Prospettive assistenziali, n. 57
bis, gennaio - marzo 1982
ALLEGATI
ALLEGATO N. 1
GIUSEPPE FRANCHI - Ordinario di Istituzioni di Diritto Privato all'Università di Venezia
Quando si parla di adozione
internazionale ci si riferisce a un aspetto tecnico, costituito dalla
disciplina normativa vigente in tema di giurisdizione italiana, di legge
applicabile e di effetti delle adozioni straniere, e a un aspetto latu sensu
politico, consistente nel giudizio di convenienza relativo all'emigrazione dei
minori italiani e alla immigrazione di minori stranieri per via di adozione.
Affrontiamo subito in breve (e semplificando al
massimo) l'aspetto tecnico-giuridico attuale. Innanzi tutto il giudice italiano
ha il potere di provvedere sull'istanza di adozione
ordinaria presentata da un residente in Italia, italiano o straniero che sia,
riguardante un minore straniero, residente o no. Non
esiste una norma apposita che affermi la giurisdizione italiana nei confronti
dell'adottando straniero non residente, ma la lacuna viene colmata utilizzando
per la giurisdizione la norma di competenza interna contenuta nell'art. 311 cod.civ., che indica come luogo rilevante la residenza
dell'adottante.
Il cittadino italiano non residente può rivolgersi,
per ottenere un decreto di adozione, al giudice della
sua ultima residenza in Italia o in difetto a quello di Roma, in base all'art.
33 legge consolare (DPR 5 gennaio 1967 n. 22).
Il giudice italiano applica la legge dell'adottante,
nella cui famiglia entra l'adottando, ma i consensi dei rappresentanti legali
del minore ed eventualmente dell'autorità pubblica locale vanno presentati seguendo la legge dell'adottando. Questa è la soluzione che
si ritiene più ragionevole per il diritto italiano. Si deve tener presente che
da noi manca una norma apposita per la legge
applicabile alle adozioni in cui siano interessati gli stranieri, a differenza
di quanto accade in altri ordinamenti. Se si scegliesse il
criterio di esigere che l'adozione corrisponda sia ai requisiti previsti dalla
legge dell'adottante che a quelli previsti dalla legge dell'adottato, le
adozioni internazionali diverrebbero molto difficili. Se al contrario si applicasse la sola legge dell'adottante si mortificherebbero
la famiglia e la patria dell'adottando. Va precisato che l'art. 20 secondo
comma Disp. Prel. cod. civ., che rinvia alla sola legge
dell'adottante, non riguarda le condizioni dell'adozione ma i suoi effetti.
Se viene chiesta l'adozione
speciale di un minore residente, in particolare di uno straniero, si applica
la giurisdizione italiana, poiché in Italia è il luogo ove il minore
abbandonato si trova. Questo criterio è dettato per la competenza interna
(art. 314/4, 314/20, 314/24 cod. civ.), ma si estende
alla giurisdizione in difetto di un'apposita disposizione.
La legge applicabile per la dichiarazione di adottabilità è quella
italiana, perché è nel territorio italiano che si deve provvedere
all'assistenza materiale e morale dei minori abbandonati. Poiché tuttavia
l'eliminazione non contingente dell'abbandono avviene con l'affidamento preadottivo, che segue alla domanda di adozione
speciale, si deve ritenere che anche le condizioni dell'adozione speciale sono
fissate dalla legge italiana. È stato detto in proposito che le norme
sull'adozione speciale sono di applicazione
necessaria, che cioè non è ammesso rinvio ad una legge straniera per le
condizioni di questo tipo di adozione. La verità è che, mentre l'adozione
ordinaria può considerarsi in qualche modo il tipo generale di
adozione, l'adozione speciale non trova corrispondenza per la sua
disciplina nelle adozioni straniere, anche se legittimanti. La domanda di adozione speciale si risolve quindi nella richiesta di
applicazione delle norme italiane che la prevedono.
