Prospettive assistenziali, n. 57, gennaio - marzo 1982
L'ASSISTENZA SOCIALE
ALL'INFANZIA IN FRANCIA
Per
informare i lettori sulla situazione francese, pubblichiamo la traduzione
della circolare n. 8115 del 23 gennaio 1981 inviata
dal Ministero della sanità e della sicurezza sociale ai prefetti regionali (servizio
regionale per i servizi sanitari e sociali), alle Direzioni regionali per gli
affari sanitari e sociali ed ai prefetti (Direzioni dipartimentali per gli
affari sanitari e sociali).
CIRCOLARE
DEL 23 GENNAIO 1981
1.
Orientamenti prioritari per una
programmazione assistenziale per l'infanzia
1.1. Aiutare più efficacemente i genitori affinché
possano provvedere essi stessi ai propri figli
1.2. Fornire migliori condizioni di
vita ai bambini separati dalla famiglia.
2.
Modalità di applicazione
di tali orientamenti
2.1. Politica a livello dipartimentale.
2.2. Decentramento del servizio di assistenza
sociale all'infanzia.
2.3. Cooperazione tra i vari servizi.
Non è necessario insistere sull'importanza di una
corretta politica di intervento a favore dell'infanzia.
Intervenendo nella vita delle famiglie, sostituendosi talvolta ad esse per proteggere bambini in pericolo o maltrattati o per
garantire il benessere e un armonico sviluppo a quelli che vivono
in condizioni di vita precarie, la società esercita un compito di grave
responsabilità.
La protezione dell'infanzia spetta sia ai magistrati,
in particolare ai sensi delle disposizioni degli articoli 375 e seguenti del
codice civile, sia ai servizi di questo ministero, in applicazione del titolo
il del codice della famiglia e dell'aiuto sociale e
dei testi del gennaio 1959. Nell'esercizio delle loro competenze, entrambi sono coadiuvati da organismi di diritto privato dei quali va
riconosciuta l'azione, che si esplica nella gestione di istituzioni e servizi
o nella tutela degli interessi dei minori o delle famiglie.
Ritengo necessario ricordare qui i principi base che
devono guidarvi nell'esplicazione delle vostre competenze.
Desidero, soprattutto, insistere sulla necessità di
unire i vostri sforzi a quelli di coloro che sono i
vostri collaboratori naturali. Per quanto riguarda i rapporti con i magistrati
minorili, dovete scrupolosamente rispettare le disposizioni contenute nelle
circolari del 16 maggio 1977 e del 3 luglio 1979, firmate dal mio predecessore
e dal Guardasigilli. Più in generale, il vostro intervento
nel campo della protezione all'infanzia dev'essere
studiato e organizzato in stretto collegamento con questi magistrati.
Dovete, inoltre, far partecipare all'elaborazione e all'applicazione del vostro
programma di intervento le associazioni private che
collaborano, conformemente alle disposizioni della circolare 24 febbraio 1975
e nell'ambito delle competenze loro proprie, alle attività di interesse
pubblico di cui siete incaricati.
* * *
Va dato un nuovo impulso alla politica di protezione
sociale dell'infanzia.
Diversi studi recenti e soprattutto il rapporto «Il futuro dell'aiuto all'infanzia»
hanno infatti dimostrato che, per quanto si siano
realizzati importanti progressi, questi appaiono molto diversi da un
dipartimento all'altro e spesso sono possibili, se non addirittura necessari,
ulteriori miglioramenti.
La proporzione di bambini assistiti è scesa quasi
ovunque e le condizioni di vita offerte a quelli istituzionalizzati hanno avuto
un'evoluzione positiva.
Tuttavia, i programmi di prevenzione sono talvolta assai carenti e di conseguenza si sono verificate
separazioni che si sarebbero potute evitare; i ricoveri comportano troppo
spesso l'abbandono della famiglia a se stessa per cui i problemi rimangono
irrisolti; troppe decisioni vengono prese senza che si sia provveduto a consultare
preliminarmente i bambini e i genitori.
Inoltre, i dipartimenti che attuano una coerente
politica di aiuto all'infanzia e alla famiglia sono
relativamente pochi.
Purtuttavia, vi sono state inviate numerose indicazioni in
proposito. Ma, senza dubbio, queste istruzioni
risentivano del fatto di trattare solo un aspetto parziale di un problema
complesso e di non prevedere gli strumenti e i provvedimenti specifici che ne
consentissero l'applicazione.
La presente circolare si propone di rimediare a tale carenza trattando dell'insieme delle varie parti di una
politica di aiuto sociale all'infanzia, che occorre considerare parte
integrante di una politica più generale di intervento a favore della famiglia e
dell'infanzia, che dovete applicare nel quadro dei «servizi unificati per
l'infanzia».
Per aiutarvi nel vostro compito, sapete che ho costituito
una commissione pluridisciplinare che lavorerà in stretto
collegamento con voi.
