Prospettive assistenziali, n. 60, ottobre - dicembre 1982

 

 

INSERIMENTO SCOLASTICO DEGLI HANDICAPPATI E TENTATIVI DI CONTRORIFORMA

MARISA PAVONE - MARIO TORTELLO

 

 

La normativa nazionale sull'inserimento degli alunni handicappati nella scuola normale pre­senta - all'appuntamento con l'anno scolastico 1982-83 - elementi di novità valutati positiva­mente da esperti ed operatori scolastici, unita­mente ad alcuni aspetti contradditori che susci­tano perplessità e preoccupazioni.

I primi sono legati soprattutto alla approvazio­ne della legge 20 maggio 1982, n. 270 (più nota come legge sul precariato); gli altri si riferisco­no alla recente circolare ministeriale relativa alle «scuole elementari speciali statali e parificate» e alla applicazione della legge 270 stessa, per ciò che riguarda gli insegnanti di sostegno nella scuola media. Un ulteriore elemento di contrad­dizione va ravvisato, infine, nella ordinanza mi­nisteriale del marzo '82 sugli esami di licenza media, là dove impone la espressa menzione di un regio decreto del 1925 sul diploma dei ragaz­zi handicappati, con chiaro significato emargi­nante.

Disposizioni che vengono ad interrompere la lunga serie di leggi e circolari sviluppatesi nella linea di una sempre maggiore integrazione scola­stica degli alunni handicappati (1).

Alla legge 118 del 30 marzo 1971 - la prima ad aver sancito che l'istruzione dell'obbligo deve avvenire di norma nelle classi comuni della scuo­la pubblica (2) - si sono aggiunte, via via, tra le altre, la circolare ministeriale 18 agosto 1975, n. 227, che propone «misure per facilitare [...] un sempre più ampio inserimento degli alunni handicappati nelle scuole aperte a tutti gli al­lievi», e la legge 4 agosto 1977, n. 517, che in­troduce tra l'altro le attività di integrazione e di sostegno.

L'inserimento degli alunni portatori di handi­cap si può considerare oramai un fenomeno ge­neralizzato sul territorio nazionale. I dati mini­steriali più completi si riferiscono all'integra­zione nelle scuole materne, elementari e medie dell'obbligo nell'anno scolastico 1979-80. Pren­dendo in considerazione la scuola nel suo com­plesso, il rapporto percentuale fra alunni portato­ri di handicap e alunni in totale è pressoché omo­geneo nelle tre circoscrizioni territoriali: Nord (1,2%), Centro e Sud (1,3%); Italia (1,1%) (vedi tab. 1) (3).

 

TAB. N. 1

Numero degli alunni handicappati inseriti nelle scuole comuni statali (materne, elementari e medie dell'obbligo)

 

                                              NORD                                                    CENTRO                                                SUD/ISOLE                                                  ITALIA       

Ordine di scuola                           N.                     Di cui alunni                     N.                     Di cui alunni                     N.                     Di cui alunni                     N.                     Di cui alunni

                                                    Totale                  handicappati                  Totale                 handicappati                  Totale                 handicappati                  Totale                 handicappati

                                                    alunni                 N.               %                 alunni                 N.                %                 alunni                 N.                %                 alunni                 N.               %

 

Scuola Materna      256.338     2.240     0,9       132.715     1.032      0,8       358.188     2.001      0,6       747.241     5.273     0,7

                                                 2.093                                   1.075                                   1.551                                   4.719       

Scuola Elementare 1.721.084   28.863    1,7       670.680    12.414     1,9     1.668.605  22.630     1,4     4.060.369   63.907    1,6

                                                29.396                                 12.000                                 25.453                                 66.849      

Scuola Media        1.301.712    8.910     0,7       483.078     3.639      0,8     1.161.638   3.047      0,3     2.946.428   15.596    0,5

                                                                                                                                                                                 19.892      

Totale (1979-80)  3.279.134   40.013    1,2     1.286.473  17.085     1,3     3.188.431  27.678     1,3     7.751.038   84.776    1,1

 

Fonte: Ufficio Studi e Programmazione del Ministero Pubblica Istruzione. I dati si riferiscono all'anno scolastico 1979-1980. I numeri scritti in neretto sono relativi, invece alla cifra assoluta di bambini o alunni handicappati inseriti nelle classi comuni nell'anno scolastico 1980-81 (per questo anno non esistono ancora dati percentuali).

 

 

Una situazione ben diversa rispetto a quella degli anni '60, quando l'espulsione o la non am­missione dei più deboli dalla scuola normale co­stituiva una prassi corrente. Allora, la percen­tuale di fanciulli handicappati calcolata dagli esperti era del 5 per cento; l'incidenza dei «casi limite» del 10 per cento; infine, un altro 10 per cento degli alunni era ritenuto «disadattato del carattere e del comportamento».

L'obbligo dell'inserimento scolastico sancito dalla legge 118, da un lato ha incoraggiato e po­tenziato le esperienze di integrazione già in atto, dall'altro ha creato le condizioni per cui la scuo­la comune - nel suo complesso - non ha più interesse a «inventare» falsi handicappati o di­sadattati, dovendo comunque occuparsi della loro educazione (4).

Per questo, mentre è doveroso prendere atto delle positive innovazioni introdotte dalla legge 270/82, occorre sottolineare, ad esempio, le non poche perplessità suscitate dalla circolare mini­steriale sulle scuole speciali, proprio perché può ridare fiato alle anacronistiche strutture emargi­nanti che si ritenevano in via di superamento (5).

Vediamo ora, con ordine, le diverse disposizio­ni introdotte dalla nuova normativa.

 

La legge 20 maggio 1982, n. 270

 

Con la legge 20 maggio 1982, n. 270 (norme anti-precariato) (6), il legislatore ha introdotto al­cune innovazioni che interessano la scuola ma­terna e dell'obbligo e che riguardano diretta­mente l'inserimento degli alunni portatori di han­dicaps.

