Prospettive assistenziali, n. 61, gennaio - marzo 1983
RIFORMA DELLA SCUOLA
MEDIA SUPERIORE: GLI ALUNNI PORTATORI DI HANDICAPS RESTANO «CLANDESTINI»
MARISA PAVONE
Il Parlamento discute la riforma della scuola media
superiore, ma per il legislatore il nodo dell'inserimento degli alunni
portatori di handicaps sembra
non esistere, almeno a questo livello. Il testo licenziato dalla Camera il 20
luglio 1982 non contempla infatti un solo articolo su
tale aspetto. Eppure, il problema è reale e sentita è l'esigenza di indicazioni univoche, chiare, da parte di presidi,
docenti, operatori scolastici, genitori...
Parliamo, ovviamente, di alunni
che - pur essendo in condizione di frequentare la scuola media superiore -
sono portatori di handicaps tali, per cui
l'inserimento nella struttura scolastica comporta difficoltà. Non ci riferiamo,
invece, a quei casi in cui la frequenza non pone particolari problemi. La
puntualizzazione va fatta, perché non è raro sentir
parlare impropriamente di «inserimento» per alunni il cui handicap non costituisce
«svantaggio» rispetto agli altri coetanei.
Poiché il Senato ha già annunciato numerose modifiche
ed è presumibile che il testo ritorni a Montecitorio,
esiste ancora una concreta possibilità di introdurre norme specifiche sulla integrazione, nel quadro generale della riforma.
Sull'inserimento degli alunni portatori di handicaps nella scuola media superiore non esistono dati
ministeriali: né sul numero di giovani ultraquattordicenni accolti nelle
classi comuni, né sul tipo e grado di handicap. Tuttavia, specie nelle grandi
città, sono state avviate negli ultimi anni esperienze interessanti, che riguardano
per lo più allievi audiolesi, non vedenti e spastici.
Inserimenti che rappresentano una logica continuità
con la avvenuta integrazione nella scuola
dell'obbligo, sancita dalla legge 118/71 e sostenuta dalla legge 517/77.
Nessuna norma legislativa, comunque, ha sinora
contemplato il problema a livello di media superiore. L'art. 28 della legge
118/71, si limita a prevedere che «sarà
facilitata (...) la frequenza degli invalidi e mutilati
civili alle scuole medie superiori ed universitarie» (1).
In assenza di una legge, il ministero della Pubblica
Istruzione è intervenuto - nell'aprile 1982 - con una propria circolare per «richiamare»
l'attenzione dei Provveditori agli studi sul problema. La riportiamo
integralmente (2).
«Pervengono
da qualche tempo a questo ministero numerosi e insistenti quesiti relativi a problemi inerenti alla presenza nella scuola secondaria
superiore di allievi portatori di handicaps.
«Allo scopo
di dare il maggiore possibile riscontro sia al dettato costituzionale (art.
34: "I capaci e meritevoli... hanno diritto di raggiungere i più alti
gradi degli studi") che alle linee di intervento
promosse dalla Legge n. 517 del 4.8.1977 a favore dell'inserimento degli alunni
handicappati nella scuola comune, non sembra inopportuno richiamare
l'attenzione delle SS.LL. su
alcuni punti, che possono costituire motivo di incertezza e di fraintendimento
per una corretta interpretazione dei diversi problemi che il fenomeno in oggetto
presenta.