* * *
I temi sviluppati in questa circolare trattano degli
orientamenti prioritari di politica di aiuto
all'infanzia e delle modalità di applicazione.
Sono inoltre completati da quattro allegati che
riguardano rispettivamente:
- l'aiuto alla famiglia;
- il ricovero dei minori;
- la politica a livello dipartimentale e l'organizzazione
dei servizi;
- i minori vittime di
maltrattamenti.
1
- ORIENTAMENTI PRIORITARI DELLA POLITICA DI AIUTO SOCIALE ALL'INFANZIA
L'esperienza acquisita con l'applicazione dei testi
del 1959 e i recenti studi sul funzionamento dei servizi per l'infanzia ci
permettono oggi di precisare meglio gli obiettivi dell'aiuto sociale
all'infanzia.
Va, anzitutto, ricordato il diritto di ogni bambino al rispetto della sua identità, alla
sicurezza, alla crescita individuale e sociale e ad un armonico sviluppo
affettivo. A tale scopo i servizi di aiuto sociale
all'infanzia dovranno predisporre le linee generali di intervento.
Da un lato, andrà rafforzato l'appoggio ai genitori
affinché possano essi stessi provvedere, nel miglior modo possibile,
all'educazione dei propri figli. Per raggiungere tale scopo, lo sforzo dei
servizi deve tendere allo sviluppo dell'autonomia della famiglia e devono
essere utilizzate in modo più completo le forme di aiuto
già esistenti.
Occorre però sottolineare
che tale aiuto ai genitori non deve mirare a mantenere il bambino presso la
sua famiglia ad ogni costo o ad attendere troppo prima di interpellare il
giudice minorile in caso di pericolo.
Comunque, in caso di ricovero del bambino, il servizio deve
fornirgli condizioni di vita il più possibili simili alla vita normale e
vigilare affinché la durata di questo provvedimento non si prolunghi
inutilmente prima del ritorno in famiglia, dell'avvio di un procedimento di
adozione o del suo autonomo inserimento sociale, a seconda dei casi.
Lo sforzo maggiore sarà quindi volto ad aiutare i genitori ad allevare essi stessi i loro figli e
ad offrire a questi le condizioni di vita migliori, sia nell'ambito della loro
famiglia che altrove.
1.1.
Aiutare più efficacemente i genitori
affinché provvedano personalmente ai propri figli
Lo sviluppo delle attività di prevenzione attuate nel corso degli ultimi cinque anni da parecchi servizi ha
consentito di evitare, in alcuni dipartimenti, molti ricoveri ingiustificati.
Di conseguenza, il numero dei bambini ricoverati si è costantemente ridotto.
Occorre ora intraprendere un nuovo sforzo in due direzioni.
Innanzitutto, gli interventi dell'aiuto sociale all'infanzia
devono tendere alla creazione, per quanto possibile, di condizioni di stabile
autonomia della famiglia. Infatti, avviene che gli aiuti concessi dai servizi
troppo spesso contribuiscano a mantenere i bambini e
i genitori in una situazione di dipendenza. Ne consegue che, di generazione
in generazione, le stesse famiglie siano indotte a
ricorrere ai servizi assistenziali. Per evitare questo fatto è opportuno che i
genitori e i bambini stessi partecipino attivamente e positivamente all'elaborazione
e all'attuazione degli interventi del servizio.
Inoltre, la diversità e il grado delle difficoltà
incontrate dalle famiglie devono dar luogo ad una utilizzazione
molto più capillare dei mezzi di intervento di cui disponete.
1.1.1.
Assegnare ai genitori e ai bambini un ruolo
attivo e positivo
Per ottenere che i genitori e i bambini assumano un
ruolo attivo, l'azione di promozione della famiglia
deve mirare non solo a rispettare i loro diritti, ma anche a coinvolgerli nelle
decisioni che li riguardano.
Evidentemente, il grado di partecipazione varierà
secondo le capacità di ciascuno. Tuttavia, i genitori e i bambini verranno coinvolti ogni volta che la situazione familiare
richieda un intervento prolungato, nell'ambito di un vero e proprio piano
d'intervento, a medio o a lungo termine. Tutto ciò presuppone una valutazione
precisa dei bisogni dei genitori e dei figli, degli obiettivi fissati per
rispondervi, degli aiuti necessari e della loro durata.
