Prospettive assistenziali, n. 60, ottobre - dicembre 1982
DUE ESPOSTI ALL'AUTORITÀ GIUDIZIARIA
PER LE DISCRIMINAZIONI CUI SONO SOTTOPOSTI GLI ANZIANI
MALATI CRONICI
GIACOMO
BRUGNONE
Ascoltando i
discorsi di amministratori e politici e scorrendo la
vigente normativa in materia di anziani malati cronici, non si può non esser
convinti di vivere nella società più equa e democratica del mondo. Il giudizio
muta quando, dall'analisi delle enunciazioni e delle normative, ci si sposta a
quelle della prassi. Tutte le forze politiche e sociali - escluse le eccezioni
che confermano la regola - vuoi per precise scelte conservatrici, per
inettitudine o miopia politica, nelle loro azioni concrete paiono gareggiare fra di loro a chi meglio riesce ad emarginare gli anziani.
Le prospettive future non sono migliori: acquisita l'arroganza del potere si
rinuncia a salvarsi la faccia con una normativa avanzata. All'orizzonte si
addensano infatti minacciose le nubi della riforma
dell'assistenza e delle modifiche alla legge 180 che regolamenta la
psichiatria, che nella stesura voluta dalle forze conservatrici, sono di
quanto più reazionario possa esistere
(1).
Se nessuno
si opporrà a queste tendenze, ben presto i cosiddetti «cronici» potranno
liberamente scegliere fra l'essere equiparati ai
«matti» e (gratuitamente) chiusi in manicomi eufemisticamente
ribattezzati «centri per la riabilitazione dei lungodegenti», o (a pagamento)
essere affidati a case di riposo - nel frattempo privatizzate dalla riforma
dell'assistenza - sulle quali le pubbliche istituzioni non potranno più esercitare
alcun controllo.
A questa
condizione non sfuggono gli anziani ammalati cronici
che risiedono nella Regione Veneto che anzi, per discriminazioni cui sono
sottoposti godono di un poco invidiabile primato.
Anziani seviziati nella casa di riposo di Mestre e «cronici»
illegalmente dimessi o non ammessi negli ospedali, sono questi i contenuti dei
due esposti presentati dall'ULCES alla magistratura veneziana e di cui
riportiamo i testi (2).
Il primo
esposto sui fatti, tristemente noti, avvenuti alla casa di riposo di via Spalti a Mestre, riguarda le inadempienze della Regione
Veneto in materia di vigilanza sulle IPAB e l'eventuale omissione di atti
d'ufficio da parte dei precedenti consigli di amministrazione.
I fatti di
cui si sta occupando la magistratura costituiscono però
solo la punta di un iceberg la cui parte sommersa non è meno drammatica, anche
se colpisce meno la fantasia dell'opinione pubblica. Nella casa di riposo di
Mestre - come in moltissime altre - poco o nulla funziona, e vengono
negate tutte le esigenze dei ricoverati che non siano strettamente legate alla
loro sopravvivenza neurovegetativa. Cosa si fa,
infatti, per migliorare la qualità delle prestazioni erogate e per migliorare
le loro condizioni di vita di relazione? Destino masochista quello che la nostra
società riserva ai «cronici», li scaccia dagli ospedali e li mette in lista
d'attesa per entrare in case di riposo che quando non
sono l'anticamera del cimitero, assomigliano alle prove generali del
purgatorio. Il fatto poi che si sbandieri la lista di attesa
per le ammissioni nelle case di riposo che, nonostante i fatti di cui si è
occupata la stampa, conta ancora più di 500 nominativi, non depone a favore
della buona qualità dell'istituzione, bensì dell'inettitudine degli Enti
locali, che non riescono a creare servizi alternativi, non lasciando così
scelte agli utenti.
Col secondo
esposto si vuole richiamare l'attenzione dell'Autorità giudiziaria sul
discriminante trattamento riservato agli anziani cosiddetti «cronici», cui viene negato il diritto all'assistenza ospedaliera. Una
scandalosa discriminazione nella vigente legislazione e normativa in materia e
che nel solo Comune di Venezia riguarda annualmente quasi 600 anziani (circa
l'1% di ultrasessantacinquenni),
fra illegalmente dimessi o non ammessi negli ospedali, a causa della cronicizzazione
del loro stato di salute precario. Viene così loro
negato un diritto sancito da una legge del 1955 e che la riforma sanitaria ha
riconfermato, rafforzandolo.
