Prospettive assistenziali, n. 62, aprile - giugno 1983

 

 

GLI OPERATORI SOCIALI DI FIRENZE DENUNCIANO UN ACUTO MALESSERE

 

 

Molto spesso gli operatori del settore assisten­ziale sono abbandonati a loro stessi dagli organi politici, con le ovvie conseguenze per gli utenti.

È il caso del personale tecnico e amministra­tivo dell'Associazione intercomunale dell'Area fiorentina, che comprende i Comuni di Firenze, Bagno a Ripoli, Barberino, Calenzano, Campi Bi­senzio, Fiesole, Greve, Impruneta, Lastra a Signa, S. Casciano, Scandicci, Sesto Fiorentino, Signa, Tavernelle, Veglia.

È quanto risulta dall'analisi delle risposte for­nite dagli operatori ad un questionario predispo­sto dall'Associazione intercomunale. È inaccetta­bile che l'assistenza continui ad essere ritenuta un campo di attività in cui la buona volontà dei singoli è sufficiente a risolvere e prevenire le situazioni di emarginazione.

Gli organi locali di governo devono assumere in pieno le loro responsabilità, precisando i cri­teri di intervento, le priorità, i mezzi necessari con lo strumento che la legge ha messo a loro disposizione: le deliberazioni.

 

 

SINTESI DELLE RISPOSTE

 

Il questionario inviato nel settembre 1981 dalla Associazione intercomunale a tutti gli operatori tecnici e amministrativi delle UU.SS.LL. dell'Area fiorentina non può essere considerato una vera e propria indagine statistica, in quanto privo della impostazione scientifica necessaria per il conse­guimento di una quantità di informazioni da ela­borare e da tradurre in dati numerici.

Più semplicemente, tale questionario voleva essere un momento di riflessione e un invito ri­volto a tutti gli operatori del settore Assistenza sociale a fornire un valido contributo in vista del Convegno-seminario, manifestando informazioni, opinioni, valutazioni e suggerimenti basati sulla loro esperienza di lavoro e sulla loro conoscenza della difficile realtà attuale, al fine di meglio indi­viduare le problematiche reali che urgono in que­sta fase di trasformazione e che richiedono un dibattito e un approfondimento costruttivo da par­te di tutte le componenti del campo assistenziale.

In questo senso, è da notare che la risposta degli operatori è stata pronta e ampia, veramente «partecipata», a testimonianza (se ce n'era bi­sogno) dell'impegno, della competenza e della sensibilità che caratterizzano tutti gli addetti a questo settore, già per sua natura difficile e par­ticolare e che indubbiamente attraversa un mo­mento storico molto critico.

Come è noto, il questionario recava una serie di domande riferibili a problemi organizzativi di carattere generale (indicate A), un altro gruppo di domande riguardanti situazioni proprie alle sin­gole U.S.L. (indicate B) e infine la richiesta di esprimere eventuali osservazioni e proposte libe­ramente elaborate (indicata C).

Altrettanto nota a tutti è l'organizzazione socio­-sanitaria, peculiare alla zona n. 10 - Area fioren­tina, comprendente quindici Comuni (con dimen­sioni molto diverse e con realtà sociali, economi­che e culturali eterogenee) e suddivisa in otto Unità Sanitarie Locali: cinque nel territorio del Comune di Firenze o area cittadina (UU.SS.LL. 10/A - 10/B - 10/C - 10/D - 10/E) e tre nel terri­torio circostante, raggruppanti nelle sub-aree va­ri Comuni limitrofi (UU.SS.LL. 10/F - 10/G - 10/H).

Pertanto, nell'ambito dell'Area 10, diverse As­semblee si trovano a deliberare in materia socio­sanitaria e trattandosi di territori contigui, den­samente popolati e strettamente collegati, è au­gurabile che le scelte politiche operate dagli or­gani preposti, pure se nella legittima autonomia, siano il più possibile omogenee.

Altro elemento da considerare è il diverso pro­cesso di trasformazione che ha portato alle attua­li UU.SS.LL. Infatti, mentre le sub-aree hanno avuto l'esperienza dei Consorzi socio-sanitari e l'istituzione dei Distretti, nell'area urbana è man­cato il momento consortile e il Comune ha, pas­sato direttamente alle UU.SS.LL. la gestione del­la funzione assistenziale, senza che ancora siano stati costituiti i Distretti.

Abbiamo ricordato in breve gli elementi che possono diversificare l'ottica degli operatori in­terpellati e che consigliano di esporre la sintesi delle risposte seguendo l'ordine dei quesiti, ma distinguendo quelle provenienti dalle UU.SS.LL. dell'area cittadina da quelle delle sub-aree e indi­viduando i punti in comune o eventualmente di­vergenti.

 

A - 1°: Quali problemi ha creato l'abbinamento del settore sociale con il sanitario in assenza della legge di riforma dell'assistenza?

 

Area cittadina

Le risposte alla prima domanda hanno eviden­ziato due importanti aspetti del problema: uno riguardante la situazione del personale e l'altro la situazione del servizio.

«La gestione integrata dei servizi sociali e sanitari da parte delle UU.SS.LL., prevista dall'art. 29 della L.R. n. 63/79, ha operato tale abbi­namento in attesa della legge di riforma dell'assi­stenza pubblica, nel quadro dei principi e delle norme di cui alle LL.RR. n. 15/76 e n. 18/77 ema­nate dalla Regione Toscana innovando la materia della assistenza prima dello stesso D.P.R. 616/77.

La L.R. n. 63/79 ha risolto un problema pratico, ma ha posto anche la premessa dell'attuale in­certezza sulla definitiva assegnazione del perso­nale del Comune "messo a disposizione" di fat­to delle UU.SS.LL. (vedi art. 32)».

Sempre per quanto concerne il personale, oltre alla situazione suddetta riferita a quello dipen­dente dal Comune di Firenze, si evidenzia pure quella, ancora più confusa, del personale trasfe­rito al Comune in seguito allo scioglimento degli Enti di precedente appartenenza, legge 641). Que­sta situazione generale incide notevolmente sul­lo stato dei lavoratori del settore i quali «si sen­tono emarginati professionalmente ed economi­camente e le loro aspirazioni non vengono tute­late né a livello politico né a livello sindacale».

Per quanto riguarda il Servizio, gli operatori denunciano conseguenze abbastanza pesanti: «Non si è avuto abbinamento, ma subordinazione del sociale al sanitario» e questo perché «la leg­ge ha consentito al settore sanitario di iniziare il processo di riforma con rispettiva ristruttura­zione dei servizi, mentre il sociale è rimasto fer­mo, con rischio di sanitarizzarsi» nell'attesa che vengano applicate almeno le norme regionali.

