Prospettive assistenziali, n. 56, ottobre - dicembre 1981
PROGETTO PER
Il 31 marzo 1981 sono state presentate alla Regione
Emilia Romagna, dai Comuni o dalle loro Associazioni, le proposte relative agli interventi previsti dalla legge 48 che, fra
l'altro, riguardano specificamente il settore dei soggetti affetti da gravi handicaps.
Considerato che per l'anno 1980 sono già stati
ottenuti finanziamenti, se pur modesti, che è comunque
possibile riottenere, e che il problema è da ritenersi tuttora aperto, sia per
quanto concerne l'impostazione metodologica che la realizzazione di progetti
già avviati nell'ambito del Consorzio socio-sanitario, si ritiene necessario
formulare una proposta complessiva in merito, relativa a tutta l'U.S.L. n. 4.
Si chiarisce comunque, in
via preliminare, che:
a) il progetto non è condizionato dalla legge 48 (2), ma è formulato in termini più ampi e complessivi, per
cui non tutto potrà essere compreso nei finanziamenti;
b) dovrà essere discusso ed approvato dai vari enti
interessati;
c) se ne prevede una realizzazione
progressiva.
Si fa riferimento, soprattutto nelle note introduttive,
a precedenti documenti presentati al Consorzio socio-sanitario Bassa Est.
Il problema di fornire ai soggetti affetti da handicaps gravissimi, una adeguata
serie di interventi assistenziali e riabilitativi, appare attualmente
affrontato in maniera insufficiente soprattutto per la fascia di età superiore
ai 15 anni, per coloro cioè che hanno superato l'età dell'obbligo scolastico e
che quindi, interrotta la frequenza scolare, ritornano
a completo carico delle famiglie.
È pur vero che l'entità del fenomeno è stata
notevolmente ridimensionata negli anni dall'attuarsi di interventi
di integrazione sociale (inserimento al lavoro, nascite di cooperative,
servizi territoriali ecc.), che hanno dimostrato come il numero dei «gravissimi»
possa essere progressivamente ridotto dalla conoscenza diretta dei casi e
dalla possibilità di interventi ampi e mi, rati.
Il problema tuttavia esiste, anche se in maniera meno drammatica (in certi casi) che in passato,
mentre manca la formulazione di un progetto tecnico-politico di ampia portata,
capace non solo di affrontare le nuove difficoltà che giorno per giorno
emergono, ma anche di rivedere, in chiave più moderna, la funzionalità e gli
obiettivi dei servizi esistenti e di quelli da costituire.
Questa bozza di progetto non vuole rappresentare la
proposta della creazione di una serie di «centri» per handicaps
psico-fisici gravi o gravissimi cui far convergere, più o
meno automaticamente i casi, liberando così le strutture
socio-sanitarie territoriali da un problema, e delegando quindi ai «centri» i
casi stessi; al contrario si intende rivedere in modo radicale la attuale
concezione assistenziale e la strutturazione dei servizi esistenti.
Il «caso grave» non può essere visto che in un'ottica
di attenta analisi dei bisogni individuali (del
soggetto e della famiglia), che può e deve farsene carico specificatamente,
individuando le possibili risposte tenendo presente che le necessità espresse
dalle famiglie hanno spesso caratteristiche diverse (assistenziali, riabilitative,
economiche, ecc.), cui la risposta istituzionale (a tempo pieno o parziale)
intesa spesso come onnicomprensiva, è sostanzialmente parziale o stereotipa.
Sembra quindi corretta una impostazione
tesa a giungere ad un intervento il più possibile personalizzato e mirato alle
reali esigenze dei singoli casi, così come si è cercato di fare soprattutto
nel 1980, attraverso l'assegnazione dei casi a singoli operatori (assistenza
domiciliare).
