Prospettive assistenziali, n. 61, gennaio - marzo 1983

 

 

IL CALO DELL'OCCUPAZIONE NON RIDUCE GLI INFORTUNI SUL LAVORO

MARIO VAUDANO (1)

 

 

1982. La salute dei lavoratori in Piemonte: una situazione che preoccupa

 

Ripercorrendo le statistiche degli infortuni e delle malattie professionali (o meglio, «malattie da lavoro», perché purtroppo - come noto - non tutte le malattie contratte sul lavoro sono riconosciute come «professionali» e quindi ri­sarcite dall'Inail), si deve ancora una volta con­statare che essi non tendono a diminuire, in Pie­monte. Al massimo, si può constatare una certa «staticità» in alcune zone della Regione.

L'aumento della Cassa integrazione guadagni (che in Piemonte ha assunto una dimensione ve­ramente preoccupante, con ripercussioni sociali ed economiche - basti citare quelle nel campo della criminalità e del lavoro nero - di vasto ambito in ogni settore) non trova affatto, perciò, corrispondenza in un parallelo andamento decre­scente degli eventi di infortunio e malattia pro­fessionale; come invece sarebbe lecito aspettar­si con la diminuzione della forza di lavoro attiva.

Esaminando con attenzione i dati dell'Inail e degli Ispettorati Provinciali del Lavoro (aggiun­gendo a questi quelli delle neonate «Unità sani­tarie locali», nel 1982) si constata invece una certa tendenza alla crescita dei casi luttuosi (2).

Appaiono a questo proposito estremamente si­gnificative le tabelle che sono state compilate, tenendo presente un periodo omogeneo di tre anni (1979-1980-1981 con una proiezione fino all'inverno 1982, quarto anno preso in esame; e quindi fino al passato recentissimo) (vedi tabel­le 1-2-3).

 

Tabella 1 - Infortuni denunciati dall'Ispettorato Provinciale all'Autorità giudiziaria ne­gli anni 1977-1981

                                   

                            1981            1980            1979            1978            1977

Torino                    32 (a)           35                33               29                39

Alessandria           9                 14                9                 6                 10

Asti                       4                 4                 2                 7                 2

Cuneo                   12                22                15               13                12

Novara                   11                16                11               14                13

Vercelli                  -                  1                 1                 2                 4

Aosta                    2                 6                 4                 2                 3

Totali                     70                98                75               73                83

(a) dal 1° gennaio al 30 settembre 1982: 25 infortuni de­nunciati con 25 decessi.

 

Tabella 2 - Infortuni mortali denunciati all'Inail negli anni 1979 - 1980 - 1981

 

                                      1981            1980            1979

Torino + Ivrea                   118              72               74

Alessandria                     28                42               34

Asti                                27                20               14

Cuneo                             53                67               44

Novara                            26                25               19

Vercelli + Biella               23                23               19

Aosta                             12                17               9

Totali                              287              266              213

 

Nota: la tabella 2 riporta i dati forniti dalle sedi provin­ciali dell'Inail. Per Torino sono stati conteggiati anche quelli pervenuti dalla sede sub-provinciale di Ivrea; per Vercelli quelli della sede sub-provinciale di Biella.

 

Tabella 3 - Malattie professionali con decessi avvenuti negli anni 1979 - 1980 - 1981

 

                                      1981            1980            1979

Torino + Ivrea                   127              182              109

Alessandria                     38                30               32

Asti                                -                  1                 -

Cuneo                             17                14               26

Novara                            16                34               39

Vercelli + Biella               9                 16               7

Aosta                             68                66               85

Totali                              275              343              298

 

 

La carenza dell'intervento giudiziario

 

Nel settore degli «infortuni sul lavoro», il dato dei deceduti risulta estremamente significativo, e dimostra (ancora una volta) che larga parte de­gli eventi infortunistici anche gravissimi (mor­tali), possono non aver avuto alcun seguito nell'ambito della giustizia penale.

A prescindere dai casi di «archiviazione» im­mediata subito dopo le primissime indagini (che stanno ad evidenziare una persistente sussisten­za di carente sensibilità e professionalità della Magistratura, in questo settore:-cosa che va det­ta, anche se certamente si sono fatti dei passi avanti nell'ultimo decennio rispetto a scandalose «latitanze» passate), la sproporzione tra i casi denunciati dall'Ispettorato del lavoro (e ora an­che dalle Unità sanitarie locali, dopo il luglio 1982) e quelli denunciati ai fini assicurativi dai datori di lavoro e lavoratori all'Inail continua ad essere così cospicua ed evidente da non poter essere considerata normale.