Però, anche quando queste saranno attuate, il rischio permane perché l'organizzazione del set­tore può avvenire solo in analogia con quella del settore sanitario. «Si crea necessariamente un assorbimento nella dimensione legislativa del sanitario delle necessità del sociale», che invece abbisogna di una organizzazione più snella ed elastica. Riassumendo, e stante l'attuale inade­guatezza legislativa, i rischi per il settore sociale sono:

- la subordinazione in quanto settore più debole;

- l'assorbimento in una organizzazione ammi­nistrativo-burocratica molto pesante capace di svuotare il servizio dei suoi contenuti più validi.

Allo stato attuale si rileva:

- mancanza di integrazione tra i due settori sia a livello organizzativo che operativo; questo malgrado che sia da tutti riconosciuta la neces­sità di tale integrazione, perché destinatarie del­le prestazioni e dei servizi sono le persone viste nella globalità dei loro bisogni individuali e col­lettivi e tutti gli stati di bisogno presentano aspetti socio-sanitari inscindibili;

- mancanza di informazioni;

- mancanza di un criterio unificante a livello decisionale; es. l'unico riferimento per le pre­stazioni è dato dal Regolamento comunale, già inadeguato e carente all'origine e maggiormen­te ora; infatti le cinque UU.SS.LL. lo stanno ap­plicando in modi diversi seguendo criteri di in­terpretazione soggettivi.

Concludendo, se non si porrà riparo a questo stato di cose, «l'abbinamento condotto senza garanzie istituzionali, organizzative e contrattua­li è destinato al fallimento quasi sicuro» e assi­steremo anche «all'estinzione del tentativo orga­nizzativo e innovatore del settore sociale otte­nuto con difficoltà e impegno negli ultimi dieci anni precedenti la riforma da parte del Comune».

 

Sub-aree

Passando alle risposte provenienti dagli ope­ratori delle UU.SS.LL. F, G e H, si riscontra una notevole concordanza di valutazioni nella analisi della situazione delle zone che hanno avuto l'e­sperienza del Consorzio.

Tale situazione, risultante dalla attuazione del­la L.R. 63/79, appare del tutto simile a quella dell'area urbana che invece non ha avuto la fase consortile.

Sembra quindi che l'attuazione della riforma ab­bia fatto regredire la situazione organizzativa ed operativa, annullando il tentativo unificante dei due settori operato dai Consorzi e giudicato po­sitivamente dagli operatori: «Ciò si è perso con il passaggio dal Consorzio alla U.S.L., rigeneran­dosi la separatezza e minimizzazione del settore sociale rispetto al sanitario». Aggiungono inol­tre: «A nostro avviso la attuale situazione non ha solo determinato uno squilibrio qualitativo e quantitativo tra il sanitario e il sociale ma, cosa più grave, ha causato una regressione del livello delle prestazioni già raggiunto dai servizi a ca­rattere sociale».

Il servizio amministrativo ha messo in eviden­za che «l'assenza della legge di riforma dell'as­sistenza pubblica determina una carenza di indi­rizzi operativi omogenei, per cui si è sovente co­stretti a scelte estemporanee». Anche nella pre­parazione degli strumenti operativi (regolamenti vari) laddove sono stati approntati (es. U.S.L. 10/H), è mancata una base di indirizzi che orien­tasse il lavoro.

In tutte le aree si rileva una tendenza a sani­tarizzare i problemi e le risposte, tendenza abba­stanza preoccupante. «Rimane ferma la necessi­tà che i due settori procedano di pari passo per cui, data la prospettiva a tempi lunghi della ri­forma dell'assistenza pubblica, ci si augura che vengano presi dei provvedimenti, o quanto meno esista una volontà politica ben ferma che salva­guardi l'omogeneità degli interventi».

Non emergono per il personale problematiche analoghe a quelle dell'area urbana.

 

A - 2°: Quale è il grado di competenza della U.S.L. nel campo assistenziale (problemi e riflessioni)

 

Area cittadina

La domanda è stata giudicata poco chiara per­ché dava luogo a diverse interpretazioni del ter­mine «competenza»:

competenza = ciò che è stato delegato

competenza = capacità di svolgere la funzione delegata.

Tuttavia tutti hanno risposto esaurientemente in relazione ad ambedue gli aspetti.

«Visto che la U.S.L. ha un Comitato di gestio­ne che amministra sia il fondo sanitario che quel­lo assistenziale, questo comporta che è la stessa U.S.L. ad avere l'unica competenza possibile e attuabile nel campo dell'assistenza». Infatti ha come proprio specifico le competenze delegate dal Comune e dalla Provincia.

Per ciò che riguarda l'area urbana, il grado di competenza nella materia «è ormai da conside­rarsi esclusivo, a seguito della deliberazione del Consiglio comunale n. 5167/80, che ha affidato l'esercizio di tutte le funzioni assistenziali ancora di competenza comunale, in attesa della legge di riforma dell'assistenza, salvo che, a mente dell'art. 8 della L.R. 63/79 alcune di esse possono essere affidate allo stesso Comune ovvero ai Consigli circoscrizionali».

In proposito, alcuni operatori si pongono la do­manda se, ad es,. le «vacanze anziani» non com­petano ai Quartieri.

Passando a considerare invece la capacità che hanno le UU.SS.LL. di svolgere le funzioni dele­gate in materia, «la linea operativa dal punto di vista tecnico-amministrativo (adozione provvedi­menti di spesa, bilanci, ecc.) risulta corretta», mentre la produttività dei servizi e delle presta­zioni è discutibile.

Infatti alcuni dicono che «trattandosi di un campo precedentemente molto settorializzato, confuso e bisognoso di riforma» era inevitabile che l'avvio della gestione fosse difficoltoso e quin­di si registrasse un periodo di stasi nel quale ci si è limitati a proseguire l'operatività secondo i vecchi modelli che però, protraendosi ancora nel tempo, possono vanificare ogni sforzo innova­tore, danneggiando ulteriormente il settore.

Altri affermano che «non essendo stato orga­nizzato il settore sociale, né il distretto socio­sanitario, la U.S.L. non è neanche in grado di gestirlo».

Comunque, e qualunque sia la causa, ne deriva che «quel poco che viene fatto è sempre setto­riale e risulta come intervento di tamponamento, poiché avulso da tutte la realtà sociale».

In generale, in tutta l'area cittadina si riscontra la pericolosa tendenza a rispondere alle situazio­ni di bisogno con interventi economici a scapito dei servizi: «Ci si limita ad un intervento di sussidio economico a livello di bisogno del sin­golo, mentre non viene affrontata la problematica sociale e quindi la programmazione dei servizi».