Che poi a questa soluzione si sia
giunti anche per carenza di istituzioni, e che quindi la si sia vista
come soluzione di ripiego, e che gli operatori attualmente impegnati siano in
condizioni di estrema precarietà, abbandonati a se stessi, ecc. e che a queste
condizioni si debba porre rimedio nei tempi brevi, non inficia il fatto che,
quasi sempre, una risposta di questo genere conduce a migliori risultati di
quella tradizionalmente data in un centro.
D'altra parte la diffusione di un servizio di tipo
individualizzato (come risposte, come tipo di orari
ecc.) non esclude, anzi richiede, la possibilità di fruire di spazi fisici ove
i giovani handicappati possano trascorrere in attività finalizzate parte del
loro tempo, fermo restando l'impegno a ricercare tutte quelle possibilità di
vita di relazione che il caso e le oggettive condizioni «sociali» del
territorio consentono.
L'attuale progetto si articola quindi verso una impostazione complessiva dei futuri servizi, da
perseguirsi in tempi medio-brevi, e che affronti il
problema del potenziamento del servizio individualizzato, i problemi della
creazione di centri di appoggio diurni, di comunità alloggio, della riconversione
degli attuali servizi e della migliore utilizzazione e qualificazione del
personale.
Utenza
Non si ritiene di dover qui dare una definizione di handicap gravissimo né sul piano clinico né in quello
sociologico e psicologico. Rimane il fatto che nel
territorio sono presenti tuttora casi (in numero minore che in passato) di soggetti
che, a causa dei loro deficit psichici o motori, in grandissima prevalenza in
età post-scolare, non riescono a trovare una loro idonea collocazione nella
vita sociale e che finiscono relegati in casa, a volte conducendo una vita di
reclusione familiare assoluta; d'altra parte ciò non è limitato ai casi in cui
le famiglie non sano validamente impegnate anche se, in tali circostanze, la
situazione appare evidentemente più drammatica.
L'età di questi soggetti va progressivamente
facendosi più elevata, anche in relazione all'elevazione
dell'età media di questi soggetti, e ciò complica sensibilmente il problema: i
servizi si trovano, e si troveranno sempre più in futuro, a dover fare fronte a
problemi non di giovanissimi, ma di adulti (in certi casi anche anziani), cui
le famiglie sempre meno saranno in grado di dare un concreto aiuto (si pensi
solo, per esempio, al fatto che i soggetti mongoloidi in genere nascono da
genitori anziani e che già ora sono in carico ai servizi soggetti di oltre 35
anni).
Ciò comporta, oltre al carico assistenziale,
problemi evidenti di vario ordine, da quelli di una riabilitazione in molti
casi non immaginabile nei termini tradizionali, a quelli di un tentativo di socializzazione
da cominciare in età avanzata ecc, nonché nel piano organizzativo una
intersezione fra servizi per l'età evolutiva e per gli invalidi adulti.
Per i casi in età più precoce (entro i 15 anni) l'inserimento
scolastico rappresenta già, con tutti i problemi che ciò implica, un
intervento valido e fa prevedere una minima utenza in questo
ambito.
Servizi individualizzati
Si intende qui ribadire come, pure nel contesto
generale, ogni caso presenti esigenze diverse e come in passato, la risposta
di affidamento ad un «centro» abbia dato una soluzione totale ed
indifferenziata a tali esigenze, senza rispondere a bisogni più individuabili
(tipo di convivenza, orari, separazione da un contesto ecc.).
Nell'ambito del «centro» infatti
le singole possibilità, le risposte individuali, gli interventi più mirati,
finiscono per perdersi, in funzione delle esigenze dell'istituzione.
Pare più corretto che sia la struttura distrettuale
ad individuare i reali bisogni e a risolverli con propri operatori in grado di
farsi carico del singolo caso, erogando prestazioni realmente utili e
necessarie, concordate con le famiglie e, naturalmente compatibili con il
servizio stesso.
Il dare in carico il singolo
caso al singolo operatore significa anche impegnare in modo più reale
l'operatore stesso a cercare tutte quelle soluzioni che il caso stesso
richiede, senza dovere necessariamente ricorrere al «centro».
