Prospettive assistenziali, n. 55, luglio - settembre 1981
PROGRAMMA DEL COMUNE DI TORINO PER
Il programma
del Comune di Torino del maggio 1981, che
pubblichiamo, è uno dei risultati più importanti ottenuti dal Coordinamento
sanità e assistenza fra i movimenti di base.
In questi ultimi anni si è allargata la presa di coscienza dei danni personali e sociali determinati
dal ricovero in istituto dei minori. Il dibattito
politico e culturale sulle trasformazioni dei servizi assistenziali ha infatti
orientato molte forze sociali ed Amministrazioni locali alla ricerca di
servizi che favoriscano la permanenza dei minori presso le famiglie di origine
od in nuclei di tipo parafamiliare.
Alla base di questa ricerca sta la considerazione che l'istituto di ricovero per minori riesce
difficilmente a soddisfare alcune fondamentali esigenze del bambino, ed in
particolare:
- il bisogno di un rapporto affettivo che permetta
al bambino di confrontarsi con figure adulte stabili, che siano di stimolo
alla sua maturazione;
- il bisogno di un continuo e completo inserimento
nel mondo e nei problemi di tutti, con esperienze personalizzanti nell'ambiente
circostante (partecipazione a gruppi di coetanei, scambi tra gruppi di
culture e classe diversa) all'interno della normale
rete di relazioni del tessuto sociale;
- il bisogno di sviluppo intellettivo attraverso la
sperimentazione della realtà in cui vivono tutti i
bambini, con la maturazione delle capacità di giudizio e di creatività.
La vita in istituto non pare consentire una risposta
adeguata a questi bisogni, perché questo tipo di struttura
funziona con dinamiche organizzative che propongono al minore un sistema di
relazioni che comunque lo differenzia rispetto ad altri bambini non
istituzionalizzati.
Non si intende con ciò
criticare gestioni di specifici istituti, né tanto meno sottovalutare che gli
istituti per minori hanno svolto e svolgono un ruolo rilevante in assenza di
altri servizi. La ricerca è invece tesa a superare il ricorso a questa
struttura, pubblica o privata che sia, proprio perché per sua natura propone al
bambino un ambiente di vita che rischia di non stimolarlo sufficientemente e
di produrre effetti negativi.
Ciò ha portato anche il Comune di Torino ad un
maggior approfondimento delle cause socioeconomiche che continuano a
determinare il ricovero di minori e alla individuazione
di interventi diretti al progressivo superamento dell'istituzionalizzazione,
anche attraverso il coinvolgimento di tutti i cittadini e gruppi interessati.
Partendo da queste considerazioni il Consiglio
Comunale di Torino in data 14.9.1976 ha stabilito le seguenti priorità di interventi:
a) messa a
disposizione dei servizi primari (asilo nido, scuola materna e
dell'obbligo, casa, trasporti) in modo da eliminare o ridurre le cause che
provocano le richieste di assistenza;
b) assistenza
domiciliare, non solo di aiuto domestico,
infermieristica o riabilitativa, ma anche educativa per i minori, specialmente
per quelli handicappati;
c) assistenza
economica da erogare in base a parametri
prefissati (minimo vitale);
d) segnalazione ai sensi dell'art. 314/4 della legge 5.6.1967 n. 431 «Adempimenti di
servizio sociale per l'adozione speciale e ordinaria dei minori che si trovino
in situazione di abbandono» assicurando i necessari collegamenti con il
Tribunale per i minorenni e il Giudice tutelare;
e) affidamenti
educativi di minori, affidamenti assistenziali di
interdetti, inserimenti di handicappati adulti e di anziani presso volontari
(famiglie, persone singole, nuclei parafamigliari composti da due o più
volontari);
f) istituzione
di comunità alloggio per minori, handicappati adulti, anziani, gestite
direttamente dal Comune di Torino. Nella stessa deliberazione sono stati
definiti i criteri dell'affidamento familiare a scopo educativo e delle
comunità alloggio.