Ma ciò che
rende più drammatico il tutto è il dispregio in cui la
pur carente legislazione in materia è tenuta dalle istituzioni che dovrebbero
invece applicarla e farla rispettare. Nel Veneto - e probabilmente anche in
altre Regioni - il Servizio sanitario nazionale ha abbandonato ogni ipocrisia e
trascura spudoratamente le più elementari parvenze di legalità, truffando
senza ritegno gli anziani ammalati cronici, cui nega il diritto all'assistenza
ospedaliera, costringendoli a sobbarcarsi l'onere di una costosissima ospedalizzazione
domiciliare o di un non più economico ricovero in casa di riposo, tipo quella tristemente famosa di via Spalti a Mestre.
Nel Veneto,
le pubbliche istituzioni, in luogo di tutelare gli interessi dei cittadini, o
non si accorgono dei disagi in cui questi versano, o
si comportano alla stessa stregua di società assicuratrici, che fanno di
tutto per non mantenere fede alle clausole contenute nei loro contratti, o di
imprese economiche che perseguono esclusivamente fini di lucro. Qui l'anno internazionale
dell'anziano malato cronico viene celebrato con
«messe nere», senza che le forze sociali e politiche e l'opinione pubblica
prendano posizioni in merito.
Partendo da
questi due fatti che hanno contribuito a rendere non ulteriormente sostenibile
una situazione che era già di per sé difficile, l'ULCES, oltre ai due esposti
di cui si è parlato, e cui darà la più ampia pubblicizzazione
possibile, sia mezzo stampa che via etere, ha
intrapreso altre due iniziative, la creazione di un servizio di consulenza
legale, a disposizione dei cronici e dei loro congiunti, già in funzione e la
pubblicazione di un vademecum sui diritti degli anziani ed i doveri dei terzi,
che dovrebbe uscire entro pochissimi mesi.
Altre
iniziative a più ampio respiro saranno rese possibili
solo se avrà esito positivo il tentativo dell'ULCES di raccogliere in un «coordinamento
sanità ed assistenza» tutte le forze di base locali.
Oltre che
per i fatti qui sopra descritti, la costituzione di un tale coordinamento si impone anche - e soprattutto - per porre un argine
all'indisturbata ed inadeguata politica della sanità e dell'assistenza, posta
in essere dalla Regione e dagli Enti locali. Su di un tale
argomento ci paiono opportune alcune brevissime anticipazioni.
La Regione
Veneto continua indisturbata nella sua politica dualistica, secondo la quale
gli ammalati «acuti» sono di competenza del comparto sanità ed assistiti dai
servizi delle USL, gli ammalati «cronici» (anziani e disabili in genere), sono di competenza del comparto assistenza che ha creato un
servizio sanitario di serie «B», dato in appalto ad
IPAB ed istituzioni private, cui il Servizio sanitario nazionale si limita a
corrispondere un contributo economico, senza esercitare alcun controllo.
Il Comune di
Venezia, prosegue nella sua politica dei ricoveri,
per i quali ha stanziato oltre 14 miliardi, per un numero di assistiti in
continua espansione e che attualmente ammonta a circa 1.600 anziani ricoverati
nelle due grandi IPAB (San Giovanni e Paolo a Venezia e via Spalti a Mestre)
cui vanno ad aggiungersi quelli ricoverati presso il Gris
di Mogliano ed in altre case di riposo private,
nonché il residuo psichiatrico ed i lungodegenti ricoverati presso gli ospedali
pubblici e privati, per un totale di forse 3.000 anime, un po' troppi per
continuare a predicare che si sta facendo una politica di interventi
alternativi. Leggendo poi il bilancio di previsione per il 1982 si vede come gli interventi alternativi si limitino a:
soggiorni climatici, lavoro saltuario per gli anziani nei quartieri (a 2.000
lire lorde l'ora), la trasformazione di un cronicario in comunità alloggio,
l'assistenza domiciliare, data in appalto ad urna cooperativa professionalmente
dequalificata a 12.000 lire l'ora, un po' troppo per delle colf. Nei prossimi 5
anni sono poi previsti dal Comune 3 gruppi famiglia, per dare una risposta
adeguata a quasi 25.000 anziani in condizioni psicofisiche precarie, senza
prendere in considerazione poi le loro condizioni economiche, cui si dovrebbe
rispondere con la generalizzazione dell'intervento
economico del «Minimo vitale», da sei anni in fase di sperimentazione.
