Prospettive assistenziali, n. 59, luglio - settembre 1982

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

INDAGINE SULL'AFFIDAMENTO EDUCATIVO DI MINORI (1)

 

Un'indagine sull'affido, perché? Il motivo è fa­cilmente intuibile a chi (persone, associazioni, ...) si muove in realtà complesse, per le quali la co­noscenza dei dati reali non è facile.

Un'indagine, quindi, fatta per avere un quadro approssimativo - ma non per questo superficiale - della realtà dell'affido o, meglio, di come esso è vissuto dalle famiglie affidatarie.

L'ANFAA discute di questo tema da anni. Se n'è parlato in convegni e dibattiti, se n'è scritto su libri e giornali. Tuttavia a volte non è facile, per chi è profondamente immerso in un determinato problema, cercare di guardarlo con distacco scientifico, considerato che la singola storia, ogni caso di affido ha - anche per chi lo segue - im­plicazioni emotive di grande peso.

Lo sforzo fatto dalla nostra Sezione è stato quello di quantificare esperienze che sono d'al­tronde difficilmente inquadrabili in schemi rigidi; e di ciò ci rendiamo conto.

 

Difficoltà incontrate

 

Le più significative difficoltà che abbiamo in­contrato sono:

1) l'assoluta mancanza di dati ufficiali o inda­gini attuate dall'Ente locale (in questo caso la Provincia). L'Amministrazione ci ha fornito soltan­to alcuni nomi di coppie affidatarie; altre sono state da noi individuate attraverso soci o coppie simpatizzanti;

2) elaborare domande il più possibile complete benché sufficientemente semplici e chiare in mo­do da poter trarre delle conclusioni « statistica­mente utili » anche se ogni storia è una storia a sé;

3) attuazione dell'indagine attraverso colloqui individuali sulla base di un questionario, per evi­tare dispersione delle risposte. A tali colloqui hanno aderito 20 famiglie su 35 contattate.

L'esiguo numero di intervistati non toglie va­lore al lavoro (pur limitandone la portata stati­stica); infatti gli affidi nella nostra città sono nel­]'ordine di poche decine per cui venti risposte costituiscono un dato rappresentativo di un totale che è di non molto superiore.

Gli obiettivi che ci eravamo posti erano quelli di una verifica:

- della validità, o meno, delle richieste che l'Associazione pone all'Ente locale;

- del livello di sensibilizzazione al problema;

- se esiste un rapporto di connessione tra af­fido e adozione. Cioè se l'affido viene vissuto co­me una «scorciatoia» per l'adozione;

- l'attuale situazione dei rapporti famiglie - ente (rapporti preparatori, sulle modalità dell'af­fido, di sostegno psicologico e finanziario...).

Il questionario che abbiamo proposto alle fa­miglie è stato così articolato:

1. Qual è il giudizio globale che potete dare sul­la vostra esperienza di affido? (positivo - negati­vo - con riserve - ecc.).

2. In che modo siete venuti a conoscenza dell'affido? (stampa - amici o conoscenti - operatori sociali della Provincia o del Tribunale per i mino­renni - manifesti o tabelloni - ecc.).

3. Avete fatto domanda di adozione? Avete in­tenzione di farla? (si - no).

4. In che modo vi segue l'operatore sociale, e con quale frequenza? (visite domiciliari - incontri nel suo ufficio - contatti telefonici - ecc.).

5. Avete qualche proposta da fare per miglio­rare questo rapporto? (visite più frequenti - mag­gior reperibilità - aiuto da altre persone: psicolo­gi, medici, famiglie, ecc.).

6. Prima di prendere in casa il bambino avete avuto modo di seguirlo all'interno dell'istituto 0 della famiglia di origine? (con visite settimanali - con inserimenti al sabato e/o domenica - ecc.).

7. Come e da chi sono regolati i rapporti con la famiglia di origine? (dall'assistente sociale - da noi - nessun rapporto - una volta la settimana - a caso - contatti telefonici - rientri periodici- nes­sun contatto - ecc.).

8. La delibera assunta dalla Provincia di Trieste sull'affido prevede sussidi alla famiglia affidataria. Vi sembrano adeguati? Qual è la somma che vi è stata data? I pagamenti avvengono regolarmente? Avete bisogno di sussidi extra?

9. Per quanto riguarda l'inserimento nella scuo­la (materna - elementare) avete avuto dei proble­mi? (burocratici - di rapporto con l'insegnante - ecc.).

10. Cosa sapete di eventuali rischi connessi a danni o incidenti provocati dal bambino e di cui egli può essere vittima?

11. Sperate che l'affido possa trasformarsi in adozione?

12. Ritenete utile (o no) la discussione in grup­po sui problemi relativi all'affido che avete in corso? Con chi? (solo con famiglie che hanno esperienza di affido - famiglie e tecnici - ecc.).

Dall'esame delle risposte abbiamo ricavato i seguenti elementi:

 

Sensibilizzazione al problema dell'affido

La sensibilizzazione è carente:

18 intervistati hanno conosciuto il problema-af­fido da conoscenti, amici o singoli operatori so­ciali;

2 soltanto ne sono venuti a conoscenza tramite la stampa o comunque attraversa le forme tradi­zionali di informazione.

 

Rapporto tra famiglia affidataria ed Ente

- Per quanto riguarda la collaborazione degli operatori sociali, i contatti in 4 casi sono giudi­cati validi: infatti avvengono con una certa qual regolarità e frequenza;

8 non sono programmati. Vengono ricercati, se­condo necessità, a cura delle famiglie affidatarie;

6 casi sono rari, ritenuti insufficienti;

2 casi sono segnalati «nulli».

