Prospettive assistenziali, n. 59, luglio - settembre 1982

Editoriale

SIAMO ANCORA IL PAESE DEI CELESTINI

In principio, furono i Celestini (1). Coloro che nascono «sempre nelle classi povere o poverissime, dove l'insufficienza di cibo si manifesta spesso in termini di fame; dove i più elementari interventi igienico-sanitari sono insufficienti se non assenti; dove l'istruzione, anche quella dell'obbligo, è ancora privilegio» (2). Nella specie, gli ospiti dell'Istituto di Prato « Maria Vergine Assunta in Cielo» (da cui il soprannome «Cele­stini»), fanciulli senza famiglia affidati a loschi figuri.

Triste destino, il loro: costretti a vivere in un «rieducatorio» roccaforte del sadismo. Fin quan­do la denuncia di due maestri costrinse l'auto­rità giudiziaria a intervenire, a sollevare il maci­gno di omertà che occultava un tragico campio­nario di torture.

Il paese dei celestini: uno spaccato di Italia da galera. Un titolo efficace per la storia dell'assi­stenza negata. Fra i suoi inqualificabili autori, Maria Diletta Pagliuca, fondatrice e direttrice del «Santa Rita» di Grottaferrata. Già nell'ottobre del 1960, visitato l'istituto, un ispettore osserva­va: «È infame, obbrobrioso, incomprensibile ve­dere in quell'ambiente dei giovani ai quali la vita, oltre non aver dato la fortuna dell'intelletto, non ha dato nemmeno la fortuna di un'assistenza, non dico cristiana, ma perlomeno naturale. I loro corpicini scarni, deformati, i loro occhi spenti ma tristi, fanno sì che qualsiasi uomo, anche il più abbietto, si muova a compassione e inviti, chi è competente, a provvedere» (3). Solo nove anni dopo scattarono le manette ai polsi della Pa­gliuca.

Prato, Grottaferrata, due capitoli, i più noti, i più eclatanti, di uno scandalo con troppe radici: a Bologna (Casa di rieducazione «A. Siciliani»), a Vernone, Brusasco, Cinzano (Scuola differenzia­le Italia '61), a Rovigo (Casa di cura Santa Rita)... il pamphlet che le portò alla luce, che le mise cioè sotto agli occhi dell'opinione pubblica, non uscì dal torchio invano. Contribuì a suscitare le reazioni che determinarono un'inversione di rot­ta, a favore dei «minori normali» in particolare. «Se il numero complessivo dei ricoveri si è ab­bassato, lo si deve solo grazie alla diminuzione nel settore dei minori, per il quale la legge sull'adozione speciale e la campagna di sensibilizza­zione iniziata dai "famosi scandali", hanno evi­dentemente dato buoni frutti» (4).

Esplicite le cifre: i minori normali in istituto sono scesi da 200.550 (nel 1960) a 123.042 (nel 1974). Meno ricoverati anche fra gli handicappati sensoriali (da 10.588 a 7.910) e fisici (da 5.302 a 5.033). Viceversa si è moltiplicata la presenza in opere, case, fondazioni, nel pianeta ghetto, in­somma, degli handicappati psichici e dei vecchi indigenti: da 16.983 a 22.901 i primi, da 107.617 a 136.503 i secondi. «Quindi, se non si considera il settore minorile, si arriva a constatare che mentre si è dato l'avvio ai servizi di territorio, il sistema tradizionale si è contemporaneamente rafforzato. I nuovi servizi hanno cioè trovato nuo­va utenza, anziché essere sostitutivi degli inter­venti segreganti» (5).

Lo scandalo continua, dunque. Immagini e ar­ticoli lo documentano. Su quotidiani e riviste è sempre ampio, troppo ampio, lo spazio che occu­pa l'Italia da galera. Negli ultimi tempi, altri tas­selli sono andati ad aggiungersi alla sua fedina penale:

- Istituto psico-pedagogico «Casa Serena» di Viagrande (Catania) - «La direttrice di "Casa Serena" arrestata ieri insieme con sedici dipen­denti dell'istituto per sevizie nei confronti degli handicappati» titola i13 aprile 1982 «La Sicilia». Gli arresti siglano la prima fase di un'inchiesta giudiziaria cominciata tre mesi addietro, «quan­do si scoprì che l'handicappata quattordicenne Maria Catena Stuppia, nel periodo dall'agosto al dicembre del 1981 (mentr'era ricoverata alla "Ca­sa Serena" tra le cerebrospastiche) s'era ridotta quasi in fin di vita. (...). Era piombata in uno stato di spaventosa denutrizione: non si alimentava più, pareva in coma e il suo corpo era martoriato da piaghe e fratture» (6).