Per esemplificare brevemente: vi sono casi in cui è
necessaria una assistenza domiciliare per alcune ore al
giorno, altri in cui l'assistito ha necessità di alcuni interventi di
socializzazione, magari in strutture già esistenti nel territorio, altri che
necessitano di interventi riabilitativi ecc.: in questi casi il fare affluire i
soggetti a «centri» rischia di ampliare l'intervento oltre il necessario, e
di far cadere, per ragioni «istituzionali» possibilità alternative.
Inoltre la stessa politica di integrazione
scolastica, perseguita da anni, conduce i familiari a rifiutare, giustamente,
al termine della scuola dell’obbligo, l'immissione dei giovani in strutture
specifiche per handicappati, di per sé emarginate. Tale soluzione rappresenta infatti, obiettivamente, un passo indietro ed una
sconfitta (non sempre inevitabile) per una politica di integrazione.
Soprattutto nel 1980 si è particolarmente potenziato l'intervento di tipo «domiciliare» attraverso
l’attribuzione di incarichi professionali per interventi a favore di soggetti
handicappati.
Si è tuttavia constatato che è inevitabile che, fatti
tutti i tentativi di inserimento dei soggetti
handicappati, rimanga la necessità di fruire di spazi fisici adeguati, in cui i
soggetti possono trascorrere alcune, delle ore diurne.
Ciò deve essere garantito, ed è già richiesto dagli
operatori che agiscono nel territorio.
È chiaro però che non si vuole qui riproporre
la costituzione di «centri» strutturati, con personale loro proprio, orari
rigidi ecc.
A disposizione degli operatori territoriali dovranno
invece essere costituite strutture, sufficientemente
dotate e possibilmente integrate in cui i singoli operatori possano
trascorrere, in attività finalizzate e specifiche, le ore che non possono
essere impiegate altrimenti. Ogni operatore potrà accedervi,
a seconda delle necessità, con i singoli assistiti.
Comunità alloggio
Si ritiene indispensabile che, anche secondo le
indicazioni contenute nel progetto obiettivo regionale, il territorio sia
dotato di un adeguato numero di comunità alloggio per gravissimi: non è infatti aleatoria l'ipotesi di una impossibilità da parte
della famiglia a gestire, temporaneamente o definitivamente, il soggetto
handicappato gravissimo.
È chiaro che il ricorso alla comunità alloggio deve
essere l'ultima ed estrema risorsa, in assoluta assenza di alternative,
e come tale deve essere considerato da chi lo propone.
Se mai va fatta qualche considerazione sul rischio di
«istituzionalizzazione» di questa struttura (e in ciò si coinvolgono anche gli
attuali servizi): il fatto che una persona viva in una comunità di questo genere,
non implica che egli stesso non abbia le stesse necessità, problemi, richieste,
di quando viveva in famiglia. Può sembrare una
constatazione ovvia, tuttavia è necessario che, perché siano veramente
rispettati questi diritti, l'organizzazione della comunità (di questa
specifica comunità) sia attentamente valutata.
In sostanza si deve fare in modo che la comunità non
diventi una «istituzione totale», sia pure ridotta ai
minimi termini. L'ospite deve vivere al suo interno solo una parte della sua
giornata, fruendo per la restante parte, dei servizi, territoriali o no,
destinati ad altri gravi, delle possibilità di socializzazione ecc., con l'aiuto di operatori che non siano gli stessi della
comunità alloggio, per evitare, da parte di essi, comportamenti totalizzanti.
In parole povere, l'ospite dovrà potere, durante il
giorno, affrontare le proprie necessità fuori dall'appartamento,
nell'ottica del soddisfacimento individuale delle proprie necessità, al di
fuori il più possibile, delle necessità dell'istituzione.
Personale
Si tratta di una questione estremamente
importante e delicata, difficile da risolvere nei tempi brevi, ma che non può
essere più a lungo procrastinata.