A distanza di alcuni anni
dall'approvazione della suddetta delibera è possibile da un lato tentare un
primo bilancio degli interventi effettuati e contemporaneamente avanzare alcune
proposte operative. Vediamo di sviluppare perciò alcune riflessioni:
a) da un lato sugli interventi non
di tipo assistenziale ma relativi ai problemi della casa, del lavoro, della
scuola;
b) dall'altro sulle prestazioni dei servizi socioassistenziali (assistenza economica, aiuto domiciliare,
affidamenti a scopo educativo, comunità alloggio).
CASA
In seguito ad accordi intercorsi tra l'Assessorato
all'assistenza e l'Assessorato alla casa (e fissati con comunicazione del
6.3.1981) i servizi socio-assistenziali di quartiere possono segnalare alla
Ripartizione XXI Edilizia abitativa persone e nuclei famigliari senza casa o
con abitazioni inadeguate.
Una apposita Commissione, composta da Consiglieri
comunali, da rappresentanti dell'Istituto autonomo case popolari e delle Associazioni
inquilini esamina le domande unitamente ai casi di sfrattati e provvede
all'assegnazione di alloggi cosiddetti «di risulta» dell'IACP, cioè quegli
alloggi che si liberano o in seguito a decesso o trasloco dell'inquilino o a
ristrutturazioni edilizie.
Un'altra risorsa deriva da un accordo tra la Città
di Torino e l'istituto di riposo per la vecchiaia (I.R.V.)
per mezzo di cui i servizi socio-assistenziali di quartiere possono indicare
nuclei famigliari o persone singole senza casa o con abitazioni
inadeguate a cui l'istituto assegna alloggi liberi di sua proprietà. Tale
possibilità ha consentito di sistemare in due anni 40 tra persone e nuclei
familiari e di troncare nei loro riguardi l'intervento assistenziale.
Inoltre alcuni di questi alloggi (per ora 3) sono stati utilizzati per l'istituzione
di comunità alloggio.
Il patrimonio delle I.P.A.B.
in via di scioglimento ai sensi del D.P.R. 616/77 e
della legge regionale n. 20/80 potrebbe confluire nel «pool» di alloggi gestiti
dalla commissione citata, con il vincolo della destinazione a servizi di
assistenza sociale.
Inoltre si può prevedere di sviluppare accordi con
l'edilizia convenzionata ed agevolata, per la messa a disposizione di alloggi da destinare a comunità alloggio. Una tale
collaborazione è già in atto e continua con l'istituto autonomo case popolari e
ha permesso di reperire alloggi già destinati a
comunità alloggio (due) e che sono in corso di ristrutturazione (sei).
LAVORO
Anche in questo settore, in seguito ad un accordo
con l'Ufficio di collocamento, i servizi socio-assistenziali
di quartiere possono segnalare all'Ufficio stesso situazioni di persone
iscritte al collocamento, per le quali il perdurare dello stato di
disoccupazione, produrrebbe gravi conseguenze sociali (allontanamento di
minori dalla famiglia, disgregazione famigliare) e patologiche (stati di
tossicodipendenza o alcoolismo, handicap). Pur tuttavia, stante l'attuale
situazione stagnante del mercato di lavoro nell'area torinese, tale strumento
non può costituire che una risorsa numericamente esigua.
Va inoltre segnalato che il lavoro per turni dei
genitori determina in alcuni casi l'allontanamento di minori dalla famiglia
per la impossibilità materiale di accudirli al di
fuori dell'orario scolastico.
SCUOLA
Asili nido: sarebbe opportuno indicare espressamente come
prioritario il criterio della presenza di particolari problemi di ordine sanitario, psicologico e sociale nel bambino o
nella famiglia (art. 8 Regolamento generale degli asili nido comunali) mentre
attualmente la scala dei criteri è stabilita dai singoli Comitati di gestione.
Tale indicazione dovrebbe inoltre consentire l'ammissione dei «casi sociali»
anche durante l'anno scolastico anche in asili nido vicini quando non vi siano più posti disponibili in quartiere; si autorizza così
il Comitato di gestione dell'asilo nido a derogare temporaneamente di una
unità al numero degli iscritti previsti per ciascuna sezione, fermo restando
che il suddetto limite massimo verrebbe immediatamente reintegrato con la
prima rinuncia, o decadenza del posto, da parte di uno degli iscritti. Tale
proposta è stata già avanzata con nota del 10.7.80 da parte dell'Assessorato
all'istruzione. Eventualmente anche per questi casi si potrebbe ipotizzare una procedura
analoga a quella seguita con l'Assessorato alla casa tramite la segnalazione ed
il conseguente filtro eseguito a livello centrale.