Alcuni operatori parlano addirittura di «man­canza di volontà politica di approfondire e risol­vere i problemi dell'assistenza».

 

Sub-aree

Le risposte provenienti dalle sub-aree conside­rano quasi esclusivamente l'aspetto della compe­tenza come delega avuta dai Comuni o ereditata dai Consorzi. In questo senso è pressoché totale.

Fa eccezione il Comune di Fiesole che non ha delegato alla U.S.L. 10/G la gestione dell'assi­stenza. Per il resto le tre U.S.L. gestiscono tutto il settore.

Circa l'efficacia delle attività assistenziali, se­condo alcuni operatori è «direttamente propor­zionale alla precarietà di strumenti legislativi che lo Stato dovrebbe fornire perché l'U.S.L. sia in grado di gestire le risorse disponibili e promuo­vere interventi idonei ed efficaci».

Altri fanno notare che «data la predominanza e la peculiarità del settore sanitario nel suo campo di intervento, la competenza della U.S.L. nel settore assistenziale è molto limitato».

Gli operatori della U.S.L. 10/F ravvisano in que­sto fenomeno una responsabilità dei Comuni e un «disimpegno degli stessi rispetto al ruolo pro­mozionale che sarebbe loro competente e che ha portato la U.S.L. a concentrare l'attenzione par­ticolarmente nel settore sanitario». Pertanto ri­tengono necessaria una più stretta collaborazione fra U.S.L. e Comuni.

 

A - 3°: Quali carenze si individuano nella attuazione della L.R. 71/80 in riferimento al Settore Assistenza Sociale?

 

Area cittadina

In proposito, tutti rilevano che molte previsio­ni legislative non hanno avuto ancora concreta applicazione. In generale, la L.R. è ancora inattuata negli articoli:

n. 8 - organizzazione dei servizi della U.S.L.

n. 9 - attuazione dei presidi

n. 13 - attuazione dei distretti

n. 14 - attuazione dei dipartimenti

n. 16 - formulazione dei «progetti obiettivo»

n. 17 - creazione dell'ufficio di direzione

n. 18 - nomina del coordinatore del settore as­sistenza sociale.

Mancano anche i responsabili dei servizi decen­trati e non esiste un quadro completo di come deve essere organizzato il Servizio di assistenza sociale (S.A.S.).

Nei confronti dell'utenza, manca totalmente l'in­formazione circa i servizi sociali (vedi Guide pub­blicate a cura delle UU.SS.LL.).

Questo ritardo organizzativo provoca incertez­ze, mancanza di obiettivi e di progetti, accentua­zione nelle difficoltà di rapporti tra operatori, am­ministrativi e politici.

Agli effetti del servizio non è cambiato nulla dato che, mancando le nuove regolamentazioni, «tutto è delegato agli stessi operatori di prima che portano avanti le problematiche inerenti al ruolo ricoperto ed alle funzioni svolte preceden­temente negli Enti di appartenenza».

In riferimento al settore A.S. «La 71/80 non ha previsto la sua articolazione in unità operative, come invece ha fatto per i settori sanitario e am­ministrativo né l'organizzazione dei distretti so­cio-sanitari».

Di conseguenza le UU.SS.LL., «pur avendo fa­coltà di organizzarli, di fatto non hanno ancora provveduto (mentre hanno già le competenze de­legate che in qualche modo devono essere gesti­te) e questo determina la difficoltà del settore sociale ad operare».

Circa le carenze proprie della L.R. 71/80, alcuni ribadiscono i dubbi già esposti nelle risposte al primo quesito, cioè:

- mancando le indicazioni circa il regolamento di organizzazione del S.A.S. da farsi dai Comuni (Assemblee UU.SS.LL.), «non si sa se tale rego­lamento deve disporre per analogia alle leggi organizzative del servizio sanitario nazionale o se, e in che misura, avere propria autonomia»;

- ci sono «difficoltà psicologiche e politiche ad occuparsi dei problemi del S.A.S. per lo stra­potere della problematica organizzativa da affron­tare per i problemi sanitari»;

- ci sono difficoltà a livello di contratti e di dipendenza amministrativa e funzionale «dovute alla composizione eterogenea del personale che confluisce nel S.A.S.

Inoltre c'è una disparità fra le forze e gli stru­menti a disposizione e la vastità dei compiti af­fidati dalla legge».

Da quanto detto risulta chiaro che i problemi sono molteplici e di difficile soluzione. Secondo alcuni operatori «lo schema organizzativo del S.A.S. è inesistente e le proposte in discussione stravolgono fortemente le intenzioni del legisla­tore».

 

Sub-aree

Gli operatori concordano nel rilevare le caren­ze proprie della L.R. 71/80 in quanto «è di rifor­ma sanitaria e non vi si trovano indicazioni pre­cise di organizzazione del settore sociale, ma solo una vaga enunciazione della necessità di integrazione fra sociale e sanitario». Tale orga­nizzazione è demandata alle singole UU.SS.LL. senza indicazioni precise di riferimento e, stando così le cose, il servizio «trova difficoltosa l'inte­grazione con il sanitario e finisce per assumere una posizione marginale».

Circa l'attuazione della legge, alcuni dicono che «non è stata data alcuna attuazione opera­tiva prevista in riferimento al settore assistenza sociale». Da una zona si fa rilevare che «la ri­forma sanitaria ha comportato l'assegnazione di incarichi di responsabilità tecnica a figure con esperienza di tipo prettamente sanitario; a ciò si è aggiunta una mancanza di continuità nelle figure preposte al servizio assistenza già presenti nel Consorzio socio-sanitario. Infatti, non sono stati riutilizzati nell'ambito della U.S.L. i coordi­natori ed i responsabili che già avevano maturato una notevole esperienza all'interno del Consor­zio. Ciò ha causato una dispersione di forze ed una inevitabile disorganizzazione».

 

A - 4°: È in atto la convenzione tra la U.S.L. e la Provincia per le materie residue? (problemi e riflessioni)

 

A questo quesito gli operatori dei servizi de­centrati (sia comunali che provinciali) non hanno risposto per mancanza di informazione.

Alcuni servizi amministrativi hanno detto che la convenzione con l'Amministrazione, provinciale per il trasferimento delle competenze residue in materia di assistenza sociale è stata approvata dalla Assemblea generale con deliberazione del 29.5.81 (UU.SS.LL. A-B-C-E) e 28.7.81 (U.S.L. D). Tuttavia non è operante per l'insieme dei proble­mi già esposti ai punti precedenti.