Per quanto riguarda gli operatori di più recente
incarico (o di futura assunzione), esiste una situazione
di carenza di preparazione, per la mancanza assoluta non solo di scuole o di
corsi, ma di possibilità di tirocini o esperienze dirette, almeno parzialmente
incentivate, tali da avvicinare i giovani a questi problemi.
Per quanto concerne, invece, gli operatori di più
vecchia assunzione, accanto ad una sommaria preparazione psichiatrica, di per
sé insignificante per questo tipo di problemi, esiste la situazione
di una preparazione «sul campo», fatta in una situazione storica ormai
superata, e quindi inadeguata ai problemi attuali.
Se cioè questi ultimi hanno
avuto motivazioni ed esperienze anche molto significative, in una epoca
«pionieristica», in cui gli assistiti avevano bisogni più facilmente
individuabili e esauribili quali la socializzazione, l'inserimento a scuola o
nel lavoro o nel contesto del quartiere, il mutare dell'utenza, avvenuto con la
dimissione dei meno gravi e la loro autonomizzazione
e l'ingresso di soggetti molto gravi, con diversi bisogni, ha trovato
impreparati gli operatori stessi.
Emerge, a questo punto l'indispensabilità dell'aggiornamento
di coloro che già operano, ma soprattutto, la
formazione di un gruppo che garantisca effettivamente l'esercizio di una professionalità
qualificata.
Per questo dovrà essere proposto all'assessorato
regionale competente, l'istituzione di un primo e nuovo corso di formazione
per «educatori di comunità» che rilasci un titolo abilitante e con effettivo
valore giuridico. A questo proposito si fa presente che esiste già una proposta
del Ministero della sanità, per l'identificazione dei profili professionali
atipici non compresi nei ruoli del D.P.R. 761 e che
comprende anche questa particolare figura.
Ristrutturazione dei centri esistenti
nell'U.S.L. n. 4
Si tratta di un problema estremamente
urgente che, se pur legato alla risoluzione dei problemi territoriali
singoli, deve già da ora essere affrontato.
Tenendo conto che, l'ipotesi ultima deve essere
quella di una progressiva ma irreversibile riduzione della istituzionalizzazione
dei minori con handicap con la consapevolezza tuttavia che il raggiungimento di
questo obiettivo, presuppone in alcuni casi, la necessità di attivare strumenti
di emergenza capaci di rispondere alle necessità temporanee e di breve durata.
Per questo non si tratterà di strutture specifiche
ma del corretto utilizzo di gruppi appartamento previsti
nell'ambito della nuova organizzazione dei servizi particolarmente idonei ad
accogliere nuovi individui senza che si creino gravi problemi di adattamento
con la comunità già costituita.
Le difficoltà in cui i centri versano attualmente sono riferibili ad alcuni fattori essenziali:
- carenza di interventi
tecnici, organizzativi e direttivi di alcuni centri, dovuta alla mancanza di
una idonea (e mai esistita) strutturazione funzionale (coordinamento, direzione
del personale, adeguamento culturale e tecnico), da anni richiesta e mai
ottenuta.
La direzione sanitaria dei centri provenienti dalla
Provincia, affidata ad un unico direttore sanitario è divenuta, ad esempio,
sempre più carente per un cumulo progressivo di responsabilità, né mai è
stata data risposta, dagli enti di competenza, alle richieste fatte in merito.
Gravità dei casi e mancanza di modelli operativi efficaci.
Gli interventi dovranno quindi avere direzioni
multiple che, lungi dal colpevolizzare gli operatori,
garantiscano possibilità reali di operatività, utilizzo a pieno delle risorse
personali degli operatori, il coinvolgimento delle forze territoriali, il
rilancio complessivo di un tema così difficile, la gestione periferica dei
servizi.
Per conseguire ciò è indispensabile giungere alla
costituzione di uno staff minimo di coordinamento e promozione: il distretto è
istituzionalmente la sede della gestione dei singoli casi e del «servizio»,
tuttavia è necessario garantire un momento di coordinamento, di programmazione comune, centralizzato, nonché al momento attuale, la
gestione di alcuni centri, più grandi e impegnativi per la loro storia e per la
loro problematicità.
