Prospettive assistenziali, n. 56, ottobre - dicembre 1981

 

 

ALLA CORTE COSTITUZIONALE LA DECISIONE SULL'ADOZIONE DEI BAMBINI STRANIERI

 

 

È con profonda soddisfazione che riportiamo l'ordinanza con cui la Sezione per i minorenni del­la Corte di appello di Torino solleva la questione di legittimità costituzionale delle delibazioni dei provvedimenti stranieri di adozione.

Segnaliamo inoltre che la stessa Sezione della Corte di appello di Torino ha emanato il 1° dicem­bre 1981 un'altra ordinanza, riguardante le deli­bazioni aventi gli effetti di adozione ordinaria.

 

 

La Corte di appello di Torino, Sezione per i mi­norenni, riunita in camera di consiglio nelle per­sone dei signori Dott. Vincenzo Rezza, Presiden­te; Dott. Giancarlo Pregno, Consigliere; Dott. Ro­dolfo Venditti, Consigliere relatore ed estensore; Prof. Pierino Rollero, Componente privato; Prof. Angiola Chiarle, Componente privato, letto il ri­corso; visti gli atti e il parere del P.G.; osserva:

1. I ricorrenti chiedono a questa Corte di di­chiarare efficace in Italia, con effetti di adozione speciale, un provvedimento adozionale relativo ad una minore seienne, emanato in Guatemala a fa­vore di essi ricorrenti (una coppia senza figli, sposatasi nel 1973).

2. In questi ultimi tempi il fenomeno delle co­siddette adozioni internazionali è andato esten­dendosi ed ha assunto proporzioni molto vaste e preoccupanti. Dicesi «preoccupanti» perché - se da un lato il fenomeno stesso rivela l'apprezza­bile desiderio di molte coppie (senza figli o an­che con figli) di offrire una famiglia a bambini stranieri nati in condizioni di sottosviluppo e de­stinati ad una vita difficile e talora subumana - dall'altro lato i provvedimenti adozionali stra­nieri pronunciano sovente l'adozione senza sotto­porre i richiedenti ad un vaglio approfondito e ad un periodo sperimentale di affidamento pre­adottivo. In tal modo la dichiarazione di efficacia del provvedimento straniero nella Repubblica Ita­liana (dichiarazione emanata dalla Corte di ap­pello a norma degli artt. 796, 797 e 801c.p.c. e comunemente detta «delibazione»), dovendo limitarsi agli accertamenti meramente formali previsti da tali norme, viene ad introdurre in Italia una sorta di adozione speciale priva delle garanzie che la legge italiana impone per una pronuncia di adozione speciale.

3. A ciò si aggiunga che la sistematica pro­venienza dei minori da determinati Paesi del co­siddetto Terzo Mondo e da determinate località (ad esempio: Surabaya, Cuzco, Città del Gua­temala) fa sospettare l'esistenza di organizzazio­ni di intermediari operanti, non sempre disinte­ressatamente, a livello internazionale e utilizzan­ti determinati «canali» rivelatisi particolarmente facili, accessibili e produttivi.

Il fatto, poi, che le spese per operazioni di tal genere siano presumibilmente ingenti (dato che l'ottenimento del provvedimento adozionale este­ro comporta normalmente viaggi costosi, nomina di procuratori, espletamento di pratiche legali nel Paese estero) induce a ritenere che spesso il criterio che sottende la «scelta» delle coppie affidatarie sia principalmente quello della capaci­tà economica di far fronte alle spese occorrenti.

4. L'estendersi del fenomeno è stato recente­mente punteggiato da clamorosi episodi giudizia­ri, relativi ad asserite irregolarità sia nell'esple­tamento delle pratiche adozionali straniere, sia nell'operato degli intermediari. Tali episodi (tra cui possono ricordarsi il caso «ecuadoriano» esploso a Torino alcuni mesi fa e il caso «gua­temalteco» di cui si sta occupando in questi gior­ni la magistratura romana) hanno accentuato le perplessità sul fenomeno e, pur essendo casi tut­tora «sub judice», hanno richiamato l'attenzio­ne degli operatori del diritto sull'esigenza di sot­toporre le adozioni internazionali ad un controllo più penetrante di quello che scaturisce dal mec­canismo della delibazione di cui agli artt. 796, 797 e 801 c.p.c.