Essa è, infatti, troppo corposa per trovare giu­stificazione in fatti (quali: incidenti mentre ci si reca sul lavoro, ecc.), che è logico non abbiano avuto seguiti giudiziari, almeno sotto il profilo infortunistico del lavoro.

Si deve, quindi, pervenire alla conclusione ine­vitabile che almeno una percentuale (e non certo piccola) dei fatti denunciati al solo Inail, avrebbe­ro, invece, dovuto essere oggetto di interesse an­che per l'Autorità giudiziaria, e quella penale in modo particolare.

Persiste, inoltre, la totale inapplicazione (o quasi) di norme tipicamente di «prevenzione», quale quella dell'art. 437 C.P. (che punisce l'o­missione dolosa di cautele atte a prevenire infor­tuni sul lavoro, con la reclusione da sei mesi a 5 anni, come noto).

Non risulta, infatti, alcuna denuncia all'Autori­tà giudiziaria per reati di questa specie; e risul­tano solo pochissimi casi partiti «d'iniziativa» della Magistratura (inferiore ai 10 nel 1982).

Dato che una semplice osservazione «ester­na» (per esempio nei cantieri edili; ma anche in certe fabbriche medio-piccole) permette tranquil­lamente di affermare che la situazione di preven­zione non è di colpo diventata «ottimale» (e an­zi la crisi economica induce al «risparmio» pro­prio in questi settori, senza che vi sia una concre­ta reattività degli addetti, preoccupatissimi per il posto di lavoro) è semplicemente doveroso affer­mare che si tratta di una vistosa carenza di ap­plicazione della legge e null'altro.

 

La costituzione di parte civile nel processo penale infortunistico

 

Costituisce, ormai, patrimonio culturale e po­litico acquisito (almeno da un decennio) il dato di fatto che l'azione di difesa dell'integrità fisica propria che i lavoratori riescono a svolgere nell'ambito produttivo si riverbera a vantaggio dell'intera collettività; mentre, parallelamente l'a­zione della comunità vivente sul territorio inte­ressato torna a vantaggio dei lavoratori impegnati a difendere la propria salute nell'ambito dell'in­dustria definita (eufemisticamente) «nociva».

Quanto, infatti, riescono ad effettuare organi, enti, associazioni esterne alla fabbrica fornisce un valido aiuto all'azione interna dei lavoratori, i quali (specie in periodi di crisi o in ambiti indu­striali artigianali o medio-piccoli) in molti casi sono condizionati fortemente da esigenze econo­miche, dalla necessità di tutelare il posto di la­voro (oggi vivissima) e dalla struttura stessa aziendale.

Peraltro, dopo il periodo «storico» delle pri­me costituzioni di parte civile (basti ricordare il caso delle cosiddette «schedature Fiat» avanti al Tribunale di Napoli, il caso «Ipca» avanti al Tribunale di Torino e alcuni casi precedenti e se­guenti avanti alla Pretura penale di Torino e anco­ra avanti lo stesso Tribunale più recentemente; numerosi casi a Milano, Roma, Mestre o altrove) e dopo la prima risposta negativa della Corte di Cassazione (proprio nella sentenza che - per al­tri versi - concludeva in modo confermativo le decisioni del Tribunale e della Corte d'appello di Torino) la situazione si è quasi completamente «bloccata».

Ciò, per onestà d'informazione, è avvenuto non tanto perché la Magistratura (almeno a livello piemontese e torinese in modo particolare) si sia allineata incondizionatamente sull'orienta­mento della Cassazione; ma perché sono venute a mancare (salvo sporadici casi in Pretura) le ri­chieste di costituzione civile da parte sindacale.

Quanto questo sia dovuto a difficoltà interne al sindacato è problematico dirlo: sta di fatto che uno strumento che prometteva di avere un avve­nire quantomeno combattivo prima di cedere le armi, è attualmente quasi privo di vitalità.

A tutto ciò corrisponde una carenza di «attivi­tà esterne», dovuta qui effettivamente anche a posizioni di chiusura più rigida dell'Autorità giu­diziaria (si deve peraltro ammettere che i pro­blemi giuridici, per le altre «associazioni non ri­conosciute» senza una «base costituzionale» esplicita come è per le associazioni sindacali, sono più complessi). Forse un intervento legisla­tivo - come è avvenuto in Francia - ormai sa­rebbe auspicabile.

 

L'esame comparativo dei dati a livello provinciale

 

Prescindendo per il momento dall'area torinese (ovviamente la più importante e con caratteri a sé) si deve sottolineare ancora che «in provin­cia» la zona di Cuneo rimane la più colpita da infortuni mortali, con percentuali di eventi letali largamente superiori a quelli delle altre province.