Scuole
materne: poiché il regolamento delle
scuole civiche per l'infanzia non prevede espressamente criteri generali per
l'ammissione che sono demandati (art. 10) al Consiglio di Circoscrizione,
occorrerebbe inserire una apposita norma che sancisca
la priorità dei «casi sociali» in rischio di istituzionalizzazione con
procedure e modalità analoghe a quelle specifiche per gli asili nido.
INTERVENTI
ASSISTENZIALI
Assistenza economica
In allegato (ali. 1) si riportano i dati dell'intervento
nell'anno 1980. Su questi dati occorre fare alcune considerazioni:
1) rispetto alla spesa totale per
interventi di carattere economico sostenuta dal Comune di Torino nell'anno 1980
(L. 3.311.278.000 escluso il contributo per riscaldamento) l'erogazione assume
una rilevanza modesta (24,16%). Va detto che non tutto l'intervento economico a
favore dei minori è visibile quantitativamente, specie per i casi di minori che
ricadono su fondo comunale.
Infatti i servizi sociali inglobano spesso gli interventi ad
integrazione del minimo alimentare sull'ex E.C.A.,
indicando come unico beneficiario il capofamiglia o uno dei genitori.
Anche tenendo conto di questo elemento
non si ritiene che la spesa lieviti di molto;
2) l'intervento di assistenza
economica nei confronti dei minori, se si esclude l'intervento ex E.N.A.O.L.I., che è regolato da precise norme che ne
prescrivono la continuità nell'anno, ha caratteristiche di frammentarietà e di
scarsa continuità. Si interviene, di norma, per un
limitato numero di mesi (due o tre mesi mediamente) salvo eventuali rinnovi.
Per i casi I.P.I.M. gli interventi hanno una durata media più alta (mesi 6).
La frammentarietà e la occasionalità dell'intervento sono causate, con molta
probabilità, dalla normativa in vigore, che consente a favore della generalità
dei minori - salvo situazioni limitate e di cui al punto A e B della
deliberazione n. 869 del 22.5.78 istitutiva dell'assistenza economica e l'ex E.N.A.O.L.I. - un modesto intervento di minimo alimentare
per un massimo di 6 mesi, rinnovabile in casi eccezionali.
Tale norma fa intravedere il contributo come un
provvedimento che ha efficacia limitata proprio nei casi in cui il nucleo
familiare dovrebbe essere più impegnativamente sostenuto in termini di
prevenzione dalla emarginazione sociale ed economica,
e con obiettivo di mantenimento nell'ambito della propria famiglia dei minori
che vi appartengono.
Ovviamente per i casi in cui la crisi del nucleo
familiare è puramente di tipo economico ed ha carattere di temporaneità,
l'intervento, anche limitato, di minimo alimentare, ha una sua precisa
funzione di sostegno di nucleo ben strutturato.
Né in questo senso meglio risponde la norma E.N.A.O.L.I, che ha precisi limiti quantitativi nell'intervento
(entità modesta dell'intervento) anche se correggibili da un ampio ricorso
alla gamma vasta, di servizi integrativi della famiglia,
cui è consentito ricorrere;
3) gli interventi per servizi
atipici sono scarsamente usati.
Proposte
Prima di tutto occorrerà riesaminare i parametri del minimo alimentare, sulla base di una
verifica su campo della sua attuale attendibilità.
Sarebbe poi opportuna una modifica della norma a favore di minori, che consentisse, in situazioni
particolari e ben delimitate (si dà a titolo di esempio: ragazza madre sola,
disoccupata nel primo anno di vita del figlio; donna separata o vedova da
poco, disoccupata, con i figli a carico nel primo periodo di assestamento e di
adattamento alla nuova situazione) di ricorrere all'assistenza economica in
modo più massiccio e più risolutivo del problema immediato in cui il minore,
con il suo nucleo, si trova (ad esempio si potrebbe fare un intervento di integrazione
dei redditi al minimo vitale anziché al minimo alimentare o prevedere altra
norma analoga).
