Prospettive assistenziali, n. 60, ottobre - dicembre 1982
Specchio nero
IL
BOOM DEI VECCHI
Che la terza età rappresenti uno
dei principali problemi sociali che il nostro paese deve affrontare, è cosa
risaputa e confermata dai dati: l'Italia conta, agli inizi degli anni '80,
quasi cinque milioni di persone con più di 70 anni. Ed il numero è destinato
ad aumentare in misura rilevante.
Dopo il «baby-boom»,
è arrivato il «boom dei vecchi». Il
numero... fa la forza. Ma gli anziani, più che essere protagonisti, soggetti del cambiamento,
ne diventano spesso oggetti.
L'industria dei prodotti per l'infanzia scopre la «linea geriatrica»; la pubblicità punta l'obiettivo sulla terza età (dai prodotti farmaceutici
agli «assorbenti» per adulti incontinenti...), quotidiani e periodici dedicano
sempre più spazio a questi temi.
Tanto fumo e poco arrosto? Un interrogativo
legittimo; così come è lecito chiedersi se questa
«attenzione» comporterà effettivamente un cambiamento delle condizioni di vita
per migliaia e migliaia di persone. Alcune iniziative presentate - anche con notevole
clamore - in questi mesi, consentono di dubitare...
Che genio, la
«First Lady»!
Nancy Reagan, moglie del
presidente Usa, è venuta in Europa per presentare un programma in cui crede «con tutto il cuore»: «... portare sotto lo
stesso tetto gli anziani, che hanno ancora tanto affetto
da dare, e i bambini che chiedono l'amore di cui sono stati privati» (1).
Questi bambini, spiega la «First
Lady», «possono essere mentalmente o
fisicamente handicappati, oppure piccoli delinquenti ricuperabili».
E così, i «reaganaut »
possono prendere due piccioni con una fava. Primo: «confortare gli anziani», i quali - d'altra parte - hanno «ancora tanta esperienza da dare, con quei
modi dolci e affettuosi, pazienti e tolleranti, che solo un nonno può avere». Secondo: dare ad «ogni bambino un nonno che lo assiste»:
il «nonno adottivo». Anche perché, aggiunge, «il personale non basta a provvedere
a tutte le esigenze» dei bimbi ricoverati.
Per far parte del programma, occorre «naturalmente, soddisfare a certi requisiti:
60 anni e più (guai a dare un fratello o un genitore ad un bimbo! Non
possono vivere in famiglia? Diamogli un nonno!, ndr), un certo tenore
di vita e disponibilità economiche e buona salute».
E se il nonno muore? Morto un Papa, se ne fa un
altro... Morto un nonno (adottivo), se ne fanno
tre...
Mandiamoli al fronte!
Fernando Bevilacqua, sulla
rivista «Punto più», lancia un'altra
idea (2): i Comuni utilizzano i pensionati per lavori a tempo parziale? Perché non indirizzarli anche «alla vita militare quale ultima e nuova occupazione dell'esistenza? Se
è vero - come è vero - che il problema fondamentale
degli uomini della terza età è quello di reinserirsi in qualche modo nella vita
attiva del paese, una eccellente soluzione potrebbe essere quella di immetterli
in un apposito corpo militare, da intendersi anche come una "grande
famiglia" alternativa a quella fondata sul vincolo col coniuge e con la
prole...».
E subito pensa di arruolare («anche con facilitazioni nel prepensionamento», sic!) «almeno 80 mila unità»: «Potremo formare
quattro divisioni di "veterani", ciascuna della forza di ventimila
uomini da dislocare nei punti chiave della penisola, pronti a far fronte ad
eventi sia di pace che di guerra (...). Ognuna di queste unità potrebbe nel suo seno costituire una
"brigata d'assalto- con gli elementi più validi».
Non vogliamo «ipotizzare la nascita di vere e proprie unità di kamikaze»,
avverte il Bevilacqua. Tuttavia,
aggiunge, «è anche lecito supporre che
individui maturi - con circa due terzi di vita vissuta alle spalle - possano
in caso di necessità sacrificare col naturale spirito di dedizione la propria
esistenza consapevoli di salvare altrettante e più vite umane tra i giovani
della comunità nazionale».
Gli anziani aumentano di numero? Gli uomini
mandiamoli al fronte... E le donne?
(1) Cfr. «Per gli handicappati: nonni adottivi», in Il quotidiano dei Caf, n. 50, giugno
'82.
(2) Cfr. «Una
grande famiglia da integrare», in Punto più, giugno '82.
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