Prospettive assistenziali, n. 57
bis, gennaio - marzo 1982
SALUTI D'APERTURA
FAUSTINO BOIOLI - Assessore ai
Servizi Sociali della Provincia di Milano
Questo Convegno risponde all'esigenza di fare il
punto sulla iniziativa in atto e permettere un
confronto di opinioni e informazioni tra coloro che sul piano nazionale stanno
lavorando sul problema delle adozioni internazionali.
Occorre dire che abbiamo
gravi ritardi in questo settore e alcuni episodi clamorosi segnalati dalla
stampa recentemente ci sollecitano una definizione più che mai urgente della
materia.
Premesso che l'adozione di bambini stranieri può
essere una delle varie forme di solidarietà diretta a bambini che si trovano,
nel loro paese d'origine, in situazione di totale abbandono da parte dei
genitori e parenti, ed in condizioni tali da non poter ricevere nella propria
comunità gli inderogabili interventi necessari al loro sviluppo e spesso alla
loro sopravvivenza, e che pertanto tale solidarietà si deve manifestare anche e
soprattutto con interventi volti a favorire lo sviluppo
economico e sociale dei paesi stessi, ritengo doveroso assicurare a questi
bambini tutte le condizioni per un idoneo inserimento familiare, applicando
anche nei loro riguardi le norme sull'adozione speciale.
In particolare in materia si delinea
la necessità di un intervento congiunto e coordinato tra Legislatore-Stato e
Autorità Giudiziaria-Ente Locale.
I primi hanno il compito di formulare una disciplina
giuridica unica dell'adozione secondo criteri che garantiscano
l'interesse del minore e con procedure analoghe a quelle per la adozione speciale,
regolamentandola in un quadro di convenzioni bilaterali tra i diversi Stati.
I secondi dovranno garantire in questo
ambito le prestazioni riguardo la sorveglianza delle norme (prima che i
bambini entrino nel nostro paese), la selezione delle coppie, l'abbinamento ed
un idoneo e curato inserimento con la collaborazione degli operatori dell'Ente
Locale.
Gli Enti Locali sono qui rappresentati dall'assessore
Svevo, assessore all'assistenza della
Regione Lombardia e da Schemmari, assessore
all'assistenza del Comune di Milano.
Gli Enti Locali sono ovviamente interessati ad una
corretta definizione di questi problemi perché tutti loro, a diversi livelli e
con diversi compiti, si trovano a doversi confrontare con le conseguenze talora
negative delle improvvisazioni a cui ho accennato. E
non parlo volutamente degli abusi con componenti
criminose (i delinquenti ci sono e non credo che una legge da sola sia in grado
di stroncare alcuni «mercati»); parlo invece di coloro che con estrema buona
fede, volontà e dedizione s'impegnano, lavorano, talora spendono tempo e
denaro in maniera considerevole per poi, proprio per mancanza di chiarezza,
non riuscire a risolvere i problemi né dei bambini né i loro, anzi andandone a
creare di nuovi e di gravi.
Noi come Enti Locali stiamo cercando (e una volta
tanto direi che il discorso è abbastanza avanzato) una
forma di coordinamento di queste iniziative anche per evitare quegli
scollamenti, quei malintesi che poi vengono sempre pagati dagli utenti e
naturalmente dagli utenti più deboli che sono i bambini.
Di questo comunque parlerà
più diffusamente Schemmari che con noi sta lavorando
in questo senso.
MARIA PAOLA COLOMBO SVEVO - Assessore
all'Assistenza della Regione Lombardia
Ringrazio i relatori e, anche a
nome del presidente della Giunta regionale Guzzetti,
ringrazio le associazioni che hanno indetto questo convegno. In particolare -
devo dire - che il C.I.A.I. è stato particolarmente
vicino in questo mio primo anno di assessorato. Prima
ancora che fossero divulgate le Linee di Piano ho
avuto da questa associazione alcune indicazioni e alcune richieste importanti
che a mio avviso potranno essere determinanti nella formulazione del Piano
stesso. Questo convegno entra opportunamente nel disegno
che la Regione vuole attuare. Un disegno sostanzialmente di programmazione e di
revisione della sua legislazione per quanto riguarda
tutta l'ampia tematica dei servizi sociali. Penso quindi che da un dibattito
di questo genere possano uscire indicazioni estremamente
interessanti. L'importanza della programmazione deriva da alcuni motivi che
vorrei qui brevemente sottolineare. Prima di tutti ci sembra giusto far emergere
dal sommerso tutto quello che c'è di sociale all'interno della nostra società.