Tale intervento avrebbe tuttavia una scarsa efficacia
se contemporaneamente non si mobilitassero altre
risorse: lavoro, casa, ecc. Occorrerebbe cioè porre un secondo limite, essendo
insufficiente il limite temporale; e cioè la possibilità di ricorrere a tale
intervento solo in una assunzione globale dei problemi inerenti il caso
specifico da parte dei servizi, per tentare una soluzione contemporanea delle
molteplici difficoltà presenti.
Assumere questa logica può aiutare ad assumere un
atteggiamento immediatamente anti-istituzionalizzante
nei confronti dei minori.
Inoltre può essere opportuno ridefinire la gamma
degli eventuali servizi, anche a pagamento, che potrebbero integrare l'azione
della famiglia, e sostenerla nel suo compito educativo (es. assistenza domiciliare
continuativa, risorse semiconvittuali, spese di integrazione scolastica, ecc.).
Assistenza domiciliare
La circolare del 2.9.9.80 prot. n.
2621 con l'estensione dell'orario di lavoro sino alle ore 19 e alla giornata
di sabato ha posto le basi per una più efficace assistenza domiciliare
allargata anche ai minori.
Pur tuttavia permane la difficoltà di organizzare
tale servizio con personale costituito da donne per
lo più con bambini piccoli e pertanto non sempre in grado di coprire la fascia
di orario sopracitato.
Inoltre si registra la necessità di una qualificazione
e di un aggiornamento del personale attualmente operante
(circa 150 persone), e a tal fine è previsto entro l'anno un corso di informazione-formazione che terrà conto dell'assistenza
domiciliare ai nuclei familiari con minori.
Attualmente i servizi socio assistenziali di quartiere stanno
seguendo circa 60 nuclei con minori, evitando così il rischio di istituzionalizzazione.
Affidamento familiare
L'Amministrazione comunale di Torino ha avviato il
servizio di affidamento familiare, come risposta ai
problemi dei minori i cui nuclei familiari si trovano temporaneamente in
difficoltà nel provvedere alla loro educazione e crescita, fin dal 1976.
Trascorso un anno dall'istituzione della delibera
del servizio, erano stati avviati 44 casi da parte di 8-9 quartieri più
interessati a sperimentarla, poi vi è stata una
graduale crescita del servizio che ha visto l'apertura di 96 casi nel 1979 e
di 136 casi nel 1980.
Tale fase di crescita è stata determinata anche
dall'assorbimento da parte del Comune dei casi di competenza degli enti
disciolti e più recentemente, dall'attuazione della delibera sull'affidamento ai parenti del giugno 1980.
Attualmente tutti i servizi socio-sanitari decentrati hanno
sperimentato il servizio dell'affidamento e si nota come nella distribuzione
dei casi per quartiere la richiesta o la scelta di questa alternativa é
maggiore dove il rischio dell'istituzionalizzazione è più forte, ad esempio
nei quartieri Centro, San Donato, Aurora, Barriera di Milano e Mirafiori Sud.
Risultano affidati attualmente 176 minori, di cui 42 in età da
0 a 6 anni; 70 invece risultano affidati a parenti per motivi di grave
incapacità educativa dei loro genitori. Per la maggioranza di questi ultimi
casi, sono stati emessi provvedimenti da parte del
Tribunale per i minorenni con l'affido diretto dei minori ai parenti stessi.
Complessivamente è possibile fare una valutazione positiva di questo intervento, restano tuttavia da definire
alcuni problemi per un ulteriore ampliamento del servizio di affidamento famigliare
(pubblicizzazione, modalità di sostegno tecnico agli
affidatari, ecc.).
In allegato (all. 2) si riassumono alcuni dati sugli
affidamenti sinora compiuti.