Scuola materna. In precedenza, la formazione delle sezioni di scuola materna statale - in pre­senza di bambini handicappati - era regolamen­tata solo da circolari ministeriali (7). Nessuna norma, inoltre, prevedeva la figura dell'insegnan­te di sostegno. Ora, la legge n. 270, all'articolo 12, commi secondo e terzo, stabilisce che:

«Ciascuna sezione di scuola materna è costi­tuita con un numero massimo di 30 bambini ed un numero minimo di 13 bambini, ridotti, rispet­tivamente, a 20 e a 10, per le sezioni che accol­gono bambini portatori di handicaps.

«La consistenza complessiva delle dotazioni organiche dei ruoli provinciali della scuola mater­na è calcolata aggiungendo anche i posti di so­stegno da istituire in ragione, di regola, di un posto ogni quattro bambini portatori di handi­caps».

La legge n. 270, infine, richiama «l'applicazio­ne della programmazione educativa secondo i criteri previsti dalla legge 4 agosto 1977, n. 517, anche nella scuola materna di Stato per quanto compatibile» (8). La programmazione era già prevista dall'art. 32 del DPR 31 maggio 1974, n. 416, che pone tra i compiti del collegio degli in­segnanti della scuola materna quello di provve­dere alla «cura» della «programmazione dell'a­zione educativa, anche al fine di adeguare gli orientamenti educativi alle specifiche esigenze ambientali e dello sviluppo psico-fisico dei bam­bini».

Scuola elementare. In base alla legge n. 270, art. 12, comma sesto, va assicurato «di regola un rapporto medio di un insegnante di sostegno ogni quattro [...] alunni portatori di handicaps»; una indicazione già presente a livello di circolare mi­nisteriale, ma ora recepita dalla legge.

Scuola media. La legge 4 agosto 1977, n. 517, art. 7, comma secondo, prevedeva «forme di in­tegrazione e di sostegno a favore degli alunni por­tatori di handicaps da realizzare mediante la uti­lizzazione dei docenti, di ruolo o incaricati a tem­po indeterminato, in servizio nella scuola media e in possesso di particolari titoli di specializza­zione, che ne facciano richiesta, entro il limite di una unità per ciascuna classe che accolga alunni portatori di handicaps e nel numero massimo di sei ore settimanali».

Con la legge n. 270, art. 12, comma sesto, si prevede - analogamente alla scuola materna ed elementare - «di regola un rapporto medio di un insegnante di sostegno ogni quattro [...] alun­ni portatori di handicaps».

L'art. 14, comma settimo, della stessa legge sancisce, inoltre, che «è abrogata la disposizione prevista, per la scuola media, al secondo comma dell'art. 7 della legge 4 agosto 1977, n. 517, che stabilisce la utilizzazione dell'insegnante di so­stegno nel limite di 6 ore settimanali per ciascuna classe».

Abrogando questa norma, il legislatore ha inte­so accogliere una precisa richiesta emersa dalla conferenza nazionale sulla integrazione scolasti­ca degli handicappati (promossa nel 1981 dal Ministero della pubblica istruzione) e che aveva come obiettivo l'adeguamento dell'orario degli insegnanti di sostegno alle effettive esigenze.

Le dotazioni organiche e aggiuntive. In base alla legge n. 270, i posti di sostegno a favore de­gli alunni portatori di handicaps, unitamente a quelli di tempo pieno, di attività integrative, di libere attività complementari e di attività di istru­zione degli adulti finalizzate al conseguimento del titolo di studio, sono compresi nelle dotazioni or­ganiche dei ruoli provinciali della scuola elemen­tare e media (art. 12, comma quarto).

Le dotazioni organiche sono rideterminate an­nualmente entro il 31 marzo. Le disposizioni si applicano con riferimento al 31 marzo dell'anno scolastico successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 270. La prima applicazione si avrà dunque - legge finanziaria permettendo - con l'anno scolastico 1983-84.

In base all'art. 13, comma primo, della legge sul precariato, inoltre, «le dotazioni organiche determinate ai sensi dell'art. 12 sono aumentate di una dotazione aggiuntiva risultante dalla appli­cazione di un incremento percentuale medio del 5 per cento, calcolato sulla consistenza comples­siva delle predette dotazioni organiche». «In prima applicazione [...] le dotazioni aggiuntive della scuola materna sono determinate in numero di 5.500 unità complessive, le dotazioni aggiun­tive della scuola elementare sono determinate in numero di 36.000 unità complessive; le dotazioni aggiuntive della scuola media sono determinate in numero di 47.000 unità complessive» (art. 20, comma primo).

Ancora la legge n. 270 stabilisce, all'art. 14, comma sesto:

«Il personale docente di ruolo, incluso - nel rispetto delle priorità indicate nel primo comma del presente articolo (9) - quello delle dotazioni aggiuntive, che sia in possesso di specifici re­quisiti, può essere utilizzato anche per periodi di tempo determinati, per tutto o parte del nor­male orario di servizio, in attività didattico-educa­tive e psico-pedagogiche previste dalla program­mazione di ciascun circolo didattico o scuola, se­condo criteri e modalità da definirsi mediante ap­posita ordinanza del Ministro della pubblica, sen­tito il Consiglio nazionale della pubblica istru­zione, con particolare riferimento alle attività di sostegno, di recupero e di integrazione degli alun­ni portatori di handicaps e di quelli che presen­tano specifiche difficoltà di apprendimento non­ché per insegnamenti speciali e attività integra­tive o complementari previsti dalle leggi vigenti».

Anche le dotazioni aggiuntive sono ridetermi­nate annualmente con riferimento al 31 marzo, contestualmente alla determinazione degli organi­ci del personale docente. La prima applicazione va riferita al 31 marzo dell'anno scolastico suc­cessivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge, cioè all'anno scolastico 1983-84.

 

Nuovi criteri per gli esami di licenza media

 

Con il decreto ministeriale del 26 agosto 1981 (10), sono stati impartiti i nuovi criteri per le prove di esame per il conseguimento del diplo­ma di licenza media. Infatti, con l'anno scolastico 1981-82, si è chiuso il primo ciclo di applicazione dei nuovi programmi previsti dalla legge 348/77 e resi esecutivi nell'anno scolastico 1979-80. An­che le prove d'esame, dunque, devono essere coerenti - nella loro impostazione e nella loro attuazione - con le innovazioni apportate dagli interventi legislativi precedenti.