Alcuni distretti sono attualmente
in condizioni di non potere assolutamente occuparsi dei «Centri»,
la cui evoluzione e riorganizzazione richiede attenzioni specifiche e
costanti.
Lo staff centralizzato potrà servirsi di due tecnici,
operatori ecc. a tempo parziale per ulteriori
elaborazioni. Essi lavoreranno in stretto contatto con i distretti.
Si prevede l'incarico a due persone (con specifiche
competenze nel settore).
Centro Lubiana
Si attuerà lo smembramento in due parti del gruppo
originario con l'istituzione di un gruppo appartamento la cui sede deve essere
individuata e attivata in tutte le sue articolazioni, che diventerà
anche la sede del servizio di emergenza, in grado di accogliere i ragazzi
ancora adolescenti, e per i quali il centro non può offrire e salvaguardare le
ulteriori possibilità di sviluppo e di apprendimento.
Per alcuni di essi, è
prevista l'iscrizione in alcune cooperative come primo inserimento lavorativo.
Per il restante gruppo, costituito da un esiguo
numero di adulti particolarmente gravi, con una lunga
storia di istituzionalizzazione e per i quali è impossibile, per cause
oggettive, prevedere un intervento domiciliare, sarà dato particolare risalto
agli aspetti assistenziali.
La sede prevista è quella dell'ex asilo notturno di
Via Cremonese di proprietà dell'Amministrazione
comunale e concesso per l'uso all'U.S.L. n. 4. Anche in questo nuovo nucleo è
prevista l'istituzione del servizio di emergenza per
adulti.
Una parte di lavori di ristrutturazione riguardanti
la sistemazione del tetto e l'agibilità della struttura sono già stati completati, rimangono da terminare quelli attinenti il
tinteggio e la sistemazione dei servizi igienici.
Il personale sarà costituito da una parte di infermieri psichiatrici attualmente in servizio.
La spesa ammonterà a circa 15.000.000 per i locali a
cui andrà aggiunta quella relativa alla attrezzatura.
La struttura del Centro verrebbe quindi destinata
alle esigenze più complessive del distretto di appartenenza;
si ritiene necessario individuare il settore di intervento nella fascia di
emarginazione giovanile e in quello degli handicappati di età preadolescenziale e adolescenziale particolarmente
scoperto nel distretto e più in generale nella città.
Il servizio sarà comunque
esclusivamente diurno.
Centro neurolesi
di via Raimondi
Pur non avendo carattere residenziale, questo centro
per disabili gravi, manifesta una caratteristica
fortemente istituzionale e assistenziale, per ciò che concerne l'organizzazione
del lavoro, il grado di preparazione del personale e il tipo di servizio
erogato agli utenti.
Nella stessa struttura sono presenti (con esclusione
dell'équipe di distretto e alcune sedi scolastiche) altri servizi per
handicappati gravi che ne accentuano i caratteri
dell'istituzione.
Il progetto deve mirare ad un processo radicale di
ristrutturazione che investa le metodologie e
l'organizzazione del lavoro, l'indispensabile riqualificazione del personale,
modifichi a vantaggio del recupero delle capacità personali e lavorative dei
ragazzi, gli aspetti assistenziali attualmente prevalenti.
Le altre finalità sono costituite da un uso più
eterogeneo della struttura che per le sue dimensioni, si presta ad essere
adibita a sede di vari servizi per tutta la popolazione del distretto.
L'obiettivo finale, in altri termini è quello di
omogeneizzare gli interventi, rendendoli il più possibile
simili a quelli che si realizzano in tutto il territorio dell'U.S.L.
Il Centro deve quindi diventare una sede mobile sia
per i ragazzi che per gli operatori.
