Prospettive assistenziali, n. 60, ottobre - dicembre 1982

 

 

Notizie

 

 

DOCUMENTO SULLA LEGGE FINANZIARIA 1983 (1)

 

Sarebbero soprattutto gli handicappati, le loro famiglie, i vecchi, con le pensioni minime da fame, a subire le conseguenze della riduzione dei servizi sociali, se dovesse passare con la legge finanziaria 1983 la politica dei tagli. Ad esempio, al Comune di Firenze andrebbero circa 70 miliardi in meno rispetto ai 1982; in misura diversa sareb­bero colpiti tutti gli altri Comuni italiani.

Si vogliono punire i Comuni, i soli ad avere seguito la via del rigore. È questo infatti l'unico settore della spesa pubblica che non abbia su­perato le previsioni nel 1982 come è invece avve­nuto nelle Partecipazioni statali ed al Ministero della difesa.

Alcuni esempi eclatanti dei provvedimenti finanziari approntati dal Governo:

1° - blocco totale e generalizzato, imposto a tutti gli Enti locali, di ogni assunzione incluse le sostituzioni dei pensionati, dei deceduti; insieme ai tagli, si avrebbe anche il blocco di tutti i con­corsi; la carenza del personale, specialmente di quello qualificato, peserebbe sui servizi sociali, sulle Unità sanitarie locali. A risentire di questa politica sarebbero i vecchi, gli handicappati, nel­le voci trasporto, scuola, riduzione insegnanti di sostegno, riabilitazione, vacanze, assistenza.

2° - Si avrebbe il ripristino del famigerato ticket sui farmaci, con fasce di pagamento - si dice - sino al 40% del costo dei farmaci; sarebbe man­tenuto il ticket sugli esami di laboratorio e pre­stazioni specialistiche nei confronti degli handi­cappati, mentre non si prevede l'aumento delle misere pensioni di invalidità civile bloccate a Lire 150.000 e si aspetta ancora che la indennità di accompagnamento agli invalidi totali sia equipa­rata a quella dei grandi invalidi di guerra, e non bloccata ai livelli del 1982.

3° - La legge finanziaria propone di fatto la eli­minazione delle poche conquiste faticosamente ottenute in decenni di lotte democratiche. È una legge ingiusta nei confronti dei cittadini più de­boli. Ancora una volta si vogliono eliminare dal Fondo sanitario nazionale oltre 5.000 miliardi de­stinati agli anziani, agli handicappati, ai tossico­dipendenti.

Il Coordinamento nazionale considera una vera e propria beffa l'annullamento anche per il 1983 del progetto pilota di riabilitazione, la sospensio­ne della legge quadro di assistenza che giace negletta in Parlamento da ben tre legislature, la mancata riforma del collocamento obbligatorio ed il blocco da ben quattro anni del Piano sanitario nazionale. Intanto si stanziano per gli armamenti 3.000 miliardi in più rispetto al 1982, recando of­fesa non solo a noi ma, crediamo, a tutti i cit­tadini.

4° - Per i problemi dell'emarginazione e dell'handicap, il Coordinamento nazionale si impe­gna ad organizzare una giornata di lotta, di de­nuncia da tenersi a Roma di fronte al Parlamento per modificare la legge finanziaria e rivolge lo stesso invito a tutte le Associazioni degli invalidi civili, del lavoro, dei ciechi e dei sordomuti.

La crisi economica, che nessuno può ignorare, non deve essere pagata dalle categorie più biso­gnose e meno abbienti, non può colpire nel muc­chio, come sta facendo l'attuale governo, con metodi selvaggi quali quelli che sarebbero usati con la legge finanziaria.

Ancora una volta la punizione finanziaria al so­ciale, alla prevenzione conferma i vecchi assetti di uno Stato forte con i deboli e debole con i forti.

 

 

TRIBUNALE PER I DIRITTI DEL MALATO

 

A Torino, il 24 aprile 1982 ha avuto luogo la prima seduta pubblica del Tribunale per i diritti del malato. Folta partecipazione di operatori del­la sanità e dell'assistenza e soprattutto di citta­dini.

Nel corso dell'assemblea, l'avv. Pierclaudio Co­stanzo ha presentato la relazione istruttoria, ri­guardante le 237 denunce fatte da malati o loro parenti.

Ogni denuncia è stata passata al vaglio di una commissione istruttoria, nella quale hanno ope­rato congiuntamente medici, paramedici, esperti di attività sanitarie ed assistenziali, giuristi.