- Per migliorare il rapporto famiglia affidata­ria-operatori: la maggioranza - 15 su 20 - pro­pone una maggior assistenza e reperibilità dei tecnici. In particolare è richiesta la presenza di psicologi.

- 18 intervistati su 20 ritengono utile la discus­sione in gruppo sulle proprie esperienze di affido. Di questi una metà vede opportuno che il gruppo sia costituito da famiglie e tecnici, l'altra metà propende per le sole famiglie.

 

Rapporti con la famiglia di origine

Tali rapporti avvengono nella maggior parte dei casi con il tramite delle assistenti sociali (9 casi). Numerosi i contatti diretti (7 casi). In un solo caso non vi sono rapporti con la famiglia di origine (mancano 3 risposte).

Questi contatti sono però scarsi e manca la periodicità prestabilita. Spesso si limitano a co­municazioni telefoniche e datano dall'inizio dell'affido e poi non sono stati più ripetuti.

Solo in un caso sono segnalati periodici rientri in famiglia.

 

Modalità di approccio bambino-famiglia affidataria

La sensibilità per i problemi di adattamento del bambino offre il seguente panorama:

8 sono i casi dove l'esperienza ha preso avvio previi contatti con il bambino affidando, presso la famiglia di origine o l'istituto ospitante;

3 i casi di incontri precedenti, peraltro non si­stematici;

9 infine i casi in cui gli affidatari hanno rice­vuto il bambino direttamente a casa propria. Po­tremmo dire «a scatola chiusa». È il 45%!

 

Sussidi

5 intervistati riscuotono regolarmente e riten­gono adeguati i sussidi loro destinati;

10 (il 50%) li ritengono inadeguati;

3 non li hanno mai avuti;

1 dichiara di non averli voluti.

Manca una risposta.

 

Inserimento di minori in affido nelle istituzioni scolastiche

Escludendo i 6 casi di bambini in età non sco­lare, solo 5 famiglie segnalano difficoltà più o meno gravose. Le altre 9 famiglie o non hanno avuto problemi o considerano tali problemi mar­ginali.

 

Informazione degli affidatari sui rischi in caso di incidenti

Nel 75% dei casi il problema di rischi di respon­sabilità civile per danni provocati o subiti era to­talmente ignorato. Dei cinque intervistati che ne erano a conoscenza uno solo ha provveduto ad assicurarsi per suo conto ed a proprie spese.

 

Rapporto affido-adozione

Il 50% degli attuali affidatari auspicherebbe la evoluzione dell'esperienza da affido in adozione. In tre casi questa disponibilità è manifestata, ma non se ne annette molta importanza. In 7 casi tale evoluzione non è desiderata.

 

Valutazione, da parte degli affidatari, della propria esperienza di affido

Nel 50% dei casi l'esperienza è considerata po­sitiva. L'altro 50% si divide in parti eguali tra chi ne dà un giudizio negativo e chi avanza delle ri­serve.

Le risposte alla domanda 1 ci hanno fatto ricer­care i possibili motivi di malcontento. Interessan­te, pur nella limitatezza dei dati, è la correlazione tra le domande 1 e 6: cioè tra la positività (o nega­tività) dei giudizi e l'esistenza (o inesistenza) di contatti precedenti alla convivenza minore-fami­glia affidataria.

Sugli 11 casi che avevano espresso un giudizio positivo, 8 avevano avuto contatti precedenti con il bambino mentre 3 lo avevano conosciuto all'ini­zio della convivenza.

Sui 5 casi in cui viene dato giudizio negativo, 4 non avevano avuto contatti precedenti. I 4 che avanzano riserve si dividono equamente tra quelli che avevano avuto e quelli che non avevano avuto contatti precedenti.

 

Deduzioni finali

Dopo averne discusso in Sezione, abbiamo trat­to le seguenti conclusioni:

1) la sensibilizzazione è carente. Allo stato at­tuale all'affido si giunge per conoscenza diretta (comunicazione di esperienza vissuta). Tuttavia dovranno essere ricercati mezzi per una più vasta informazione e sensibilizzazione efficace;

2) manca un programma di preparazione all'affi­do da parte dell'Ente pubblico; non esiste gradua­lità nell'approccio con il bambino (considerato quasi un oggetto da sistemare); l'affido è effet­tuato per lo più come soluzione di emergenza. Non a caso le risposte totalmente negative sull'affido sono registrate in prevalenza tra coloro che han­no avuto affidi senza preparazione e gradualità;

3) le modalità di intervento dell'assistente so­ciale sono molto diversificate e spesso dettate dalla inventiva dei singoli senza un piano preciso. Da notare che costituiscono l'unico punto di rife­rimento ufficiale per la famiglia. Di particolare gravità quindi i casi in cui la collaborazione è de­finita «nulla»;

4) la maggioranza chiede aiuto da parte di tec­nici ed auspica incontri con famiglie che vivono analoghe esperienze. Almeno su questo secondo aspetto l'ANFAA ha cercato di sopperire alle ca­renze dell'Ente pubblico;

5) i sussidi in denaro sono ritenuti inadeguati (anche a seguito del ritardo di adeguamento ai costi);

6) la disinformazione sui rischi in caso di inci­denti e la mancata previsione di una copertura assicurativa sono fatti inammissibili;

7) la disponibilità per l'affido è indipendente da una speculazione di privilegio in caso di adozione. L'esame di queste risposte e la loro valutazione ha rafforzato in noi la convinzione che l'affido, come soluzione alternativa al ricovero, è ancora in fase arretrata. Da qui la necessità, da parte dell'Ente locale, di programmare e potenziare i suoi interventi in questo campo.

 

 

(1) A cura della Sezione Triestina dell'ANFAA - giugno 1982.

 

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