Quel che si è ora detto è probabilmente corretto da un punto di vista formale, ma non elimina una
difficoltà. Lo Stato a cui il minore appartiene per cittadinanza deve pur
essere messo in grado di provvedere direttamente a toglierlo dalla situazione di abbandono in un tempo ragionevole, se è vero che anche
per i minorenni la cittadinanza conta: sarebbe perciò opportuno realizzare un
sistema che contemperi le esigenze del minore con quelle delle comunità
interessate aventi titolo a interpellarle e a soddisfarle.
A queste osservazioni sulla nascita dello stato
adottivo va aggiunta la menzione della legge applicabile al rapporto che ne
nasce. È stato già detto che i rapporti tra adottante
e adottato sono regolati dalla legge nazionale dell'adottante al tempo
dell'adozione (art. 20 cit. Disp. Prel.
cod. civ.). Ciò però significa che l'adozione ordinaria chiesta in Italia da un
cittadino britannico dà luogo a una adozione
legittimante, unica conosciuta nel Regno Unito, mentre l'adozione speciale chiesta
in Italia da uno straniero la cui legge ignori l'adozione (un saudita per
esempio) non dovrebbe sortire, almeno in Italia, alcun effetto. Queste
situazioni potrebbero eliminarsi escludendo la validità delle stesse adozioni
ed esigendo cioè che l'adottante provi la
compatibilità degli effetti previsti dalla sua legge con quelli previsti dalla
legge italiana. Ma un simile requisito non è posto da
alcuna norma.
Un altro rimedio potrebbe essere quello di attribuire ad ogni adozione richiesta da uno straniero
gli effetti che la legge italiana, cioè del luogo della pronuncia, indica. Ma
anche in proposito manca una norma, anche se la prassi tende all'applicazione
per ogni tipo di adozione dell'unica legge locale.
Conviene ora affrontare il tema degli effetti in
Italia di un provvedimento straniero di adozione. Il
provvedimento di adozione di un italiano pronunciato
all'estero deve, come quello pronunciato in Italia, essere annotato in margine
all'atto di nascita (art. 88 Ord. stato
civile), con avvertenza che gli atti di nascita all'estero sono trascritti nel
territorio della Repubblica (art. 51 Ord. stato civile e 8 legge consolare). Perché l'annotazione
avvenga occorre la delibazione, senza della quale l'atto non può ricevere
attuazione in Italia (art. 801 in relazione al 796
primo comma cod. proc. civ.). Se peraltro il minore
ha un passaporto estero non sembra che il fatto di
essere nato italiano gli impedisca di entrare e di uscire dal territorio della
Repubblica.
Nessuno pensa che il provvedimento di
adozione riguardante stranieri, anche di diversa cittadinanza, ed
emanato all'estero, debba essere delibato. Anche se la cosa è meno evidente è
da escludere che alla stregua delle disposizioni vigenti il provvedimento
estero di adozione ottenuto da un cittadino italiano
nei confronti di un minore straniero vada delibato, mancando la norma.