E parlo di sociale non solo in termini di strutture, ma in termini di attività, di solidarietà, in termini di quella disponibilità
anche umana che abbiamo a livello di Regione Lombardia e che a mio avviso esige
non una programmazione rigida, ma certamente l'indicazione di alcuni obiettivi
che tutti insieme dobbiamo concorrere a raggiungere.
In secondo luogo ci sembrava importante, in un
momento in cui giustamente si parla di integrazione
tra sociale e sanitario, che l'integrazione non venisse intesa come un nuovo
marchingegno per non risolvere né gli uni né gli altri, ma che da una chiarezza
dei problemi sociali fosse più facile il matrimonio con la parte sanitaria. E infine fare emergere i) sociale, a mio avviso, significa -
pur senza dimenticare i lati umani che sottintendono a questo settore - per la
prima volta parlare di strumenti. Vale a dire: numeri, dati, standards, strutture. Ritengo che l'umanizzazione di tutti i servizi passi, almeno per quanto riguarda la
parte che mi compete di programmazione regionale, soprattutto attraverso
l'indicazione di questi dati, punti di riferimento che devono essere il meno
opinabili possibile. Alcuni dati che emergono dal Piano socio-assistenziale a
mio avviso sono estremamente preoccupanti. Contro i
tremila miliardi della Sanità, sono solo 200 i miliardi che si spendono per i
servizi di assistenza sociale. Di questi 200 miliardi
quasi il 63% è speso ancora dagli Enti locali e di questa spesa degli Enti
locali gran parte (il 56%) si riferisce ad interventi di tipo riparatorio e quindi sostanzialmente di ricovero. Si
tratta perciò di operare una grande opera di
riconversione che dobbiamo fare all'interno di questo settore. Altro dato
rilevante che abbiamo potuto osservare oltre allo squilibrio di tipo finanziario,
è quello di uno squilibrio territoriale, e anche di uno squilibrio tra prevenzione
e promozione di atti di tipo riparatorio.
E questo a mio avviso vale soprattutto in un settore delicato come quello di
competenza degli Enti locali (dopo l'attribuzione con il 616 dell'art. 23) dove
molte volte il decentramento auspicato non si è sempre verificato come un cambiamento di politica e di servizi ma è stato purtroppo
molte volte sentito come decentramento di tipo burocratico. lo
penso che su questo punto, cioè sulla gestione dell'art. 23 occorrerà ripensare
veramente ad una politica Comune-Regione, Comune-Provincia,
perché, sia da un punto di vista dell'informazione, sia da un punto di vista
delle sollecitazioni, tutti i movimenti di volontariato e di associazioni
possano mettere in atto alcuni servizi che siano più rispondenti ai bisogni
che emergono rispetto a questi problemi. Voglio esprimere
a questo proposito due considerazioni. Una che mi veniva
esposta proprio da questa associazione. La Regione Lombardia dovrebbe fare una analisi attenta dei minori ancora istituzionalizzati.
Su questo non abbiamo ancora dati attendibili e chiari ed è certamente uno dei
primi atti che noi dobbiamo fare, proprio per poter contrapporre dei servizi
in alternativa. La seconda, se volete, è
un'indicazione abbastanza significativa: abbiamo una
legge, la legge 50 che io definirei un po' «refugium peccatorum», una legge su cui si possono chiedere
finanziamenti un po' per tutti i settori e che noi in questi ultimi anni
abbiamo indirizzato soprattutto sul fenomeno del disadattamento. Ebbene devo dire che dalla gestione di questa legge risulta che le
richieste che mi fanno i Comuni, soprattutto i Comuni piccoli, sono in gran
parte di finanziamenti per rette di ricovero anche per il disadattamento. E
contemporaneamente - è anche vero che - c'è una espansione
delle Comunità alloggio che a mio avviso potrebbero essere senz'altro più
potenziate se, intorno alle Comunità alloggio, ci fosse una politica più
generale dell'Ente locale. Ecco perché da quest'anno
noi abbiamo puntato ad alcune aree, nel milanese, nel pavese, nel cremasco, nel bergamasco, nel bresciano, dove ad esempio mi sembra esistano significative iniziative in questo senso. Vorremmo fare con
queste Comunità e con gli Enti locali interessati dei progetti sperimentali,
naturalmente integrati, che riguardino prima di tutto
l'informazione degli amministratori, degli operatori sociali, della
popolazione; quindi la riscoperta di una rete di solidarietà e di volontariato
che all'interno della nostra regione esiste; infine dei punti di appoggio sia
come momenti transitori sia come comunità alloggio. Si tratta di mettere in
atto alcune esperienze che poi potremmo far decollare
su tutta la Regione Lombardia. lo quindi seguirò con
molta attenzione i vostri lavori perché ritengo che la nostra opera di
amministratori deve aprirsi alle vostre esigenze e soprattutto alle necessità
che voi ci proporrete. Grazie.