Comunità alloggio
di pronto intervento per minori
Vengono così denominate le comunità alloggio per piccoli
fino ai 10 anni. La specificazione «pronto intervento» sta a
significare la volontà di limitare nel tempo, il più possibile, la permanenza
dei bambini in comunità alloggio, considerato che comunque si tratta di un
servizio di tipo assistenziale, non prioritario nella scala delle risposte da
dare ai cittadini, dovendo invece dare precedenza a soluzioni di tipo
familiare.
Via Massena 19 (Quartiere Crocetta): 0-10 anni. Dal gennaio 1979 al dicembre 1980 sono
stati ospitati 73 minori con una permanenza media di 40-50 giorni. L'organico è
composto da 7 educatori (comprendendo anche
puericultrici) e 2 colf.
La comunità ha rappresentato per i 3/4 dei minori la
possibilità di ricercare soluzioni più idonee quali il rientro in famiglia,
l'affidamento o l'adozione e per 1/4 la possibilità di
cercare con più oculatezza un istituto maggiormente adatto.
La comunità ha funzionato fino ad oggi esclusivamente
come filtro al ricovero in istituto e non come possibilità di deistituzionalizzazione.
Via Moncrivello 5 (Quartiere Regio Parco): 0-6 anni. È in funzione dal dicembre 1980 come decentramento
di un reparto I.P.I.M. (9 bambini) con 10
puericultrici provenienti dall'I.P.I.M. (personale
provinciale quindi) e due colf del Comune. Sino ad
oggi sono stati ospitati 16 minori di cui 10 dimessi: 3 in adozione, 1 in
affidamento, 6 tornati in famiglia.
Questa struttura ha quindi per ora
funzionato anche in direzione della deistituzionalizzazione
(i nove bambini da anni presenti all'I.P.I.M.).
Entrambe le comunità accolgono per ora bambini da
tutta la città, fatta salva la priorità di accogliere i bambini dal quartiere
in cui sorgono e i limitrofi.
Una stima approssimativa conta un centinaio di
richieste di ammissione inevase in oltre due anni,
determinate oltre che dalla mancanza oggettiva di posti liberi dalla natura
del caso che faceva prevedere una permanenza di mesi e di anni in comunità.
È chiaro che, con l'aumento del numero di comunità
alloggio si potrà venire incontro anche a queste richieste, ed una loro
maggiore presenza sul territorio permetterà più aderenza ai bisogni dell'utente
ed un maggior collegamento con il quartiere, le sue risorse (scuola e tempo
libero) e con gli operatori.
In apertura:
Via
Lodi, 10 - Via Dina, 37 (decentramento I.P.I.M.)
In allestimento:
sedi
individuate: C.so Cadore: deve essere definita con il quartiere Vanchiglia la fascia di età.
In corso di ristrutturazione:
Via
Vespucci - Corso Matteotti, 15 - Via Verolengo, 113
Per le fasce basse di età
funzionano inoltre comunità aperte in convenzione con le cooperative di
volontari che usufruiscono di contributi finanziari del Comune e che ospitano
soltanto bambini del quartiere:
Via
Bellardi, 76 - Quartiere Parella
Via
Cottolengo, 26 - Quartiere
Aurora
Via
degli Ulivi - Quartiere Falchera
Sono inoltre in apertura, sempre in convezione con
cooperative:
Via Bianco, 11 - Quartiere Parella
Via Cernaia, 30 - Quartiere San Donato (solo provvisoriamente).
Un problema serio per le comunità pubbliche gestite interamente dal Comune con propri dipendenti è
l'alto numero di personale impiegato (dovendo garantire i turni in
compresenza), con conseguenti problemi di identificazione affettiva del
bambino, omogeneità di intervento pedagogico, rischi di confusione di ruoli
tra educatori, puericultrici e colf.
I
problemi sopraelencati, se è vero che si ridimensionano
quando si verifica una presenza limitata nel tempo del bambino,
diventano invece di più seria portata e di difficile soluzione al momento di
ipotizzare una permanenza più lunga, e quindi se si accentua per la comunità
alloggio il ruolo di ambiente sostitutivo della famiglia e non di semplice
appoggio.