Ci deve ben essere una spiegazione
per questa dilatazione nell'uso dello strumento della delibazione nel
nostro paese. La risposta non è difficile, anche se bipartita. Gli esempi di adozioni all'estero da parte di persone che nessun
Tribunale dei minorenni avrebbe giudicato idonee a divenire genitori adottivi
in Italia ha evidenziato la necessità di un controllo, data la scarsa fiducia
nell'applicazione rigorosa della legge e nel rispetto delle persone da parte
delle autorità dello Stato di provenienza del minore. Ma l'ordinamento
italiano non offriva alcun altro modello di atti di
controllo di provvedimenti stranieri emanati dall'autorità giudiziaria che la
delibazione. Si è pertanto ricorsi ad essa in mancanza
di meglio, senza però che si verificasse quel fenomeno di penetrante controllo
del provvedimento straniero, oltre i limiti fissati dalla legge italiana, cui
avevano dato luogo le sentenze straniere di annullamento e scioglimento del
matrimonio prima del 1970. Le Corti d'Appello al contrario, chiamate
a questo nuova compito quando ormai la rigorosa giurisprudenza matrimoniale
aveva cambiato spirito, seguirono le norme dettate per la delibazione delle
sentenze in genere, senza cogliere, perché non lo potevano, né il profilo
della legge applicata dal giudice straniero, né quello della fondatezza nel
merita del provvedimento adottivo. I privati si accorsero ben presto che la
delibazione era innocua e si affrettarono ad utilizzarla come una garanzia per
il futuro di sottrazione del provvedimento adottivo straniero a possibili contestazioni. In altri termini l'inesistenza di un mezzo
di controllo favoriva la delibazione, l'inefficienza del
controllo ne consolidava la fortuna. La conseguenza che se ne deve
trarre è la sostituzione dello strumento inadatto con uno strumento
efficiente. La prima condizione per raggiungere questo obiettivo
è data dall'eliminazione del termine stesso di delibazione, legato, nella sua
accezione comune, al divieto di riesame nel merito del provvedimento
straniero.
Abbiamo parlato prima di aspetto
politico. Le proposte fatte nei progetti partono dall'idea che lo Stato debba favorire l'inserimento del minore in una famiglia
normale, perché questo inserimento è preferibile all'assenza della famiglia, e
che una famiglia lontana è anch'essa una soluzione migliore del nulla o
dell'attesa troppo prolungata, purché la lontananza non significhi una ridotta
capacità di comprendere o, per altro verso, sia di ostacolo alla necessità di
controllare l'idoneità degli aspiranti alla funzione di genitori adottivi. Se
questo è vero occorre che gli adottanti lontani non siano valutati solo dal
giudice straniero e dal rappresentante legale del minore, ma anche dal
Tribunale dei minorenni, in attesa che si formino in
Italia organi delle comunità locali che siano affidabili. S'intende che il
giudizio del Tribunale dei minorenni non è necessariamente il rifacimento
dell'indagine altrui, ma solo un ponderato consenso che diventi un presupposto
del provvedimento straniero.
Non ci sembra che sia qui la sede per sviluppare più
ampiamente il tema delle adozioni internazionali passive, che pure hanno dato
luogo anche all'estero a una cospicua letteratura,
occasionata dalle adozioni di bambini italiani e tedeschi da parte degli
americani. Per quanto riguarda le adozioni internazionali attive quelle che possono
farsi in Italia interessano solamente per gli auspicabili stretti contatti con
lo Stato di provenienza del minore. Allo stato attuale la
provenienza dell'adottando da uno Stato piuttosto che da un altro sembra
indifferente. Tuttavia se si farà strada l'idea
che l'adozione internazionale implica anche una responsabilità culturale
specifica degli adottanti, è possibile che si ritenga conveniente privilegiare
le adozioni di minori che appartengono a popoli che possono essere meglio capiti
dagli italiani in genere e dall'italiano medio e che sono disposti a far
conoscere il loro patrimonio spirituale.
Quanto alle adozioni disposte
all'estero un modo di selezionarle sul piano formale sarebbe quello di esigere
che l'autorità richiesta dell'adozione e che la dispone appartenga allo Stato
di cittadinanza o di residenza dell'adottante. Gli italiani allora non potrebbero utilizzare
un'adozione ottenuta all'estero per introdurre in Italia i figli adottivi,
salvo che avessero nello Stato della pronuncia e da un certo tempo la loro
residenza. La soluzione indicata sarebbe equa ma
prescinde dal l'atteggiamento di quegli Stati esteri che ritengono di dovere
provvedere in via esclusiva alla pronuncia di adozione dei propri cittadini
minorenni. A evitare ostacoli formali e di principio
sarebbe sufficiente ammettere l'adozione all'estero da parte di italiani anche
non residenti nello Stato della pronuncia, a condizione che l'autorità
giudiziaria italiana sia messa in grado di prestare il consenso al
provvedimento del magistrato o dell'amministrazione straniera, un consenso che
le convenzioni bilaterali a livello ministeriale tra gli Stati interessati
potrebbero definire nelle modalità e che, in ogni caso, dovrebbe cadere sull'idoneità
degli adulti aspiranti.