L'USL n. 16
del Veneziano, la più grande d'Italia, che più o meno
corrisponde al territorio della serenissima repubblica di Venezia, nel suo momento
di massima espansione, in luogo di privilegiare una politica di interventi
territoriali che miri alla prevenzione ed alla riabilitazione, ha impegnato per
i prossimi anni la stragrande maggioranza delle risorse a sua disposizione
(per spese straordinarie), per la costruzione di un faraonico ospedale a
Mestre, della cui utilità l'attuale maggioranza non è probabilmente tutta concorde,
ma che viene da tutti accettato per poter continuare ad amministrare.
Esposto n. 1
OGGETTO: Richiesta di accertamento
in merito al corretto adempimento del compito di vigilanza che la Regione
Veneto (od eventualmente il Comune di Venezia) dovrebbe, ai sensi di legge,
esercitare sulle IPAB (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza), con
particolare riferimento alle Case di Riposo. Nonché
richiesta di accertamento sul corretto operato delle precedenti
amministrazioni della Casa di Riposo di via Spalti a Mestre.
La scrivente ULCES (Unione per la lotta contro
l'emarginazione sociale) con sede a Torino, via Artisti
34, in persona del vice presidente, Brugnone
Giacomo, residente a Venezia, Mestre, Vicolo della Pineta 42/b, venuta a
conoscenza delle sevizie subite da ricoverati presso l'infermeria maschile
della Casa di riposo sita in via Spalti a Mestre e di cui si sta attualmente
occupando l'Autorità giudiziaria, ritiene che tali fatti possano essersi
verificati anche a causa dell'inadempienza dell'azione di vigilanza, che ai
sensi di legge, la Regione Veneto (che dopo l'emanazione del DPR 616/77 succede
ai prefetti) ed eventualmente il Comune di Venezia - limitatamente alle
competenze delegategli dalla Regione - avrebbero dovuto esercitare sulle IPAB,
nonché a causa del negligente operato delle amministrazioni che hanno retto la
Casa di riposo nel periodo precedente la denuncia delle sevizie ai danni dei
ricoverati.
L'allargamento dell'inchiesta in corso alla rilevazione
di eventuali responsabilità politiche e/o
amministrative della Regione Veneto (e del Comune di Venezia), oltre a far
maggiore chiarezza sulle dinamiche che hanno prodotto i fatti di cui si sta
occupando l'Autorità giudiziaria, dovrebbe - riconducendo la pubblica vigilanza
al ruolo assegnatole dal legislatore - prevenire il ripetersi di questi ed
altri incresciosi fatti.
A conferma della negligenza con la quale
è stata condotta l'azione di vigilanza e l'amministrazione della Casa di
riposo, sta il fatto che la denuncia per le violenze ai danni dei ricoverati
non è partita dagli organi preposti a tale compito, né dagli amministratori che
reggevano la Casa di riposo al tempo dei primi sentori di irregolarità. È stato infatti il nuovo presidente che, appena insediato, ha dato
seguito alle lamentele di operatori ligi, ricoverati e loro parenti. Pertanto,
qualora dall'inchiesta in corso venisse accertato che
questi ed altri atti anomali si ripetevano da tempo, dovrebbe anche esser
vagliata la responsabilità dei vecchi amministratori, che nulla hanno fatto in
concreto per trasformare l'ottocentesco ospizio per vecchi nella Casa di riposo
modello di cui tanto andavano blaterando a convegni e tavole rotonde.
Alla scrivente ULCES non risulta
che la Regione Veneto abbia preso serie iniziative per accertare le eventuali
responsabilità del caso e prendere quei provvedimenti, che per legge le competono.
Il Comune di Venezia ha dal canto suo dichiarato alla stampa, nella persona
dell'Assessore all'assistenza Elionella Firzi, che la vigilanza dell'operato
della casa di riposo spetta esclusivamente al suo consiglio di amministrazione
e, chiudendo la stalla quando i buoi sono già fuggiti, si è limitata a
promuovere un'ispezione della commissione consiliare che si occupa del settore
assistenza.
