Prospettive assistenziali, n. 58, aprile - giugno 1982

 

 

LETTERA DEL PASTORE TACCIA SULLE IPAB

 

 

Caro Santanera,

ti ringrazio per la tua lettera di marzo e mi scuso di non averti risposto subito. A proposito dell'Istituto Artigianelli Valdesi di via Berthollet a Torino (di cui l'articoletto «La volata delle IPAB» apparso sul n. 56 di Controcittà), l'opera­zione da te suggerita di rinunciare al trasferi­mento del patrimonio alla Tavola Valdese e la conseguente richiesta di continuare ad averne la gratuita disponibilità per lo svolgimento dell'o­pera, non è attuabile perché da ben cinque anni l'attività specifica dell'Istituto è stata sospesa, essendo considerata esaurita la sua funzione le­gata a specifiche condizioni sociali ora superate. Inoltre lo stabile di via Berthollet è stato con­globato in un progetto di ristrutturazione dell'Ospedale Evangelico di Torino, in vista di un servizio sanitario inserito nella programmazione ospedaliera cittadina e regolato da una conven­zione tra la Chiesa valdese e la Regione Piemonte, nell'ambito del piano regionale socio-sanitario da poco approvato. Infine il patrimonio dell'ex Istituto costituisce un fondo necessario per l'ero­gazione di borse di studio a favore di studenti evangelici in situazioni difficili, il tutto con moda­lità debitamente approvate e controllate dall'au­torità tutoria. È chiaro infine che l'istituto Arti­gianelli Valdesi, ancorché IPAB, è stato costitui­to e gestito esclusivamente con soldi nostri, sen­za aver mai usufruito di contributi pubblici e quin­di la devoluzione del patrimonio alla Tavola Val­dese per gli scopi suddetti, non è un regalo che lo Stato ci fa, né un furto che facciamo allo Stato, ma semplicemente la definizione di una situazio­ne già esistente di diritto e di fatto.

In risposta all'articoletto di Controcittà ho in­viato una lettera che non è stata ancora pubbli­cata, spero soltanto per ragioni tecniche, in cui, tra l'altro, cercavo di inquadrare il significato dell'articolo 13 nel contesto di quelle famose Inte­se tra la Chiesa Valdese e Metodista e lo Stato, in attuazione dell'art. 8 della Costituzione. A quat­tro anni della sigla del documento da parte delle Commissioni paritetiche, i Governi che finora si sono succeduti non hanno ancora firmato tali In­tese, probabilmente non per motivi puramente tecnici, ma per ragioni politiche, essendo la via delle Intese, per la sua firma e per i suoi con­tenuti, un modo alternativo di regolare i rapporti Chiesa-Stato, opposto alla concezione concorda­taria del «do ut des» sostenuta da gran parte del partito di maggioranza.

Ci è dunque spiaciuto di veder citato l'artico­lo 13 delle Intese, avulso dal suo contesto, senza un'informazione chiara della situazione di fatto e indicato infine all'obbrobrio comune come la porta attraverso cui passerebbe la privatizzazio­ne di tutte le IPAB.

Ma si vede che l'idea è particolarmente pia­ciuta all'anonimo articolista, tanto da riproporla, in un contesto largamente peggiorativo, in un trafiletto di «Specchio nero» del n. 57 di Pro­spettive assistenziali. I valdesi appaiono qui co­me i furbi (o ingenui) capofila di una azione tesa alla privatizzazione di immensi patrimoni statali e alla conduzione retrograda e a fini puramente speculativi, di una assistenza caparbiamente isti­tuzionalizzata e quindi emarginante e segregativa per anziani e minori.

Sappiamo tuttavia che questa azione esiste e contro di essa deve essere giustamente condotta la battaglia di Prospettive assistenziali. Ma non dobbiamo fare di ogni erba un fascio e dobbiamo individuare con chiarezza l'avversario evitando indebite generalizzazioni. L'IPAB è una etichetta che ricopre realtà molto diverse e una accurata distinzione è necessaria per non cadere nell'erro­re opposto di espropri autoritari e indiscriminati.

La Chiesa valdese nella politica assistenziale e sanitaria condotta nella gestione dei pochi Isti­tuti e Ospedali di sua proprietà, pur ribadendo la autonomia giuridica e amministrativa ha rifiu­tato la privatizzazione come principio generale e ha puntato invece sulla collaborazione con l'Ente pubblico, sull'integrazione dei servizi, sulla base di una precisa programmazione, con interventi re­golati da convenzioni bilaterali con chiare indica­zioni di standard di servizio, oneri economici e pubblici controlli. Questa è la strada su cui vo­gliamo muoverci.