In definitiva il criterio da accogliere nella nuova
legge italiana dovrebbe essere quello del foro
alternativo dell'adottando o dell'adottato, purché l'autorità del foro non
utilizzato sia messa in grado di valutare la convenienza per il minore sotto il
profilo dell'idoneità degli adulti. In sintesi nulla impedisce che la ricerca di
un figlio da parte di un italiano venga soddisfatta
dall'atto provvedimentale definitivo dell'autorità
del luogo ove il minore si trova, purché ciò non costituisca un modo per
sfuggire ai più severi controlli in patria.
Le osservazioni che precedono vogliono segnalare
tappe e difficoltà di una nuova disciplina della
materia. Si tratta di completare le lacune della legislazione vigente, ma
evitando di affrontare problemi paralizzanti. Per esempio quello della legge
applicabile all'adozione rischia di suscitare discussioni
teoriche sproporzionate rispetto alle esigenze concrete da soddisfare.
L'importante è ottenere risultati pratici e quindi abbinare i problemi
giuridici dell'adozione a quelli empirici dell'attraversa
mento dei confini da parte dei minori, soli e accompagnati. Naturalmente anche
la pratica deve trovare ispirazione nell'esatta individuazione della politica
che lo Stato vuole adottare in materia. Occorre che si individuino
i valori dell'adozione dei bimbi stranieri e di quella interrazziale, o nel
preambolo della legge nuova o nella relazione dei proponenti o nell'interno di
una norma di principio. Particolare importanza dovrebbero assumere gli
accordi tra l'Italia e i singoli Stati disposti a far emigrare i minori a scopo
di adozione. Questi accordi possono concludersi più facilmente tra le amministrazioni centrali,
ma naturalmente occorre che sia la legge, almeno in Italia, a conferire
all'amministrazione i poteri relativi a quello di tradurre il contenuto
dell'accordo in una disposizione a livello regolamentare.
Ulteriori interrogativi ma anche ulteriori chiarimenti
potranno venire dall'esame del testo preparato per la nuova disciplina.
ALLEGATO N. 2
PROPOSTE DI LEGGE SULL'ADOZIONE DI
MINORI STRANIERI
estratto
da Prospettive Assistenziali n. 55
Sull'adozione di minori stranieri sono state
presentate alla Camera dei Deputati le seguenti proposte di legge:
- On. Molineri
e altri parlamentari del PCI, n. 2514 del 7 aprile 1981 «Norme relative all'adozione
di minori stranieri»;
- On. Garavaglia della DC,
n. 2538 del 15 aprile 1981 «Norme sull'adozione in Italia di
minori stranieri».
Nel pubblicare il testo delle due proposte, molto
simili, auspichiamo che la materia sia il più presto regolamentata nell'ambito
della riforma della legge sull'adozione speciale, attualmente
in discussione presso la Commissione Giustizia del Senato, al fine di eliminare
il dilagante mercato dei bambini stranieri e di assicurare ai minori stessi una
idonea tutela giuridica.
TESTO DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 2514
Art. 1
(Adozione di minori
stranieri in Italia).
L'adozione in Italia di minori stranieri da parte di
cittadini italiani avviene alle condizioni e nelle norme prescritte dagli
articoli 314/2 e seguenti del codice civile.
Territorialmente competente è il Tribunale per i
minorenni del luogo di residenza degli aspiranti
genitori adottivi.