A questo riguardo, non è possibile definire un unico
metodo per il coinvolgimento della famiglia
nell'elaborazione e nell'applicazione dei provvedimenti che la riguardano;
pare comunque opportuno, tenendo conto delle esperienze già realizzate in
alcuni dipartimenti, rispettare il seguente procedimento:
1.1.1. - 1. L'elaborazione di questo piano deve
iniziare con una più ampia valutazione dei bisogni di ogni
famiglia condotta dall'assistente polivalente di settore o dall'operatore
sociale intervenuto per primo. Verrà organizzata, se
necessario, una riunione pluridisciplinare, allo
scopo di analizzare la situazione e definire il contenuto dei provvedimenti
necessari. La determinazione dei partecipanti a questa riunione avverrà in base
ai problemi presentati da ciascuna famiglia: l'équipe del servizio unificato
per l'infanzia si varrà dell'apporto di chiunque sia in grado di fornire informazioni od un aiuto utile agli interessati.
Verrà promosso un reale dialogo coi genitori e i bambini
affinché partecipino alla valutazione delle loro difficoltà, alla ricerca delle
soluzioni adatte ed in seguito all'eventuale modifica del piano d'intervento.
1.1.1. - 2. Affinché ogni famiglia sappia a chi rivolgersi
in caso di bisogno, essa farà riferimento
ad un unico operatore; questo referente unico avrà anche il compito di
verificare la conformità o meno dei provvedimenti al piano d'azione stabilito.
Questo metodo di lavoro dovrà consentire il
raggiungimento di due obiettivi fondamentali: da una parte la valorizzazione
del ruolo della famiglia, in modo da evitare il
rischio che si instauri un rapporto assistenziale tra questa e il servizio di
aiuto all'infanzia; dall'altra parte il rispetto, non solo della lettera, ma
anche dello spirito della legge che prevede, occorre ricordarlo, l'adesione
della famiglia ai provvedimenti che la riguardano.
È necessario soffermarsi su quest'ultimo
punto. I servizi amministrativi, è risaputo, non hanno alcun potere di
coartare le famiglie, imponendo loro dei provvedimenti che rifiuterebbero.
Perciò esse devono conoscerli chiaramente e devono essere informate sulle
modalità pratiche per ricorrere al giudice minorile, affinché venga loro facilitato, quando lo desiderano, il ricorso al
magistrato.
Provvederete inoltre, su un piano diverso, a rendere
più facile l'accesso al ricorso gerarchico nelle ipotesi in cui è previsto:
rifiuto di un aiuto, opposizione a disposizioni particolari prese per
l'applicazione di un provvedimento richiesto o al quale la famiglia ha aderito
senza remore. A tal fine, si provvederà a designare un
responsabile gerarchico informando le famiglie sulla possibilità che viene
loro offerta di rivolgersi a lui in tali occasioni.
* * *
Affinché queste famiglie possano realmente assumere
un ruolo attivo nell'applicazione dei provvedimenti presi nei loro confronti devono essere potenziati gli aiuti già previsti.
1.1.2.
Le forme di aiuto
già in uso devono venire utilizzate in modo migliore
1.1.2. - 1. Gli aiuti economici o educativi di cui disponete hanno anzitutto lo scopo di prevenire il ricovero
dei minori. Infatti, i dipartimenti che già utilizzano in modo efficace i
sussidi mensili, le collaboratrici familiari o gli interventi educativi hanno potuto limitare il numero dei ricoveri.
Va inoltre sottolineato che
è indispensabile utilizzare queste forme di aiuto anche per sostenere i
genitori di bambini ricoverati in istituto o affidati. Spesso, infatti, queste
famiglie vengono abbandonate a se stesse proprio nel
momento in cui avrebbero bisogno di un appoggio da parte del servizio. Tale
situazione presenta evidenti inconvenienti: la durata dei ricoveri e degli affidamenti viene inutilmente protratta e il ritorno dei
bambini in famiglia diventa aleatorio, se non dannoso.
Vi chiedo quindi di attuare, per ogni allontanamento
di minori dalla famiglia, la forma di appoggio (aiuti
economici o educativi) meglio suscettibile di aiutare i genitori a
raggiungere, al più presto, la possibilità di allevare essi stessi i loro
figli, in condizioni soddisfacenti. Preciso anzi che le
famiglie, i cui bambini sono collocati altrove possono continuare a percepire i
sussidi in tutti quei casi dove questo sia ritenuto opportuno, e soprattutto
se ciò contribuisce a facilitare la presa in carico effettiva dei loro figli.
Un decreto dell'11 marzo 1978 e una circolare del 12 luglio 1978 hanno infatti reso meno rigida la nozione di a presa in
carico effettiva » di un bambino.
Per i bambini che vi vengono
affidati dal giudice minorile avete la facoltà, a sua richiesta o col suo
consenso, di decidere di proseguire o avviare un provvedimento di intervento
educativo in ambiente aperto o qualsiasi altro intervento di appoggio che
paia utile, come indicato nella circolare «Sanità-Giustizia» del 3 luglio 1979.
1.1.2.
- 2. L'utilizzazione di queste forme di aiuto dev'essere più attiva.