ATTILIO SCHEMMARI - Assessore
all'Assistenza del Comune di Milano
Innanzi tutto devo portare
il saluto del Sindaco Tognoli a questo Convegno
ringraziando sia gli organizzatori del Convegno sia la Provincia di Milano, che
oggi ci ospita.
In questo quadro in modo particolare credo che vada sottolineato l'impegno che l'Assessore Boioli
assieme al Comune di Milano sta sviluppando per quanto riguarda una serie di
iniziative concrete cui accennerò molto brevemente. Adozione, adozione
internazionale e affido familiare: i temi dell'incontro di oggi
affrontano essenzialmente il problema delle riforme legislative. «A che punto
siamo» dice il titolo del Convegno e io credo che
sarà molto utile e interessante avere un quadro della situazione oggi; posso
annunciare, per quanto riguarda l'operatività delle cose che fanno gli Enti
locali e di ciò che fa il Comune di Milano, per la prossima primavera un
Convegno su cosa fa e cosa ha fatto il Comune anche in base ai programmi e agli
impegni che stiamo già sviluppando. Ecco, i tre istituti del titolo di questo
Convegno sono strumenti per affrontare i problemi relativi
ai minori in difficoltà con le famiglie, ma hanno un significato solo se
vengono usati dopo che è stato fatto tutto il possibile per lasciare il
bambino all'interno della sua famiglia d'origine. L'impegno dell'Amministrazione Comunale di Milano primariamente, anche se
prevalentemente oggi da un punto di vista programmatico, è rivolto a cercare di
evitare situazioni così radicali che portino appunto all'adozione e
all'affido. Vogliamo cercare di dare alla famiglia
d'origine tutti i supporti necessari perché non si raggiungano per l'appunto
situazioni traumatiche.
Per questo l'Amministrazione Comunale ha impostato
un discorso complessivo che magari ancora presenta qualche contraddizione, che
speriamo di superare, e cercherà di mettere a disposizione
di questi obiettivi i servizi sociali: consultori, servizio di base e servizi
di igiene mentale per l'età evolutiva.
Su questo credo che occorra un impegno preciso da
parte dell'Amministrazione Comunale per portare avanti un discorso che consenta
a questi servizi di mettersi a disposizione degli obiettivi che accennavo
prima.
C'è anche l'altro impegno di utilizzare le strutture
scolastiche del tempo libero in un modo più razionale, per evitare quei fenomeni
che prima venivano accennati anche dall'Assessore Svevo, per creare e consentire in questo modo di dare un
sostegno alle famiglie. In questo senso occorre creare le
necessarie condizioni di solidarietà sociale nella zona. Tutto quello che ho detto: mettere a disposizione questi servizi,
utilizzare le strutture, creare le condizioni di solidarietà, non sempre è
possibile. Oggi mille bambini del Comune di Milano sono
in istituto: sono troppi. Soprattutto per i bambini piccoli
l'istituto causa delle situazioni gravi di privazione psico-affettiva e il Comune di Milano è impegnato in una
politica di deistituzionalizzazione. L'intervento su
cui per il momento abbiamo focalizzato la nostra attenzione
è l'affido familiare. Si vuole fare gli affidi all'interno
dello stesso territorio, si vuole coinvolgere gli operatori in questo
progetto, si vogliono elaborare metodologie che possano affrontare
correttamente la tematica del bambino in affido, della famiglia d'origine e
della famiglia affidataria. Si vuole coinvolgere la
gente in questo problema senza l'alternativa sia o
avere un bambino come proprio in adozione oppure disinteressarsi
completamente del problema. Allo studio come alternativa
all'istituzionalizzazione, oltre alla creazione di un servizio affidi in ogni
zona della città di Milano e oltre alla costituzione di un tessuto di famiglie
affidatarie in tutta la città di Milano, noi abbiamo alcuni progetti difficili
e complessi da realizzare.