I provvedimenti stranieri di affidamento
del minore ai fini di adozione o comunque di ingresso in una nuova famiglia,
se preceduti da accertamenti effettuati dal Tribunale per i minorenni di
residenza degli adottanti di cui al comma primo, hanno l'effetto di un affidamento
preadottivo e implicano la constatazione
dell'adottabilità del minore.
Art. 2
(Adozione di minori
stranieri all'estero).
L'adozione all'estero da parte di cittadini residenti in Italia di minori stranieri non consente
l'ingresso di questi ultimi nel territorio italiano senza previo accertamento
da parte del Tribunale per i minorenni del luogo di residenza degli adottanti
dell'esistenza dei requisiti di cui all'articolo 314/2 del codice civile.
L'efficacia dei provvedimenti stranieri di adozione è pronunciata dal Tribunale per i minorenni, di
cui al comma precedente, dopo un anno di permanenza del minore in Italia
presso gli adottanti. Questa pronuncia ha in Italia tutti
gli effetti previsti dalla legge 5 giugno 1967, n. 431.
Se durante tale periodo si rilevano gravi difficoltà
di inserimento il Tribunale per i minorenni può
provvedere a una nuova e idonea collocazione del minore.
Nel caso di coppie italiane residenti stabilmente
all'estero da oltre un anno, gli accertamenti saranno compiuti dall'Autorità
consolare italiana utilizzando servizi e specialisti del luogo e assumendo
informazioni presso i servizi dei comuni in cui gli adottanti sono vissuti.
Per gli adottanti italiani residenti all'estero il termine di cui al secondo comma decorre dal
momento dell'entrata del minore nella nuova famiglia adottiva.
Se gli adottanti risiedono all'estero, competente è il Tribunale per i minorenni di Roma.
Il provvedimento di cui al secondo comma è
pronunciato in Camera di Consiglio.
Art. 3
(Ingresso in Italia
di minorenni stranieri).
L'ingresso nel territorio italiano di minori stranieri
di età inferiore agli anni otto non accompagnati dai
genitori o da parenti fino al quarto grado, cittadini stranieri, non può
avvenire senza l'autorizzazione del Tribunale per i minorenni del luogo di
prevista destinazione.
Il visto di ingresso è
concesso dall'autorità consolare del luogo di provenienza del minore dietro
presentazione di un documento dell'autorità locale da cui risulti il rispetto
delle norme di legge in vigore, relative all'affidamento e all'espatrio del
minore e dell'autorizzazione del Tribunale per i minorenni di cui al comma
precedente.
L'autorizzazione del Tribunale per i minorenni non è
necessaria per gli ingressi a scopo turistico e per altri motivi, sempre che
la permanenza in Italia non sia superiore ai tre mesi.
Nel caso in cui si chieda il rinnovo del permesso di
soggiorno, esso è concesso dietro autorizzazione del Tribunale per i minorenni
ove il minore si trova.
I provvedimenti stranieri che riguardano figli di ignoti o di genitori privati della potestà parentale o di genitori consenzienti o irreperibili, ma
che sono stati emanati senza interpello del Tribunale per í minorenni
sull'idoneità degli aspiranti genitori adottivi, implicano solo la constatazione
dell'adottabilità del minore.
Art. 4
L'autorizzazione del Tribunale per i minorenni,
disposta con decreto in Camera di Consiglio non reclamabile, per i minori che
entrano in Italia a scopo di adozione e di minori
stranieri adottati nel loro Paese di origine da coniugi cittadini italiani, è
concessa dopo la verifica dell'esistenza dei principi inderogabili di cui agli
articoli 1 e 2.
Art. 5
Nel caso in cui durante il periodo di
affidamento preadottivo, anche in presenza
dell'autorizzazione del Tribunale per i minorenni all'ingresso del minore, si
verificasse l'inidoneità della coppia alla adozione, il Tribunale per i
minorenni provvede all'allontanamento del minore dalla suddetta famiglia e
alla sua idonea sistemazione in altra famiglia adottiva.