Sottolinea la premessa al testo allegato al de­creto ministeriale: «L'aspetto fondamentale di questo esame deve essere la sua caratterizzazio­ne educativa in quanto, a conclusione della scuo­la obbligatoria, deve essere offerta all'alunno la possibilità di dare prova della propria capacità di rielaborazione e di organizzazione delle cono­scenze acquisite, anche in vista delle scelte suc­cessive. L'esame di licenza media avrà, pertanto, il carattere di un bilancio sia della attività svolta dall'alunno sia dell'azione educativa e culturale compiute dalla scuola, anche per una convalida del giudizio sull'orientamento».

Viene sottolineata, anche, l'importanza della «relazione finale del Consiglio di classe, la qua­le deve presentare - in armonia con i nuovi cri­teri e metodi di valutazione- l'indicazione dei programmi effettivamente svolti, le linee didat­tiche seguite, gli interventi effettuati - compresi quelli eventuali di sostegno e di integrazione e la sintesi di quanto la programmazione educativa e didattica, impostata nel triennio, ha via via ipo­tizzato, verificato e vagliato [...]. La chiarezza e la precisione dei giudizi di ammissione costitui­sce un'essenziale condizione per il corretto svol­gimento delle prove d'esame. Ciò va particolar­mente sottolineato per quegli allievi riconosciuti - secondo le norme vigenti - portatori di han­dicap che vengono ammessi a sostenere le prove di esame. La loro scheda di valutazione dovrà in­dicare per quali discipline siano stati adottati par­ticolari criteri didattici, quali attività integrative e di sostegno siano state svolte, anche eventual­mente in sostituzione parziale e totale di alcune discipline; sulla base di tutti gli elementi forniti, si predisporranno prove d'esame differenziate (Regio Decreto n. 653/1925, art. 102) coerenti con il livello degli insegnamenti impartiti e idonee a valutare il progresso dell'allievo in rapporto alle sue potenziali attitudini e al livello di partenza».

Un esame differenziato, dunque, a conclusione di una scuola individualizzata; prove studiate a misura dei ragazzi handicappati, in continuità con quanto essi hanno svolto nel corso dell'iter sco­lastico.

Anche l'ordinanza ministeriale del 12 marzo 1982 (11), introduce al punto 35 una nuova impor­tante innovazione:

«I docenti utilizzati per la realizzazione delle forme di integrazione e di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap, di cui al secondo comma dell'art. 7 della legge 4 agosto 1977, n. 517, fanno parte del Consiglio di classe e parteci­pano, pertanto, a pieno titolo, alle operazioni di valutazione periodiche e finali e agli esami di li­cenza di scuola media».

Una modifica che ripara ad una duplice, grave, ingiustizia. La prima interessa gli stessi ragazzi handicappati: i docenti di appoggio che li hanno seguiti per un intero anno (a volte, per il com­pleto iter della scuola media inferiore) non ven­gono estromessi nel momento conclusivo della esperienza scolastica, delicato ed importante. An­zi, partecipano «a pieno titolo» - in analogia a quanto già è previsto nella scuola elementare - alla valutazione finale. Inoltre, non viene più mor­tificata la professionalità dei docenti d'appoggio, sino ad ora allontanati proprio nelle fasi essen­ziali della programmazione: quelle della valuta­zione e della verifica.

 

Chi si rivede, le classi speciali!

 

A fronte delle disposizioni sopracitate, in linea con la scelta dell'inserimento, vanno registrati, purtroppo, alcuni «colpi di coda» degli uffici mi­nisteriali, anche in seguito alla sentenza della Corte di Cassazione del marzo 1981 (12).

Il primo interessa la scuola elementare.

Con circolare del giugno 1982, il Ministero del­la pubblica istruzione ha modificato le disposizio­ni relative alle scuole elementari speciali statali e parificate. Ne riportiamo il testo (13).

«Com'è noto, è in atto un graduale processo di integrazione degli alunni portatori di handicap nelle strutture scolastiche comuni, secondo le modalità previste dalla legge 4.8.1977, n. 517, che ha favorito, a tal fine, l'impiego di numerosi inse­gnanti di sostegno.

«Tale fenomeno ha determinato sia una pro­gressiva contrazione dei posti d'organico di scuo­la speciale. sia la permanenza nelle scuole spe­ciali - non essendo ancora ipotizzabile l'inseri­mento nelle classi comuni - di alunni portatori di gravi handicap o pluriminorati, per i quali si richiede una programmazione educativa accentua­tamente individualizzata.

«Al riguardo, si rammenta che per la formazio­ne delle classi di scuola elementare statale spe­ciale sono state impartite disposizioni con mini­steriali n. 4525 del 9 luglio 1962, e n. 934/6 del 2 febbraio 1963, tuttora in vigore.

«Tuttavia, avuto riguardo alla reale gravità del­le condizioni degli alunni handicappati, accertata mediante le attestazioni fornite alla scuola dai servizi preventivi e/o riabilitativi territoriali e dai servizi di igiene mentale, si ritiene che le classi speciali possano funzionare con un numero mini­mo di quattro alunni.

«Il funzionamento di classi con un numero di alunni inferiore a quattro può consentirsi eccezio­nalmente, solo in presenza di gravi situazioni ri­gorosamente e singolarmente accertate e valuta­te, tenuto conto della impossibilità di soddisfare altrimenti i bisogni individuali di educazione e riabilitazione o di concentrare gli alunni in altre classi».

Il grosso «nodo» degli handicappati gravi tor­na alla ribalta non attraverso nuovi stimoli alla sperimentazione, ma riproponendo l'equivoco del­la «doppia via»: l'integrazione nella scuola co­mune per alcuni, la permanenza in scuole specia­li per altri. A scelta di chi?