Fra le denunce segnaliamo le seguenti:

- un primario ospedaliero invita i parenti di un ricoverato che deve essere sottoposto ad un delicato intervento operatorio a trasferirlo in una clinica ove lo stesso primario potrà procedere allo stesso intervento con maggiori prospettive di riuscita. Gli interessati aderiscono alla richie­sta, con il pagamento di L. 8.500.000;

- si lamentano gli impossibili orari di vita in ospedale: sveglia alle 5 del mattino, prima cola­zione talora alle 5,30, colazione alle 11, cena al­le 17. «Gli orari dell'ospedale sono così difficili da sopportare perché troppo diversi da quelli del­la vita quotidiana» afferma un ex degente;

- mancanza di delicatezza e di rispetto negli interventi terapeutici, anche nei confronti di de­genti anziani, con alcuni casi di notevole gravità. Per tutti, quello segnalato da un paziente che si sottoscrive: «malgrado le precise istruzioni del primario di praticare ad un paziente in fase post­operatoria l'introduzione di cannula rettale di massima flessibilità e piccolo diametro, per igno­ranza pari all'incoscienza, ne inserisce una di massimo calibro, rigida e appuntita a becco, tan­to da lacerare la parete rettale e le emorroidi. Alle giustificate urla di dolore, l'infermiere si inalbera ed impone il silenzio perché lui sa quel­lo che fa» (n. 131);

- generalizzata è anche la lamentela che in­vano si chiamano al campanello gli infermieri. O non rispondono del tutto, mentre prendono il caf­fè in una saletta del reparto, o addirittura arriva­no a disinserire i campanelli, come segnala un paziente che non esita a sottoscriversi (n. 131);

- si lamenta un atteggiamento sarcastico, au­toritario, insofferente: alla richiesta di rinviare un'operazione per calcoli renali perché aveva pa­recchi disturbi, un primario risponde alla pazien­te: «Signora si metta l'immagine dei santini sui calcoli e se ne vada a casa!»; ad una paziente presentatasi al pronto soccorso in ora notturna, accompagnata dalla madre, lamentando una crisi cardiaca il medico di turno risponde: «Non ven­ga a rompere a quest'ora».

Sono denunciati anche errori o carenze nelle diagnosi:

- ad una paziente di 26 anni, ricoverata con dolori acuti al basso ventre, sono state diagno­sticate, da 4 diversi medici: infiammazione al re­ne, gastroenterite acuta, calcoli renali, appendi­cite acuta con prescrizione di intervento di ur­genza. La situazione si sarebbe chiarita come un semplice ritardo mestruale;

- una paziente viene respinta dal pronto soc­corso, ove si era presentata con la febbre a 40°, perché non c'è possibilità di ricovero e con pre­scrizione medica di tenere una borsa di acqua calda;

- ad una paziente che accusa difficoltà di re­spiro, stanchezza, tosse, difficoltà dei movimen­ti, diagnosticati dal medico curante come asma bronchiale, viene diagnosticata in sede di primo ricovero una forte anemia con pericolo di blocco renale. Successivamente trasferita ad altro ospe­dale viene messa in dialisi trisettimanale. Sotto­posta a visita ginecologica, le viene dapprima consigliato un raschiamento, poi, rivisitata dal pri­mario, l'intervento viene sconsigliato. Tuttavia lo stesso primario prescrive successivamente l'in­tervento. Dall'esame istologico del raschiamento risulta la presenza di un tumore all'utero, per cui si procede alla laparatomia. Al momento della ri­mozione dei punti viene riscontrata una perito­nite;

- dopo due interventi di lunga durata (5 ore) al fegato un paziente viene inviato da un ospeda­le di provincia a Torino, per un ulteriore interven­to, effettuato il quale viene riscontrata una neo­plasia alle vie biliari. È possibile che dopo due operazioni così radicali non si sia scoperta la for­mazione neoplastica?;

- un paziente che fornisce il proprio nomina­tivo e quello dei sanitari curanti, ricoverato pres­so una casa di cura dove viene sottoposto ad un intervento di cistolitotomia e prostatectomia, ha un decorso post-operatorio del tutto negativo, sì da far temere ai suoi familiari della sua stessa sopravvivenza. Dopo una strana contesa con il primario che ha effettuato l'intervento («cara signora non tutte le ciambelle riescono col bu­co») e con il suo aiuto la consorte riesce ad ottenere il trasferimento del paziente ad ospe­dale pubblico, ove, sottoposto ad angiotonografia, viene diagnosticata insufficienza renale acuta da ostruzione uretale bilaterale. Sottoposto ad ur­gente intervento di reimpianto dell'uretere destro in vescica e canalizzazione dell'uretere sinistro, il paziente viene presto dichiarato fuori pericolo e dimesso;