Il settore dell'edilizia e dei lavori strettamente collegati (quali lavori di «sbancamento» o scavo di trincee per fognature, ecc. - sostituzione di coperture di capannoni) è, tuttora, e con persi­stenza quello più tristemente recidivo.

Ciò, anche perché in questo tipo di attività - svolte spesso in orari particolari - vengono sempre più spesso impiegate persone che o sono in cassa integrazione o svolgono altri lavori in modo stabile. A parte il dato (caratteristico della provincia di Cuneo) del «contadino-operaio»; particolarmente accentuato in quest'ambito terri­toriale.

Seguono, in ordine di gravità, le province di Alessandria e Novara (anche se per quest'ultima la tendenza sembra migliorare, si deve rilevare che nella zona di Novara numerose industrie ad alta percentuale di rischio - chimiche e siderur­giche - sono in fase di ridimensionamento dra­stico o sono state chiuse addirittura).

La zona di Aosta rimane invece ad un livello preoccupante: ciò vale in modo assolutamente particolare per i decessi per malattie professio­nali, che sono superiori in percentuale alla stes­sa area torinese. Le cause (già evidenziate in passato) sembrerebbero facilmente individuabi­li nella presenza (oltre che in fattori climatici) di importanti insediamenti chimico-siderurgici in Valle d'Aosta (specie tra il 1960 e fine anni '70). Basti ricordare la «Cogne», la «Ilsa-Viola», la «Chatillon-Montedison», ecc.)

Tutto ciò ha comportato fenomeni morbosi «scaturiti» in passato e che tragicamente ven­gono a maturazione ora, sempre di più, anno per anno che passa. I decessi sono attualmente infat­ti saliti in modo assolutamente impressionante. La tendenza è inoltre confermata anche dai primi dati del 1982 (fino al novembre) forniti dall'Inail all'Autorità giudiziaria.

Per le restanti province (Asti, Vercelli) l'an­damento è - più o meno - costante; comunque, segue una curva sostanzialmente parallela per le malattie professionali e per gli infortuni mortali, come si può agevolmente constatare dall'esame delle tabelle.

In sintesi, sembra emergere ormai con suffi­ciente sicurezza una osservazione di fondo: il nu­mero dei decessi per malattia professionale e per infortuni sul lavoro tende ormai a parificarsi. Le «malattie da lavoro», assumono quindi oggi ormai un livello di assoluto rilievo, destinato ine­vitabilmente a crescere con il manifestarsi dei sintomi morbosi, anche successivi all'attività la­vorativa e con l'affinarsi della scienza diagno­stica.

 

La situazione nell'area torinese

 

La situazione di Torino, come è evidente, rive­ste particolare importanza. Essa, negli ultimi an­ni ed in particolare a partire dal 1975, è stata og­getto di più vasti, nuovi e penetranti interventi e controlli, anche nel settore delle malattie «da lavoro».

Ciò è stato consentito - come noto e come già evidenziato in passato - dall'azione coordinata e costante dell'Autorità giudiziaria e della Polizia giudiziaria specializzata (Ispettorato del lavoro - Enpi - Associazione nazionale controllo combu­stione - Vigili del fuoco ed altri) con il contributo costante anche della Polizia Urbana locale (all'uopo sensibilizzata). Si tratta però di fenome­no - è necessario riconoscerlo e ripeterlo - che ha avuto vita effettiva solo per quanto riguarda Torino e l'immediata cintura, e cioè per il «terri­torio mandamentale» della Pretura torinese.

Solo in questo ambito, infatti, esiste e ha trova­to costante sviluppo e aggiornamento, una strut­tura stabile a livello preventivo e repressivo (in­fortunistico e delle malattie professionali; non­ché di tutela del collocamento).

La situazione attuale, con l'entrata in vigore della riforma sanitaria nazionale, e con l'attribu­zione dei compiti di Polizia giudiziaria e di pre­venzione alle «Unità sanitarie locali», non è an­cora stabilizzata. Essa potrà dare luogo a notevoli difficoltà pratiche, specie a livello di coordina­mento degli interventi tra «nuovi» e «vecchi» organi, nonché tra gli stessi nuovi organi terri­toriali.

In sostanza, le direttive ministeriali conferma­no l'orientamento già assunto dall'Ispettorato pro­vinciale del lavoro di Torino dopo il 30 giugno 1982, in relazione alle disposizioni legislative ed al parere espresso dal Consiglio di Stato, e che si può così riassumere.