Mentre da più parti si richiede la sperimenta­zione di strutture integrate, agili, all'interno o, almeno, a fianco della scuola normale (14), an­che sulla scia delle esperienze già in atto (15), il Ministero ha ridato fiato alle classi speciali, con­sentendo loro di sopravvivere a se stesse. Infat­ti, la circolare prevede che le sezioni speciali «possano funzionare con un numero minimo di quattro alunni», ulteriormente riducibile: un li­mite che va al di sotto di ogni possibile sussi­stenza di un «gruppo educativo».

Ben diverse sono state le conclusioni della «Commissione di studio per la riforma dei pro­grammi della scuola elementare». Sottolinea la relazione:

«È opportuno prevedere più scuole attrezzate nell'ambito distrettuale, che siano in grado di of­frire quei necessari presidii e sostegni, che non fossero possibili in maniera diversa. Si rammenta che il problema degli handicappati più gravi non è risolvibile nell'ambito della sola scuola, ma richiede uno sforzo solidale delle famiglie e del­le strutture operanti sul territorio, che devono offrire spazi e occasioni anche nell'ambiente ex­tra-scolastico, soprattutto nella prospettiva della formazione ulteriore che dovrà anche assicurare a tali soggetti possibilità di inserimento non pas­sivo nella vita sociale e nel lavoro. La soluzione soddisfacente del problema degli handicappati non sta in un loro temporaneo accoglimento nel­le aule scolastiche, bensì in un coinvolgimento di tutto l'ambiente (famiglie, enti locali, unità sani­tarie e di servizi), che possa provvedere, oltre che a dotare la scuola del necessario, anche a garan­tire interventi extrascolastici e domiciliari».

 

Una interpretazione riduttiva della legge 270

 

Con circolare del luglio 1982 (16), il Ministero della P.I. ha impartito le norme per la utilizzazio­ne dei docenti di scuola media per le attività di integrazione e di sostegno a favore degli alunni handicappati, in prima applicazione della legge 270/82.

Purtroppo, per l'anno scolastico 1982-83, l'utiliz­zazione dei docenti per il sostegno si riferisce solo agli articoli 12 e 14 della legge 270/82 (dota­zioni organiche e abrogazione del limite delle sei ore settimanali) e non anche agli articoli 13 e 20 (determinazioni delle dotazioni aggiuntive all'or­ganico). Come è già stato sottolineato, il perso­nale delle dotazioni aggiuntive dovrebbe essere disponibile - legge finanziaria permettendo - solo con l'anno scolastico 1983-84.

Ora, una interpretazione riduttiva delle nuove norme da parte di alcuni provveditorati ha com­portato una contrazione delle ore effettive di so­stegno, alla quale va aggiunto il notevole ritardo con cui spesso viene assegnato il personale d'ap­poggio e che compromette ogni seria possibilità di programmazione degli interventi.

L'art. 12 prevede che la determinazione delle dotazioni organiche comprenda anche i posti di sostegno e che questi assicurino, di regola, un rapporto medio di un insegnante di sostegno ogni quattro alunni handicappati. Una applicazione iso­lata e burocratica della norma ha comportato la seguente situazione: orario-cattedra 18 ore setti­manali, 4 ore e mezza in media disponibili per ciascuno dei quattro allievi. Cioè, un'ora e mezza in meno rispetto alle sei (già carenti) previste dalla legge 517/77, in contraddizione con le ri­chieste avanzate da più parti, con lo spirito del legislatore, ma soprattutto in contrasto con le effettive esigenze dell'integrazione.

Va annotato, inoltre, che l'applicazione della legge 270 è stata oggetto di trattativa, nel luglio '82, tra i sindacati confederali della scuola ed il Ministero della P.I. Come ha sostenuto Roberto Pettinelli, a nome di CGIL CISL UIL, al convegno di Torino «Tutti uguali,.. tutti diversi», il sinda­cato aveva «concordato l'applicazione immedia­ta della 270 su tutti e tre i filoni di scuola: la materna, l'elementare e la media. L'applicazione voleva dire introdurre immediatamente il docente di sostegno nel rapporto 1/4 anche nella scuola materna. Solo a questo patto. avevamo assecon­dato - e lo sapevamo - una certa riduzione per quest'anno del rapporto fra docenti di soste­gno e numero di handicappati nella scuola media. Avevamo fatto, cioè, un accordo di tipo comples­sivo: recuperavamo fortemente nella materna, dove il sostegno non c'è, dal punto di vista quan­titativo e, l'anno prossimo, ampliavamo in tutti i settori».

A partire dal prossimo anno scolastico, il rap­porto docenti per il sostegno - alunni handicappa­ti potrà variare in positivo, se diverrà disponibi­le anche il personale delle dotazioni aggiuntive all'organico, come prevede la legge. Infatti, no­nostante il blocco sostanziale degli organici per i prossimi anni, la legge 270 prevede un incre­mento del personale docente per il sostegno. Se la normativa troverà puntuale applicazione, non dovrebbero più esistere - in prospettiva - pro­blemi quantitativi, ma si affaccerà maggiormente l'esigenza di qualificazione.

Tuttavia, il nodo dell'inserimento nella media dell'obbligo non si può sciogliere senza supera­re alcuni pesanti limiti oggi presenti nella orga­nizzazione scolastica: soprattutto, il rischio di un irrigidimento giuridico e professionale dell'inse­gnante di sostegno (troppo spesso il docente d'appoggio viene identificato con l'handicappato stesso) e la mancanza di un effettivo coinvolgi­mento di tutti gli insegnanti e di tutta la scuola, perché l'integrazione non si riduca ad un sempli­ce custodialismo, anziché tradursi in uno sforzo collettivo di effettiva coeducazione.