5. Anche l'attività legislativa si è messa in mo­to, proprio sotto la spinta di tale esigenza. In Par­lamento sono state presentate recentemente al­cune proposte di legge. Ma il legislatore italiano, notoriamente lento nel predisporre e adottare provvedimenti relativi a materie anche molto im­portanti (che investono, direttamente o indiretta­mente, nel presente e con riflessi nel futuro, la comunità nazionale), distratto da mille incomben­ze marginali, inceppato da regolamenti arcaici, sembra ancora lontano dall'emanare una nuova disciplina delle adozioni che elimini gli inconve­nienti attuali.

Intanto la situazione si è progressivamente ag­gravata. E, in assenza di interventi legislativi, il giudice si trova ad affrontarla con strumenti nor­mativi insufficienti. Ogni istanza di delibazione è, per lui, un caso di coscienza, caratterizzato dal conflitto tra la intensa pregnanza umana delle situazioni e il carattere meramente formale della valutazione consentitagli dalla legge.

Il difficile compito di mediare tra norme inade­guate e situazioni di fatto che reclamano norme adeguate può talvolta trovare il suo sbocco nella scelta di una interpretazione evolutiva. Ma in questa materia il meccanismo normativo non la­scia spazio per una tale interpretazione. L'unica risposta che pare possibile (e a cui una recente sentenza della Corte costituzionale apre la stra­da) è la prospettazione di una questione di legit­timità costituzionale. Essa può avere la funzione di riproporre il problema ad altissimo livello e di provocare una pronuncia del giudice costitu­zionale: pronuncia che, qualunque abbia ad es­serne il contenuto, potrà pur sempre conseguire il risultato di porre in movimento questo settore dell'ordinamento giuridico, purtroppo bloccato - come s'è detto - su posizioni oggi inadegua­te alle nuove emergenze sociali.

Ad avviso di questa Corte, nel caso di specie due questioni di legittimità costituzionale si pro­filano non manifestamente infondate.

6. La normativa sull'adozione speciale predi­spone una fitta serie di garanzie per dare al mi­nore abbandonato una famiglia idonea, normo­costituita, scelta con cura attenta ed oculata. Si tratta di garanzie molto importanti, che si ispi­rano agli artt. 2 e 30, 1° e 2° comma, Cost.: esse vanno dall'accertamento dei requisiti di età e di durata del matrimonio alla valutazione compara­tiva dell'idoneità della coppia, all'esperimento di un periodo di affidamento preadottivo, al control­lo e alla valutazione di tale esperimento.

Proprio queste garanzie fanno della disciplina legislativa dell'adozione speciale uno dei settori dell'ordinamento più chiaramente ispirati ai pre­cetti costituzionali. Quelle garanzie non possono essere pretermesse senza violare le norme co­stituzionali a cui esse si ricollegano.

Queste affermazioni trovano puntuale riscontro in una recente sentenza della Corte costituzio­nale (Corte cost. 10 febbraio 1981 n. 11), la quale ha avuto occasione di occuparsi di un caso di conflitto tra adozione speciale e adozione ordi­naria, in cui proprio questa Corte minorile aveva sollevato la questione di legittimità costituzio­nale.

La Corte costituzionale ha ricordato che i prin­cipi costituzionali «impongono una adeguata tu­tela dell'infanzia quando sia necessario avvaler­si di una famiglia sostitutiva di quella origina­ria»; ha sottolineato l'esigenza di «un tratta­mento ragionevolmente eguale di tutti i minori in stato di abbandono»; ha affermato che «la elu­sione delle norme sull'adozione speciale può in­centivare quel "mercato dei bambini" cui si op­pongono non soltanto lo spirito e la lettera della nostra disciplina costituzionale e legislativa ma il comune sentire dei cittadini». Ne ha concluso che «la coesistenza di istituti adottivi in ordine ad uno stesso soggetto di età infraottenne non può quindi significare indifferenza dell'ordinamen­to riguardo ai precedenti più o meno idonei che ad essi si ricollegano».

7. Le anzidette affermazioni della Corte sono perfettamente applicabili al caso in esame. Qui non si tratta - è vero - di confrontar due diver­si istituti adozionali previsti dalla legge italiana; si tratta invece di confrontare l'istituto dell'ado­zione speciale con un particolare risvolto dell'i­stituto della delibazione. Ma dal confronto emer­ge una situazione di contrasto coi principi costi­tuzionali analoga a quella che la Corte costitu­zionale ha ravvisato in tema di confronto tra ado­zione speciale e adozione ordinaria.