Poiché l'ispettorato del lavoro è stato privato della vigilanza di iniziativa sull'applicazione del­le norme di cui trattasi (e della possibilità di com­piere comunque atti amministrativi), ma mantie­ne nella materia le funzioni di polizia giudiziaria, vengono programmati interventi:

- su richiesta dell'Autorità giudiziaria (inchie­ste relative ad infortuni o malattie professionali, ulteriori accertamenti in merito a violazioni de­nunciate, ispezioni di carattere generale);

- su notizia di violazione (segnalazioni, de­nunce, ecc.);

- su notizia di infortuni mortali o gravi, tran­ne i casi in cui l'accertamento sia stato già di­sposto dalla Unità sanitaria locale competente.

Tutte le inosservanze rilevate vengono ovvia­mente riferite alla competente Autorità giudizia­ria. Al responsabile viene rilasciato verbale con il quale gli si dà notifica delle infrazioni e lo si diffida, ai sensi dell'art. 219 C.P.P., ad eliminarle, secondo i casi, immediatamente o nel più breve tempo possibile.

I sopralluoghi vengono ancora svolti in collabo­razione con le Rappresentanze sindacali azien­dali, alle quali peraltro l'ispettorato ritiene di non poter più fornire copia del verbale dell'ispe­zione, atto di Polizia giudiziaria.

Anche accessi ispettivi per l'assolvimento di altri compiti tecnici o per controlli concernenti i diversi istituti della legislazione sociale possono dare luogo a rapporto, ove si abbia occasione di riscontrare casualmente inosservanze di norme di sicurezza ed igiene del lavoro.

Peraltro, a seguito di dimissioni e trasferimen­ti, passaggi alle Unità sanitarie locali e tenuto conto degli altri adempimenti (principalmente col­laudi e verifiche periodiche di circa 1500 ascen­sori e montacarichi di stabilimenti industriali del­le province di Torino, Cuneo ed Asti e della Valle d'Aosta) le unità disponibili per gli interventi di Polizia giudiziaria si sono attualmente ridotte a quattro. Appare quindi indispensabile promuove­re iniziative da parte della Procura Generale vol­te a fornire più precisi indirizzi operativi, anche al fine di coordinare le attività di Polizia giudizia­ria esercitate dall'Ispettorato e dalle nuove strut­ture di controllo.

Non ci si può esimere, infine, dall'osservare che, sia pure in modo lieve, è ritornato (tra il 1979 ed il 1981) a crescere il numero degli infor­tuni mortali nella provincia di Torino.

Inoltre, persiste l'aumento dei decessi per in­fortuni mortali nell'ambito regionale, come già detto e in misura non indifferente. La relativa re­gressione delle morti per malattie professionali in Piemonte (anche nella provincia di Torino) non appare sicuramente indicativa di migliori situa­zioni ambientali, tenuto conto delle particolarità di manifestazione dei sintomi morbosi e dovrebbe trovare conferma in almeno un biennio o triennio.

In tal caso solamente si potrebbe con fondatez­za dire che l'esistenza di una struttura di pre­venzione e repressione anche in questo ambito, comincia a dare significativi risultati. Ora però, appare prematuro qualsivoglia giudizio sicuro, an­che se la speranza ragionevole appare indirizzata in questo senso.

 

LA DENUNCIA DEL PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA DI TORINO (3)

 

L'aumento della disoccupazione e del numero dei «cassaintegrati» non corrisponde a una di­minuzione degli eventi di infortunio e malattia professionale. I dati dell'Inail e quelli degli Ispet­torati provinciali del lavoro (integrati, per il 1982, da quelli delle Unità sanitarie locali) confermano anzi una tendenza alla crescita.

Appare a questo riguardo assai significativa la tabella (...) che pone a confronto dati omogenei in tre anni (con una proiezione nel quarto, e cioè nel 1982) (vedi Tab. 1-2-3, ndr).

Nel settore «infortuni sul lavoro», il numero dei decessi dimostra che larga parte degli even­ti infortunistici anche mortali non ha avuto se­guito giudiziario. La sproporzione tra i casi rife­riti all'Autorità giudiziaria dall'Ispettorato del la­voro nel 1981 e nei primi 9 mesi del 1982 (n. 70), e quelli denunciati all'Inail dalle parti e dai datori di lavoro (n. 287) è troppo rilevante per non ipo­tizzare l'utilità di un più penetrante intervento da parte dell'Autorità cui è demandato l'esercizio dell'azione penale.

Passando all'esame comparativo dei dati, si de­ve sottolineare ancora una volta che, in periferia, la zona di Cuneo rimane la più interessata da infortuni mortali, con percentuali largamente su­periori a quelle delle altre province. Seguono Alessandria e Novara.