Occorre superare la rigidità del rapporto nume­rico fra insegnanti di sostegno e handicappati; una richiesta rivolta ultimamente da più parti al Ministero, ma che può già trovare prime positive risposte nella normativa vigente:

a) Il personale di sostegno non è assegnato per gli alunni handicappati. Viene « assegnato a scuo­le normali per interventi individualizzati di natura integrativa in favore della generalità degli alun­ni e in particolare di quelli che presentino speci­fiche difficoltà di apprendimento » (DPR 31 otto­bre 1975, n. 970, art. 9, comma quarto).

b) Gli insegnanti di classe (indipendentemente dalla materia di insegnamento) devono essere «capaci di rispondere ai bisogni educativi degli alunni con interventi calibrati sulle condizioni per­sonali di ciascuno» (C.M. 28 luglio 1979, n. 199).

c) Il collegio docenti cura la programmazione educativa (DPR 31 maggio 1974, n. 416, art. 4). «Nell'ambito della programmazione [...] sono previste forme di integrazione e di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap [...]. Le attività [si svolgono] secondo un programma di iniziative di integrazione e di sostegno che dovrà essere elaborato dal collegio dei docenti sulla base di criteri generali indicati dal consiglio di istituto e delle proposte dei consigli di classe [...]. Il suddetto programma viene periodicamen­te verificato e aggiornato dal collegio dei docenti nel corso dell'anno scolastico» (legge 4 agosto 1977, n. 517, art. 7).

d) «Nelle attività di integrazione dovranno es­sere impegnati tutti gli alunni; in particolare si dovrà evitare che gli alunni bisognosi delle ini­ziative di sostegno siano impegnati soltanto in esse, mentre i loro compagni si dedicano alle at­tività di integrazione» (D.M. 9 febbraio 1979, parte III, punto quarto).

e) «L'entità orario settimanale delle attività di integrazione e di sostegno per ciascun alunno sarà determinata [...] sulla base della documen­tazione e delle indicazioni [...] a tal fine fornite dalla scuola frequentata nell'anno precedente» (C.M. 21 luglio 1982, n. 233).

 

Un diploma come marchio di diverso (17)

 

Un ultimo elemento di involuzione riguarda an­cora la scuola media. A vent'anni dalla istituzione della media unica, obbligatoria e gratuita per tutti e contestualmente al primo anno di applicazione dei nuovi criteri per l'esame di licenza media, il Ministero della pubblica istruzione - con la già citata ordinanza del 12 marzo 1982 - ha reintro­dotto una grave discriminante tra alunni «norma­li» ed alunni «handicappati», in base ad un Re­gio Decreto del 1925: nel diploma deve essere fatta «espressa menzione» che il titolo di studio è stato conseguito in base a prove d'esame dif­ferenziate.

Un diploma di licenza media come marchio di «diverso», dunque. Una inutile sottolineatura delle difficoltà incontrate dal ragazzo svantaggia­to, proprio alla conclusione di un ciclo di studi ob­bligatorio, che dovrebbe potenziare la capacità dei cittadini di partecipare ai valori della cultura, della civiltà e della convivenza sociale e di con­tribuire al loro sviluppo. Una trascrizione buro­cratica della sua «diversità», ufficializzata su un diploma da esibire a terzi, specie nella ricerca di un lavoro che dovrebbe consentire una prassi di inserimento sociale, già positivamente avviata nella scuola.

Ma, soprattutto, tale disposizione ministeriale cozza contro una lunga serie di modifiche legisla­tive, innovazioni e provvedimenti che hanno cambiato volto in questi anni alla scuola dell'obbli­go, per renderla a misura di ogni alunno: diffe­renziata, in quanto individualizzata. È per lo meno un controsenso, dunque, ribadire questa «diversi­tà» al termine di un iter scolastico che consente di differenziare i programmi sino ad una «sosti­tuzione parziale o totale di alcune discipline», in rapporto «alle potenziali attitudini e al livello di partenza degli alunni» (D.M. 2 agosto 1981, premessa, comma nono), prevede interventi di sostegno «al fine di agevolare l'attuazione del di­ritto allo studio e la piena formazione della per­sonalità» degli allievi (legge 4 agosto 1977, n. 517, art. 7) ed autorizza prove d'esame differen­ziate «coerenti con il livello degli insegnamenti impartiti» (D.M. 26 agosto 1981, cit.).

La legge 31 dicembre 1962, n. 1859, aveva isti­tuito la scuola media unica, obbligatoria, gratuita, secondaria di primo grado. L'unicità della istru­zione media inferiore rappresentava proprio uno dei punti più significativi del nuovo ordinamento, un grande passo in avanti rispetto all'assetto pre­cedente della scuola per i ragazzi dagli 11 ai 14 anni (18). Altro aspetto qualificante, l'esistenza di un ampio ventaglio di discipline, tale da mettere in luce le attitudini dei ragazzi e facilitarne l'o­rientamento.

La legge 16 giugno 1977, n. 348, ha perfeziona­to il processo di unificazione eliminando il princi­pio della facoltatività di alcune discipline e dando a tutte le materie «eguale valore e dignità».

La legge 4 agosto 1977, n. 517, ha rafforzato la capacità democratica delle strutture della scuo­

la media, ponendo al centro dei suoi interventi la programmazione educativa e didattica, dalla qua­le discendono nuovi criteri di organizzazione del lavoro scolastico, nuovi strumenti valutativi e corrispondenti iniziative di integrazione e di so­stegno. «Gli interventi legislativi del 1977 svi­luppano i principi ispiratori della riforma del 1962, sia mettendo a disposizione più adeguate strut­ture per un servizio scolastico finalizzato alla promozione umana e culturale di tutto il popolo italiano, sia eliminando quelle strutture che si erano dimostrate inadeguate (classi di aggiorna­mento e classi differenziali)» (19).

Più specificatamente, l'art. 7 della legge 517/ 1977 prevede gli interventi di integrazione e di sostegno da attuare nella scuola media «a favore degli alunni portatori di handicaps»:

«Al fine di agevolare l'attuazione del diritto allo studio e la piena formazione della personalità degli alunni, la programmazione educativa può comprendere attività scolastiche di integrazione anche a carattere interdisciplinare, organizzate per gruppi di alunni della stessa classe o di clas­si diverse, ed iniziative di sostegno, anche allo scopo di realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni.

«Nell'ambito della programmazione di cui al precedente comma sono previste forme di inte­grazione e di sostegno a favore degli alunni por­tatori di handicaps da realizzare mediante l'utiliz­zazione dei docenti, di ruolo o incaricati a tempo indeterminato, in servizio nella scuola media e in possesso di particolari titoli di specializzazione, che ne facciano richiesta, entro il limite di una unità per ciascuna classe che accolga alunni por­tatori di handicaps e nel numero massimo di sei ore settimanali.

