Prospettive assistenziali, n. 57, gennaio - marzo 1982
SENTENZA DEL PRETORE
DI MILANO - ESTENSIONE DELLE PRESTAZIONI ECONOMICHE DI MATERNITA’ AGLI
AFFIDAMENTI NON ADOTTIVI
Il Pretore di Milano, Dott.ssa
Alba Chiavassa, Giudice del lavoro, pronunzia la
seguente sentenza nella causa n. 486/80 promossa da P.L., ricorrente, contro l'INAM, Istituto nazionale per l'assicurazione
contro le malattie, convenuto.
Oggetto: Pagamento prestazioni economiche di maternità.
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 22.1.80 P.L., dipendente della G.S.,
premesso:
- di aver ottenuto dal Tribunale per i minorenni con provvedimento 29.3.79, a seguito della
dichiarazione dello stato di abbandono, il collocamento provvisorio del minore
K.S., nato a Seoul il
15.6.75 e giunto in Italia l'8.3.79 ed affidato in pari data dal C.I.A.I. (Centro italiano per l'adozione internazionale);
- di aver ottenuto dal Tribunale per i minorenni di Milano l'11.7.79 l'affidamento preadottivo del bambino;
- di aver beneficiato dell'astensione dal lavoro fin dal momento dell'ingresso del minore in Italia e
dell'affidamento da parte del CIAI, senza peraltro percepire la retribuzione
del relativo periodo 8.3-6.6.79;
- di aver richiesto all'INAM le
prestazioni economiche di maternità ex art. 6 della legge 903/77 a decorrere dall'8.3.79, negatole dall'Istituto, nel presupposto
che dette prestazioni sono ricollegabili solo all'affidamento preadottivo e non già al collocamento provvisorio;
ha chiesto che il pretore condanni l'INAM a corrisponderle
le prestazioni economiche di maternità di cui all'art. 6 legge 903/77 a
decorrere dall'8.3.79, con interessi di legge.
Costituitosi in giudizio, l'INAM ha resistito alle
domande, invocando il dato letterale dell'art. 6 legge citata che, in relazione alla madre adottiva, prevede il diritto
all'astensione dal lavoro (ed al relativo trattamento economico e normativo)
per i 3 mesi successivi all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia solo
nei casi di adozione ordinaria o nei casi di affidamento preadottivo
ex art. 314/20 legge 431/67 per l'adozione speciale (con esclusione implicita
del diritto nei casi di affidamento provvisorio ex art. 314/6 legge 431/ 67).
L'INAM ha inoltre eccepito la genericità della
domanda («prestazioni economiche di maternità prevista dall'art.
6 legge 903/77»), tale da indurre a ritenere ricomprese
nella richiesta altresì le richieste connesse alla c.d. astensione facoltativa
(v. art. 6, 61 comma e art. 7 legge 903/77), da escludersi - in concreto -
avendo il minore superato i 3 anni di età.
L'Istituto convenuto ha, quindi, concluso
per la reiezione delle domande.
Esperito negativamente il tentativo di conciliazione, interrogate le parti, assunte prove testimoniali
ed acquisita documentazione ex art.. 411 c.p.c.,
all'odierna udienza il Pretore invitava i procuratori delle parti alla
discussione orale, previa precisazione della domanda attrice.
Discussa la causa da parte dei procuratori costituiti,
con precisazione del procuratore della ricorrente che
la domanda era da intendersi riferita solo all'indennità di maternità per i
primi tre mesi dall'ingresso del bambino nella famiglia (e quindi per il
periodo 8.3.79-8.6.79), il Pretore ha pronunciato la sentenza, come da
infrascritto dispositivo.
Motivi della decisione
P.L., a seguito di domanda di adozione, ha ottenuto dal
CIAI (Centro italiano per l'adozione internazionale) l'affidamento di K.S. (nato a Seoul il 15.6.75) in
data 8.3.79 (il giorno stesso dell'arrivo in Italia del bambino, cfr. doc. in atti testimonialmente confermati) a scopo di adozione.
