Prospettive assistenziali, n. 54, aprile - giugno 1981

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

INVOLUZIONE DEGLI INTERVENTI RIGUARDANTI I MINORI (1)

 

La Sezione fiorentina dell'Associazione nazio­nale famiglie adottive e affidatarie sente il dove­re di richiamare l'attenzione dell'opinione pubbli­ca sull'involuzione, a tutti i livelli, delle politiche di intervento a favore dei minori e sulla mancata attuazione dei programmi e degli impegni di rin­novamento nel campo della sicurezza sociale, tanto sbandierati dalle autorità preposte in occa­sione delle celebrazioni per l'anno internazionale del fanciullo.

Vanno denunciate pubblicamente:

 

a) Le incongruenze a livello legislativo

I progetti di legge per fa riforma dell'adozione, presentati da DC, PCI e PSI, sono da anni giacen­ti presso le Camere e il lungo dibattito avanti la Commissione Giustizia del Senato non risulta aver eliminato gli aspetti negativi singolarmente presenti nei testi e riconducibili a un unico vizio di origine: tornare a privilegiare gli interessi dell'adulto a scapito del minore (tendenza che era stata invece nettamente ribaltata con la legge «431»/1967 sull'«adozione speciale»).

Ultimamente ai progetti di iniziativa parlamen­tare se ne è aggiunto un altro, del Ministro di gra­zia e giustizia.

La logica di quest'ultimo intervento è difficile da comprendere. Comunque sia, anche il disegno governativo contiene aspetti sconcertanti, quali ad esempio:

- il mantenimento della «adozione ordinaria» che favorisce obiettivamente il «mercato dei bambini»;

- la permanenza di quella forma di beneficen­za paternalistica, non aderente ai tempi, che è l'«affiliazione» (istituto giuridico inventato dal fascismo per favorire lo sfruttamento del lavoro minorile nelle campagne);

- la possibilità di scelta di un minore deter­minato da parte della coppia aspirante adottiva (eventualità che dovrebbe semmai essere limita­ta all'ipotesi in cui sia già in atto un significativo rapporto affettivo);

- i requisiti per adottare troppo generici (la salute, la buona fama, ecc.), suscettibili di pre­starsi ad applicazioni estremamente soggettive;

- l'assenza di ogni regolamentazione dell'a­dozione dei bambini stranieri;

- l'affossamento dell'«affido familiare» (è previsto dal progetto che l'iniziativa per l'affida­mento venga presa dall'istituto di beneficenza - ipotesi quanto meno irrealistica - e che la decisione spetti unicamente all'autorità giudi­ziaria).

 

b) L'inerzia amministrativa

La deleteria pratica di mettere in istituto i bam­bini abbandonati o in stato di carenza familiare, che negli anni scorsi aveva registrato un costante regresso, sta riprendendo vigore («La Nazione» del 7 gennaio riportava la sconcertante notizia che 500 bambini ospiti di istituti cittadini erano convenuti al Palazzo dei congressi per ricevervi la «befana»).

Come è noto spetta alla Regione il compito­-dovere della vigilanza e del controllo sugli isti­tuti ed enti pubblici e privati di assistenza (Leg­ge 23.12.1975 n. 698).

È chiaro che per poter effettuare un controllo serio è necessario censire gli istituti e tenere ag­giornata un'anagrafe degli assistiti.

Orbene, con note indirizzate all'Assessore Ve­stri il 14 gennaio e il 9 marzo 1931, questa Asso­ciazione richiedeva dati statistici aggiornati sul­la situazione dei minori ricoverati presso gli isti­tuti esistenti nel territorio regionale.

La Regione Toscana ha mantenuto uno sprez­zante silenzio, tanto da far pensare o all'inadem­pienza di compiti istituzionali in questo settore, ovvero all'assoluta mancanza di considerazione nei confronti del volontariato. Neanche la IV Com­missione «Sicurezza sociale», pure informata, ha battuto ciglio.

Il Comune di Firenze, che nel 1977 aveva va­rato un'importante delibera sull'«affidamento» (con lo scopo di affiancare alla famiglia in crisi un nucleo familiare di appoggio), ha mancato di sviluppare coerentemente l'iniziativa. Nella fase di traduzione operativa è venuto meno l'indispen­sabile lavoro di pubblicizzazione e di sensibiliz­zazione (verso gli aspiranti affidatari e i nuclei in difficoltà).