Essendo costituzionalmente antidogmatici, non crediamo neppure che la soluzione di ogni pro­blema sia l'automatica pubblicizzazione di tutto e a qualunque costo. Sappiamo bene come le strutture pubbliche possano essere condotte con metodi disonesti, clientelari e speculativi e pos­sono inoltre condurre azioni ritardate e appesan­tite da lentezze burocratiche inconcepibili e di­spendiose a tutto danno di coloro che si dovreb­bero aiutare.

L'importante è stabilire obiettivi in cui la pro­grammazione sia chiara, partecipata nel momen­to della sua elaborazione, finalizzata realistica­mente alla prevenzione, al recupero, alla socializzazione e al reinserimento, ma anche senza di­menticare gli irrecuperabili che pure esistono; che gli strumenti di intervento siano efficaci, che le risorse esistenti siano intelligentemente va­lorizzate, che il denaro pubblico non sia rubato o sperperato e soprattutto che i controlli pubblici siano severi ed efficienti.

Se ci opporremo perché l'articolo 13 non venga ad arte strumentalizzato per un'azione disonesta di recupero di interessi privati, non vogliamo nep­pure che sia citato in chiave agro-amara, come espressione di una politica che non sarà mai la nostra.

Ti sarei grato se questa lettera potesse essere pubblicata su Prospettive assistenziali, in vista di una chiarificazione che ritengo necessaria. Con molta cordialità.

ALBERTO TACCIA

Torino, 3 maggio 1982

 

 

Risposta della redazione

L'art. 25 del DPR 24 luglio 1977, n. 616, esclu­deva dal trasferimento ai Comuni le IPAB «che svolgono in modo precipuo attività inerenti la sfera educativo-religiosa». Taccia scrive che «da ben cinque anni (e cioè dal 1977) l'attività speci­fica dell'Istituto Artigianelli Valdesi è stata sospe­sa, essendo considerata esaurita la sua funzione legata a specifiche condizioni sociali ora supe­rate».

Allora, come mai questa IPAB - inattiva dal 1977 - è stata compresa tra quelle che svolgeva­no attività educativo-religiosa ed esclusa nel 1978 dal trasferimento all'ente locale?

Un altro aspetto da chiarire. Il progetto di Inte­sa tra la Repubblica italiana e le Chiese valdesi­metodiste prevede la privatizzazione dell'Istituto e del suo patrimonio. Ha ragione Taccia quando scrive a Controcittà ricordando che «la volontà delle Chiese valdesi-metodiste è di assumere di­rettamente e senza spese per lo Stato, ogni opera derivante dall'esercizio del proprio ministero». Resta il fatto, però, che anche l'Istituto Artigia­nelli - come tutte le IPAB - è giuridicamente una istituzione pubblica di assistenza e beneficen­za sin dal 1890. Patrimonio pubblico, quindi.

Una ultima osservazione. Taccia sostiene che l'articolo 13 delle Intese sia stato presentato in modo avulso dal suo contesto generale. Anche noi riteniamo, però, che il progetto sulle IPAB definito da Stato italiano e Chiese valdesi-meto­diste resti avulso dalla più ampia realtà politica e sociale. Nel momento in cui è in gioco non il futuro dei patrimoni e delle volontà dei fondatori delle IPAB, ma la possibilità o meno di realizzare i servizi più idonei a rispondere ai bisogni dei più deboli ed indifesi, i valdesi non possono trasfor­marsi in «apripista». In capofila, loro malgrado, di quello schieramento che, con la privatizzazione delle IPAB vuote mantenere inalterato il proprio strumento di potere assistenziale.

Se poi nella legge di riforma dell'assistenza sa­rà prevista la privatizzazione di alcune IPAB chia­ramente identificate (ad esempio, la casa di ripo­so per parroci con sede in ....., via ....., n. ...), non saremo certamente noi a sollevare problemi. La nostra attuale preoccupazione nasce dalla possi­bilità che i principi assunti per la privatizzazione dell'Istituto Artigianelli siano domani usati in mo­do strumentale da chi dovrà dare attuazione alla legge di riforma per evitare il trasferimento ai Comuni di migliaia di IPAB.

 

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