I complessi problemi incontrati dalle famiglie
richiedono spesso l'adozione di provvedimenti di appoggio
consistenti e diversificati, per periodi relativamente lunghi, in applicazione
del piano di intervento familiare
Anche l'applicazione di questo piano dev'essere accompagnata da una utilizzazione
più attiva delle forme di aiuto che permettono ai genitori di prendersi cura
essi stessi dei loro figli.
a) Gli aiuti
economici: sussidi mensili ordinari e straordinari.
Alcuni dipartimenti non hanno ancora attuato un
programma di intervento in questo settore. L'ammontare
dei sussidi mensili concessi deve essere proporzionato alle difficoltà che la
famiglia affronta.
Spesso questi aiuti economici serviranno a risolvere un problema di breve durata.
Ma, in alcuni casi, potrebbe essere necessario
versare un sussidio per un periodo molto più lungo e di ammontare sufficiente a
colmare una cronica carenza di denaro. Quando situazioni di
questo genere non dipendono da cause economiche generali, ma sono provocate
dalla difficoltà dei genitori a lavorare, a conservare un posto di lavoro che
procuri un salario sufficiente, o a gestirsi economicamente, il versamento di
un sussidio dev'essere accompagnato da un intervento
volto a restituire agli interessati la loro autonomia, nelle migliori
condizioni possibili. In questi casi, potrà essere necessario completare
l'aiuto economico, ad esempio, con l'intervento di una collaboratrice
familiare o con un'azione educativa, oppure, allorché risulti
indispensabile, provvedendo alla designazione di un curatore per le
prestazioni sociali.
Inoltre, vi invito a
utilizzare questi aiuti economici per aiutare le famiglie a trovar casa o a evitare lo sfratto. Va
incoraggiata la prassi attuata da alcuni dipartimenti i quali si rendono
garanti, assicurando la presa in carico dell'affitto in caso di bisogno, nei
confronti degli istituti per le case popolari, allo scopo di aiutare le famiglie
in difficoltà a ottenere l'assegnazione di una casa.
Dovrete anche organizzare nel vostro dipartimento uno stretto collegamento con
gli organismi preposti alle abitazioni con affitti modici (H.L.M.) affinché vi vengano
segnalate le famiglie per le quali uno sfratto o un sequestro, che può
provocare il ricovero dei figli, stia per essere pronunciato a causa della loro
insolvibilità, affinché esse siano informate degli aiuti che il servizio può
fornire loro.
Desidero, infine, precisare che i sussidi mensili
possono essere accordati a titolo provvisorio, nelle situazioni in cui, per un
ritardo nel versamento di altre prestazioni sociali,
si evidenzi il rischio di un ricovero del bambino. Gli interessati, al momento
della concessione del sussidio, dovranno firmare l'impegno a rimborsare le somme
ricevute.
b) Gli aiuti a
domicilio: le collaboratrici familiari.
Per consentire la permanenza del bambino presso la
sua famiglia, nei casi in cui le difficoltà sono provocate da indisponibilità
temporanea dei genitori, può essere opportuna
l'utilizzazione di una collaboratrice familiare per evitare un intervento sul
bambino causa di gravi conseguenze sul piano umano e in definitiva più costoso,
anche se nell'immediato un tale provvedimento può apparire oneroso.
Si tratta in particolare dei casi in cui la madre
deve assentarsi da casa per un periodo più o meno
lungo. In queste situazioni molti servizi dipartimentali provvedono al
ricovero del bambino perché il padre lavora e non può occuparsi di lui durante
la giornata. Una prassi del genere non è accettabile. Dovete cercare ogni volta,
con gli interessati, la soluzione che consenta la
permanenza del bambino a casa sua.
c) Gli
interventi educativi presso la famiglia.
Quando la permanenza del bambino presso la sua
famiglia richiede che venga ripristinata la capacità
pedagogica dei genitori é necessario prevedere un intervento educativo.
Veramente, i servizi sociali polivalenti e le puericultrici del servizio di
protezione materna e infantile (P.M.I.) non sempre
hanno i mezzi necessari per assolvere il loro
compito.
Infatti, in molti dipartimenti questi interventi educativi
sono ancora troppo poco utilizzati. Questo avviene in particolare a proposito del trattamento dei problemi incontrati da madri sole; in
questi casi la soluzione più spesso adottata è quella del ricovero dei bambini.
Chiedo dunque ai dipartimenti di dotarsi di strumenti
pubblici o privati sufficienti a garantire lo sviluppo
di queste forme di aiuto.
d) La
prevenzione specializzata.
Negli ambienti in cui i fenomeni del disadattamento
minorile sono particolarmente gravi, i clubs e le équipes di prevenzione
specializzata posseggono modalità di intervento inadeguate, soprattutto per
quanto riguarda gli strumenti operativi specifici usati che presuppongono
sempre la libera adesione dei giovani interessati. Essi sono in grado di
facilitare un miglior inserimento sociale ai giovani in difficoltà, ai loro
gruppi, alle loro famiglie, al loro ambiente.