«Le classi che accolgono alunni portatori di handicaps sono costituite con un massimo di 20 alunni.

«In tali classi devono essere assicurati la ne­cessaria integrazione specialistica, il servizio so­cio-psico-pedagogico e forme particolari di soste­gno secondo le rispettive competenze dello Stato e degli enti locali preposti, nei limiti delle relative disponibilità di bilancio e sulla base del program­ma predisposto dal consiglio scolastico distret­tuale.

«Le attività di cui al primo comma del presen­te articolo si svolgono periodicamente in sostitu­zione delle normali attività didattiche e fino ad un massimo di 160 ore nel corso dell'anno scolastico con particolare riguardo al tempo iniziale e finale del periodo delle lezioni, secondo un programma di iniziative di integrazione e di sostegno che do­vrà essere elaborato dal collegio dei docenti sulla base di criteri generali indicati dal consiglio di istituto e delle proposte dei consigli di classe.

«Esse sono attuate dai docenti delle classi nell'ambito dell'orario complessivo settimanale degli insegnamenti stabiliti per ciascuna classe.

«Le attività previste dall'ultimo comma dell'ar­ticolo 3 della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, devono essere coordinate con le iniziative com­prese nel programma di cui al precedente quinto comma.

«Il suddetto programma viene periodicamente verificato e aggiornato dal collegio dei docenti nel corso dell'anno scolastico.

«I consigli di classe, nelle riunioni periodiche previste dall'ultimo comma dell'articolo 2 della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, verificano l'an­damento complessivo dell'attività didattica nelle classi di loro competenza e propongono gli op­portuni adeguamenti del programma di lavoro.

«Le classi di aggiornamento e le classi diffe­renziali previste dagli articoli 11 e 12 della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, sono abolite».

Anche la premessa generale ai nuovi program­mi della scuola media (decreto ministeriale 9 feb­braio 1979, parte seconda, punto 2), prevede la individualizzazione degli interventi:

«La individualizzazione degli itinerari di ap­prendimento è garanzia, per l'alunno, di effettiva soddisfazione del diritto allo studio, cui corrispon­de il dovere di impegnarsi per la promozione di sé e per la preparazione ad assolvere i propri compiti sociali in termini sia di conquista degli elementi culturali comunque indispensabili, sia di sviluppo di tutte le potenzalità personali.

«In questo quadro pone particolari problemi la presenza di alunni portatori di handicaps, i quali evidentemente esigono, pur se inseriti, come di­sposto dalla legge, nelle classi normali, il rispetto più attento della loro differenziata situazione e la messa in azione di appropriati interventi educati­vi e didattici.

«Gli interventi specialistici di medicina scola­stica, la disponibilità di docenti particolarmente preparati, il servizio socio-psico-pedagogico, le forme particolari di sostegno previsti dalla legge n. 517 del 1977 a favore degli handicappati - tan­to più che il solo inserimento dell'handicappato nella scuola non risolve le difficoltà ma rischia addirittura di determinare situazioni dannose per lo stesso handicappato e gli altri membri della comunità-classe - concorrono proprio ad assicu­rare un servizio scolastico adeguato alla delica­tezza dell'inserimento. Di fronte a queste situa­zioni peraltro l'individualizzazione didattica diven­ta esigenza imprescindibile nella programmazio­ne del consiglio di classe».

Lo stesso decreto ribadisce la necessità di in­terventi di integrazione e sostegno (parte terza, punto 4):

«Particolare attenzione dovrà essere prestata dal collegio dei docenti e dal consiglio d'istituto alla rilevazione delle esigenze manifestate dalla comunità sociale entro la quale la scuola svilup­pa la sua azione, assumendo anche i problemi pro­posti da particolari situazioni di emarginazione culturale o sociale e promuovendo interventi ca­paci di rimuoverle nel quadro dell'educazione per­manente programmata dal distretto scolastico.

«In tale prospettiva rientrano le attività sco­lastiche di integrazione anche a carattere inter­disciplinare, organizzate per gruppi di alunni del­la stessa classe o di classi diverse, e le inizia­tive individualizzate di sostegno.

«Il collegio dei docenti, sulla base dei criteri generali indicati dal consiglio di istituto e delle proposte elaborate da consigli di classe, partico­larmente in riferimento ai dati offerti dalle verifi­che periodiche, stabilisce il piano di queste iniziative da correlarsi strettamente con gli obiettivi individuati nella programmazione e da realizzarsi secondo le modalità previste dalla legge n. 517/ 1977.

«Nelle attività di integrazione dovranno essere impegnati tutti gli alunni; in particolare si dovrà evitare che gli alunni bisognosi delle iniziative di sostegno siano impegnati soltanto in esse men­tre i loro compagni si dedicano alle attività di in­tegrazione».

Con l'anno scolastico 1981-82 - come si è detto - si chiude il primo ciclo di applicazione dei nuovi programmi della scuola media e il già citato decreto ministeriale 26 agosto 1981 intro­duce rinnovati «criteri orientativi» per le prove di esame di Stato. Una innovazione profonda, giu­dicata positivamente.

Contro questa serie di modifiche, fortemente innovative e rispettose delle «diversità» esi­stenti tra ragazzo e ragazzo e, a maggior ragione, tra quelli cosiddetti «normali» e i portatori di handicap, si scontra però l'ultimo punto della or­dinanza ministeriale 12 marzo 1982 che prevede:

«Qualora la commissione o sottocommissione esaminatrice predisponga prove d'esame differen­ziate [...], nei diplomi e nei certificati da rilasciar­si agli interessati, deve essere fatta espressa menzione che il titolo è stato conseguito ai sensi dell'art. 102 del Regio Decreto 4 maggio 1925, n. 653» (20).

Una disposizione che rischia di inquinare tutto il lavoro positivamente svolto durante la scuola dell'obbligo, proprio perché sottolinea e stigma­tizza quelle differenze che hanno costituito per almeno otto anni la situazione di partenza per elaborare la programmazione didattica ed edu­cativa.