Si ricorda che ai sensi dell'articolo 2 della legge
6972/1890 e del R.D. 5.2.1891 n. 99 art. 4, che tuttora regolano la materia,
spetta alla Regione (che succede ai prefetti)
vigilare affinché:
- non vi sia abuso di pubblica fiducia;
- siano assicurate le esigenze sotto il profilo
igienico sanitario e sotto il profilo assistenziale;
- siano rispettate le misure di sicurezza (anti incendio, anti infortunistica, norme di sicurezza delle apparecchiature
elettriche, ecc.).
Alla Regione è inoltre affidato il compito di
chiudere gli istituti di assistenza nei casi di loro
cattivo funzionamento.
La scrivente ULCES chiede in conclusione all'Autorità
giudiziaria di accertare la quantità e la qualità dell'azione di vigilanza
delle istituzioni preposte a tale compito, sia prima che
dopo il verificarsi dei fatti in oggetto ed i provvedimenti presi per far sì
che essi non abbiano più a ripetersi.
Che cosa, ad esempio, è stato
fatto per accrescere la professionalità degli operatori, ridurre il loro
carico di lavoro e per rendere meno alienante le condizioni di vita sia degli
assistiti sia degli operatori? Alla scrivente ULCES risulta
che i provvedimenti presi in questa direzione sono stati sinora nulli o
comunque inadeguati. L'unico corso di formazione è stato esclusivamente funzionale
alla progressione economica degli operatori che vi
hanno partecipato e non al miglioramento della loro professionalità, quindi
delle prestazioni erogate agli assistiti. Nulla si è fatto per ridurre
l'alienante carico di lavoro cui sono sottoposti
molti operatori e che è contemporaneamente causa ed effetto dell'assenteismo
che in questa sede ha assunto dimensioni allucinanti. Nulla
si è fatto per organizzare il lavoro in maniera più funzionale sia agli
interessi degli operatori che degli assistiti. Nulla si è fatto per modificare
l'organizzazione della vita nella casa di riposo: sveglia mattutina, orario
della somministrazione dei pasti e qualità dei cibi. A mo' di
esempio si ricorda che alcuni anni or sono si volevano negare agli
sdentati ospiti della Casa di riposo i formaggi cremosi in quanto i loro
residui rendevano più difficile la ripulitura dei piatti, poi venne raggiunto
un compromesso: confezioni in carta stagnola, di difficile utilizzo per
persone molto anziane e/o non autosufficienti...
La scrivente ULCES, augurandosi che l'Autorità
giudiziaria vorrà verificare la veridicità del contenuto del presente esposto
e, nel caso dovessero emergere delle responsabilità,
adottare i provvedimenti del caso, rimane a disposizione per eventuali
chiarimenti ed integrazioni.
Esposto n. 2
OGGETTO: Inadempienze del
SSN (servizio sanitario nazionale) in materia di assistenza ospedaliera agli
anziani cosiddetti «cronici».
La scrivente ULCES (Unione per la lotta contro
l'emarginazione sociale), con sede a Torino, via
Artisti 34, nella persona del vice presidente Brugnone
Giacomo, residente a Mestre, Vicolo della Pineta 42/b, intende, con questo
esposto, richiamare l'attenzione dell'Autorità giudiziaria sul discriminante
trattamento riservato dalla Regione Veneto (e probabilmente anche dalle altre
Regioni) agli anziani cosiddetti «cronici» cui viene negato il diritto
all'assistenza ospedaliera.
Una tale scandalosa prassi, che non trova alcuna
giustificazione nella vigente legislazione e normativa in materia, ha assunto
dimensioni non ulteriormente tollerabili. Nel solo Comune di Venezia sono oltre
500 gli anziani che vengono ogni anno illegalmente espulsi
dagli ospedali o non vi vengono ammessi a causa della cronicizzazione delle
malattie da cui sono affetti.
Nello specifico riportiamo la prassi adottata
dall'ULS n. 16 del Veneziano nei confronti dei ricoverati presso l'ospedale geriatrico «G.B. Giustinian»,
che avrebbe peraltro come compito istituzionale quello dell'assistenza agli
anziani.