In stretto collegamento con la chiusura e la
ristrutturazione dei centri residenziali, si inserisce
il progetto presentato nell'ambito della legge 48 e la definizione della
convenzione unica per le Cooperative.
Legge 48
Si prevede la costituzione, in stretta collaborazione
con i distretti territoriali di punti di appoggio
diurni per ragazzi handicappati gravi nei territori di Traversetolo-Montechiarugolo,
Colorno-Sorbolo-Mezzani-Torrile, Collecchio-Sala
Baganza-Felino e nel Comune di Parma.
Questi
centri di appoggio, dovranno costituire unicamente una
base, un punto di riferimento per particolari attività educative o
riabilitative non realizzabili a domicilio.
Tuttavia la particolare cura con cui sono state identificate le sedi (ubicazione, vicinanze
presso altre sedi sociali, luminosità, ampiezza, barriere architettoniche
ridotte), fa sì che essi possano diventare centri di aggregazione anche per la
popolazione, soprattutto per le associazioni giovanili sempre carenti di
spazi per le attività del tempo libero e la scuola.
Centri appoggio
di nuova istituzione per gravi
Distretto Colorno-Mezzani-Torrile-Sorbolo
La sede è già stata individuata in un ampio appartamento
a Colorno, messo a disposizione dall'Amministrazione
comunale.
La struttura si presta ad essere impiegata per
molteplici scopi, tra cui principalmente quello di punto di appoggia
anche notturno, per le emergenze relative ai minori handicappati e non, del
territorio.
L'ipotesi principale punta sull'utilizzo come sede
di circoli giovanili o del tempo libero. Le spese previste
riguardano il personale, l'acquisto di mobili, il trasporto, il vitto.
Personale
Cinque operatori fissi a tempo pieno (attualmente in
possesso di un contratto libero professionale) per 5 ragazzi con handicap gravi per una spesa di Lire: 51.000.000
sede 8.000.000
trasporto 6.000.000
vitto 6.000.000
71.000.000
I finanziamenti sono stati chiesti alla Regione con
la legge n. 48.
Si dovrà prevedere inoltre una
compartecipazione dei Comuni interessati.
Centro di nuova istituzione del
distretto di: Traversetolo-Montechiarugolo
Ampliamento dell'utenza con l'obiettivo di coprire
l'esigenza dei due Comuni componenti il distretto per
un numero di 5 soggetti con handicap medio-gravi.
Le
spese previste riguardano il personale:
(3 operatori + 1 a metà tempo) 30.600.000
riattamento della sede 8.000.000
trasporto 6.000.000
materiale didattico 2.000.000
46.600.000
Finanziamenti: richiesta di copertura totale delle
spese alla Regione Emilia Romagna - Legge n. 48 - e
compartecipazione alle spese da parte dei Comuni.
La realizzazione di questo progetto necessita di particolare attenzione in quanto a tutt'oggi non si sono ancora realizzate le premesse
politiche che hanno consentito l'avvio di esperienze simili, in altre realtà.
Distretto di Collecchio-Sala
Bagnanza-Felino - Sedi: Assistenza pubblica e parte
del Parco Nevicati
Esperienza già iniziata con buoni risultati, l'intendimento
è di potenziare il servizio al fine di farne un progetto pilota.
Spese
previste
4 operatori (3 già presenti e 1 da assumere) 61.600.000
trasporto 6.000.000
vitto e varie 6.000.000
73.600.000
I finanziamenti sono gli stessi richiesti anche per
gli altri due di nuova istituzione.
Occorre tuttavia sottolineare
che la realizzazione del progetto complessivo è strettamente connessa oltre
che al finanziamento, alla oggettiva possibilità di assunzione definitiva del
personale che possa garantire la continuità educativa all'interno dei centri e
dei due coordinatori, la cui necessità è già stata più volte sottolineata.
L'ultimo progetto più ampio per finalità, prevede
l'istituzione nel territorio del Comune di Parma di
due strutture diurne distrettuali e il potenziamento del servizio domiciliare.