INIZIATIVE
OPERATIVE
A partire dalle esperienze maturate, l'Amministrazione comunale si
propone di elaborare un progetto specifico al fine di raggiungere «l'obiettivo
prioritario di non vedere più bambini da 0 a 6 anni ricoverati negli istituti a
carico del Comune di Torino, attraverso una tempestiva politica di alternative
al ricovero» (vedi l'ipotesi di lavoro per il quinquennio 1980/85 dell'Assessorato
all'assistenza).
La scelta prioritaria della deistituzionalizzazione dei bambini da 0 a 6 anni oltre ad essere importante
per il suo carattere preventivo e per i motivi sintetizzati all'inizio, può
anche essere facilitata dalla maggior rispondenza dell'opinione pubblica ai
problemi dei bambini piccoli, e da una minore difficoltà rispetto a
problematiche simili in fasce di età superiori.
Stante anche i consensi alla proposta della Amministrazione, che sono stati manifestati in
occasione della consultazione sul programma della Giunta 1980/85, si intende
dare avvio a questo progetto. Perciò, poiché la deistituzionalizzazione
dei minori da 0 a 6 anni può essere realizzata solo se vi é un reale
coinvolgimento dei cittadini, delle forze sociali interessate e delle istituzioni
operanti nel settore, l'Amministrazione propone in questa fase una prima serie
di iniziative per perfezionare e discutere le
proposte sintetizzate in questa nota, nonché per concordare ulteriori impegni.
In particolare:
1) Il programma di deistituzionalizzazione
riguarda inizialmente i minori di età inferiore ai 6
anni ricoverati dal Comune e dalla Provincia di Torino. Le iniziative saranno
assunte in modo tale da coinvolgere successivamente
anche i bambini residenti in Torino, ricoverati in istituto da altri enti o da
privati;
2) si è avanzata una richiesta alla Regione Piemonte
affinché tenga costantemente aggiornata l'anagrafe dei minori
istituzionalizzati e trasmetta i dati relativi al
Comune di Torino;
3) si promuoveranno accordi sull'iniziativa con la
Provincia di Torino e i Consigli di Circoscrizione;
4) si prevede la convocazione da parte del Sindaco e
dell'Assessore all'assistenza (e degli altri Assessorati interessati) di tutte
le organizzazioni operanti nel settore (Charitas,
FIRAS, UNEBA, Commissioni Diocesane, Associazione parroci, Conferenze di San
Vincenzo de' Paoli, Centro Maran
Atà, Servizi sociali aziendali, Scuole di servizio
sociale UNSAS, Scuola per educatori FIRAS, C.S.A.,
Sindacati, Organizzazioni femminili, Coordinamento comunità alloggio) per
presentare l'iniziativa e chiedere il loro contributo per l'attuazione del
progetto;
5) si prevede di organizzare da parte del Comune una
campagna pubblicitaria di appoggio all'iniziativa;
6) si propone la convocazione da parte del Sindaco e
dell'Assessore all'assistenza del Comune di Torino di
tutte le I.P.A.B. e istituti privati cittadini allo
scopo di:
- informarli sull'iniziativa;
- chiedere la loro collaborazione per ridurre i
ricoveri, in particolare di:
a) minori provenienti da fuori Torino
b) minori non inviati dal Comune di Torino;
- chiedere il loro contributo critico sull'iniziativa stessa;
- chiedere la loro collaborazione per:
a) spostare gradualmente il campo di
intervento sui minori di età superiore ai 6 anni;
b) avviare la graduale trasformazione degli istituti
in comunità alloggio con inserimento anche di uno o
due handicappati;
- invitare le I.P.A.B. a
mettere a disposizione del Comune di Torino gli alloggi liberi, per poterli
assegnare a persone (ragazze madri, famiglie con bambini, anziani,
handicappati) che altrimenti sarebbero costrette a ricorrere al ricovero in
istituto;
7) per i ricoveri di improrogabile
urgenza si tenderà a privilegiare le seguenti strutture; le comunità alloggio
di pronto intervento, transitoriamente per i bambini con particolari problemi
sanitari, in mancanza di posti disponibili, l'I.P.I.M.;
8) si propone un incontro tra l'Assessore all'assistenza
del Comune di Torino e le Ispettrici di polizia al fine di concordare le modalità
operative per i ricoveri di improrogabile urgenza;
9) si prevede un incontro del Sindaco e dell'Assessore
all'assistenza del Comune di Torino con il Primo Presidente della Corte
d'Appello, il Procuratore generale della Repubblica, il
Presidente della sezione minorenni della Corte d'Appello, il Presidente
del Tribunale per i minorenni, il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale per i minorenni ed il Giudice tutelare per presentare l'iniziativa e
per definire le opportune modalità di collaborazione per il buon esito dell'iniziativa;
10) si programmerà infine una verifica entro il 30
giugno con il C.S.A. sulla prima fase dell'iniziativa,
e successive verifiche periodiche con le organizzazioni e le istituzioni
interessate.
