Prospettive assistenziali, n. 58, aprile - giugno 1982
Notiziario dell'Unione per la lotta
contro l'emarginazione sociale
IL
COMUNE DI PESCARA VIOLA LA LEGGE E IL TRIBUNALE PER I MINORENNI DELL'ABRUZZO
TACE
Riproduciamo
la lettera inviata il 12 maggio 9982 dall'ULCES al Presidente del Tribunale per
i minorenni dell'Abruzzo e un estratto del provvedimento del Tribunale
suddetto del 20 marzo 1989.
Testo della lettera
Questa Unione, dopo aver esaminato
il provvedimento del Tribunale per i minorenni dell'Abruzzo del 20 marzo 1981
concernente il minore F. Di V., rileva in primo luogo che gravi e forse anche
difficilmente riparabili possono essere stati i danni arrecati al minore
dall'inerzia del Comune di Pescara, al quale il minore era stato affidato ai
sensi dell'art. 23 del DPR 24 luglio 1977 n. 616.
È però sorprendente che - da quanto risulta dalla parte del provvedimento pubblicata sul n. 4,
1981 della rivista «Il diritto di famiglia e delle persone» - il Tribunale per
i minorenni dell'Abruzzo non abbia provveduto ad inoltrare
denuncia penale alla magistratura per le inadempienze del Comune di Pescara
ed, eventualmente, per quelle della Regione Abruzzo.
Testo del provvedimento del Tribunale
per i minorenni del 20 marzo 1981
Visto il proprio decreto in data 3 ottobre 1979 con
il quale il minore Di V. F., nato il 25 marzo 1964 a
Pescara ed ivi residente, segnalato come irregolare nella condotta a seguito di
numerose denunce per fatti delittuosi (per i quali non
si è proceduto penalmente, trattandosi di minore non imputabile), veniva
affidato ai sensi dell'art. 25 della legge minorile al Servizio sociale del Comune
di Pescara, tenuto conto della concreta inesistenza nella Regione di strutture
chiuse di carattere rieducativo, sostitutive (a
seguito dell'entrata in vigore del D.P.R. n. 616 del 1977)
del soppresso istituto di rieducazione del Ministero di grazia e giustizia.
Ritenuto che da quella data il suddetto Servizio
sociale territoriale non ha adottato alcuna concreta
misura ai fini della rieducazione del minore, né ha predisposto opere di
sostegno in favore del nucleo familiare di appartenenza, e nemmeno si è
preoccupato di seguire il caso e di inviare notizie al Tribunale, mentre nel
citato decreto di affidamento si dava specifico incarico di controllare la
situazione del ragazzo, eventualmente provvedendo al ricovero in idoneo
istituto, di collaborare con la famiglia, di riferire immediatamente al
Tribunale sulla prima sistemazione e poi con relazioni trimestrali.
Considerato che, anche in conseguenza di tali gravi
omissioni, la situazione del minore non si è evoluta in senso positivo, né avrebbe potuto in assenza di qualsiasi concreto
intervento educativo o rieducativo (il ragazzo è
rimasto affidato a se stesso e alle sue improbabili capacità autonome di
recupero); e anzi si è ulteriormente degradata, tanto che il Di V. è stato
ancora denunciato per delitti.
Ritenuto che in queste condizioni si rende necessaria
l'applicazione urgente di una misura più rigida, quale il ricovero in Casa di
rieducazione, misura da intendersi non meramente positiva
per il minore né esclusivamente diretta alla tutela dell'incolumità pubblica,
ma soprattutto finalizzata alla tutela del minore stesso che nel suo preminente
interesse deve essere sottoposto ad idonea opera di rieducazione e
reinserimento nel tessuto sociale, ed ha bisogno di essere inserito in una
struttura protettiva.
Tenuto conto che l'adozione di
tutti i provvedimenti previsti dall'art. 25 della legge minorile (ivi compreso
il collocamento in Casa di rieducazione) non trova limiti nella nuova
disciplina dettata dagli artt. 23 e 25 del citato D.P.R. n. 616, che ha solo
trasferito ai Comuni la competenza per gli interventi in favore di minorenni
soggetti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria minorile anche nell'ambito del
settore della rieducazione (cosiddetto «amministrativo»), ma
nulla ha innovato circa le forme di tali provvedimenti e la scelta caso per
caso di quello più opportuno da parte del giudice; che l'azione del giudice non
può essere vanificata solo per carenza di organizzazioni e di strutture degli
enti locali e per l'inerzia di Amministrazioni che non danno il giusto peso
alle funzioni della sicurezza sociale, tra le più qualificate e delicate fra
quelle loro affidate, e che ove occorra, dovrebbero imporre scelte prioritarie
rispetto ad altre funzioni. Ritenuto quindi che il collocamento in Casa di
rieducazione va disposto mandando per l'esecuzione i competenti organi del
servizio sociale del Comune di residenza del minore i quali,
nell'ambito delle funzioni affidate dalla legge, possono servirsi di ogni
idonea struttura protettiva da essi stessi predisposta; o altrimenti, da
reperire con le forme ritenute opportune anche - ma eccezionalmente e
temporaneamente - al di fuori del territorio in cui operano. (Omissis).
www.fondazionepromozionesociale.it