Tali strutture vanno intese come
momenti di aggregazione per giovani handicappati. La gestione sarà
demandata all'U.S.L. in unione con il comune di Parma e la collaborazione
delle famiglie.
Le strutture si individuano
nei due quartieri:
1 - Centro Lubiana - S. Lazzaro - Fabbricato ad uso laboratorio per
attività del tempo libero, destinata a tutta la popolazione giovanile ed in particolare a 5 giovani handicappati gravi del
territorio.
La
spesa viene così prevista:
acquisto
fabbricati 20.000.000
attrezzature 2.000.000
gestione
spese per il personale 69.000.000
91.000.000
2 - Centro Montanara Vigatto - Centro da attivare con le finalità già indicate.
Si prevede l'inserimento di n. 7 handicappati del territorio e la presenza di
n. 5 operatori.
La
spesa si può riassumere:
attrezzature 2.000.000
gestione spese per il personale 97.000.000
riattamento struttura 8.000.000
107.000.000
Servizio domiciliare
Si ritiene di potenziare gli interventi a favore
degli handicappati strutturandoli e realizzandoli non
solo in appositi centri, ma anche nei singoli ambienti familiari, con un
servizio domiciliare distribuito sul territorio, attività per altro già
sperimentata con risultati positivi, nel corso di questi anni.
Tale servizio approfondirà la conoscenza dei bisogni
territoriali e cercherà di dare le risposte e gli aiuti più idonei caso per caso, e soprattutto un concreto aiuto alle famiglie, che
per altro chiedono, attraverso le associazioni di categoria, il potenziamento e
una maggiore qualificazione del servizio.
Gli operatori e i ragazzi assistiti fruiranno dei
punti di appoggio rappresentati da strutture esistenti,
opportunamente modificate.
La gestione sarà demandata all'U.S.L. in unione con il Comune e con la partecipazione delle famiglie.
Gli utenti si individuano in
10 handicappati affetti da disturbi vari: cerebropatia su base organica,
turbe motorie e psichiche, gravi ritardi globali; gli operatori per l'appoggio
10.
Spesa
per la gestione:
personale a tempo pieno 111.200.000
trasporto 4.000.000
115.200.000
Finanziamenti previsti: è stata inoltrata per tutto
il progetto di Parma città la richiesta della
copertura finanziaria alla Regione attraverso la legge n. 48.
Cooperative
La definizione della convenzione unica per le 7
cooperative di lavoro e educative fa particolare riferimento a:
1) potenziamento della produttività laddove se ne
identifichino le condizioni;
2) superamento degli aspetti
puramente assistenziali, e realizzazione di un programma più finalizzato alla
potenzialità seppure minima dei soggetti;
3) eliminazione del rischio di nuova istituzionalizzazione,
riducendo a tempi medio-lunghi
la permanenza nelle cooperative;
4) verifica periodica delle metodologie e delle
attività.
Progetto di ricerca
La realizzazione di tutto il progetto avrà il momento
di analisi, verifica e progettazione finali nella
ricerca sui servizi per soggetti portatori di handicaps
gravi proposto alla Regione unitamente all'Istituto regionale di
Psicopedagogia dell'apprendimento.
La ricerca avrà una durata biennale e si pone come
obiettivo, nel primo anno, l'analisi di tutte le esperienze realizzate nella
Regione Emilia-Romagna prendendo a campione alcune
U.S.L. le più significative, tra cui anche l'U.S.L. n.
4, e nel secondo la verifica dei contenuti, il problema
della qualificazione del personale e le ipotesi future.
(1) Stralcio della «Prima ipotesi di attuazione del Piano sanitario regionale» redatta dalla
Unità sanitaria locale di Parma «Bassa Est» n. 4 nel
giugno 1981.
(2) Legge della Regione Emilia-Romagna 29 dicembre 1979 n. 48 in Prospettive assistenziali, n. 51,
luglio-settembre 1980.
www.fondazionepromozionesociale.it