Per il momento, il problema pratico è stato ri­solto usando le modalità previste dalle «Norme provvisorie per l'assistenza», in attesa che ven­gano modificate da un Regolamento unitario.

 

Sub-aree

Anche gli operatori di queste tre U.S.L. non hanno risposto, salvo un servizio amministrativo che dice non essere in atto la convenzione.

 

A - 5°: Quali sono le principali disfunzioni organizzative e quali conseguenze provocano nello svolgimento del servizio?

 

Area cittadina

Nelle risposte si trovano tutte le disfunzioni conseguenti alla mancata organizzazione del set­tore, ampiamente trattate ai punti precedenti, ol­tre a quelle particolari delle singole zone (parti­colari come accentuazione, ma comuni a tutte). Ad es.: il numero di assistenti sociali utilizzati dalle UU.SS.LL., già scarso in rapporto all'utenza cittadina, diventa del tutto insufficiente nella U.S.L. 10/C date le caratteristiche e i bisogni del­la zona (in espansione, con un alto indice di po­polazione problematica, del tutto priva di strut­ture proprie e risorse alternative).

Altro problema di rilievo è dato dalle sedi dei servizi, in gran parte giudicate dagli operatori: mal dislocate, non troppo fornite di strumenti e supporti di lavoro necessari, inadeguate come spazio, barriere architettoniche, manutenzione e pulizia, ecc. Questo problema, non solo porta un disagio oggettivo a chi ci lavora, ma anche agli utenti e contribuisce a rendere difficile l'integra­zione tra i settori e il collegamento tra gli ope­ratori.

Risulta chiara la necessità che siano costitui­ti i distretti dove i servizi vengano finalmente riuniti.

Ci sono poi problemi che attengono alla pro­cedura amministrativa in atto e che vengono de­nunciati come difettosi. Ad es.: tutti lamentano scarsità di contatti tra le varie componenti del settore e gli organi politici: «Difficoltà per i tec­nici ad avvicinare i politici e trovare in essi chia­rezza circa le loro competenze».

Inoltre questo genera diversità nella visione dei problemi e delle soluzioni, difficilmente sana­bile senza uno scambio di informazioni e pareri che faccia scaturire una programmazione razio­nale. Fa eccezione in questo la USL B che ha invece iniziato un discorso di programmazione invitando a parteciparvi anche gli operatori.

Tutti rilevano che permane la separazione sto­rica tra il settore sociale e quello sanitario: «Manca la creazione di momenti istituzionaliz­zati di coordinamento col settore sanitario: in effetti tutto procede come in assenza di rifor­ma». C'è chi dice che «gli operatori, sparpaglia­ti nelle varie sedi, lavorano con modalità diver­se» e ne conseguono interventi settoriali e so­vrapposti.

Alcuni operatori del servizio sociale ospeda­liero lamentano che nella loro realtà «l'aspetto sociale viene considerato solo se ha una base sanitaria».

Infine, un altro aspetto denunciato concorde­mente è l'iter troppo lungo delle procedure ammi­nistrative che genera ritardi nei pagamenti e «ri­sposte intempestive e inadeguate». In proposito i servizi amministrativi ritengono che la situa­zione potrebbe migliorare, ad es.: evitando «l'ec­cessivo accentramento di decisioni e anche di esecuzione amministrativa» e facendo «maggior ricorso all'istituto della delega»; distribuendo meglio il «carico di attribuzioni che ora gravano su certe persone e livelli per cui queste non possono affrontare organicamente la soluzione di tutti i nodi organizzativi».

Altro punto da tutti sentito è la mancanza di un ufficio informativo e di un centro che raccolga ed elabori i dati, ambedue indispensabili ai fini della corretta programmazione, della verifica ope­rativa e della utenza attualmente disorientata per la totale assenza di indicazioni.

 

Sub-aree

Anche in questo caso si rilevano molte con­cordanze con l'area cittadina. Si ritiene di ripor­tare per intero la risposta proveniente dalla U.S.L. 10/G perché molto chiara come analisi e abbastanza rispondente anche alle problematiche esposte dalle zone F e H.

«La legge 71180 non è stata applicata secondo l'assetto organizzativo generale. Permane tuttora la stessa organizzazione data con il Consorzio socio-sanitario. A livello di distretto si ritrovano i seguenti operatori:

- residenti: assistente sociale, assistente sa­nitaria, infermiere psichiatrico, assistente domi­ciliare;

- itineranti: ostetrica, pediatra, psicologo, gi­necologo.

I servizi svolti sono: consultorio pediatrico, consultorio familiare, consultorio psichiatrico, servizio sociale, servizio domîciliare, servizio psi­cologico.

Tali servizi, rispetto all'organizzazione prece­dente del Consorzio socio-sanitario non avendo più una programmazione comune, camminano se­paratamente e con caratteristiche sempre più specifiche.

Anche a livello centrale dell'USL si riscontra la carenza di un assetto organizzativo generale soprattutto per quanto riguarda il settore sociale che, per le sue implicazioni in tutti i servizi, presenta maggiori difficoltà nell'attuazione degli interventi, con perdita assoluta di credibilità nell'utenza.

Inoltre non si attua, tra USL e distretti, il pas­saggio e scambio di informazione in merito a leg­gi e circolari e interpretazione delle stesse, per quanto riguarda la materia sociale, che consenta all'operatore di avere strumenti di lavoro aggior­nati. Pertanto il singolo operatore è costretto a documentarsi con mezzi propri.

In contrapposizione, il settore sanitario sta in­cominciando a darsi una organizzazione generale con la presenza di un coordinatore sanitario, in particolare per quanto riguarda l'igiene pubblica.

Anche il servizio di medicina del lavoro ha una sua organizzazione autonoma e funzionale.

Nel settore sociale si lamenta la mancanza as­soluta di un coordinamento tecnico. Tutti gli ope­ratori e talvolta anche i politici si ritrovano in uno stato di disorientamento generale.

Inoltre anche l'assetto amministrativo del set­tore sociale è praticamente inesistente e senza forme organizzative né centrali né periferiche.

Cinque sedi di distretto non sono adeguate rispetto a tredici».

In generale, gli aspetti messi maggiormente in evidenza da tutti sono:

- la mancanza di collegamenti e «difficoltà di rapporti con gli organi politici per la peculia­rità dei problemi del settore, non sempre defini­bili e risolvibili attraverso servizi precostituiti». In sostanza, gli operatori ritengono necessaria «la presenza dei politici nel momento in cui il servizio comporta scelte».