Anche la zona di Aosta è ad un livello notevole, se si tiene conto della scarsa estensione territo­riale e della ridotta popolazione. Essa assume poi un rilievo assoluto per quanto riguarda i decessi per malattie professionali, il cui numero è inferio­re soltanto a quello di Torino. Le cause sembrano individuabili nella presenza in Valle d'Aosta di importanti centri siderurgici e chimici (Cogne - Ilsa Viola - Montedison - Châtillon, ecc.) con con­seguenti fenomeni morbosi originati anche molti anni addietro e dimostratisi letali a lunga sca­denza.

Per quanto riguarda le altre Province l'anda­mento dei decessi da malattie professionali è sostanzialmente parallelo a quello degli infortuni mortali.

La situazione a Torino riveste particolare im­portanza ed è stata «tenuta sotto controllo», an­che nel settore delle malattie professionali, dall'azione coordinata e costante dell'Autorità giudi­ziaria e della Polizia giudiziaria specializzata (Ispettorato del lavoro, Enpi, Ancc, ora Usl, ecc.) negli ultimi anni con un costante impegno.

Ciò vale in modo particolare per la Pretura pe­nale di Torino ove esistono sezioni specializzate nell'ambito della prevenzione nonché dell'infor­tunistica e delle malattie professionali (a livello repressivo).

La situazione attuale, con l'entrata in vigore del­la riforma sanitaria nazionale e con l'attribuzione dei compiti di polizia giudiziaria e di prevenzione alle «Unità Sanitarie Locali», non è ancora sta­bilizzata e potrà dare luogo a difficoltà pratiche specie a livello di coordinamento degli interventi tra «nuovi» e «vecchi» organi, nonché fra gli stessi nuovi organi territoriali.

In sostanza le direttive ministeriali conferma­no l'orientamento già assunto dall'Ispettorato pro­vinciale del lavoro di Torino dopo il 30 giugno u.s., in relazione alle disposizioni legislative ed al pa­rere espresso dal Consiglio di Stato, e che si può riassumere come segue.

Poiché l'Ispettorato del lavoro è stato privato dell'iniziativa di vigilanza sull'applicazione delle norme di cui trattasi, ma mantiene in materia le funzioni di polizia giudiziaria, sono previsti in­terventi:

- su richiesta dell'Autorità giudiziaria (inchie­ste relative ad infortuni o malattie professionali, ulteriori accertamenti in merito a violazioni de­nunciate, ispezioni di carattere generale);

- su notizia di violazione (segnalazioni, de­nunce, ecc.);

- su notizia di infortuni mortali o gravi, tran­ne i casi in cui l'accertamento sia stato già di­sposto dalla U.S.L. competente.

Tutte le inosservanze rilevate vengono ovvia­mente riferite alla competente Autorità giudi­ziaria.

Al responsabile viene rilasciata copia del ver­bale di accertamento, con il quale gli si notificano le infrazioni e lo si diffida, ai sensi dell'art. 219 codice procedura penale, ad eliminarle, secondo i casi, immediatamente o nel più breve tempo possibile.

Anche accessi ispettivi per l'assolvimento di altri compiti tecnici o per controlli concernenti i diversi adempimenti previsti dalla legislazione sociale daranno luogo a rapporto ove si riscon­trino inosservanze di norme sulla sicurezza e sull'igiene del lavoro.

Peraltro, a seguito di dimissioni, trasferimen­ti, passaggi alle Unità sanitarie locali, e tenuto conto degli altri compiti cui fare fronte (princi­palmente collaudi e verifiche di circa 1500 ascen­sori e montacarichi di stabilimenti industriali nel­le sole province di Torino, Cuneo, Asti e Valle d'Aosta) le unità disponibili per gli interventi di polizia giudiziaria sono attualmente ridotte a quattro.

 

 

 

(1) Giudice del Tribunale di Torino.

(2) Una analoga denuncia è stata fatta dal procuratore generale della Repubblica, Mario Bongioannini, nella rela­zione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 1983. Ne ri­portiamo il testo integrale in questo stesso numero di Prospettive assistenziali, dopo l'intervento del giudice Ma­rio Vaudano (la nota è della redazione).

 (3) Cfr. M. Bongioannini, Relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 1983 alla Assemblea generale della Corte d'Appello di Torino, cap. 9, «Infortuni sul lavoro e malattie professionali in Piemonte», pp. 32-34. Osservazioni analoghe sono state fatte dallo stesso P.G. nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 1982.

 

 

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