È chiaro, infatti, che deliberare una adozione straniera di minore infraottenne con effetti di adozione speciale (come viene chiesto nel pre­sente procedimento e come viene normalmente chiesto dalle coppie che hanno ottenuto un'ado­zione internazionale) significa riconoscere effetti di adozione speciale ad un provvedimento adozio­nale sottratto alle garanzie dell'adozione spe­ciale, e quindi significa far operare l'istituto della delibazione in una direzione che è contraria ai principi costituzionali.

Non sembra dubbio, poi, che quei principi sia­no diretti a tutelare non soltanto minori che ab­biano la cittadinanza italiana, ma anche minori che abbiano cittadinanza straniera e che comun­que risiedono in Italia (come avviene solitamen­te per i bambini adottati con adozione interna­zionale).

In ogni caso, essendo i rapporti tra adottante e adottato regolati dalla legge nazionale dell'adot­tante al tempo dell'adozione (art. 20, 2° comma disp. prel. c.c.) ed essendo nel caso di specie la coppia adottante di nazionalità italiana, anche al minore adottato si applica indiscutibilmente la legge italiana.

8. Ma c'è di più. Nell'uso della delibazione a fini di adozione di minori infraottenni si profila non solo una possibile violazione degli artt. 2 e 30 Cost., ma altresì una possibile violazione dell'art. 3, 1° comma, Cost., che sancisce il principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.

Appare infatti di intuitiva evidenza la disparità di trattamento che viene a risultarne tra i minori nei cui confronti viene pronunciata l'adozione speciale a norma della legge italiana e i minori stranieri che vengono adottati all'estero da cop­pie di coniugi aventi la cittadinanza italiana (ado­zione che viene pertanto regolata - come si è detto - dalla legge italiana, a norma del citato art. 20 disp. prel. c.c.) e che vengono a fruire degli effetti dell'adozione speciale attraverso la delibazione del provvedimento straniero.

I primi vengono, in forza dell'adozione specia­le, inseriti nella famiglia adottiva dopo una at­tenta valutazione comparativa delle coppie aspi­ranti all'adozione speciale e dopo un periodo di affidamento preadottivo condotto sotto il control­lo del Tribunale per i Minorenni; i secondi ven­gono, in forza della delibazione, inseriti in fa­miglie non previamente vagliate dal Tribunale per i Minorenni e la cui idoneità non è stata quin­di sottoposta ad alcun controllo valutativo da par­te dell'organo giudiziario preposto alla tutela dei minori.

Molto significativamente, questa Corte s'è tro­vata talvolta a dover delibare provvedimenti adozionali stranieri su richiesta di coppie di co­niugi che, in sede di valutazione comparativa, erano state ritenute dal Tribunale per i Minoren­ni non idonee all'adozione speciale e che ricor­revano all'espediente della adozione internazio­nale come ripiego per ottenere comunque in adozione un minore infraottenne.

Non sembra allora arbitrario ravvisare nella situazione di cui s'è detto una possibile viola­zione del principio di eguaglianza.

9. Inoltre il principio di eguaglianza potrebbe considerarsi violato non soltanto con riferimen­to ai minori, ma anche con riferimento alle cop­pie adottanti, essendo evidente che la mancanza di garanzie caratterizzante il meccanismo della delibazione (applicato alla adozione internazio­nale), se ridonda a svantaggio dei minori adot­tati con tale forma, ridonda a «vantaggio» delle coppie richiedenti, inopinatamente gratificate di un facile automatismo che elimina qualsiasi «fil­tro» rivolto a sindacare la sostanza dell'atto ado­zionale. Ciò crea una irragionevole discrimina­zione tra coppie che chiedono l'adozione specia­le e coppie che chiedono la delibazione di una adozione straniera di un minore infraottenne.

È una disparità di trattamento che si presenta, in certo senso, «rovesciata» rispetto a quella che colpisce i minori, ma che non per ciò è meno evidente o meno contrastante con l'art. 3, 1° comma, Cost.

Si tratta comunque, ad avviso di questa Corte, di un risvolto che è secondario rispetto alla va­lutazione - senz'altro preminente - della di­sparità relativa agli interessi del minore.

10. Nel caso di specie, poi, la mancanza di ga­ranzie di cui si è detto viene a risultare ancor più macroscopica che in altri casi.

Qui l'adozione straniera di cui si chiede la deli­bazione è un'adozione proveniente dal Guatema­la. E nella legislazione guatemalteca l'adozione avviene con semplice atto notarile, non con prov­vedimento giudiziale: quindi è un atto privatisti­co, le cui garanzie pubblicistiche sono assoluta­mente inesistenti.