Successivamente il Tribunale per i minorenni di Milano, con
provvedimento (in atti) 29.3.79 ha ordinato - ex art. 314/6 legge 431/67 - il
collocamento provvisorio del bambino presso i coniugi L.R.
e P.L. (attuale ricorrente) e, con provvedimento 11.7.79 (in atti), ne ha
disposto l'affidamento preadottivo - ex art. 314/20 legge
431/67.
È risultato in giudizio che
dall'8.3.79 all'8.6.79 P.L. si é astenuta dal lavoro,
senza percepire la retribuzione (v. doc. prodotto e
conforme dichiarazione del teste G. responsabile dell'ufficio stipendi della G.S., alle cui dipendenze lavora la ricorrente); pertanto
la ricorrente chiede il riconoscimento del diritto alle prestazioni economiche
per detto periodo nei confronti dell'INAM, negatole per via amministrativa.
Oggetto del presente giudizio è, dunque, l'accertamento
del diritto della lavoratrice al trattamento
economico connesso all'istituto dall'astensione (obbligatoria) dal lavoro,
qualora la stessa, in pendenza della procedura per l'adozione speciale, abbia
provvisoriamente ottenuto l'affidamento del bambino che intende adottare; si
tratta, cioè, di chiarire il significato e di definire l'esatta portata
dell'art. 6, 1° comma della legge 903/77, a norma del quale «Le lavoratrici che
(abbiano adottato bambini o che) li abbiano ottenuti
in affidamento preadottivo, ai sensi dell'art. 314/20
del codice civile, possono avvalersi, sempreché...
il bambino non abbia superato al momento (dell'adozione) o dell'affidamento i
sei anni di età, dell'astensione obbligatoria dal lavoro di cui all'articolo 4
lettera c) della legge 30 dicembre 1971 n. 1204, e del trattamento economico
relativo, durante i primi tre mesi successivi all'effettivo ingresso del
bambino nella famiglia (adottiva) o affidataria».
Occorre in proposito ricordare che la materia,
disciplinata in testo normativo dal legislatore del '77, aveva
già trovato riconoscimento e giuridica regolamentazione pur in vigenza
della precedente legge 1204/71, attraverso l'applicazione - in via estentiva ed analogica - delle disposizioni dettate in
relazione alla filiazione naturale.
Interpretando la legge del 1971 conformemente ai
principi costituzionali e secondo procedimenti ermeneutici positivamente previsti (art. 12 preleggi), la giurisprudenza aveva più volte applicato (estensivamente
ed analogicamente) alla lavoratrice madre adottiva od affidataria,
l'istituto della astensione (obbligatoria e facoltativa) dal lavoro, affermando
il principio della decorrenza di tale diritto-dovere della donna dal momento
dell'ingresso del bambino in famiglia, a prescindere dall'età dello stessa (e
dal suo stato di neonato) e dal tipo di provvedimento giurisdizionale (affidamento
provvisorio o preadottivo) in base al quale il
minore entra a far parte di un nucleo familiare (cfr.
fra le altre Pret. Milano 17.12.75; 23.9. 75; 31.10.75 in Riv.
Giu. Lav. 75, li, 1030; Pret. Bologna 12.1.77; 25.1.77; 26.1.77 in Riv.
Giu. Lav. 78, li, 276; Trib. Milano 25.1.77 in Or. 1977, 586 e Trib.
Milano 17.5.76 in Or., 76, 815; Pret.
Milano 1.7.76 in Or. 78, 600).
Lo stesso Istituto previdenziale aveva aderito a
detta impostazione, recependo le direttive del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale (cfr.
Circolare 212 del 16.1.74 su cui V. Pret. Bologna 25.1.77 citato).
Ed è proprio sulla scorta degli orientamenti espressi
in giurisprudenza, siccome ispirati alla Carta costituzionale
ed acquisiti alla coscienza sociale, che il legislatore del '77
recepisce in dato normativo i principi esposti, sancendo la facoltà della lavoratrice,
madre adottiva od affidataria, di astenersi dal
lavoro (alla pari della madre naturale) per assistere il bambino entrato a far
parte della sua famiglia, con ciò - al tempo stesso - contribuendo alla
parificazione legislativa della filiazione di ogni tipo (secondo la linea
tendenziale, che già aveva trovato espresso riconoscimento nella legge 151/75,
riforma del diritto di famiglia).