Anche il servizio amministrativo lamenta di tro­vare sempre difficile un raccordo tra i vari Co­muni:

- la mancanza di informazione;

- la non definizione dei ruoli e i rapporti non chiari tra operatori, nell'attesa che vengano isti­tuite le U.O. Questo, aggiunto alla mancanza to­tale di personale amministrativo, fa sì che spes­so «operatori, amministrativi o politici, si accol­lano compiti o danno risposte che non compe­tono»;

- le sedi e gli strumenti inadeguati che osta­colano i servizi producendo dispersione e perdite di tempo dietro problemi contingenti.

Dalla USL 10/H vengono segnalati problemi del personale che lavora in condizioni precarie da anni, cioè quello a convenzione o incaricato a tempo determinato, senza stabilità e sicurezza per il futuro. Oltre che disagio per i lavoratori, questa situazione «genera disservizio perché manca la continuità operativa e crescente sfidu­cia della popolazione nei confronti dei servizi pubblici».

Gli operatori ritengono che all'origine di tutte queste disfunzioni ci sia «una mancanza di pre­parazione da parte di tutti ad affrontare e gestire un processo di riforma del tutto nuovo nel nostro Paese».

 

A - 6°: Quale è la situazione dei servizi? (valutazione)

 

Area cittadina

Per dare una corretta risposta al quesito, è stato fatto notare che si dovrebbe valutare «l'ef­ficacia e l'efficienza» dei servizi in rapporto alle linee programmatiche delle UU.SS.LL. ed è au­gurabile che per il futuro questo possa avvenire. Tuttavia «poiché è sempre più facile rilevare le situazioni di inefficienza che quelle di segno po­sitivo» è possibile esprimere una valutazione circa situazioni che oggettivamente risultano in­soddisfacenti.

Infatti c'è chi dice che: «La situazione relativa alle prestazioni assistenziali risulta al momento non arricchita, ma anzi impoverita rispetto alla situazione precedentemente gestita dagli Enti confluiti nella USL, per evidenti motivi di disagio dovuti alla trasformazione (per Firenze sfalda­mento del sistema di interventi faticosamente creato)».

In particolare, riportiamo le valutazioni secon­do i seguenti servizi:

ASSISTENZA DOMICILIARE - Generalmente ri­tenuta insufficiente quantitativamente rispetto al bisogno, limitata e discontinua come erogazione, abbastanza valida qualitativamente (sia essa at­tuata con personale dipendente oppure conven­zionato). Alcune zone devono ricorrere più delle altre al servizio privato tramite aiuto economico.

Come servizio però risulta in crisi perché do­vrebbe essere potenziato, rivalutato, raccordato con il settore sanitario e meglio organizzato.

ASSISTENZA INFERMIERISTICA - Il servizio, già molto scarso, con il passaggio alle UU.SS.LL. è stato ulteriormente ridotto o soppresso (ve­nendo assorbito dai servizi sanitari) mentre la richiesta sarebbe notevole.

Specialmente i servizi psichiatrici e ospedalie­ri lamentano l'inesistenza di questo tipo di pre­stazioni.

ASSISTENZA ECONOMICA - Questo servizio è l'unico che non ha subito arresti; al contrario spesso è chiamato ad ovviare le carenze degli altri, sia nel settore assistenza che in quello sanità. In proposito tutti ritengono che sia ina­deguato come risposta a certe situazioni di biso­gno e insufficiente sia per le disponibilità finan­ziarie che per i parametri di riferimento (minimo vitale).

In una USL cittadina gli operatori ritengono che l'applicazione delle «Norme provvisorie per l'as­sistenza» abbia portato un miglioramento nelle prestazioni, regolamentando meglio e omogeneiz­zando i criteri di erogazione. A questo fa riscon­tro il parere contrario dei servizi di igiene mentale che invece lamentano tale uniformità di cri­teri in quanto «non tengono conto delle partico­larità della categoria».

AFFIDAMENTI FAMILIARI - Servizio molto ca­rente per vari motivi: poca disponibilità rispetto ai bisogni, «scarsa organizzazione, pubblicizza­zione e chiarezza di contenuti».

RICOVERI - Si può dire che questo è il servizio che lamenta le maggiori carenze, sia perché man­cano le strutture (e di conseguenza quelle esi­stenti, sia pubbliche che private, sono sature), sia perché mancano soluzioni alternative al ricovero.

Per gli anziani non autosufficienti o parzialmen­te autosufficienti sono sempre meno le risposte a livello di servizi, sia sociali che sanitari, per cui si ricorre sempre più spesso a ricoveri im­propri in ospedale.

Per l'igiene mentale tali risposte mancano 0 non sono rispondenti alle particolari esigenze. Per i minori sembra che non ci siano molte ri­chieste e che quindi la situazione sia meno pro­blematica.

CENTRI DIURNI - Scarsissimi e non collegati con il settore assistenza. Gli operatori di un servizio dicono che «il centro diurno non è stato ancora messo in grado di esprimere tutte le po­tenzialità dei servizi previsti: mensa, palestra, laboratori occupazionali, assistenza domiciliare» e inoltre la rispettiva USL non ha ancora dato ri­sposta ai programmi presentati relativamente a previsioni di spesa.

Un altro centro diurno sembra che stia ridu­cendo l'attività per mancanza di animatori e di collaborazione con il servizio sociale di zona.

SOGGIORNI ESTIVI - Rispondenti come quan­tità e qualità; alcuni ritengono però che la fascia di utenza sia ristretta a causa dei bassi parame­tri economici.

MENSE - Abbastanza soddisfacenti, anche se non nella stessa misura in tutte le zone.

LAVANDERIA - Servizio inesistente.

ADOLESCENTI - Secondo gli operatori tecnici, un settore quasi totalmente scoperto è quello degli adolescenti; infatti per questa fascia di età mancano:

- strutture di ospitalità adatte (in particolare per i maschi);

- centri di aggregamento;

- collegamenti con le attività di tempo libero del territorio;

- collegamenti organizzati con le attività pro­duttive (es. artigiani, laboratori...) necessari per l'inserimento lavorativo;

- eventuali altre risposte per adolescenti che non terminano la scuola ed hanno problemi di comportamento.

 

Sub-aree

Il servizio amministrativo della USL 10/H dice:

ASSISTENZA DOMICILIARE E INFERMIERISTI­CA - in fase di organizzazione.

ASSISTENZA ECONOMICA - svolta secondo l'apposito regolamento.

AFFIDAMENTI - secondo le richieste.

RICOVERI - non sono in atto convenzioni. Esi­ste una struttura a gestione diretta con 28 posti letto.

SOGGIORNI ESTIVI - attuati.

CENTRO DIURNO - per anziani, in corso di apertura a Tavarnelle V.P.

MENSE - inesistente.

LAVANDERIE - sperimentato a Greve.

