie­ne riformata dalla Corte di appello che stabili­sce la permanenza della minore in istituto. Si attua allora una peregrinazione della minore da un istituto ad un altro, mentre il Tribunale deve iniziare un procedimento civile rivolto a respon­sabilizzare la madre; si cerca di far vivere il me­no possibile la minore in istituto e si fa seguire la minore dal servizio sociale e da una giovane volontaria. La madre sostanzialmente non ac­cetta la figlia che fugge per ricercare il padre il quale però non la vuole con sé. La minore ritor­na dalla madre e la sua vita si divide tra casa e istituto. Viene poi segnalato al Tribunale che la minore è oggetto di attenzioni particolari da par­te di soggetti maschili compreso il convivente della madre, mentre la minore inizia a dare ma­nifestazioni di disadattamento. Negli ultimi tem­pi la situazione sembra migliorata ma rimane sempre incerta.

8) Caso del minore P.G. Il Tribunale dichiara lo stato di adottabilità del minore in quanto la madre è malata di mente e assolutamente non in grado di occuparsi del figlio mentre il padre non può provvedere a lui, di fatto se ne interes­sa poco e lo ha istituzionalizzato: il suo legame con il figlio rimane a livello istintivo. Viene ri­gettata dal Tribunale la opposizione proposta dal padre ma la Corte di appello riforma tale deci­sione. La situazione familiare rimane inalterata per cui il Tribunale deve iniziare un procedimen­to civile e attuare un affidamento familiare che si rivela ottimale per il bambino: le uniche diffi­coltà che si incontrano sono conseguenza di in­terferenze del padre che cerca di mettere in cat­tiva luce agli occhi del figlio la famiglia affida­taria. Il bambino, che è ormai cresciuto, cerca di avere meno rapporti possibili con il padre.

9) Caso della minore L.P. Il Tribunale dichiara lo stato di adottabilità perché il padre vive separato dalla madre, non lavora, è alcolizzato e si interessa dei figli a un livello puramente istinti­vo, mentre la madre tiene cattiva condotta, non è del tutto normale, ha altre relazioni, affida i figli ad istituti non visitandoli con regolarità. Vie­ne rigettata la opposizione proposta dalla madre ma la Corte di appello riforma la decisione del Tribunale. Il Tribunale deve subito dopo iniziare un procedimento civile al fine di tutelare la mi­nore che vive in una situazione sempre pericolo­sa e precaria sino a che la madre accetta che venga affidata a una sua sorella e a un suo co­gnato e anzi dà il suo consenso per una adozione ordinaria da parte loro che però dopo revoca; co­munque la minore rimane con gli zii.

10) Caso dei minori P. e C.P. entrambi ma­schi. Il Tribunale dichiara il loro stato di adotta­bilità perché praticamente istituzionalizzati dal­la nascita data la situazione irregolare e per loro pregiudizievole della famiglia materna. La ma­dre visita rarissimamente i figli in istituto men­tre si verificano alcune visite da parte della non­na materna. La madre si allontana per lunghi pe­riodi e quindi si accompagna con un uomo che è il padre del secondo figlio e che poi riconosce entrambi i minori. L'uomo non si sa bene cosa faccia e si sospetta che sfrutti la prostituzione della donna. Il Tribunale respinge la opposizione proposta dalla madre ma la Corte di appello ri­forma la decisione del Tribunale che poi si trova costretto ad iniziare un procedimento civile per­ché la situazione dei minori non ha subito cam­biamenti e, se anche essi vivono ora più stabil­mente con i genitori, l'ambiente familiare risulta per loro pregiudizievole.

11) Caso del minore A.P. Il Tribunale dichiara lo stato di adottabilità del minore. I nonni mater­ni non lo hanno mai accettato e sostengono che l'unica soluzione per il bambino è l'adozione. La madre è priva di ogni appoggio, presenta distur­bi caratteriali, è instabile, affida il figlio ad un istituto e scompare per lunghi periodi. Il Tribu­nale respinge la opposizione proposta dalla ma­dre e in questo caso la Corte di appello dichiara inammissibile l'impugnazione perché proposta senza il patrocinio di un legale. Il minore viene adottato da coloro ai quali era stato affidato per evitare il protrarsi della sua istituzionalizzazio­ne durante la lunga procedura adottiva.

12) Caso della minore R.B. Il Tribunale dichia­ra lo stato di adottabilità della minore perché i suoi genitori sono separati, il padre vive lonta­no e non si interessa minimamente di lei convi­vendo con altra donna, mentre la madre pure si interessa scarsamente alla figlia che è istituzio­nalizzata. Entrambi i genitori propongono opposi­zione, ciascuno per suo conto avverso la dichia­razione di adottabilità ponendo in luce ciascuno le carenze dell'altro ma non proponendo soluzio­ni ritenute valide dal Tribunale che rigetta le op­posizioni. La Corte di appello riforma la decisio­ne del Tribunale che non ha più occasione di oc­cuparsi della minore perché viene condotta fuo­ri dall'Umbria ma si nutrono forti timori per la sua sorte.

 

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