- Istituto «Villa Azzurra» di Mentana (Ro­ma) - Il pretore Bettiol ne ordina la chiusura do­po un'ispezione. In tre cameroni sono reclusi «settanta giovani handicappati, costretti a vive­re, seminudi, in mezzo ai loro stessi escrementi, attorniati da topi e scarafaggi» (7). La struttu­ra è pubblica, fa capo all'Unità sanitaria locale RM/24.

- Istituto di riposo di Mestre (Venezia) - «Ar­restati 9 infermieri per sevizie a vecchi» annun­cia il 5 giugno 1982 il «Corriere della Sera». È la fine di un incubo per gli anziani ricoverati nell'edificio di via Spalti, che l'inchiesta giudiziaria ha rivelato essere un vero e proprio lager. Ai carabinieri, i degenti «hanno raccontato di tutto: di dover pagare "tangenti" per avere cure e cibo, di essere legati ai letti per non "dare fastidio" agli infermieri, di essere stati minacciati e anche presi a bastonate, di essere stati rinchiusi in qualche sgabuzzino, di aver dovuto subire vio­lenze anche sessuali» (8).

Venivano inoltre fatti scherzi atroci come quel­lo giocato da alcuni infermieri a un ricoverato settantenne che, a quanto pare, gli è addirittura costato la vita. «Svegliato nel cuore della notte a spinte e strattoni, l'anziano ospite s'è visto im­partire l'estrema unzione dagli assistenti del re­parto di infermeria dove era ricoverato. Non che stesse morendo, anzi. La cerimonia dell'olio san­to era soltanto un "passatempo" escogitato da­gli infermieri per sfuggire alle lunghe ore di noia del turno di notte» (9).

- Ospizio «De Rodolfi» di Vigevano - Cinque infermieri della Casa di riposo, un'IPAB, sono stati arrestati. Le accuse vanno dalla violenza pri­vata, all'omissione di soccorso, al furto. Luigi Ca­solo, classe 1914, privo di entrambe le gambe, in istituto da diciotto mesi, ha dichiarato: « Vivere qui dentro non mi piace. Si mangia male, è tutto sporco, gli infermieri ci trattano come cani. An­ch'io mi sono preso qualche sberlone, senza mo­tivo. Ma non mi sono mai lamentato. A che ser­ve lamentarsi? Meglio starsene tranquilli, tirare avanti come si può. Fuori di qui non saprei dove andare. Ho dei fratelli, ma a casa loro non c'è l'ascensore, devono portarmi su e giù per le scale in braccio. Troppo scomodo, troppo fatico­so. Per un po' ci abbiamo provato, ma ho dovuto decidermi a venire qui, perché non era possibile continuare in quel modo» (10).

- Istituto «Villa delle Querce» di Nemi (Ro­ma) - Una vicenda pirandelliana. Nel cronicario, che ospita 875 anziani malati, le USL romane di­rottano una donna senza segnalarne i dati ana­grafici (età, nome, cognome). Nessuno si preoc­cupa di accertarne le generalità: verrà chiamata «Rosa Ferro». Quando muore, il Comune, a mez­zo manifesto, invita «chiunque abbia interesse a riconoscere o abbia elementi per il riconoscimen­to della salma a recarsi presso l'ospedale civi­le...» (11). L'indifferenza, commossa per l'omag­gio riservatole, eleva Nemi (e dintorni) a sua ca­pitale.

Che cosa fare per arginare lo scandalo dell'as­sistenza?

 

La legge quadro di riforma

 

Occorre innanzitutto colmare il vuoto legisla­tivo che lo alimenta. Il varo di una seria e comple­ta riforma dell'assistenza potrebbe significare una svolta storica. Potrebbe cancellare l'attuale regi­me feudale, unificare risorse, competenze, perso­nale, strutture negli Enti locali. Una reductio ad unum che consentirebbe finalmente di razionaliz­zare e innovare il servizio. Purtroppo c'è invece il pericolo che la legge quadro sull'assistenza sia una beffa (12).

 

Altri provvedimenti

 

Le leggi vigenti consentono alle Regioni ed agli Enti locali di adottare provvedimenti a tutela dei ricoverati e degli assistiti (13). Alcuni esempi:

- Autorizzazione preventiva a funzionare. È no­to che, a differenza degli istituti per minori, quel­li per anziani e per handicappati non sono tenuti a richiederla. Molti di essi sfuggono quindi ad ogni controllo.

- Personale medico e infermieristico. Ai cro­nicari ed agli istituti per handicappati, anche se gravissimi, non è fatto obbligo di averlo.

- Norme igienico-sanitarie. Per gli istituti di ricovero non esistono norme apposite. Le autorità mediche applicano le disposizioni che vincolano alberghi e locande (14).

- Norme antincendio. Mancandone di specifi­che, i vigili del fuoco si appellano a quelle rela­tive ad alberghi e case di cura private, allorché si tratta di concedere il nulla osta per l'esercizio dell'attività.