Ciò che stupisce, inoltre, è il ricorso ad una legge fascista di 57 anni fa, per dare pratica at­tuazione ai nuovi criteri di valutazione nella scuo­la media dell'obbligo, che costituiscono certa­mente una «rivoluzione copernicana» nel setto­re. Si noti che il regio decreto 653/1925, all'art. 5 dà facoltà al preside di «allontanare dall'istituto gli alunni o candidati affetti da malattie conta­giose o ripugnanti». Questa disposizione è stata più volte utilizzata - anche dopo la legge 118/1971 - per allontanare dalla scuola soggetti por­tatori di handicap fisici e sensoriali (21).

Certamente, sarebbe porre un falso problema focalizzare l'attenzione esclusivamente su questa pur inutile e dannosa annotazione d'obbligo sul diploma di scuola media. Gli sforzi vanno priori­tariamente indirizzati verso la costruzione di una scuola dell'obbligo capace - in tutti e tre i cicli, e non solo in quelli elementari - di offrire ad ogni alunno le condizioni più idonee a favorirne l'inserimento e l'apprendimento (22).

Tuttavia, sembra utile evidenziare i rischi insiti nell'ultimo punto dell'ordinanza ministeriale del 12 marzo 1982, proprio perché si traduce, in pra­tica, nel ripristino di un «sotto-diploma» di licen­za media che divide nuovamente i cittadini in «categorie» (23).

Per quanto riguarda, inoltre, il beneficio della riserva del posto di lavoro per gli handicappati - in quanto invalidi civili - tale diritto non viene compromesso dalla mancata indicazione, sul certificato di licenza, del richiamo all'art. 102 della legge 653/25. L'invalidità civile può essere altrimenti e più correttamente dimostrata con al­tra documentazione.

 

 

 

 

(1) Per una rassegna legislativa inerente l'inserimento scolastico degli handicappati, cfr.: M. Pavone, M. Tortello, Handicappati, scuola, enti locali, Nuova Guaraldi, Firenze, 1982. Sulla normativa che riguarda non solo i problemi scolastici, cfr.: G. Selleri, Handicappati, legislazione e so­cietà, Nuove edizioni operaie, Roma, 1980 e AA.VV., Una persona è una persona, Ed. Lavoro, Roma, 1982.

(2) Legge 30 marzo 1971, n. 118, «Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5, e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili», in Gazzetta Ufficiale, 2 aprile 1971, n. 82. Cfr., anche: Prospettive assistenziali, Torino, n. 14, aprile-giugno 1971, pp. 54-62.

(3) Ministero P.I., Ufficio Studi e Programmazione, L'in­tegrazione degli alunni handicappati nella scuola materna e dell'obbligo, Roma, 1980. Nell'ottobre 1982, inoltre, sono stati pubblicati alcuni dati parziali relativi all'anno scola­stico 1980-81 (cfr.: Ministero P.I. - Ufficio di Coordinamento Attività Ispettiva, «Relazione del corpo ispettivo sull'an­damento generale dell'attività scolastica e dei relativi ser­vizi. Anno scolastico 1980-81, art. 4 del DPR 31.5.1974, n. 417», in Bollettino Ufficiale del Ministero P.I., Supplemen­to ordinario n. 3, parte li, n. 39-40, 30 settembre - 7 ottobre 1982). Per la scuola materna, i dati rilevano una flessione del numero di bambini handicappati inseriti nell'Italia del Nord e del Sud, «specie per la diminuita natalità» (ibi­dem, p. 95). Nella scuola elementare comune il processo di integrazione «ha registrato un ulteriore incremento nu­merico [...] ancora più rimarchevole se si tiene conto della flessione generale della popolazione scolastica [...]. Gli alunni dal 1974 sono in diminuzione, con una dinamica ne­gativa dell'1,8-2% annuo» (ibidem, p. 10 e nota 1). Note­vole incremento anche per la scuola media (ibidem, p. 142) (vedi tab. 1).

(4) Un primo bilancio di dieci anni di integrazione degli handicappati nella scuola dell'obbligo è stato tracciato al convegno «Tutti uguali... tutti diversi», Torino, 14-15-16 ot­tobre 1982, promosso dall'Assessorato per l'istruzione del Comune ed al quale hanno partecipato oltre 2 mila perso­ne. Gli atti del convegno sono in corso di pubblicazione. Tra i nodi critici che hanno condizionato o frenato l'inse­rimento: 1) la mancanza di una ricerca scientifica che ac­compagnasse via via l'integrazione, ne valutasse i risultati, ne sistematizzasse le metodologie, ne indicasse gli stru­menti più validi; 2) la formazione degli insegnanti, prose­guita in gran parte nelle scuole di specializzazione priva­ta; 3) i rapporti molto spesso ancora critici tra scuola ed enti locali; 4) la burocratizzazione della figura dell'inse­gnante di sostegno; 5) il problema degli handicappati gra­vi; 6) l'esigenza di un forte movimento di opinione cultu­rale e politico che sostenga la linea dell'inserimento.

(5) Ben diversa è la tendenza che si va consolidando in Francia. Si vedano al riguardo le circolari emanate dai Ministri dell'educazione nazionale e della solidarietà so­ciale nel gennaio 1982 secondo cui «l'integrazione dei ra­gazzi handicappati nella scuola comune è [...] una delle priorità del piano 82-83» (cfr. Sauvegarde de l'enfance, Pa­rigi, n. 2, marzo-aprile 1982, p. 156 e segg.).

(6) Legge 20 maggio 1982, n. 270, «Revisione della di­sciplina del reclutamento del personale docente della scuo­la materna, elementare, secondaria ed artistica, ristruttura­zione degli organici, adozione di misure idonee ad evitare la formazione di precariato e sistemazione del personale precario esistente», in Gazzetta Ufficiale, 22 maggio 1982, n. 139, supplemento ordinario.