Art. 6
La segnalazione di cui all'articolo 314/5 del codice
civile è estesa ai minori stranieri che si trovano in Italia in situazione di abbandono.
Negli elenchi di cui all'articolo 314/5 del codice civile devono essere inseriti anche i minori
stranieri ricoverati presso istituzioni pubbliche o private di protezione o di
assistenza all'infanzia.
Art. 7
Decorso il periodo di affidamento
preadottivo previsto dall'articolo 314/24 del codice
civile, il Tribunale per i minorenni procede alla pronunzia definitiva
dell'adozione speciale.
Art. 8
Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente
legge, il Ministro degli esteri provvede a comunicare
ai Paesi stranieri le norme di cui alla presente legge.
Art. 9
Il Presidente del Consiglio dei ministri è autorizzato
con propri decreti a:
1) autorizzare enti pubblici o altre organizzazioni,
di comprovata serietà e capacità allo svolgimento delle attività di assistenza, alle pratiche di adozione di minori
stranieri;
2) stabilire contatti e collegamenti con autorità
straniere;
3) istituire presso il Ministero degli esteri un
ufficio incaricato di provvedere al controllo degli enti o
organizzazioni di cui al numero 1).
Art. 10
Chiunque concorra all'ingresso di
minori stranieri in Italia, in violazione di quanto previsto dalla presente
legge, è punito con la reclusione fino a 3 anni.
Alla condanna per il reato di cui al primo comma,
segue l'inabilitazione all'adozione speciale e allo svolgimento delle funzioni
tutelari.
Art. 11
L'articolo 801 del codice di procedura civile non si
applica a quanto previsto dalla presente legge.
TESTO DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 2538
Art. 1
(Adozione di minori
stranieri in Italia).
Nel preminente interesse del minore, l'adozione in Italia di minori stranieri da parte dei cittadini
italiani avviene alle condizioni e nelle forme prescritte dagli articoli 314/12
e seguenti del codice civile.
Il Tribunale per i minorenni
competente è quello del luogo di
residenza degli aspiranti genitori adottivi.
I provvedimenti stranieri di affidamento
del minore ai fini di adozione o comunque di affidamento definitivo a una
nuova famiglia hanno l'effetto di un affidamento preadottivo
e implicano la constatazione dell'adottabilità del minore solamente se
preceduti dalla dichiarazione del Tribunale per i minorenni del luogo di
residenza degli adottanti, di cui al comma primo del presente articolo, che
sussistono le condizioni cui agli articoli 314/2 e seguenti del codice civile.
Art. 2
(Adozione di minori stranieri
all'estero).
L'adozione all'estero da parte di cittadini residenti in Italia di minori stranieri non consente
l'ingresso di questi ultimi nel territorio italiano senza previa dichiarazione
da parte del Tribunale per i minorenni del luogo di residenza degli adottanti
dell'esistenza dei requisiti di cui all'articolo 314/2 del codice civile.
L'efficacia dei provvedimenti stranieri di adozione è pronunciata dal Tribunale per i minorenni, di
cui al comma precedente, dopo un anno di permanenza del minore in Italia
presso gli adottanti. Questa pronuncia ha in Italia tutti
gli effetti previsti dalla legge 5 giugno 1967, n. 431.
Se durante tale periodo si rilevano gravi difficoltà
di inserimento, il Tribunale per i minorenni può
provvedere a una nuova e idonea collocazione del minore.
Nel caso di coppie italiane residenti stabilmente
all'estero da oltre un anno, gli accertamenti saranno compiuti dall'autorità
consolare italiana, utilizzando servizi e specialisti del luogo e assumendo
informazioni presso i servizi dei comuni in cui gli adottanti sono vissuti.
Per gli adottanti italiani residenti all'estero il termine di cui al comma secondo decorre dal momento
dell'entrata del minore nella nuova famiglia adottiva.
Se gli adottanti risiedono all'estero, competente è il Tribunale per i minorenni di Roma.