È quindi importante in questo campo che i bisogni, a
livello di zona, vengano vagliati col concorso della
sezione specializzata del Consiglio dipartimentale di protezione
dell'infanzia, dove confluiscono tutti gli appartenenti a questi servizi.
Inoltre, le équipes di
prevenzione specializzata devono potersi collegare con gli operatori sociali
della circoscrizione che operano presso le famiglie degli stessi ambienti.
1.2.
Offrire ai minori separati dalla
famiglia migliori condizioni di vita
L'attuazione di queste forme di aiuto
non deve però mirare a mantenere il bambino presso la sua famiglia ad ogni
costo.
Non è possibile stabilire a priori una tipologia dei
casi in cui va accettato o proposto l'allontanamento del bambino. Solo una
precisa valutazione della situazione può consentire
una decisione in tal senso.
Per gli orfani e per i bambini suscettibili di
dichiarazione giudiziaria di abbandono dovete cercare,
senza inutili ritardi, un collocamento preparatorio dell'adozione. La mia
circolare del 10 dicembre 1900 indica alcuni dei provvedimenti che mi è parso necessario prendere per condurre una più attiva
politica di intervento a questo riguardo.
Per gli altri bambini, nonostante i progressi già
raggiunti, vanno compiuti ulteriori sforzi. La separazione è spesso vissuta dal bambino e dai genitori come un
intervento punitivo, cosa che rende difficile l'attuazione di un'azione
educativa efficace. Inoltre, la scelta delle soluzioni di collocamento spesso dipende più da concezioni teoriche,
da modelli o da rapporti stabiliti tra équipes che
si conoscono, che dai bisogni specifici di ogni famiglia. Infine, il problema
della qualità dei collocamenti non viene affrontato
dai servizi per l'infanzia: il controllo esercitato sugli istituti è
essenzialmente di tipo burocratico e la valutazione degli interventi di
affidamento familiare è molto imprecisa.
Per migliorare questa situazione vanno usati i
seguenti metodi.
1.2.1. Se il
bambino dev'essere allontanato, occorre innanzi
tutto evitare di provocare una frattura nella sua vita
A tale scopo vanno presi provvedimenti di due tipi:
1.2.1. - 1. Evitare
di sconvolgere la vita abituale dei bambini.
Ogni allontanamento dalla famiglia, di qualunque
tipo siano i motivi e le circostanze che l'hanno provocato, va analizzato come
un cambiamento che colpirà più o meno gravemente il
bambino. È dunque opportuno, nei casi in cui non vi siano
controindicazioni, cercare di mantenere e favorire i rapporti del bambino coi genitori. Va ricordato che solo il
giudice ha il potere di limitare il diritto dei genitori di
vedere il bambino. In seguito, nel corso dell'applicazione del piano educativo
familiare, occorre aiutare i genitori a riprendere con sé i figli ad
intervalli regolari, per esempio, durante le vacanze e nei
fine settimana. Si potrà, inoltre, rendere i genitori
partecipi della vita dei figli dando loro esaurienti informazioni sulla
scolarità, sulle attività, sugli svaghi, sull'evoluzione della personalità o su
eventuali modifiche apportate ai provvedimenti presi. Si potranno coinvolgere
responsabilmente i genitori facendoli contribuire al mantenimento dei figli, secondo modalità che fisserete, tenendo conto in particolare
delle loro possibilità economiche.
È inoltre preferibile evitare che la vita scolastica
e sociale del bambino subisca inutili cambiamenti.
Per quanto possibile i bambini collocati fuori dalla
famiglia devono poter continuare a frequentare la loro scuola e le loro
abituali attività di svago.
Tutto questo presuppone che mettiate a disposizione di ogni zona una gamma di adeguate possibilità di
collocamento pubbliche o private e che ricorriate, quando è possibile, ai
parenti o ai vicini di casa della famiglia prima di usufruire delle strutture
di aiuto sociale all'infanzia.
1.2.1 - 2. I
collocamenti devono essere valutati accuratamente.
I troppo numerosi interventi attuati con procedura d'urgenza dimostrano che spesso i provvedimenti di
prevenzione adottati non sono sufficienti. Tali interventi, non ben valutati,
spesso rappresentano solo una tappa dopo la quale il bambino verrà
nuovamente spostato.
Dovete vigilare affinché nel vostro dipartimento venga ridotto al massimo il numero degli interventi
affrettati, approntando adeguati strumenti di prevenzione.