I casi di affidamento in atto sono pochissimi (circa 20). In gran parte si tratta di affidamenti impropri (o adozioni mancate).

Nei Comuni della provincia (salvo forse Prato) la situazione risulta ancor più oscura.

Le possibilità del servizio sono diventate più incerte nell'attuale fase di decentramento delle competenze. L'Assessore alla sicurezza sociale del Comune aveva indetto tempo fa (29.11.80) una riunione dei funzionari delle 5 Unità sanita­rie locali (i nuovi organismi di gestione dei ser­vizi socio-sanitari), per trattare i problemi «dell'affidamento familiare» (anche questo servizio infatti, da ora in avanti, rientra fra le attribuzioni delle UU.SS.LL.). Purtroppo all'incontro ha parte­cipato un solo funzionario e non risulta che la riu­nione sia stata riconvocata. Un altro episodio, indicativo della mancanza di coordinazione e del­la incoerente gestione del servizio, va pure se­gnalato.

Dopo il terremoto del 23 novembre varie asso­ciazioni cittadine, fra cui l'A.N.F.A.A., avevano re­perito e segnalato al Comune i nominativi (circa 300) di persone e famiglie disposte ad ospitare temporaneamente minori provenienti dalle zone terremotate. I trasferimenti di bambini nella no­stra città, fortunatamente, sono stati molto pochi. Siamo però a conoscenza di almeno cinque casi di piccoli terremotati che, anziché essere affidati a famiglie (come sarebbe stato logico, data l'am­pia possibilità di selezione), sono finiti in istituto.

Alla disorganizzazione a livello direttivo cor­risponde una mancanza di chiarezza e di prepa­razione specifica di alcuni operatori sociali.

Un esempio. L'affidamento di una bambina di due anni è fallito perché l'assistente sociale, all'insaputa degli affidatari, ha provocato dal Tribu­nale per i minorenni un «decreto di allontana­mento»; tale iniziativa ha determinato la com­prensibile reazione della famiglia di origine (che, viceversa, aveva accettato senza diffidenza l'af­fido). Alla collaborazione, fra le due famiglie è seguita la conflittualità.

 

c) Le violazioni della legge penale

Casi gravissimi di maltrattamenti ai bambini, coperti dal silenzio, si stanno verificando nel no­stro territorio, se è vero (e non abbiamo motivo di dubitarne) quanto affermava il Prof. Murri del­l'istituto di Medicina legale di Firenze in una re­cente intervista a Maurizio Naldini de «La Nazio­ne». Ne riportiamo un brano significativo.

«... Al tradizionale padre ubriaco, alla madre prostituta, si sono aggiunti recentemente anche personaggi insospettati. Maltrattavano i piccoli a Firenze una assistente sociale, una infermiera diplomata, persino una vigilatrice di infanzia. E per maltrattamenti non si intende certo il ceffone che per alcuni ha ancora un valore educativo, ma vere e proprie violenze ripetute lungamente. Ab­biamo studiato casi in cui i fanciulli venivano pu­niti col pepe nel naso, con scosse elettriche, con bagni in acqua bollente...».

E la Magistratura minorile che dice?

Sempre nello stesso articolo è riportata una affermazione del Procuratore del Tribunale per i minorenni di Firenze, Antonio Alessio: «Non abbiamo registrato negli ultimi tempi un aumen­to delle violenze contro i bambini».

Ogni commento ci sembra superfluo. Del resto questa associazione aveva già richiamata l'atten­zione sul fenomeno con un libro-bianco, nel no­vembre 1979 («L'ANFFA e l'anno internazionale del fanciullo»).

Ancora una volta dobbiamo con grande amarez­za constatare che i responsabili della salvaguar­dia dei diritti del minore non hanno nella nostra realtà locale, assolto al loro compito.

Invitiamo pertanto la stampa a segnalare all'opinione pubblica le inadempienze, le ambigui­tà e i ritardi colpevoli.

 

 

(1) Comunicato stampa del 21 aprile 1981.

 

www.fondazionepromozionesociale.it