Prospettive assistenziali, n. 61, gennaio - marzo 1983

 

 

Libri

 

 

AA.VV., Gli anziani: prevenzione della cronicità e interventi per i non autosufficienti, Fondazione Zancan, Padova, 1982, pp. 127, L. 7.500.

 

Il volume raccoglie gli apporti più significativi, che talvolta esprimono tesi diverse, elaborati in un seminario della Fondazione Zancan svoltosi. nel 1981.

Dall'analisi degli esperti e dalla ricerca sulle esperienze dei partecipanti sono emerse alcune realtà e alcune indicazioni abbastanza rilevanti per l'impostazione delle politiche sociali e dei servizi sociali relativi agli anziani non autosuffi­cienti.

a) La netta sperequazione di opportunità fra anziani ricchi e anziani poveri.

Va osservato - e questo aspetto è di fonda­mentale importanza - che gli anziani che hanno un ruolo sociale attivo, e pertanto piena libertà di scelta, non scelgono mai - finché sono auto­sufficienti - di vivere in case per vecchi, di an­dare in vacanza con i vecchi, di essere ospeda­lizzati con i vecchi, di passare il tempo libero con i vecchi, di frequentare le università della terza età. Inoltre è noto che nessun ricco va a finire i suoi giorni negli squallidi cronicari dell'assisten­za pubblica e privata.

Gli interventi chiamati assistenziali, in realtà di emarginazione, prevedono per gli anziani, non liberi di scegliere, servizi e strutture che sono giusto l'opposto di servizi e strutture scelti da­gli anziani liberi.

In sostanza, sempre con grossolana schematiz­zazione, si può affermare che ci sono due gruppi di anziani:

- quelli che, cavandosela (bene o male) da soli o con l'aiuto dei propri familiari o in qualche caso con l'appoggio di amici e conoscenti, bene o male restano inseriti nella società;

- quelli che, privi o privati di un ruolo sociale attivo e spesso di sufficienti mezzi economici, vengono dalla società emarginati o anche se­gregati.

b) Quasi nessuno spazio è destinato né sul pia­no sociale, né su quello istituzionale, alla pre­venzione.

Da notare che per gli anziani vi sono scarse provvidenze dirette a favorire la loro permanenza nel vivo del tessuto sociale. Spesso i livelli delle pensioni sono da fame.

Alloggi per anziani nelle normali case di abita­zione sono costruiti in quantità ridicola e spesso di qualità scadente (ad esempio per la presenza di barriere architettoniche); nessun aiuto econo­mico viene dato alle famiglie che accolgono an­ziani cronici; non esiste una assistenza domici­liare specifica per i cronici spedalizzati a domi­cilio.

È sintomatico che, quando si organizzano mani­festazioni, dibattiti, seminari sugli anziani, essi sono sempre e solo rivolti ai settori dell'assi­stenza, della sanità, delle pensioni: l'anziano è un povero e un malato.

Mai si sentono coinvolti sui problemi degli anziani gli organi di governo nazionale, regionale e locale preposti al lavoro, alla casa, alla cultu­ra, all'economia, al tempo libero.

Va anche sottolineato che l'immagine dell'an­ziano delineata dai settori dell'assistenza e della sanità e dai mass-media è mai quella di vecchi vi­spi e attivi, ma di persone incapaci e passive.

c) La perdita del diritto dell'anziano povero ad essere curato come ammalato quando diventa cronico; allora diventa non più ammalato, ma as­sistito: una Regione italiana ha inventato anche i «lungoassistiti».

Come è noto, ovunque è violato il diritto dei cronici « poveri » al ricovero ospedaliero senza limiti di durata.

Non siamo certo favorevoli alla spedalizzazio­ne degli anziani quando questo intervento non è necessario. Nei casi però in cui le cure non siano praticabili a domicilio o in ambulatorio, gli anzia­ni, compresi i cronici, hanno diritto al ricovero ospedaliero.