Se pertanto l'art. 6, 1° comma della legge 903/ 77 va
configurato quale positiva recezione
di principi giurisprudenziali consolidati, siccome espressione di evoluzione
sociale e di valori costituzionali, non può attribuirsi alla norma un'interpretazione
riduttiva (quale quella proposta dall'INAM) e confliggente
con la sua ratio, le sue finalità ed
i suoi precedenti storici.
Come rilevato dal Tribunale di Milano, in fattispecie
analoga alla presente (pur vigendo la disciplina di cui alla legge 1204/71) «i
termini del problema, e le relative implicazioni, non cambiano» nelle ipotesi di affidamento preadottivo
rispetto al caso di collocamento provvisorio; anche tale provvedimento è
all'evidenza adottato dal Tribunale per i minorenni «per assicurare al minore
la più completa assistenza durante i tempi tecnici necessari per lo
svolgimento della procedura di adozione, oltre che per consentire alla
competente autorità giudiziaria ogni opportuno accertamento in ordine alla
sussistenza, negli adottati, dei requisiti vigenti della legge» (cfr. Trib. Milano 7-30.11.78
causa INAM contro V.); e infatti - sia in caso di collocamento preadottivo - identiche ragioni si pongono per la «lavoratrice
madre affidataria di un bimbo neonato, o comunque in
tenera età, privo della madre naturale, essendo anch'egli ugualmente:.. bisognoso
di assistenza e cure materne ove si voglia concretamente garantire uno sviluppo
armonico ed una formazione il più possibile compiuta della propria personalità»
(v. Trib. Milano citato).
Con sentenza 9.11.78 (in Riv. Giu. Lav. 79, III, 162) il
Pretore di Roma ha sottolineato come per l'art. 6
legge 903/77 si riproponga l'identico problema interpretativo che si era già
posto la giurisprudenza sotto il vigore della precedente legge 1204/71: in
realtà lo spirito della legge 903/77 è quello di garantire ad un bimbo piccolo
privo della madre naturale l'assistenza, le cure materne, l'ambiente familiare
di cui abbisogna nel momento in cui fa il suo ingresso nella nuova famiglia e
queste ragioni sussistono anche se il bambino viene affidato in collocamento
provvisorio. Pertanto le considerazioni che giustificano una interpretazione
estensiva della legge 1204/71 possono ritenersi valide per analoghe interpretazioni
della legge 903/77.
Il Pretore non può che interamente riportarsi a detta
pronuncia anche alla luce dell'orientamento
giurisprudenziale di recente espresso dalla Suprema Corte (cfr.
Cass. n. 2673/79) che, dopo aver individuato nella
legge del '71 disposizioni tese alla tutela - diretta ed indiretta - del
minore (e di esigenze che «prescindono da una dipendenza fisiologica dalla
madre») e tale da giustificare l'applicazione (analogica) alle madri adottive
degli istituti della legge riferiti alla madre naturale, ha precisato come i
principi enunciati in relazione alla legge 1204/71 vengano avvalorati «sotto
più profili... anche dal contenuto della sopravvenuta legge 3 dicembre 1977 n.
903», tesa a perseguire «anch'essa direttamente l'interesse del bambino» nelle
disposizioni di cui agli artt. 6 e 7 (estensione alle
madri adottive degli stessi diritti delle madri naturali in
ordine all'astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro;
riconoscimento in capo al padre-adottivo e naturale della facoltà di avvalersi
dell'assenza facoltativa, in alternativa alla madre, sia per un periodo di 6
mesi entro il primo anno di vita del bambino, sia durante le malattie del bambino
di età inferiore ai 3 anni).