L'ULS n. 16, con due distinte lettere, comunica ai
congiunti dei ricoverati, segnalati come cronici di detto ospedale (allegato n.
1) ed al Comune di Venezia (allegato n. 2) che, non essendo questi pazienti più
assistibili col ricovero ospedaliero, si deve provvedere a
riprenderli in casa o a ricoverarli presso l'infermeria di una casa di riposo
(cfr. quella squallidamente
famosa di Mestre). La copertura delle spese per la degenza «impropria» relativa
al periodo intercorrente fra data della segnalazione della cronicizzazione e
la dimissione (circa 110.000 al giorno per parcelle
che non di rado superano i 50 milioni), sarà - a seconda della lettera -
addebitata al Comune di Venezia o all'interessato.
Da un'inchiesta condotta dalla scrivente ULCES risulta che il Comune di Venezia fa del suo meglio per
reperire posti presso le case di riposo della zona e comunque non dà neppure
seguito alle richieste di pagamento delle rette; né peraltro l'ULS insiste, in
quanto è conscia dell'illegittimità di un tale atto ed il tutto si conclude con
un'operazione contabile di «partita di giro». La reazione
dell'interessato e dei congiunti è invece drammatica; vengono presi dal panico
all'idea di dover sborsare una tale astronomica cifra e nella maggior parte
dei casi - con gran sacrificio - si riprendono in casa il congiunto e si
sobbarcano le spese per l'ospedalizzazione domiciliare o si rassegnano a pagare
(in tutto o in parte) le astronomiche rette delle fatiscenti case di riposo in
cui sono costretti a ricoverare il congiunto.
La scrivente ULCES, ravvedendo
in questa scandalosa procedura gli estremi dei reati di abuso di potere,
omissioni di atti di ufficio e truffa con raggiro ai danni degli assistiti e
dei loro congiunti, sollecita l'Autorità giudiziaria a svolgere gli
accertamenti del caso, a prendere provvedimenti idonei e a garantire la tutela
dei diritti di questi cittadini ed a colpire eventuali responsabilità.
A sostegno del diritto dei cosiddetti «cronici»
all'assistenza ospedaliera, riportiamo gli estremi delle disposizioni contenute
nella vigente normativa in materia.
1. - Con legge 692/1955 si estende
ai pensionati l'assistenza sanitaria senza limiti di durata; con successivo
D.M. del 21.12.1956, il Ministro del lavoro definisce le malattie specifiche
della vecchiaia (che sono quelle che danno luogo alla segnalazione dello
stato di cronicità), assistibili senza limiti di durata, anche con ricovero
ospedaliero, qualora ciò sia necessario.
2. - L'obbligatorietà del ricovero, nei casi di
necessità, è ripreso dall'articolo 14 della legge
132/1968. Le ammissioni e le dimissioni dei pazienti dagli ospedali debbono ispirarsi al principio dell'obbligatorietà del
ricovero nei casi in cui ne sia accertata la necessità. L'innovativo concetto
di necessità è chiarito dalla sentenza del tribunale di Savona del 31.5.1968: « ... il ricovero deve essere necessario
soggettivamente e non oggettivamente... in quanto, anche una malattia che può
normalmente essere curata ambulatoriamente o in
casa, può rendere necessario, in un determinato stadio del suo decorso, il
ricovero dell'ammalato in ospedale...».
Aggiungiamo noi che ai concetti di obiettiva
necessità terapeutica e soggettive condizioni dei paziente e dei suoi congiunti
va aggiunto il concetto di obiettiva capacità del Servizio sanitario nazionale
a dare una risposta alternativa (altrettanto adeguata) al ricovero; qualora
ciò non si verifichi sarà giustificato comunque il ricovero, in quanto, in caso
contrario, il paziente sarebbe privato del suo diritto all'assistenza.
3. - Il diritto del cosiddetto «cronico» al ricovero
ospedaliero è confermato dall'articolo 29 della legge 132/1968 che classifica i posti letto degli ospedali prevedendo esplicitamente anche
quelli riservati ai cronici, lungodegenti e convalescenti.