La valutazione da parte degli operatori tecnici evidenzia una situazione dei servizi «critica in tutti i settori, limitandosi essenzialmente 1'inter­vento a risposte di tipo monetario o di ricovero e con grossi ritardi e inadeguatezze anche in que­ste soluzioni».

Sembra che «le iniziative avviate con il Con­sorzio socio sanitario e volte a creare: servizi che non si limitassero a dare una risposta esclusiva­mente economica ai bisogni assistenziali del ter­ritorio (assistenza domiciliare e infermieristica, centri diurni, ecc.) abbiano subito un arresto con lo scioglimento di questo e che i ritardi nella erogazione e nel pagamento dei contributi abbia­no provocato, fra l'altro, anche l'abbandono del servizio di assistenza domiciliare da parte di per­sone (sempre reperite tra il vicinato o volontaria­to) e svolto per anziani altrimenti da ricoverare».

«Difficile la situazione anche per i ricoveri; in tutte le case di cura esistono liste di attesa lun­ghissime per cui le urgenze mai possono essere soddisfatte. Non esistono centri diurni né con­venzioni con mense o lavanderie».

Dalla USL 10/F è giunta una risposta unificata:

ASSISTENZA DOMICILIARE - insufficiente per mancanza di personale nelle piante organiche. Esiste una convenzione con il volontariato.

ASSISTENZA INFERMIERISTICA - quasi tutta assorbita dai servizi ambulatoriali.

ASSISTENZA ECONOMICA - inadeguata per mancanza di aggiornamenti sui regolamenti esi­stenti e necessità di rinnovo dei regolamenti stes­si. Sarebbe opportuno un regolamento unico per l'Area 10.

AFFIDAMENTI FAMILIARI - esistono, ma non regolamentati da specifica normativa.

RICOVERI - eccessivi per mancanza di alterna­tiva (strutture pubbliche, assistenza domiciliare adeguata, centri diurni, mense).

LAVANDERIA - funzionante.

SOGGIORNI ESTIVI - buono lo sviluppo negli anni. Rallentamento nella prosecuzione delle al­tre attività collaterali che rischia di far divenire la vacanza una iniziativa fine a se stessa.

Anche dalla USL 10/G giunge una risposta uni­ficata:

ASSISTENZA DOMICILIARE - Comuni di Fieso­le e Vaglia - non esiste il servizio; Comuni di Calenzano e Campi Bisenzio - servizio insuffi­ciente (particolarmente a Campi) svolto con per­sonale di ruolo; Comune di Sesto - servizio in­sufficiente svolto con personale non di ruolo (dipendente da una cooperativa di servizi) e da alcuni giovani in servizio civile.

ASSISTENZA INFERMIERISTICA - mancanza as­soluta di tale servizio; solo nel Comune di Fie­sole è presente una unità infermiere.

ASSISTENZA ECONOMICA - non attuata nell'ot­tica del minimo vitale, non sono state unificate le prestazioni degli Enti di provenienza (quali: ENA­OLI, INAIL, Provincia, Consorzio antitubercolare, ecc.), ma permangono le stesse modalità di ero­fazione. Per quanto riguarda le competenze dell'ex ENAOLI, dato il complesso sistema di con­teggi, ci sono difficoltà e forti ritardi per i paga­menti. In ogni caso l'erogazione non è mai né re­golare né tempestiva. Non è stato attuato un mec­canismo per interventi economici immediati che attualmente sono di importo minimo e sporadici.

AFFIDAMENTI FAMILIARI - servizio non suffi­cientemente pubblicizzato; comunque il compen­so giornaliero non è adeguato ai costi per il man­tenimento di un bambino (L. 4.000 g.).

RICOVERI

- Istituzionali: non si hanno convenzioni con Enti, neanche con gli istituti presenti nel territo­rio; gravissima carenza di strutture soprattutto per non autosufficienti; non esiste alcun regola­mento che dia indicazioni in materia (rette, con­dizioni ambientali, ecc.);

- Strutture alternative: a) carenze nelle attua­li residenze assistite (gruppi appartamento) per le sedi abitative e per il personale non preparato e stabile; b) mancanza totale di residenze protet­te; sono in corso alcune ipotesi di programma non realizzabili a tempi brevi, quali trasformazio­ne dell'Ospedale Luzzi e di Villa Solaria.

SOGGIORNI ESTIVI - si assiste alla cronicizza­zione del livello dei soggiorni anziani rispetto alle prime esperienze del '73; nei soggiorni minori so­no state effettuate alcune innovazioni con qual­che sperimentazione positiva.

CENTRI DIURNI - insufficienza ed inadeguatez­za delle attuali strutture esistenti rispetto alle richieste.

MENSE E LAVANDERIE - inesistenti.

 

A - 7°: Quale è il livello di spesa medio? È adeguato a meno?

 

Secondo un servizio amministrativo «il livello di spesa medio è una grandezza non facilmente misurabile se non riferita alle singole voci del bilancio». Il medesimo servizio ha fornito un'e­sauriente documentazione in proposito, ma non si ritiene di riportarla perché risulta parziale mancando quella delle altre quattro USL.

Si riportano testualmente le valutazioni espres­se dagli altri servizi amministrativi: «Gli stan­ziamenti messi a disposizione dal Comune sono stati sufficienti applicando rigidamente i para­metri fissati dall'Assemblea delle UU.SS.LL.»; «Il livello di spesa medio non è adeguato alle esigenze, ma allo stato attuale sembra essere al di sopra degli stati previsionali»; «Le spese rea­li del 1981 superano le disponibilità del bilancio attuale»; «Cifra non adeguata: è da ricordare che il minimo vitale a base del sistema di inter­venti è attualmente ricercato in un parametro di compromesso (non rispecchia più i costi reali) e che la spesa degli altri servizi è determinata su quanto a disposizione e non sul bisogno. Comun­que, l'omogeneizzazione introdotta in certi costi (vedi rette istituto) ha portato a una maggiore adeguatezza di certi compensi».

Gli operatori tecnici non sono ovviamente in grado di rispondere con dati oggettivi, ma soltan­to con opinioni e valutazioni basate sulla espe­rienza pratica. In generale, tutti ritengono tale li­vello inadeguato alle esigenze. Molti dicono che sarebbe utile per loro conoscere questo dato per poter meglio valutare la rispondenza fra servizio effettuato e costo del medesimo. Altri ritengono che «il livello di spesa per l'erogazione dei pochi servizi è spropositato in confronto alla qualità dei medesimi (es. assistenza domiciliare)».

 

Sub-aree

Gli operatori della USL 10/G non si sono espressi.