Se dunque (secondo quanto espresso dai giudici di merito
e di legittimità) la ratio della
legge 903/77 va ravvisata (nella parte relativa alla
maternità) nella tutela della madre sotto il profilo della funzione esercitata
e nella tutela dell'infanzia (assimilando «sotto il profilo dell'interesse del
minore, tutti i tipi di filiazione», cfr. Cass. citata), ne deriva che l'art. 6, 1° comma della legge 903/77
va applicato anche nelle ipotesi di «collocamento provvisorio» di un minore ex
art. 314/6 c.c. (pur non espressamente menzionato nella norma che fa
riferimento esclusivo all'art. 314/20 - affidamento preadottivo).
L'interpretazione testuale proposta dall'Istituto
convenuto renderebbe, da una parte, pressoché inapplicabile la norma (giacché «raramente
i provvedimenti di adozione o affidamento preadottivo coincidono con l'effettivo ingresso del bambino
nella famiglia adottiva: è prassi comune che durante il tempo necessario ad
esperire le formalità che precedono l'adozione o l'affidamento preadottivo, i Tribunali per i minorenni adottano. nell'interesse dello stesso minore, provvedimenti di
collocamento provvisorio del bambino in stato di abbandono presso la famiglia
che intende adottarlo» cfr. Pret.
Roma 9.11.78 citato) e, dall'altro, viziato da
illegittimità costituzionale (per contrasto con gli artt.
2, 3, 4, 30, 31, 35. 36, 37 Cost.) e confliggente
con la tutela - della madre e del bambino - legislativamente
sancita.
Una interpretazione estensiva della norma (su tale
procedimento ermeneutico v. Pret.
di Milano 31.10.78 in Or. Giu.
Lav. 79, 417) vale, invece, a renderla costituzionale
e logicamente aderente alle sue finalità ed alle sue
ragioni ispiratrici.
E invero il collocamento provvisorio, ordinato dal
giudice ex art. 314/6 c.c. si configura quale provvedimento, indispensabile ed
indifferibile, nell'interesse del minore, privo di assistenza,
onde il diniego - per tale ipotesi - del diritto della donna affidataria all'astensione dal lavoro determinerebbe l'elusione dell'ordine del magistrato, priverebbe
d'efficacia e vizierebbe al sorgere un provvedimento giurisdizionale, pur dettato
da motivi d'urgenza, vanificandone e pregiudicandone lo scopo di assistenza al
bambino, propugnato principalmente sia dalla legge 903/77 che dalla legge
151/75 ed improrogabilmente dalla 431/67 all'art. 314/6 c.c.
Né, poi, ovviamente è sostenibile che la donna
lavoratrice, ritenuta con atto giurisdizionale idonea all'affidamento
provvisorio e delegata dal giudice all'assistenza del bambino, possa comunque
astenersi dal lavoro per assolvere al compito
demandatole, con ciò rischiando (in contrasto con la Costituzione e la
legislazione in materia di maternità e parità) il pregiudizio della sua posizione
di lavoratrice (a causa di un eventuale recesso del datore) e comunque del
trattamento normativo (decorrenza ed esclusione degli istituti contrattuali
connessi all'astensione dal lavoro, come regolati per legge in ordine alla
madre lavoratrice) od economico del suo rapporto di lavoro (la corresponsione
della retribuzione - con natura alimentare - o dell'indennità di maternità
valgono a garantire alla donna e al bambino una esistenza libera e dignitosa -
art. 36 Cost.).
Ne deriva che, nel fuorviante rigore interpretativo,
proposto dall'INAM verrebbe vanificato un istituto di
legge, introducendosi anche un contrasto fra leggi ugualmente protettive e
tendenti allo stesso fine assistenziale. Escludendosi, inoltre, l'istituto in
esame (astensione obbligatoria) in caso di collocamento provvisorio di un minore, si verrebbe ad introdurre nel sistema una ulteriore
discriminazione nell'ambito della filiazione (adottiva) con riferimento alla
posizione (di lavoratrice) della madre, certamente esclusa dallo spirito della
legge 903/77.