«Premesso
che l'inserimento in atto nella scuola dell'obbligo richiede una particolare
attenzione all'eventuale successivo inserimento di allievi
handicappati nella scuola secondaria superiore, si sottolineano le seguenti esigenze:
1. nella
scuola media devono essere particolarmente curate le attività di orientamento, per la realizzazione delle stesse finalità
di questo ordine scolastico. Ciò rende necessario che siano individuate e
stimolate le potenzialità dell'alunno portatore di handicaps
e non restino, di conseguenza, inutilizzate attitudini e capacità per l'eventuale
frequenza anche di una scuola secondaria superiore il cui indirizzo
si presenti congeniale alle possibilità dell'allievo stesso. È superfluo sottolineare a tal proposito la necessità che l'impegno dei
docenti della scuola media sia adeguatamente sostenuto, in vista
dell'attuazione dei fini orientativi, della collaborazione dei servizi di
orientamento che le Regioni sono tenute a svolgere; è naturalmente
raccomandabile che l'azione della scuola sia strettamente collegata con le famiglie
interessate:
2. sulla
scorta di esperienze già positivamente realizzate, è
molto utile che le famiglie degli allievi handicappati siano messe in grado di
ricevere corrette ed esaurienti informazioni sulle finalità e sui piani di
studio dei singoli ordini di scuola (indirizzo classico, scientifico,
magistrale, artistico, tecnico, professionale), nonché dei corsi di formazione
professionale istituiti dalla Regione o con la Regione convenzionati. Il
compito di fornire tali informazioni spetta, nell'ambito delle proprie
specifiche competenze, alla scuola e all'Ente locale, opportunamente collegati;
3. sempre
nel rispetto delle competenze dello Stato e dell'Ente locale, è necessario che
vengano garantiti tutti quegli interventi atti a rendere possibile
all'allievo portatore di handicaps di frequentare con
profitto un corso di studi secondari superiori. Tali interventi si dovranno
concretizzare sia nella maggiore possibile eliminazione delle barriere
architettoniche per consentire l'agevole accesso e spostamento nei locali
scolastici sia nell'apprestamento di specifici strumenti
che permettano l'esercizio della facoltà di comunicazione orale e/o scritta per
l'alunno portatore di handicap fisico e/o sensoriale.
«Non
possono, invece, essere previsti piani di studio parziali o difformi da quelli
fissati dall'ordinamento vigente, tenendo conto che la frequenza della scuola
secondaria superiore, quale scuola post-obbligo, è
finalizzata al conseguimento di titoli di studio specifici aventi valore legale
o di qualifica professionale coerente al corso di studi seguito».
La circolare evidenzia, dunque,
alcuni importanti aspetti:
- l'esigenza di potenziare le iniziative di orientamento
scolastico e professionale;
- la necessità di fornire informazioni esaurienti su tutti
gli indirizzi scolastici, nonché sui corsi di
formazione professionale regionali;
- il ruolo
degli enti locali, sia per garantire gli strumenti indispensabili
all'inserimento e alla attuazione del diritto allo
studio, sia per eliminare le barriere architettoniche che ostacolano gli
spostamenti degli alunni portatori di handicaps;
- la richiesta - rivolta da più parti - di poter
predisporre piani di studio differenziati. Su quest'ultimo
punto, però, la C.M. dà una risposta negativa.
Sono temi che dovrebbero essere ripresi dalla riforma
della scuola media superiore, proprio perché
rappresentano alcuni degli ostacoli di fronte ai quali si vengono a trovare le
esperienze già avviate (3).
Orientamento. È il primo aspetto al quale occorre prestare
particolare attenzione, sin dalla scuola dell'obbligo, sia per sviluppare tutte
le potenzialità degli alunni, sia per indirizzarli verso la scelta scolastica e
professionale più appropriata. Tuttavia, come è
emerso in sede di dibattito parlamentare, è necessario che i giovani non siano
costretti a scegliere il loro futuro alla fine della 3ª media. Contro la
precocità delle scelte si schiera - almeno in parte - il progetto di riforma
della media superiore:
«... il
primo ed il secondo anno favoriscono l'orientamento e
verificano la scelta di indirizzo effettuata dagli studenti all'inizio del
primo anno» (art. 2);
«A partire dal compimento del quinto anno scolastico
successivo alla data di entrata in vigore dei decreti delegati di cui all'art.
24, l'obbligo scolastico sarà elevato a complessivi dieci anni» (art. 9).
Innovazioni che interessano (o interesseranno, comunque), anche gli alunni portatori di handicaps.
La logica impone, quindi, di tenerne conto sin da ora, con specifiche
indicazioni nel testo di riforma. Non è opportuno ignorare il problema oggi,
per trovarselo di fronte domani, impreparati e privi di strumenti.
Poiché l'estensione dell'obbligo
scolastico verrà attuata in seguito ad adeguate sperimentazioni (art. 9), è
necessario chiedere che la futura legge e la sua applicazione contempli
anche i problemi degli handicaps. In caso contrario,
c'è il rischio che - proprio per gli alunni svantaggiati - il prolungamento
del ciclo dell'obbligo si risolva in una forma
assistenziale, in un «parcheggio»,
fonte di una ulteriore dequalificazione e
deprivazione culturale.
I programmi
di studio. La possibilità di predisporre
piani di studio parzialmente difformi da quelli vigenti per gli alunni
portatori di handicaps, è una richiesta emergente da
parte degli istituti già impegnati sulla linea dell'inserimento. Come si è detto, la circolare Falcucci nega
questa facoltà. Il testo di riforma licenziato da Montecitorio
non ne fa cenno.