È vero che per ottenere la delibazione in Italia (delibazione che può riguardare solo un provvedi­mento giudiziale e che pertanto venne in passato più volte rifiutata da questa Corte minorile) si ricorre oggi all'espediente di far dichiarare va­lide le pratiche notarili dal Tribunale della Fa­miglia guatemalteco e si chiede poi in Italia la delibazione di tale provvedimento giudiziale: ma è chiaro che quel provvedimento è un «plus» rispetto a quanto richiesto dalla legge guate­malteca; ed è un «plus» che non adempie ad alcuna funzione di garanzia sostanziale, non en­trando nel merito dell'adozione e limitandosi ad una valutazione meramente esterna di quelle che vengon chiamate «la diligencias notariales de adopciòn».

11. In conclusione: l'istituto di cui agli artt. 796, 797 e 801 c.p.c., qualora venga usato nel modo di cui si è detto, cioè con riferimento alla materia disciplinata dalle norme sull'adozione speciale, viene ad urtare sotto più d'un profilo con le nor­me costituzionali. Non è dunque manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio­nale dei predetti articoli (nella parte in cui sono applicabili alle adozioni straniere di minori infra­ottenni) in riferimento agli artt. 2 e 30, 1° e 2° comma Cost. e in riferimento all'art. 3 Cost.

La rilevanza, poi, di tali questioni nel presente procedimento appare innegabile: in esso si chie­de proprio di dichiarare l'efficacia in Italia, con effetti di adozione speciale, di una adozione d'una minore infraottenne verificatasi in Guatemala al­la stregua della legge guatemalteca, a favore di una coppia italiana-, si tratta, cioè, di delibare una adozione internazionale di una minore infra­ottenne, priva delle garanzie previste dalla legge italiana per tale categoria di minori.

12. Tutto ciò non vuol significare valutazione negativa dei coniugi richiedenti, della loro one­stà di intenzioni, della generosità con cui hanno aperto la propria famiglia ad una minore bisogno­sa di assistenza e di affetto. Né vuol significare valutazione negativa della iniziativa di innume­revoli coppie che si sono rivolte e si rivolgono all'adozione internazionale per offrire una fami­glia ad un minore straniero abbandonato e per dare attuazione a una propria esigenza di oblati­vità: coppie che a quella via sono costrette a ricorrere a causa della nota indisponibilità di bambini italiani per l'adozione speciale (indispo­nibilità che - a fronte dell'elevato numero di bambini istituzionalizzati - risulta scandalosa e che risale a cause varie e complesse, alle quali pure il legislatore dovrebbe dedicare un ur­gente impegno, volto a sconfiggere le molte re­more contrarie all'interesse del minore e a ren­dere più facile e incisiva la dichiarazione di adot­tabilità).

Quelle coppie non potranno non convincersi anch'esse che - al di là dell'orizzonte dei loro specifici interessi familiari - le considerazioni di cui sopra rispondono ad esigenze obiettive di giustizia e sono dirette a promuovere una più equa regolamentazione della materia.

Duole che quelle esigenze vengano perseguite a scapito di alcune coppie, mentre altre coppie hanno visto, anche in un recente passato, accolta la loro richiesta di delibazione.

Ma le considerazioni di cui si è detto sono maturate gradualmente, via via che il fenomeno si aggravava rivelando, in taluni casi, aspetti sconcertanti, prima rimasti in ombra. C'è stata, in sostanza, una progressiva presa di coscienza delle dimensioni del fenomeno: e tale progres­siva presa di coscienza ha stimolato un pene­trante esame di tutti i profili del fenomeno stes­so, approdando al convincimento della non mani­festa infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sopra indicate.

P.Q.M.

La Corte, visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87 dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 796, 797 e 801 cod. proc. civ. (nella parte in cui consentono di delibare adozioni straniere di mi­nori infraottenni senza le garanzie di cui agli articoli da 314/2 a 314/27 codice civile) in rela­zione agli artt. 2 e 30, 1° e 2° comma Cost. e in relazione all'art. 3, 1° comma Cost.;

dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

ordina la sospensione del presente procedi­mento di delibazione;

manda alla Cancelleria di notificare la pre­sente ordinanza ai ricorrenti e al Presidente del Consiglio dei Ministri, e di comunicarla al Pre­sidente della Camera dei Deputati e al Presiden­te del Senato della Repubblica.

 

Torino, 24 novembre 1981

 

 

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