- Norme antinfortunistiche. Di solito non ven­gono rispettate.

Di qui la necessità di una legislazione che sot­tragga all'anarchia il mondo dell'assistenza. Il permesso di gestire un istituto di ricovero do­vrebbe essere subordinato all'osservanza di nor­me riguardanti in particolare (15):

- la localizzazione della struttura, per evitare che sorga in una zona malsana, lontana dai centri abitati o non dotata di servizi;

- l'eliminazione delle barriere architettoniche;

- la capienza massima per impedire che un bacino di utenza molto ampio comporti lo sradi­camento troppo netto degli assistiti dal loro con­testo sociale;

- l'ammissione di uomini e donne e la non separazione dei coniugi e dei conviventi;

- la professionalità richiesta al direttore e agli operatori;

- il corretto rapporto numerico fra personale e ricoverati;

- le condizioni igienico-sanitarie dei locali e la predisposizione di tutti i servizi necessari (cu­cine, lavanderie, spogliatoi, bagni, sale di sog­giorno, ampiezza finestre rispetto alla superficie delle camere, spazi minimi per posto letto, nu­mero massimo degli ospiti per camera, ecc.);

- l'autorizzazione dei vigili del fuoco, per quanto concerne la prevenzione degli incendi, gli strumenti, i mezzi di segnalazione e di estinzione degli stessi;

- il rispetto delle norme sulla prevenzione de­gli infortuni e sull'igiene del lavoro;

- la tenuta delle cartelle dei ricoverati (16).

Censimento - In molte Regioni a tutt'oggi non c'è un'anagrafe degli istituti e dei ricoverati, È auspicabile che al più presto venga messa in can­tiere. Non si può modificare la realtà che non si conosce.

Controllo e vigilanza (sugli istituti pubblici e privati di assistenza) - È compito delle Regioni. Ci si attende che usino di questo potere per mi­gliorare il servizio, far acquisire al personale una maggiore professionalità, smantellare l'attuale or­ganizzazione dell'assistenza, fondata sul ricove­ro. Circa le IPAB, oggetto di controllo e vigilanza dovrebbero pure essere:

- gli statuti, i regolamenti e le piante organi­che del personale, allo scopo di chiedere le ne­cessarie modifiche;

- i bilanci preventivi e consuntivi;

- l'inventario dei patrimoni mobili e immo­bili con particolare riferimento ai beni di valore storico e artistico;

- i consigli di amministrazione (rinnovi, even­tuali incompatibilità).

Consigli di amministrazione - Gran parte degli istituti di assistenza sono IPAB. Nei consigli di amministrazione siedono rappresentanti degli En­ti pubblici, Il negativo corso delle cose impone di non più indugiare. Si indirizzino loro decisi solleciti affinché rendano conto delle energie che dispiegano (o no) per correggere le storture del sistema IPAB nell'attesa che la legge quadro tra­sferisca queste istituzioni ai Comuni singoli e associati.

 

 

(1) Cfr. B. Guidetti Serra e F. Santanera, Il Paese dei celestini, Istituti di assistenza sotto processo, Einaudi, 1973, Torino.

(2) Op. cit., pp. 9-10.

(3) Op. cit., p. 21.

(4) Cfr. AA.VV., Interventi alternativi al ricovero assistenziale, Controcittà, 1980, Torino.

(5) Op. cit., p. 14.

(6) «La madre della Stuppia si costituisce parte civile», La Sicilia, 3 aprile 1982.

(7) «Roma, ammassati dentro tre stanzoni 70 handicap­pati seminudi fra i topi», La Stampa, n. 111, 1 giugno 1982.

(8) Laura Maragnani, «Così viviamo noi poveri vecchi, vittime di infermieri aguzzini», Domenica del Corriere, 26 giugno 1982.

(9) Ibidem.

(10) Ibidem.

(11) V. Prospettive assistenziali, n. 58, Specchio nero.

(12) Cfr. gli editoriali di Prospettive assistenziali, n. 57 e 58.

(13) Sarebbe ovviamente preferibile che la legge quadro dell'assistenza contenesse norme apposite al fine di tra­sformare in obbligo ciò che oggi è una semplice facoltà delle Regioni e degli Enti locali.

(14) Una disciplina in tal senso è stata invece messa a punto dal legislatore per ospedali e case di cura private che spesso accolgono il medesimo tipo di ospiti delle case di riposo.

(15) La linea del superamento degli istituti di ricovero non è certamente in contrasto con la necessità di miglio­rare le condizioni di vita degli assistiti in dette strutture.

(16) Per i minori l'obbligo della tenuta della cartella personale è sancito dall'art. 194 del RD 15 aprile 1926 n. 718.

 

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