ALLEGATO
1
Assistenza economica - Dati statistici relativi all'anno 1980 e criteri di intervento a favore dei
minori
Su fondo
minori:
minori in assistenza continuativa n. 182 - spesa L. 94.668.300
interventi straordinari n. 684 - spesa L. 93.061.000
Totale spesa L. 187.729.300
Su fondi
IPIM ed ex ONMI
minori in assistenza continuativa n. 235 - spesa L. 96.882.000
interventi straordinari n. 323 - spesa L. 45.582.000
Totale spesa L. 142.464.000
Su fondi ex ENAOLI
minori in assistenza economica n. 935 - spesa L. 470.000.000
Totale generale minori in assistenza
continuativa n. 1352
Totale
generale interventi straordinari n. 1007
Totale
generale interventi n. 2359
Totale generale spesa L. 800.193.300
Non è possibile, allo stato dei dati disponibili,
fare una distinzione per fasce d'età.
ALLEGATO 2
Dati sugli affidamenti sinora compiuti
dal Comune di Torino
Per quanto riguarda l'età dei minori al momento
dell'affido essa può variare da un minimo di tre mesi
ad un massimo di 17 anni. La metà circa dei casi comprende
la fascia di età 6-12 anni, mentre il 25% riguarda la fascia adolescenziale ed
il restante 25% la fascia 0-6 anni.
Riguardo al sesso sono
lievemente più numerosi i maschi delle femmine. Sono stati affidati anche
minori handicappati (complessivamente una ventina) la cui patologia comprende
l'insufficienza mentale media o lieve, la sindrome psicotica, disturbi del visus o uditivi, la spasticità,
l'epilessia e disturbi comportamentali psicogeni.
Per la famiglia d'origine le
situazioni più problematiche messe in evidenza dall'esame dei casi sono le
seguenti:
1) disgregazione del nucleo familiare con situazione di abbandono del minore e conseguente
segnalazione del caso al Tribunale per i minorenni per il decadimento della
potestà parentale e procedura per la dichiarazione
dello stato di adottabilità. In tali casi
l'affidamento si prevede a lungo termine e la famiglia affidataria
va ricercata con cura affinché abbia i requisiti per
una eventuale adozione;
2) disturbi psichici dei genitori,
separazione dei coniugi, problemi di lavoro o abitativi della madre separata o
nubile. Per questi casi si prevedono affidamenti brevi o a medio termine, ma non si
possono escludere quelli di più lunga durata;
3) ricoveri ospedalieri, carcerazione, vedovanze, e
impedimenti momentanei da parte di uno 0 di entrambi i
genitori, con conseguenti affidamenti a breve o medio termine, custodia diurna
o affido ai parenti.
In merito al punto 1 si precisa che nel 1980/81 per 5
minori si sono venute a creare le condizioni per l'adozione speciale con la
decisione del Tribunale per i minorenni di farli adottare dalla stessa famiglia
che in precedenza li aveva affidati.
Gli affidatari sono in prevalenza con due o più
figli, poi seguono le coppie con un figlio, i coniugi senza figli ed infine le
persone singole (anche giovani) molto indicate per l'affidamento di adolescenti.
Le famiglie affidatarie appartengono con netta
evidenza alla fascia operaia o impiegatizia (cioè al
ceto medio) mentre le famiglie di origine appartengono al proletariato o
sottoproletariato.
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