Gli anziani cronici sono dimessi, spesso di for­za e con ricatti vari dagli ospedali ed i parenti sono costretti a ricercare un posto presso gli istituti di assistenza, fra l'altro non abilitati a svolgere attività sanitarie, e a pagare di tasca propria rette spesso molto elevate.

d) Quando non è realmente più possibile man­tenere l'anziano nel suo normale ambiente di vita perché non è più autosufficiente, non può essere assistito a casa sua, non ha più un supporto della famiglia, sono stati prospettati servizi comunitari residenziali che dovrebbero conservare il più pos­sibile l'anziano all'interno della sua comunità e facilitare i rapporti residui che può conservare. (Dalla presentazione)

 

 

AA.VV., L'acquisizione del linguaggio nei sordo­ciechi pluriminorati - Possibilità e limiti - Atti del­la quinta settimana estiva, Servizio di consulenza, Trento, Via Druso 7, pp. 47, L. 5.000.

 

Sono recentemente stati pubblicati gli atti della «Quinta settimana estiva» (25-31 luglio 1982) dedicata ai problemi della comunicazione dei sor­do-ciechi e organizzata dal dr. Salvatore Lagati, direttore del Centro di consulenza di Trento per sordo-ciechi.

La breve pubblicazione raccoglie gli interventi di alcuni dei partecipanti al convegno, nei quali si trovano indicazioni che riteniamo possano es­sere utili per una corretta impostazione dell'in­tervento educativo ed assistenziale nei confron­ti di soggetti affetti da pluriminorazioni senso­riali.

L'esperienza nel campo dell'educazione dei mi­norati sensoriali accumulata dal dr. Lagati, au­tore di importanti pubblicazioni che trattano dell'educazione del bambino sordo-cieco, consen­te di poter affermare che, anche per quanto ri­guarda l'educazione dei bambini che presentano più minorazioni sensoriali, le migliori condizioni sono garantite principalmente da una famiglia che accetti il bambino pluriminorato e che gli vo­glia bene.

Naturalmente, sottolinea Lagati, non deve venir meno l'aiuto specialistico di personale sensibile e qualificato, indirizzato principalmente a ren­dere edotta la famiglia sugli interventi da effet­tuare, evitandone quindi l'esclusione, ma anzi rendendola parte attiva dell'attività educativa e riabilitativa.

Ancora una volta viene quindi evidenziata l'im­portanza, per un corretto intervento educativo, che si eviti qualsiasi emarginazione, sia essa sociale o culturale.

Altre utili indicazioni tecniche relative alla educazione e comunicazione con soggetti grave­mente ritardati, sono contenute nella relazione di Patrizia Ceccarani, pedagogista presso l'istituto M.P.P. per sordo-ciechi di Osimo.

Particolarmente interessanti le relazioni di Sa­bina Santilli, contenenti informazioni e conside­razioni sui vari metodi che si possono adottare per comunicare con persone sordo-cieche. È bene rilevare che Sabina Santilli, che perse la vista e l'udito all'età di 7 anni, rappresenta uno degli esempi più significativi di come si possa conti­nuare ad essere socialmente attivi nonostante ta­li gravi menomazioni sensoriali: Sabina Santilli ha fondato la «Lega del filo d'oro» e si dedica al recupero dei pluriminorati psicosensoriali.

Per un approfondimento dei temi concernenti l'educazione dei sordo-ciechi consigliamo anche di consultare la «Bibliografia italiana sui disturbi dell'udito e del linguaggio» dì S. Lagati, ed in particolare il testo: Corso per corrispondenza per genitori di bambini sordo-ciechi edito dal Servizio di consulenza di Trento, e il libro di Lancioni G., Giacco L., Ceccarani P., Valutazione e trattamento dei pluriminorati psicosensoriali, edito dalia Lega del Filo d'oro, Istituto medico psicopedagogico di Osimo.

 

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