4. - La legge 833/1978, istitutiva del Servizio
sanitario nazionale, non abroga le disposizioni sopradescritte, anzi ne
rafforza il contenuto prevedendo, fra le altre cose, la diagnosi e la cura degli
eventi morbosi, quali ne siano le cause, la fenomenologia e la durata; la
riabilitazione degli stati di invalidità somatica e
psichica; la tutela della salute degli anziani, anche al fine di rimuovere e
prevenire le condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione (art.
2); l'assistenza medico-generica e specialistica, infermieristica sia
ambulatoriale che domiciliare; l'assistenza ospedaliera per le malattie
fisiche e psichiche; la riabilitazione (art. 14). Le prestazioni
specialistiche possono anche essere erogate al domicilio dell'utente in forme
che consentano la riduzione dei ricoveri ospedalieri
(art. 25, 6° comma).
La scrivente ULCES rimane a disposizione dell'Autorità
giudiziaria per eventuali chiarimenti ed integrazioni.
ALLEGATO
N. 1
USL N. 16 VENEZIANA
ENTE OSPEDALIERO REGIONALE «G.B. GIUSTINIAN»
SPECIALIZZATO IN GERONTOLOGIA E GERIATRIA
30122 VENEZIA
Castello, Calle della Pietà, 3706
N. ...................................
Gent.m Sig.r
Risposta a nota n.
..................................................
del
..........................................................................
Venezia,
.................................................................
Oggetto:
Dichiarazione di cronicità
Degente
nato a
il
In data la
malattia del degente generalizzato in oggetto è stata dichiarata di natura
cronica e pertanto non assistibile da parte della Regione.
Conseguentemente, dal ,
le spese di degenza saranno poste a carico dell'interessato,
o di chi obbligato per legge.
Distinti
saluti.
d'ordine
del Presidente
Consegnato
al Sig. ......................................................................
Il
.................................................................................................
Alle ore
......................................................................................
ALLEGATO
N. 2
USL N. 16 VENEZIANA
ENTE OSPEDALIERO REGIONALE «G.B. GIUSTINIAN»
SPECIALIZZATO IN GERONTOLOGIA E GERIATRIA
30100 VENEZIA
AL
COMUNE DI VENEZIA - Ufficio Spedalità
30100 VENEZIA
e p.c.
ALL'UFFICIO RICOVERI VECCHI ED INABILI
30100 VENEZIA
Oggetto:
Notifica spedalità a carico Comune domicilio di soccorso.
Venezia, lì
Ad integrazione fono n.
...................... del
............................................. si segnala a decorrere dal
........................................ la cronicizzazione del processo
...................................................................... in atto
del paziente Sig. ......................................................
nato a
.................................. il .................. residente a ..............................................
via .......................................................... n. ............
e ricoverato in questo Ospedale in Divisione
............................ dal
.........................................
I paziente che non è in grado di lasciare l'Ospedale da solo per le sue
condizioni di salute e per l'età, abbisogna di assistenza medica generica in
una infermeria per malati cronici.
Si
chiede pertanto il trasferimento del Paziente in idoneo Istituto.
È
pacifico, comunque, che fino a quando il paziente
rimarrà qui ricoverato le relative spese saranno addebitate a codesto Comune,
il quale potrà eventualmente rivalersi verso l'interessato o chi per lui
civilmente obbligato per legge.
Distinti
saluti.
IL
DIRIGENTE AMMINISTRATIVO di Sede
(1) Cfr. l'editoriale di Prospettive
assistenziali, n. 58.
(2) Dei due esposti si sono occupati:
- Com-Nuovi tempi, n. 24 del 4 luglio 1982 e n. 29 del 10
ottobre 1982;
- L'Unità (pagina regionale veneta)
del 27 agosto 1982;
- La Repubblica del 15 settembre
1982;
- La Tribuna di Treviso del 15
settembre 1982;
- Il Mattino di Padova del 15
settembre 1982.
Il TG 3 (cronaca regionale veneta) ha fatto
tre servizi di cui il primo è uscito il 6.9.82 e gli altri due lo saranno entro
breve. Dell'argomento si sono inoltre interessati Il Giornale del Veneto con un
servizio del 31 agosto e radio locali.
Un servizio di informazione
e consulenza, con un eccezionale indice di ascolto, viene trasmesso ogni
settimana dall'emittente «Nuova Radio».
www.fondazionepromozionesociale.it