Il provvedimento di cui al secondo comma del presente
articolo è pronunciato in camera di consiglio.
Art. 3
L'ingresso nel territorio italiano di minori stranieri
di età inferiore agli anni otto non accompagnati dai
genitori o parenti cittadini stranieri, non può avvenire senza l'autorizzazione
del Tribunale per i minorenni del luogo di prevista destinazione.
Il visto di ingresso è
concesso dall'autorità consolare del luogo di provenienza del minore dietro
presentazione di un documento dell'autorità locale da cui risulta il rispetto
delle norme di legge in vigore, relative all'affidamento e all'espatrio del
minore e dell'autorizzazione del Tribunale per i minorenni, di cui al comma precedente.
L'autorizzazione del Tribunale per i minorenni non è
necessaria per gli ingressi a scopo turistico e per altri motivi, sempre che
la permanenza in Italia non sia superiore ai tre mesi.
Nel caso in cui si chieda il rinnovo del permesso di
soggiorno, esso è concesso dietro autorizzazione del Tribunale per i minorenni
ove il minore si trova.
I provvedimenti stranieri, di cui agli articoli 1 e
2, che riguardano figli di ignoti o genitori privati
della potestà parentale, di genitori consenzienti o
irreperibili, che sono stati emanati senza interpello del Tribunale per i
minorenni sulla idoneità degli aspiranti genitori adottivi, sono ritenuti
equivalenti alla dichiarazione di adottabilità del minore con decreto del
Tribunale per i minorenni disposto in camera di consiglio non reclamabile.
Art. 4
L'autorizzazione del Tribunale per i minorenni,
disposta con decreto in camera di consiglio non reclamabile, per í minori che
entrano in Italia a scopo di adozione e di minori
stranieri adottati nel loro paese di origine, da coniugi cittadini italiani, è
concessa dopo la verifica dell'esistenza dei principi inderogabili di cui agli
articoli 1 e 2.
Art. 5
Nel caso in cui durante il periodo di
affidamento preadottivo, anche in presenza
dell'autorizzazione del Tribunale per i minorenni all'ingresso del minore, si
verificasse l'inidoneità della coppia all'adozione, il Tribunale per i
minorenni provvede al l'allontanamento del minore dalla suddetta famiglia e
alla sua idonea sistemazione in altra famiglia adottiva.
Art. 6
La segnalazione di cui all'articolo 314/5 del codice
civile è estesa ai minori stranieri che si trovano in Italia in situazione di abbandono.
Negli elenchi di cui all'articolo 314/4 del codice
civile devono essere inseriti anche i minori stranieri ricoverati presso
istituzioni pubbliche o private di protezione o di assistenza
all'infanzia.
Art. 7
Decorso il periodo di affidamento
preadottivo previsto dall'articolo 314/24 del codice
civile, il Tribunale per i minorenni procede alla pronunzia definitiva
dell'adozione speciale.
Art. 8
Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente
legge, il Ministero degli esteri provvede a comunicare
ai Paesi stranieri le norme di cui alla presente legge.
Art. 9
Il Presidente del Consiglio dei ministri è autorizzato
con propri decreti a:
1) autorizzare enti pubblici e organizzazioni private
di comprovata serietà e capacità allo svolgimento delle attività di assistenza alle pratiche di adozione di minori stranieri;
2) stabilire contatti e collegamenti con autorità
straniere;
3) istituire presso il Ministero degli esteri un
ufficio incaricato di provvedere al controllo degli enti o
organizzazioni di cui al comma primo.
Art. 10
Coloro che collaborano sotto qualsiasi forma
all'ingresso di minori stranieri in Italia senza le prescritte autorizzazioni
sono puniti con multe da 1 milione a 5 milioni,
dichiarati inabilitati all'adozione speciale e allo svolgimento delle funzioni
tutelari.
Art. 11
L'articolo 801 del codice di procedura civile non si
applica a quanto previsto dalla presente legge.
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