La scelta del provvedimento da adottare deve
dipendere unicamente da una precisa valutazione dei bisogni della famiglia e
del bambino, tenendo conto delle soluzioni disponibili. Insisto vivamente
affinché tali decisioni non vengano prese in base
all'abitudine o a regole generali. Ad esempio, l'età di un bambino non è il
solo criterio da considerare nella scelta del tipo di sistemazione. Vi chiedo
anche di vigilare con scrupolo affinché i bambini del servizio di aiuto sociale all'infanzia non vengano affidati ai
Centri di educazione speciale (C.D.E.S.), se tale
provvedimento non è del tutto giustificato dalla loro situazione. Dovete,
invece, assicurarvi che i ricoveri in istituti per l'infanzia disadattata
(allegato 24 del decreto n. 5 - 284 del 3 marzo 1956) vengano
valutati preliminarmente da parte del C.D.E.S. oppure
siano espressamente richiesti da un giudice nell'ambito delle sue competenze.
Inoltre, dovete vigilare affinché si stabiliscano
stretti collegamenti tra le équipes che seguono le
famiglie, gli istituti e le famiglie affidatarie in modo che, al momento del
collocamento del bambino, quelli che lo avranno in carico lo
conoscano e possano elaborare un progetto educativo adeguato alla sua
situazione e favorire l'applicazione del piano di intervento sulla famiglia,
che è stato prestabilito.
1.2.1. - 3. Il
ritorno del bambino in famiglia deve essere attentamente preparato.
Dopo una separazione, che avrà condotto il bambino in
un ambiente familiare diverso o in un istituto, il suo ritorno presso i
genitori va preparato. È necessario prendere particolari precauzioni affinché
i rapporti si ristabiliscano e i genitori siano in
grado di affrontare le nuove responsabilità. Il ritorno del bambino in
famiglia dovrà essere preceduto da una valutazione approfondita della
situazione familiare per scegliere il momento più
opportuno e gli eventuali aiuti da fornire.
In ogni caso, qualche settimana dopo questo ritorno dovete verificare se il bambino e la famiglia hanno potuto
ristabilire un rapporto adeguato, se le loro condizioni di vita sono soddisfacenti
e non sia più necessario l'intervento dei vostri servizi.
1.2.2. Miglioramento
degli interventi di affidamento familiare
Parecchie circolari hanno già trattato dell'affidamento
familiare. Torno a chiedervi di vigilare affinché la selezione e la formazione
delle assistenti materne dell'aiuto sociale
all'infanzia vengano attuate in conformità alle indicazioni che vi sono state
trasmesse e costituiscano l'occasione di una più stretta collaborazione tra le équípes dei servizi di protezione materna e infantile, dell'aiuto
sociale all'infanzia e il servizio sociale polivalente.
Vi ricordo che questa formazione è un diritto
previsto dalla legge e che la qualità degli affidamenti
familiari effettuati dal servizio dipenderà dalla politica che condurrete in
questo campo. Chiedo dunque ai dipartimenti che non vi hanno ancora provveduto
di stanziare i fondi necessari a questa formazione per organizzare i seminari
di formazione previsti dalle mie precedenti istruzioni.
Va ricordato, inoltre, che le famiglie affidatarie
non possono esercitare le loro funzioni se non vengono
coinvolte nel piano d'intervento predisposto per il bambino e la sua famiglia.
Vi chiedo quindi di informare sempre le famiglie affidatarie su questo piano di intervento affinché siano poste nelle condizioni migliori
per esercitare il loro ruolo educativo, non solo nei confronti del bambino ma
anche della famiglia d'origine.
1.2.3. Gli
istituti a carattere sociale
Affinché questi servizi rispondano nel modo migliore ai
bisogni dei bambini e delle loro famiglie, in ogni dipartimento va definito un
serio programma operativo attraverso precisi accordi con i servizi interessati.
Tale programma operativo deve mirare alla salvaguardia, ogni volta che sia auspicabile, dei rapporti
tra genitori e figli e a fornire a questi ultimi condizioni di vita il più
possibile vicine al normale.
1.2.3. - 1. A questo scopo occorre che ogni zona disponga di un sufficiente numero di posti in strutture
assistenziali e che si operi affinché i bambini vengano collocati in prossimità
del loro luogo di residenza iniziale,
Dovete perciò provvedere ad
istituire una gamma di possibilità di collocamenti, sia di tipo pubblico
che privato, equilibratamente distribuiti in funzione della localizzazione dei
bisogni.
L'attuale situazione spesso varia notevolmente. In
molti dipartimenti la disponibilità di posti è concentrata in pochi istituti
grandi o molto grandi. Possono essere dei buoni
istituti grazie agli sforzi di chi li gestisce. Tuttavia, quando hanno più di
cinquanta posti, si rischia, nonostante questi sforzi, di offrire ai bambini
condizioni di vita poco soddisfacenti e di strapparli
dal loro ambiente di origine anche quando non è necessario.
La condizione di questi istituti va esaminata molto
accuratamente.
Vi ricordo inoltre che, in conformità alla legge
ospedaliera e alla legge relativa alle istituzioni
sociali e socio-sanitarie, la gestione dei pensionati deve essere trasferita
al più presto ai dipartimenti.