Quelli della USL 10/F lo ritengono «troppo alto per i ricoveri e l'assistenza economica» e riba­discono «la necessità di riconvertire la spesa in strutture e servizi alternativi».

Il servizio amministrativo dell'USL 10/H ritie­ne che il finanziamento proveniente dai Comuni (L. 4.000/abitante) sia inadeguato, anche in con­siderazione del fatto che una parte notevole viene assorbita dai soggiorni estivi per anziani e mino­ri. «I finanziamenti regionali possono essere rite­nuti quantitativamente sufficienti (sulla base del­le notizie sin qui acquisite) ma pervengono con notevoli ritardi».

Il servizio sociale professionale concorda con quello della zona F e dell'area cittadina «In relazione al tipo di risposta assistenziale (monetaria o di ricovero) la spesa, di per sé elevata, è però inadeguata alle esigenze. Si auspica un tipo di intervento diverso, che dia risposte più adeguate e una migliore utilizzazione dei fondi a disposi­zione».

 

B - 1: In quali settori si verificano le maggiori richieste di assistenza?

 

Area cittadina

Il settore che presenta le maggiori frequenze è in tutta l'area urbana quello degli anziani: non autosufficienti (o parzialmente), soli o con fami­liari che non possono fornire l'assistenza neces­saria, emarginati, con scarsi redditi, ecc. costi­tuiscono comunque la fascia di utenza più biso­gnosa di prestazioni assistenziali.

In generale, le risposte degli operatori disegna­no una «graduatoria» abbastanza definita e di­stribuita uniformemente in tutta l'area cittadina:

- anziani;

- minori e nuclei familiari problematici;

- invalidi, handicappati e malati psichici;

- tossicodipendenti;

- persone in cerca di alloggio e lavoro.

Naturalmente ci sono accentuazioni in determi­nate zone dovute alle particolari realtà del terri­torio. Ad es. nella USL 10/B, la presenza dell'Al­bergo popolare fa registrare una maggiore fre­quenza di persone anziane, disoccupate croniche, senza qualifica lavorativa, senza tetto, ex carce­rati, ex degenti degli ospedali psichiatrici. Questi «ospiti di passaggio» sono portatori di proble­matiche che li conducono alla emarginazione e tendono a stabilirsi presso l'Albergo popolare.

Invece nella USL 10/C, dove si registra una forte domanda di assistenza in costante aumento, la notevole espansione demografica e la forte presenza di alloggi IACP sono all'origine di pro­blematiche sociali molto accentuate. In questa zona è particolarmente alto il numero di minori devianti o comunque in difficoltà e di nuclei fami­liari problematici.

Come è già stato espresso nei precedenti que­siti, allo stato attuale la risposta prevalente è quella di tipo economico, ritenuta dagli operatori «strumento negativo verso l'utente perché dise­ducativo e non stimolante, anzi cronicizzante per l'emarginazione, inoltre negativo per gli operatori perché deprofessionalizzante». Alcuni rilevano anche la tendenza prevalente a dare risposte di tipo sanitario, specialmente verso gli anziani (ve­di ricoveri impropri), i tossicodipendenti, i mala­ti psichici. Anche il servizio consultoriale, es­sendo rimasto scollegato da quello sociale, fini­sce per dare risposte essenzialmente sanitarie.

Dove si riesce ad evitare tale disfunzione, ciò è dovuto esclusivamente all'impegno personale degli operatori, che trovano però un limite inva­licabile nella mancanza di possibilità di scelta. Senza considerare che il personale tecnico stes­so è scarso ed eccessivamente occupato da pra­tiche burocratiche.

 

Sub-aree

Anche in queste zone la fascia di utenza che fa registrare il maggior numero di richieste è data dalla popolazione anziana.

Si riporta comunque la situazione delle singole USL come viene espressa dagli operatori dato che, come per Firenze, lo stesso problema pre­senta in certe zone una particolare accentua­zione:

 

USL 10/F

«La zona presenta una richiesta di assistenza massiccia, tipica di una periferia urbana di ampie dimensioni (USL con oltre 80.000 abitanti di cui oltre 50.000 residenti nel Comune di Scandicci). Prevalente richiesta nel settore anziani, invalidi, malati di mente, di contro servizi insufficienti per mancanza di risorse preesistenti all'entrata in vigore della legge 833 e di personale».

(Non si fa menzione dei minori che invece ad una successiva domanda risultano al secondo posto).

 

USL 10/G

«Le principali richieste nel settore degli an­ziani sono di: assistenza domiciliare, economica, ricoveri per non autosufficienti, alloggio, attività di tempo libero, attività occupazionali, hospital day, assistenza infermieristica.

Nel settore dei minori sono di: attività integra­tive alla scuola, asili nido, assistenza domicilia­re, assistenza domiciliare a carattere socio-edu­cativo, alternative al ricovero, inserimento lavo­rativo.

Per i minori con situazioni di disadattamento sociale necessitano soluzioni alternative o inte­grative alla famiglia.

Nel settore degli invalidi sono di: trasporti, assistenza domiciliare, inserimento lavorativo, at­tività occupazionale, alloggio, comunità terapeuti­che e/o occupazionali, sostegno psicologico.

Per il settore malati psichici vedi le richieste del settore tossicodipendenti.

Ai bisogni si risponde solo parzialmente con assistenza economica e domiciliare di tipo do­mestico. Altre risposte quali inserimento lavo­rativo protetto o inserimento in comunità protette o assistite sono casuali e non legate a una pro­grammazione».

 

USL 10/H

Le risposte provenienti dai vari distretti di questa USL evidenziano la differenza di problematiche in rapporto al territorio. Infatti, la zona confinante con Firenze presenta la sua stessa situazione: dopo gli anziani, la maggior richiesta riguarda il settore dei minori «Specie per la pre­senza di nuclei immigrati, con grosse carenze cul­turali, economiche e di integrazione sociale». Allontanandosi dal centro urbano la situazione si modifica e si parla di richieste «per inserimenti lavorativi e inadempimento all'obbligo scolasti­co» più che per vera e propria devianza, come pure per inserimento lavorativo e altri interventi in favore di minori handicappati dopo l'adempi­mento dell'obbligo.

Sembra acquistare invece più importanza il problema dei malati psichici dimessi o in dimis­sione dall'ospedale psichiatrico e dei quali i ser­vizi si occupano per l'inserimento in famiglia o altrove. Seguono poi i tossicodipendenti e gli invalidi.