Nel passato abbiamo anche realizzato qualche esperienza
negativa, come nel settore delle comunità-alloggio, e oggi vogliamo riprendere
l'esperimento; oggi vogliamo impostare il servizio di assistenza
domiciliare ampliandolo dagli anziani ai minori. Questi progetti, in
particolare questo di assistenza domiciliare per i
minori potrà partire nell'arco di pochi mesi e potrà consentire di evitare la
istituzionalizzazione dei bambini dando un aiuto alle famiglie. Quanto
all'adozione, ritengo che brevemente possono essere dette alcune
cose. Ritengo che debbano essere superate alcune disfunzioni: sia per
l'adozione di bambini italiani che di bambini
stranieri si pongono in primo piano spesso interessi diversi che non quelli
del bene del bambino o dell'aiuto al bambino. Mi riferisco all'adozione ordinaria
volta a dare un «erede» a chi non ne ha e si dimostra del tutto superata
dall'adozione speciale che si pone invece nell'ottica
di creare dei legami affettivi e di filiazione alla pari di quelli di sangue.
Non mi sembra giusto che solo i bambini fino a 8 anni possano fruire
dell'istituto dell'adozione speciale, ritengo che gli enti locali debbano
avviare delle sollecitazioni ulteriori perché questa
età, come avviene nel resto dell'Europa venga elevata a 18 anni. In relazione all'adozione internazionale, per quanto non
abbiamo avuto la possibilità di affrontarne e approfondirne i termini
giuridici, mi sembra scorretto e ingiusto che i minori stranieri non siano
tutelati dalla possibilità di essere oggetto quasi di compra-vendita. Anche per i bambini stranieri bisogna essere sicuri che i
genitori adottivi seguano lo stesso iter e abbiano le stesse caratteristiche
che prevede la legge per l'adozione speciale. In questo senso il Comune di
Milano ha fatto una circolare nelle settimane scorse che vieta ai servizi del
Comune di rilasciare qualsiasi dichiarazione di
idoneità all'adozione a coppie che chiedano un bambino straniero, avvertiti anche
dalla necessità di dare ordine ad una prassi che rischiava anche a Milano di
produrre situazioni analoghe a quelle registrate a Torino per il caso del
piccolo Milton. Oltre al Tribunale per i minorenni che in questa materia ha naturalmente un grande ruolo, ai servizi degli enti
locali spettano dei compiti estremamente impegnativi e io credo che vadano - e
in questo può esserci l'impegno degli amministratori locali e regionali -
pesantemente coinvolti i servizi in primo luogo per un lavoro culturale su
queste tematiche sulla popolazione, in secondo luogo per un adeguato supporto
alle famiglie e ai bambini.
Questo è possibile se il Comune e la Provincia, la Regione
si impegnano a riordinare, ciascuno nel proprio
ambito i servizi. L'Assessore Boioli
prima accennava al senso di un impegno comune che coinvolge l'Amministrazione
Comunale e Provinciale; c'è l'impegno politico e amministrativo delle
amministrazioni provinciali e comunali a operare perché si possa realizzare su
questi obiettivi un'integrazione dei servizi per superare la situazione
presente che vede soltanto l'operatività unitaria degli operatori di buona
volontà. Occorre allora, concludendo, fare avanzare un
discorso complessivo che coinvolga tutti gli operatori e i servizi,
sgombrando il campo dai particolarismi, per cui occorre un impegno collettivo
che riguarda tutti, non soltanto le volontà politiche, ma riguarda anche le
volontà individuali di coloro che in tutti questi servizi agiscono. Occorre riuscire a dare un quadro di riferimento istituzionale
semplice e preciso a tutta la gente, anche su questi temi.
GIORGIO PALLAVICINI - Presidente
ANFAA
Perché abbiamo voluto fare
questo incontro noi del CIAI e dell'ANFAA? Dopo ormai 14 anni d'applicazione
della legge sull'adozione speciale ed essenzialmente dopo tante esperienze,
dopo numerosi, vivaci ed anche appassionati incontri e dibattiti che si sono avuti sulla applicazione di questa legge, ormai era
venuto il tempo di una revisione di questa legge che facesse tesoro delle
esperienze fatte. In questi anni noi abbiamo potuto constatare che in
tantissimi casi l'adozione ha veramente rappresentato «la» soluzione;
talvolta, purtroppo, l'adozione non ha risolto dei problemi, ma direi che questi sono casi relativamente rari.