1.2.3. - 2. Onde evitare l'inutile moltiplicazione
del numero dei ricoveri verranno ampliate le
competenze dei focolari e dei pensionati per minori. Essi non devono più
essere considerati sistematicamente come istituzioni per il primo accoglimento
del bambino, prima dell'avvio ad una sistemazione più
stabile. Senza rinunciare, quando è necessario, alla loro funzione di pronto
intervento i focolari ed i pensionati per minori devono provvedere alle medie
e lunghe permanenze come gli istituti assistenziali
per l'infanzia. Anche questi ultimi svolgeranno un
ruolo più ampio accogliendo i casi urgenti delle zone di competenza.
1.2.3. - 3. Dovrete valutare con particolare attenzione il progetto educativo degli istituti. I bambini
vi devono trovare un modo di vivere che non sia in
netto contrasto con quello che conoscono, e che conosceranno all'esterno.
Nei casi in cui i genitori non possono mantenere
rapporti con figli istituzionalizzati si raccomanda
di provvedere a soggiorni in una famiglia durante i fine settimana o per le
vacanze, sia presso una assistente materna sia presso dei «padrini».
II
- MODALITÀ DI APPLICAZIONE DI QUESTI ORIENTAMENTI
Spetta a voi far tradurre in pratica questi orientamenti.
A tale scopo dovete predisporre le modalità concrete di applicazione,
che dipenderanno dalia situazione attuale del vostro dipartimento e dagli
obiettivi specifici che si ritiene di attribuire alla protezione sociale
dell'infanzia.
In questo modo si perverrà alla definizione di una
linea politica di intervento a livello dipartimentale
per l'assistenza sociale all'infanzia che dovrà venire elaborata attraverso una
larga partecipazione degli organismi interessati. Andranno consultati in
particolare i magistrati minorili e i delegati regionali dell'Educazione sorvegliata, tenendo conto che gli istituti ed i servizi
di loro
competenza devono essere considerati con particolare attenzione.
L'efficacia dell'azione a favore dei minori e delle
loro famiglie presuppone, inoltre, che la gestione
delle attività d'intervento venga decentrata in ambiti territoriali adeguati e
che la collaborazione degli operatori dei vari servizi venga organizzata
meglio.
2.1.
Elaborazione di una programmazione a
livello dipartimentale
2.1.1. Per favorire un costante adeguamento dei
servizi e delle istituzioni ai bisogni delle famiglie e dei minori, al
Direttore dipartimentale degli affari sanitari e sociali spetta il compito di
elaborare una programmazione a livello dipartimentale
e di proporlo al Prefetto affinché sia sottoposto al Consiglio generale per la
discussione e l'approvazione.
L'evoluzione della situazione demografica, sanitaria
e sociale del vostro dipartimento e il progressivo adeguamento ai bisogni dei
vostri metodi di intervento possono rendere
necessario un adattamento dei servizi e delle istituzioni esistenti.
2.1.2. Affinché tali trasformazioni vengano realizzate
nelle migliori condizioni è indispensabile che coloro
che li gestiscono e l'insieme delle persone coinvolte possano discuterne e
prepararvisi adeguatamente.
Insisto vivamente affinché partecipino all'elaborazione
di questa programmazione a livello dipartimentale i giudici
minorili, i delegati regionali dell'Educazione sorvegliata, le
associazioni che gestiscono servizi ed istituti, le associazioni dei genitori e
le organizzazioni professionali.
Nel corso degli incontri che organizzerete a questo scopo si potrà discutere, in particolare, dell'evoluzione
dei programmi di prevenzione e delle sue conseguenze sull'assistenza all'infanzia:
il posto occupato nel progetto dagli istituti e dalle famiglie affidatarie,
l'apertura di focolari e case per l'infanzia, la coerenza e il coordinamento
degli interventi dei diversi servizi e istituzioni, i metodi di valutazione
dei risultati.
Questa riflessione collettiva sulla
programmazione dipartimentale prevede il possesso da parte vostra di
strumenti di gestione sufficientemente precisi, tali da consentire una
conoscenza dell'evoluzione dei bisogni e del grado di adeguamento dei servizi
alle necessità delle famiglie che non poggi unicamente sui giudizi dei vari
operatori coinvolti. Nell'allegato 3 troverete indicazioni
complementari sul modo di elaborare uno schema di riferimento per il livello
dipartimentale.
Un'efficace attuazione di queste linee generali
d'intervento presuppone, come dimostrato dall'esperienza di alcuni
dipartimenti, che i vari servizi abbiano autonomia operativa e che il coordinamento
dei diversi operatori sia organizzato in un adeguato ambito territoriale.
2.2.