Tali motivi impongono di ritenere ricompresa
nella previsione dell'art. 6, 1° comma della legge 903/77 anche l'ipotesi - pur
non espressa - del collocamento provvisorio ex art. 314/6 c.c., senza necessità, per giungere ad affermare detto
principio, del tramite di una pronuncia (peraltro interpretativa) della Corte
Costituzionale.
Il giudicante è d'avviso che, nella lettera della
norma in esame, è semplicemente riscontrabile (anziché una illegittima
esclusione) un mero difetto di coordinamento con la legislazione vigente in
materia di famiglia ed adozione (speciale), sanabile con una lettura, più ampia
e logica, della disposizione nel suo complesso (art. 12, 1° comma delle preleggi) al di là delle singole parole, da valutarsi
«secondo la connessione di esse» e la «intenzione del legislatore».
Sul punto una prima considerazione si
impone: è vero che l'art. 6, 1° comma citato menziona espressamente, in
ordine alla c.d. astensione obbligatoria dal lavoro per la madre affidataria, il provvedimento di affidamento preadottivo ex art. 314/20, ma è altrettanto vero che la
norma stabilisce la decorrenza del diritto relativo dall'effettivo ingresso del bambino in famiglia e per i primi tre mesi successivi a detto
momento.
Onde, per interpretare la disposizione alla lettera, si produrrebbero due effetti nei casi di affido preadottivo preceduto dal collocamento provvisorio: o
l'istituto dalla c.d. astensione obbligatoria diverrebbe inapplicabile, per
difetto di presupposti di legge (non vertendo più al momento dell'affidamento
nei primi 3 mesi dell'effettivo ingresso in famiglia del minore) o l'istituto
(e la concessa indennità all'80%) dovrebbe comunque decorrere dalla data
dell'affidamento preadottivo, con conseguente immutazione del titolo del diritto e del concesso
trattamento economico (dopo i primi 3 mesi dall'ingresso in famiglia del
bambino sorge per la madre il diritto all'astensione c.d. facoltativa e alla
connessa indennità di maternità al 30%): questo duplice effetto è certamente
escluso dall'istanza del legislatore e - presumibilmente - (in quanto non
convenientemente valutato) dall'Istituto assistenziale.
Un'altra osservazione giuridica consiste nel rilevare
il carattere prodromico del provvedimento ex art.
314/6 rispetto al provvedimento ex art. 314/20 c.c. (sottolineato
dal Pretore di Milano 1.7.78 in Or. Giur. Lav. 78, 800, con riferimenti ad altre pronunzie
giurisprudenziali).
L'adozione speciale, infatti, per i fini (ampi) e gli
effetti (irreversibili) che è diretta a realizzare (acquisizione dell'adottato
dello stato di figlio legittimo degli adottanti, cessazione dei rapporti con
la famiglia di origine) è regolata con complessa
procedura, in cui intervengono accertamenti e controlli sulla situazione del
minore e sulla condizione degli aspiranti genitori; in tale iter procedimentale è previsto il provvedimento di affido preadottivo (suscettibile - entro un anno di revoca a
seguita - nello stesso termine - di dichiarazione di adozione speciale) e,
nella stessa fattispecie che progressivamente si forma, si inquadra pure con il
c.d. affido o (collocamento) provvisorio, che vale ad anticipare - rispetto al bambino - gli effetti - assistenziali,
educativi e di inserimento - propri dell'affidamento preadottivo.
La considerazione del collocamento provvisorio,
quale provvedimento anticipatorio di
effetti necessari per la tutela del minore ed inerente alla stessa
procedura di legge diretta all'adozione speciale, comporta che la relativa fase
(ex art. 314/6 c.c. eventuale e non astrattamente necessaria, se pur frequente
nella pratica), una volta verificatasi in concreto, viene a condividere la
natura ed a partecipare alla disciplina normativa dettata per l'affido preadottivo. L'affidamento provvisorio assume dunque pari
valore giuridico del preadottivo in
relazione al fine assistenziale ed ai mezzi predisposti per la sua
realizzazione, beneficiando degli effetti connessi.