A nostro avviso, anche questo è un nodo che va
affrontato. Da un lato ci sono i programmi
di studio; dall'altro c'è, però, l'esigenza di rendere concreta
l'attuazione del diritto allo studio.
Ora, è vero che «la frequenza della scuola
secondaria superiore, quale scuola post-obbligo, è finalizzata al conseguimento
di titoli di studio specifici aventi valore legale o di qualifica
professionale coerente al corso di studi seguito»; ma crediamo sia possibile -
proprio nel rispetto delle finalità stabilite dall'art. 1 della riforma -
prevedere una certa flessibilità nei programmi relativi alle discipline non
caratterizzanti (4).
Uno spazio di intervento può
essere assicurato anche dall'art. 6, che prevede la possibilità di proporre «discipline e attività a carattere elettivo»,
allo scopo «di meglio corrispondere alle
esigenze di formazione degli studenti, di arricchimento dei loro interessi
culturali, di approfondimento delle materie di studio, di orientamento e di
preparazione per campi professionali specifici».
Il ruolo
degli enti locali. La riforma non fa
nessun riferimento all'importante contributo che gli enti locali possono dare
all'inserimento degli alunni portatori di handicaps
nella scuola secondaria superiore: ad esempio, la predisposizione di strumenti
specifici (carrozzelle, macchine da scrivere,
materiale Braille, assistenza durante l'orario scolastico...); l'abolizione
delle barriere architettoniche (5)... Una lacuna della futura legge che ci
sembra grave, proprio perché lascia indeterminati a questo proposito i compiti
di Stato ed enti locali, creando le premesse per un reciproco palleggio di
responsabilità ed un conseguente vuoto di interventi.
L'aggiornamento
dei docenti. Particolare attenzione
va riservata, inoltre, alla formazione ed alla riqualificazione degli
insegnanti, ai quali è affidata la promozione umana, culturale e professionale
degli allievi.
Dare una risposta anche legislativa a questi
problemi, significa creare nei fatti le condizioni per garantire la frequenza
alla media superiore ai ragazzi handicappati che sono
in grado di proseguire gli studi. In caso contrario, anche per loro, l'alternativa resta soltanto l'inserimento nei centri di
addestramento professionale o di riabilitazione territoriale. Una linea
inaccettabile, perché ricaccia in strutture chiuse,
speciali, giovani che per anni sono stati nella scuola di tutti.
(1) Si tenga presente, tuttavia, quanto
afferma la Costituzione all'art. 34: «La scuola è aperta a tutti (...). I capaci
e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi
più alti degli studi».
(2) Circolare ministeriale 28 aprile
1982, n. 129, «Problemi inerenti alla
presenza di alunni handicappati nella scuola
secondaria superiore». La C.M. è firmata, a nome, del ministro, dalla
senatrice Franca Falcucci, sottosegretario nel
secondo governo Spadolini, poi ministro della Pubblica Istruzione con il successivo governo Fanfani.
(3) L'AIAS (Associazione italiana assistenza spastici) di Milano ha condotto
un'indagine in quarantasei istituti cittadini; in sintesi, gli «scogli»
denunciati dagli istituti che hanno restituito il questionario sono: difficoltà
scolastiche e didattiche (25%); difficoltà materiali (21,4%); impreparazione
tecnica (14,2%); scarsa conoscenza dell'handicappato (3,5%). Sedici scuole non
hanno nemmeno risposto, tre hanno segnalato problemi insormontabili, senza però specificare quali fossero. Per quasi metà delle
scuole prese in esame, c'è da supporre, dunque, che il problema non venga affrontato.
(4) D'altra parte tale flessibilità è
già prevista dal testo di riforma a proposito di altri aspetti: programmi
differenziati «con riferimento a
particolari caratteristiche produttive presenti sul territorio» o «alle esigenze formative di particolari
settori professionali» (art. 5).
(5) In ogni caso, il Dpr 27 aprile 1978, n. 384, attuativo
della legge 118/71, impone, all'art. 18: «Gli
edifici delle istituzioni pre-scolastiche, scolastiche, comprese
le università e delle altre istituzioni di interesse sociale nel settore della
scuola dovranno essere tali da assicurare la loro utilizzazione anche da parte
di studenti non deambulanti o con difficoltà di deambulazione».
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