Purtroppo si è dovuto anche constatare che attraverso l'adozione ordinaria si sono venute a determinare
delle forme legalizzate di vero e proprio mercato dei bambini: i casi non sono
rari e senz'altro molto più frequenti di quanto non si possa immaginare.
Anche per tale motivo, si è constatato che erano maturati i tempi per una revisione della materia, cioè
un aggiornamento della legge 431/67 che peraltro, come principi ispiratori,
secondo noi, ha dimostrato di essere assolutamente valida. Si é quindi avviato
questo processo di revisione, con un impegno molto
serrato da parte delle forze politiche, delle forze sociali di base, degli operatori,
degli amministratori locali e quindi ormai dopo un lungo dibattito, che
talvolta ha assunto i toni accesi dello scontro, dopo un approfondito confronto
oggi a noi è sembrato che fosse giunto il momento di cercare di fare il punto
della situazione e che ognuno di quelli che si sono impegnati nell'analisi
della situazione e nella elaborazione dei correttivi, si incontrasse con gli
altri per giungere ad una definizione di questo problema.
A noi è sembrato che il convegno fosse la formula
più idonea per raggiungere questo scopo proprio perché è anche lo strumento per
coinvolgere chi giornalmente affronta questi problemi. Il convegno è altamente qualificato perché tutti quelli che sono qui
presenti hanno qualche cosa da dire e questo qualcosa è il frutto d'una propria
esperienza, e quello che è interessante è che sono esperienze che vengono da
parti diverse su questo mondo della famiglia in difficoltà, del bambino in
difficoltà e chiaramente è tutto un insieme di sfaccettature che danno delle riverberazioni
diverse e possono anche portare a delle interpretazioni diverse del ruolo che
deve e può avere una legge sull'adozione e, aggiungo io, sull'affidamento
perché questo è anche il fatto innovativo che verrebbe introdotto. Quindi si
può dire che questo Convegno rappresenta l'occasione
di trovarci per scambiare queste esperienze e per costruire qualche cosa di
solido proprio sulla loro base; aggiungo che l'aspetto più importante è che
tutti concordiamo non solo sulla necessità di portare delle modifiche sulla
legge attuale, ma che siamo tutti convinti che essere bambino nel nostro mondo
spesso, troppo spesso, non significa vivere una situazione felice, bensì
situazioni angosciose e drammatiche e noi ci siamo riuniti proprio per
contribuire a rendere un po' più accettabile il mestiere di vivere a questi
ragazzini. Dati i presupposti sono convinto che al termine di questa giornata
usciremo da questa sala più ricchi di quando siamo
entrati; a tutti buon lavoro.
GIANBATTISTA CORBETTA - Presidente CIAI
Sono onorato di partecipare a questo Convegno che vede
finalmente oggetto di discussione, sullo stesso piano
giuridico, l'adozione in Italia e l'adozione internazionale.
Uno dei doveri che il nostro Centro ha sempre cercato
di assolvere a livello procedurale è stato quello di
fornire al minore straniero adottato da cittadini italiani le stesse garanzie
che la legge sull'adozione speciale n. 431/67 assicura al minore italiano in
stato di abbandono.
Purtroppo la grave lacuna legislativa ha fatto sì che
tali garanzie, ancor più necessarie e doverose quando il minore deve lasciare
il proprio paese per inserirsi in una nuova famiglia, fossero lasciate alla
buona volontà e responsabilità dei singoli. Questa situazione ha favorito la
nascita e la crescita anche di adozioni fatte
nell'interesse dell'adulto e non di quello del bambino, svuotando e capovolgendo
il significato autentico dell'adozione ed il suo intendimento.
I recenti fatti noti, ma ancor più quelli sconosciuti
non ci lasciano affatto tranquilli sulla sorte che
sarà riservata all'adozione internazionale nel prossimo futuro. Abbiamo la
sensazione che i recenti scandali non potranno che provocare un irrigidimento
se non una chiusura totale - d'altra parte comprensibile - da parte delle
magistrature e dei governi stranieri, nel consentire l'uscita
del minore dal proprio territorio senza peraltro che si venga a risolvere il
problema dei bambini privi di famiglia.
Per evitare tutto ciò auspichiamo
in questa sede che si tenga conto delle istanze più volte presentate dal CIAI
e che anche l'Italia venga dotata di una buona e chiara legge che tuteli il più
debole.
Rivolgiamo un appello affinché una normativa in
materia sia al più presto discussa e approvata dal Parlamento.
Buon lavoro a tutti!
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