Onde è l'ingresso effettivo
del bambino in nucleo familiare, comunque avvenuto (purché a seguito di
provvedimento giurisdizionale, ex lege previsto) a
determinare il sorgere del diritto-dovere della donna lavoratrice
all'astensione dal lalavoro ed alla erogazione della relativa indennità di
maternità.
Soccorre, infine, in tal senso un ultimo rilievo,
ricavabile dalla complessiva normativa di cui agli artt.
6 e 7 della legge 903/77 (e leggi richiamate), con
particolare riferimento all'età del bambino considerata dal legislatore per
l'applicazione degli istituti che facoltizzano
l'astensione dal lavoro. Mentre, infatti, l'astensione facoltativa (nel primo
anno di vita del neonato o nel primo anno dell'ingresso in famiglia) e le
assenze per le malattie del bambino sono autorizzate dalla legge solo fino al
compimento di 3 anni di età del minore, la c.d.
astensione dal lavoro obbligatoria per i primi 3 mesi è fruibile finché il
bambino - adottato od ottenuto in affidamento - «non abbia superato... i sei
anni di età».
Sotto il primo aspetto si ha dunque una completa
parificazione del figlio naturale ed adottivo, infratreenne
ma già inserito in un nucleo familiare con devoluzione ai genitori delle
valutazioni delle esigenze di assistenza e cura del
bambino anche in considerazione delle condizioni di famiglia; sotto il secondo
aspetto vi è una presunzione di bisogno della madre da parte del bambino
stesso (anche ultratreenne, se adottivo) per i primi
3 mesi dall'ingresso in famiglia, verificatosi vuoi con la nascita (per il
figlio naturale), vuoi con l'inserimento in un nuovo nucleo (per il figlio
adottivo, col limite dei 6 anni di età, fissato dalla legge anche a
contemperamento delle esigenze di madre e bambino da un lato e di datore di
lavoro ed istituto previdenziale dall'altro).
La legge presume, dunque, uguale esigenza di assistenza materna del bambino neonato - al momento della
nascita - e del bambino adottivo (infraseienne) nel
momento dell'affidamento e dell'ingresso in un nucleo familiare.
Per tutti tali motivi la
domanda va accolta, col riconoscimento del diritto della P.L. all'astensione
dal lavoro ed al trattamento obbligatorio di maternità (all'80%) concesso, a
decorrere dalla data del provvedimento di collocamento provvisorio, adottato dal
Tribunale per i minorenni il 29.3.79.
La domanda non può essere accolta in relazione al precedente affidamento, disposto dal CIAI il 6.3.79,
da ritenersi di puro fatto e privo di valore giuridico, in quanto il Centro
stesso (associazione di fatto) in difetto di riconoscimento giuridico (v. teste
M.) si pone, con riguardo all'affidamento quale un qualsiasi privato ed atteso
che l'attività posta in essere dal CIAI (e così l'atto di assegnazione del
bambino K.S. alla P.L. ed al suo coniuge) è avvenuta
senza controlli ed accertamenti da parte degli Organi dello Stato, preposti
al compito, ed esula dai limiti stabiliti dalla disciplina normativa, di cui
non integra alcuna fattispecie (il documento acquisito al giudizio, a seguito
di deposizione testimoniale della segretaria del Centro, porta la data
6.11.79, e non è quindi idoneo ad attestare devoluzione di compiti al Centro
da parte del Magistrato, in data antecedente all'affido disposto dal Tribunale
per i minorenni il 29.3.79).
L'INAM va pertanto condannato a corrispondere alla
ricorrente l'indennità di maternità, pari all'80% di retribuzione, per il
periodo decorrente dal 29.3.79 all'8.6.79, nonché a
rifonderle le spese di lite, conseguenti alla soccombenza,
liquidate come da dispositivo.
La sentenza è per legge esecutiva
P.Q.M. Il Pretore
condanna l'INAM a corrispondere alla ricorrente l'indennità
giornaliera di maternità, pari all'80% della retribuzione, per il periodo decorrente
dal 29.3.79 all'8.6.79, nonché a rifonderle le spese di lite, liquidate in L. 300.000.
Dichiara la sentenza provvisoriamente esecutiva.
Milano 30.5.80
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