Il decentramento del servizio di aiuto sociale all'infanzia
2.2.1. Il
decentramento è indispensabile
I numerosi servizi ancora centralizzati non riescono
ad adempiere correttamente ai propri compiti. Ad
esempio, accade spesso che le decisioni per l'erogazione di sussidi economici,
l'attuazione di un intervento educativo in ambiente aperto, l'organizzazione di attività di tempo libero in un focolore
vengano prese dall'ispettore capo o addirittura dallo stesso Direttore del dipartimento.
Questo metodo comporta due serie di inconvenienti
molto gravi: innanzi tutto la lunghezza delle procedure burocratiche e la
molteplicità degli operatori che vi intervengono provocano un inutile
allungamento dei termini; infine il responsabile della decisione è troppo lontano
dalle famiglie per conoscere con precisione la loro situazione, per cui le
soluzioni adottate si adeguano più a regole generali o a consuetudini che ai
bisogni dei bambini e delle famiglie.
2.2.2. I
singoli provvedimenti, informati alle linee generali di intervento
preliminarmente definite, devono essere presi autonomamente
L'esperienza dei dipartimenti, in cui il potere
decisionale è decentrato, dimostra che il servizio
reso alle famiglie è migliore e che la ripartizione delle competenze tra i
vari operatori viene meglio assicurata.
Infatti, la risposta ai bisogni delle famiglie viene data da colui o coloro che conoscono nei dettagli la
situazione: l'aiuto fornito corrisponde meglio all'esatta natura delle
difficoltà incontrate.
Inoltre, i differenti ruoli degli operatori e dei
responsabili amministrativi sono meglio definiti. Infatti, i singoli
provvedimenti presi dagli operatori sono guidati
dalle linee prestabilite di politica assistenziale dell'infanzia del
dipartimento. I responsabili amministrativi devono seguire l'applicazione di
queste linee e controllarne l'adeguamento all'evoluzione dei bisogni della
popolazione.
2.3.
La cooperazione tra i diversi servizi
Le attività dei vari servizi e organismi di vostra competenza, che operano nel settore dell'assistenza
all'infanzia, vanno coordinate affinché rispondano meglio ai bisogni delle
famiglie. Queste ultime, spesso, presentano contemporaneamente difficoltà di
natura diversa che richiedono interventi pluridisciplinari.
L'assenza di collegamento tra i vari servizi
interessati conduce a seri inconvenienti. Innanzitutto,
la presa a carico è troppo spesso parziale: così, ad esempio, viene accordato
un semplice aiuto economico a genitori che non possono procurarsi risorse sufficienti
a causa dei problemi di salute del padre. Inoltre, gli interventi successivi di
servizi diversi, che operano senza trasmettersi le informazioni di cui
dispongono, non permettono di assicurare coerenza e
continuità alla presa in carico.
Va quindi posta particolare attenzione alla definizione
delle competenze dei vari operatori e alle modalità di organizzazione
della cooperazione e del coordinamento.
A tale scopo le zone socio-sanitarie devono essere
organizzate in modo da favorire il lavoro in équipe, necessario per la corretta
presa in carico dei bambini e delle famiglie.
È infatti in un ambito
geograficamente ristretto, la cui ampiezza spetta a voi determinare in funzione
delle caratteristiche del vostro dipartimento, che gli operatori appartenenti
a servizi e istituzioni diverse, hanno la possibilità di incontrarsi e di
abituarsi a coordinare i loro interventi.
* * *
Gli obiettivi generali di questo programma di assistenza all'infanzia e la completa applicazione dei
vari orientamenti, ricordati in questa circolare, sono ambiziosi. La loro
attuazione presuppone la collaborazione di tutti coloro
che attualmente operano in questo settore. A tale scopo
va avviata una profonda riflessione nei dipartimenti dove non è stato ancora
possibile definire delle linee generali di intervento.
Gli studi condotti in questi ultimi anni e le
esperienze avviate da alcuni dipartimenti dimostrano che una politica fondata
sulla disponibilità personale di tutti gli operatori consente di realizzare
notevoli progressi a beneficio dei bambini e delle loro famiglie.
Per elaborare e portare avanti questo progetto
dovrete usare decisione e perseveranza. Infatti il
compito é difficile, ma la posta in gioco è molto importante.
Prima del 1982 dovrete presentare al Ministero le
linee programmatiche che proponete, illustrando sia un'analisi dettagliata
della situazione, degli strumenti e delle attuali condizioni di funzionamento,
sia gli obiettivi da raggiungere e gli strumenti necessari.
Nei prossimi mesi saranno organizzate da voi e dai
vostri collaboratori, dalla Direzione dell'azione sociale e dalla Scuola
nazionale per la sanità pubblica seminari approfonditi di lavoro. Per contro, l'amministrazione
centrale fornirà il suo aiuto, quando occorre, soprattutto ponendo a vostra
disposizione la commissione pluridisciplinare che è
stata costituita.
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