(7) C.M. 8 agosto 1975, n. 227, «Interventi a favore de­gli alunni handicappati: programma per l'anno scolastico 75-76» («Si reputa pedagogicamente e didatticamente op­portuno non superare di norma i 20 alunni per classe o per sezione di scuola materna»); C.M. 8 settembre 1976, n. 228, «Iniziative per l'inserimento degli alunni handicap­pati nelle scuole comuni. Anno scolastico 1976-1977» (che rileva l'esigenza di «contenere a 20 unità, di norma con non più di 2 bambini handicappati, la popolazione scolastica di ciascuna sezione»).

(8) Cfr. C.M. 5 agosto 1982, n. 261, «La programmazione della azione educativa nella scuola materna».

(9) Il primo comma dell'art. 14 stabilisce: «La utilizza­zione dei docenti delle dotazioni aggiuntive deve contribui­re nella scuola elementare e media e, per quanto compati­bile anche nella scuola materna, a realizzare una program­mazione educativa secondo quanto previsto dalla legge 4 agosto 1977, n. 517, assicurando per altro il soddisfacimen­to in via prioritaria, nell'ordine, delle seguenti esigenze: a) copertura dei posti di insegnamento che non possono concorrere a costituire cattedre o posti orario; b) coper­tura dei posti di insegnamento comunque vacanti e dispo­nibili per un periodo non inferiore a 5 mesi nell'ambito del distretto o dei distretti viciniori; c) sostituzione dei do­centi destinati ai compiti di cui al sesto comma [è quello riportato per esteso qui sopra]; d) sostituzione dei docenti impegnati nella realizzazione delle scuole a tempo pieno; e) sostituzione dei docenti impegnati nello svolgimento dei corsi di istruzione per adulti finalizzati al conseguimento dei titoli di studio e per l'insegnamento nei corsi sperimen­tali di scuola media per lavoratori; f) sostituzione dei do­centi utilizzati ai sensi del nono comma, secondo periodo del presente articolo [attività di aggiornamento, specializ­zazione e perfezionamento]».

(10) D.M. 26 agosto 1981, «Criteri orientativi per le prove di esame di Stato per il conseguimento del diploma di licenza media e modalità dello svolgimento delle mede­sime», in Gazzetta ufficiale, 10 settembre 1981, n. 249.

(11) Ordinanza ministeriale 12 marzo 1982, «Valutazio­ne finale ed esami nella scuola media per l'anno scolastico 1981-1982».

(12) Cfr. E. Fassone, «La Corte di Cassazione emargina gli handicappati», in Prospettive assistenziali, Torino, n. 56, ottobre-dicembre 1981, pp. 8-14. La sentenza è pubblicata in Prospettive assistenziali, Torino, n. 55, luglio-settembre 1981.

(13) Cfr. C.M. 9 giugno 1982, n. 185, «Scuole elementari speciali statali e parificate».

(14) Cfr., ad esempio: Regione Piemonte, Piano socio­sanitario per il triennio 1982-84, allegato 19 (legge regio­nale 10 marzo 1982, n. 7) e la proposta di sperimentazione formulata dalla Direzione didattica «Anna Frank» di To­rino.

(15) Esperienze sono in atto a Sassuolo (Modena), Giu­gliano (Napoli), Arezzo, Cutropiano, Genova, Reggio Emilia, Pistoia, Perugia, Siena, Trieste ed in altri centri.

(16) C.M. 21 luglio 1982, n. 233, Utilizzazione docenti di scuola media per le attività di integrazione e il sostegno a favore degli alunni portatori di handicaps. Anno scolastico 1982-83.

(17) Cfr., anche: M. Pavone, M. Tortello, Handicappati; il diploma di licenza media come marchio di diverso, in «Prospettive sociali e sanitarie», Milano, n. 15, 1° settem­bre 1982, pp. 13-15.

(18) Ampia è la bibliografia relativa alla introduzione del­la scuola media unica. Per tutti, cfr. A. Fadiga Zanatta, Il sistema scolastico italiano, Il Mulino, Bologna, 1978, pp. 107-145.

(19) Dalla premessa generale ai programmi della scuola media, decreto ministeriale 9 febbraio 1979, parte prima, punto 2.

(20) L'art. 102 del R.D. 4.5.25, n. 653, dispone: «I muti­lati o invalidi di guerra e coloro che dalla nascita o per causa sopravvenuta non abbiano la piena capacità funzio­nale degli organi per sostenere tutte le prove di esame, possono, in seguito a deliberazione motivata della Com­missione esaminatrice, ottenere la dispensa totale o par­ziale dalle singole prove con l'obbligo di sottoporsi, ove sia possibile, ad esperimenti che dalla Commissione siano ri­tenuti equipollenti».

(21) Cfr. L. Bellomo, L. Ribolzi, L'inserimento degli han­dicappati nella scuola dell'obbligo, Il Mulino, Bologna, 1979, p. 224. Cfr. anche, la sentenza del Pretore di Venezia del 18 gennaio 1975 in merito alla frequenza scolastica degli handicappati.

(22) Cfr. AA.VV., Programmi della scuola media. Struttu­re e valutazione, Armando Armando, Roma, 1981, pp. 171­215. Cfr., inoltre, S. Neri, «Apprendimento», in AA.VV., Handicap, socializzazione, apprendimento, Il Pensiero Scien­tifico, Roma, 1981, pp. 99-143.

(23) Anche il Parlamento si è occupato del problema della licenza media agli alunni portatori di handicap. Ri­spondendo al Senato ad interrogazioni dei senatori Ulia­nich (sinistra indipendente) e Morandi (PCI), il sottosegre­tario alla P.I., onorevole Drago (DC), ha difeso la disposi­zione dell'ordinanza ministeriale del 12 marzo 1982. A suo avviso, l'obbligo di menzionare espressamente il R.D. 653/1925, lungi dal contrastare con lo spirito della legge 31 di­cembre 1962, n. 1859 (media unica), ha la sola funzione di attestare la legittimità della scelta della Commissione di procedere a prove differenziate e di garantire il preside in ordine al contenuto dei documenti da lui sottoscritti. Il sottosegretario ha comunque annunciato una prossima ini­ziativa legislativa che consenta di dare al problema una soluzione diversa (cfr. Servizio informazioni Avio, Roma, Armando, n. 7-8, luglio-agosto 1982, p. 208).

 

 

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