- un paziente di 85 anni caduto dal letto viene ricoverato per sospetta frattura al femore. Al pronto soccorso si esclude che si tratti di frattu­ra e si diagnostica una grave scoliosi. Si rifiuta il ricovero, nonostante le insistenze dei parenti, ai quali viene tuttavia imposto di firmare per la di­missione. Il giorno successivo, visitato a domici­lio dal medico privato, gli viene diagnosticata una frattura alla colonna vertebrale con prescri­zione di immediato ricovero;

- una paziente di 84 anni ricoverata in una casa di riposo per fatti arteriosclerotici, viene curata con trattamento di Periactin e Valium. Il medico rassicura i parenti che lo stato di profon­da sonnolenza da cui è affetta è solo un effetto collaterale della terapia. La malattia subisce un rapido deterioramento, con vistosa disidratazio­ne. Ciò nonostante non viene nutrita con cibi li­quidi e lasciata praticamente a se stessa. Vane le proteste dei famigliari, che ottengono soltanto, una notte, che le venga iniettata una dose di cal­mante. In tale occasione le viene riscontrata un ascesso alla coscia sinistra. Il mattino dopo la suora ed il medico addetto al reparto vengono trasferiti. Il nuovo medico constata le condizioni disperate dell'inferma, prescrive la nutrizione con flebo. Le viene fra l'altro, riscontrata una bronco polmonite in atto da molti giorni. Dopo poco la paziente decede. Il direttore sanitario rifiuta il rilascio alla figlia di copia della cartella clinica;

- una paziente che da tempo accusava dolori di ventre e vomito, al terzo tentativo viene rico­verata e lasciata per due giorni su una barella. Visitata, quasi occasionalmente, da un medico, le viene riscontrata un'appendicite acuta, al limite della peritonite. A questo punto viene operata d'urgenza, con un taglio ventrale suturato con 14 punti;

- un lavoratore di 37 anni viene operato una prima volta nel 1976 al ginocchio per lussazione congenita. Pochi mesi dopo viene operato nuo­vamente con una tecnica sperimentale a suo dire praticamente senza il suo consenso e con risulta­to infausto. Dopo di che, il primario che l'ha ope­rato l'ha di fatto abbandonato. Conseguenza: altri 11 interventi, quasi tutti all'estero per ovviare al danno subito, senza miglioramento. L'interessato, infatti, è oggi invalido civile;

- una lavoratrice di 44 anni, costretta a lavo­rare in piedi, viene sottoposta ad intervento al piede destro per alluce valgo nel maggio 1980. Esito, paresi totale delle dita del piede. Dopo sei mesi di fisioterapia, ultrasuoni e infiltrazioni, non riscontrando alcun miglioramento si sottopone a nuova visita presso altro ospedale. Le viene ri­scontrato spostamento di un osso con conseguen­te lesione tendinea. Si tenta di rimediare con un nuovo intervento. Nessun risultato. Il piede ora gonfia molto. Si accerta che il tendine è irrime­diabilmente offeso e non c'è più rimedio. Lavora­re in piedi ora le è impossibile;

- una paziente sottoposta ad intervento di ovaiectomia con anestesia locale (puntura lom­bare) perde la sensibilità e la motilità del piede destro. Viene accertata la lesione di due nervi (L5 - S1). Le viene praticata l'elettrostimolazio­ne senza alcun risultato. Lesione irreversibile (n. 140);

- paziente, che si sottoscrive, affetto da oto­sclerosi e sindrome di Manier (ronzii, fischi e perdita progressiva dell'udito) viene visitato da un primario ospedaliero che gli consiglia l'inter­vento di stapedectomia (sostituzione della staf­fa) con probabilità al 90% di ottima riuscita. L'in­tervento viene effettuato da persona diversa dal primario in questione: pare sia suo figlio. I risul­tati sono disastrosi: perdita totale dell'udito e aumento di ronzii in modo irreversibile; come viene successivamente diagnosticato in una cli­nica francese altamente specializzata (n. 158).

 

 

 

 

Chi volesse ricevere gli atti della seduta pubblica, contenenti anche la carta dei diritti del malato composta di trenta articoli, può riceverli dietro versamento di L. 3.500 (spese postali comprese) effettuato sul c.c.p. n. 24617102 intestato a ACLI, Via Perrone S, 10122 Torino, specificando nella causale: Atti del Tribunale per i diritti del ma­lato. Non si fanno spedizioni contrassegno.

 

 

(1) Documento approvato dal Coordinamento nazionale fra le associazioni ed i movimenti di base per i problemi dell'emarginazione e dell'handicap (Roma, 9 ottobre 1982).

 

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