Come si risponde? «Con ciò che si ha in mano, cioè ben poco» dicono alcuni tecnici «cercando più che altro di tamponare situazioni urgenti». Per gli anziani, con ricoveri, contributi economici all'interessato o al familiare che lo assiste; per i minori problematici con il coinvolgimento del Tribunale minorile e con la ricerca, spesso in­fruttuosa, di soluzioni caso per caso. Per i malati psichici con risposte di tipo monetario o di rico­vero (se anziani). Da un distretto si risponde: «Ci si avvale dell'équipe di igiene mentale. Tuttavia a questo proposito dobbiamo aggiungere alcune considerazioni: viene attualmente trascurato 1'a­spetto preventivo della malattia psichica (manca del tutto la figura dello psicologo), manca la pos­sibilità di effettuare sul paziente dei trattamenti di psicoterapia indispensabili per molti casi cono­sciuti anche al servizio sociale; ci sembra inoltre limitato il numero delle ore dell'ambulatorio di igiene mentale, dato il numero di richieste».

 

B - 2: Quantificare la consistenza dei bisogni

 

Non è possibile operare una sintesi delle rispo­ste pervenute perché i vari servizi non hanno po­tuto fornire dati o hanno seguito criteri diversi. Pertanto ne deriverebbe un quadro non attendibi­le e parziale.

Se ne può trarre tuttavia la conferma che una indagine di tipo statistico non è possibile se non viene istituito un apposito sistema di rilevazione ed elaborazione delle informazioni.

 

B - 3°: Quanto impegna il servizio sociale professionale il lavoro per il Tribunale minorile?

 

Non occorre in questo caso operare la distin­zione fra area urbana e sub-aree perché il con­tenuto delle risposte è ovviamente uniforme. Gli assistenti sociali dicono che «è difficile quanti­ficare il lavoro anche perché il servizio non si limita alla esecuzione delle richieste del Tribu­nale minorile, ma si esplica anche in una dimen­sione preventiva». Questi interventi, che sono propri del servizio sociale professionale «com­portano modalità e tempi differenziati secondo le situazioni e i tipi di richiesta» e inoltre molti casi «non si esauriscono con una relazione, ma richiedono una continua attenzione da parte degli assistenti sociali». Questi casi «richiederebbero la disponibilità totale degli assistenti sociali, ma invece sono sottoposti alle esigenze di tutta l'al­tra mole di lavoro».

Si è già evidenziato che in certe zone il pro­blema minorile è più accentuato che in altre, ma in generale l'incidenza nell'area urbana e perife­rica è rilevante e impegnativa. «La qualità del servizio richiede impegno pieno. Le modalità di intervento su situazioni sempre molto complesse (indagine approfondita, colloqui vari, verifiche pe­riodiche, relazioni e rapporti con il Giudice, pre­senza in Camera di consiglio, ricerca di risorse e soluzioni, ecc.) richiedono molto tempo ed ener­gie».

Sugli assistenti sociali che lavorano nei centri sociali (area urbana) e nei distretti (sub-aree) gravano anche le richieste che non attengono strettamente alle situazioni patologiche, ma an­che quelle riguardanti il settore civile: domande di adozione, affidamenti preadottivi, ammissioni al matrimonio, ecc., tutta la materia cioè pas­sata di competenza dei Comuni.

Gli assistenti sociali che lavorano presso gli ospedali trattano essenzialmente «casi di ado­zione speciale, affidamenti, abbandono, maltrat­tamenti, famiglie disgregate» in numero definito notevole.

Agli assistenti sociali dei servizi di igiene men­tale si presentano casi limitati di minori o fami­glie con disturbi psichici per i quali si rende necessaria la collaborazione della magistratura. Una maggiore richiesta proviene invece dalla Procura della Repubblica e dai manicomi giudi­ziari per la vigilanza su detenuti in permesso o graziati prima del termine.

In definitiva «il lavoro per il Tribunale impegna il servizio sociale professionale per buona parte del suo tempo disponibile, proprio per la respon­sabilità e delicatezza degli interventi che ne con­seguono» e spesso «assorbe l'assistente sociale oltre il normale orario di lavoro». Si fa notare anche che non tutte le situazioni vengono trattate su richiesta o segnalazione del Tribunale minori­le, ma molte volte giungono direttamente al ser­vizio sociale e possono anche risolversi senza l'intervento del magistrato.

 

C - Eventuali valutazioni, osservazioni e proposte

 

Questa parte finale era un invito agli operatori a formulare proposte tecniche utili per la orga­nizzazione della attività assistenziale e a dare in­dicazioni circa le loro aspettative.

In genere le opinioni espresse concordano con l'impostazione data al seminario che «oltre ad essere momento di incontro, approfondimento e confronto fra gli operatori tecnici, amministrativi e politici, dovrebbe porsi il fine di studiare una migliore organizzazione del servizio sotto tutti gli aspetti e a tutti i livelli». Alcuni dicono di sperare che vengano trattati i problemi «in ma­niera realistica e concreta»; altri manifestano un sentimento diffuso di pessimismo, del resto giu­stificato dal deterioramento e dalla regressione che si è verificata in tutto il campo assistenziale.

Con lo scollamento avvenuto tra assistenza e sanità e la concentrazione di risorse ed energie nel campo sanitario, è facile far ricadere l'assi­stenza in un ruolo marginale, di «satellite della sanità», anche in considerazione che gli utenti dei servizi assistenziali (bambini, anziani, handi­cappati ecc.) non costituiscono un valido gruppo di pressione. È facile quindi capire perché una parte di operatori dichiarino: «È insostenibile per gli operatori sociali continuare ad operare in questa situazione di carenze organizzative a tutti i livelli. Questa situazione evidenzia che l'attività nel settore socio-assistenziale si sta sempre più deteriorando. L'integrazione fra il sociale e il sa­nitario non è avvenuta, anzi in questo momento il sociale viene sottovalutato e ignorato. L'unica proposta è quella di una rivalutazione globale e di un ripensamento sulla opportunità di una for­zata integrazione tra il settore sanitario e so­ciale».

Queste opinioni non sono da sottovalutare co­me semplice sfogo di pessimismo, ma rappresen­tano la manifestazione dello stato di profondo disagio degli operatori che da anni si trovano a dover rispondere a bisogni crescenti con mezzi sempre più inadeguati, provvisori, non program­mati secondo criteri di razionalità, in una parola disorganizzati.

La maggiore speranza è quella che il Convegno sia veramente «il punto di partenza per una vo­lontà politica veramente riformatrice».

Le proposte tecniche formulate sono innume­revoli:

«a - è necessario e inevitabile un più o meno lungo periodo di transizione;

b - occorre fornire direttive regolamentari, do­ve sono inesistenti, almeno provvisorie;

c - occorre una graduatoria di priorità, in quan­to non è possibile affrontare tutto e tutto insieme. Su queste basi occorre individuare un organi­gramma del servizio: chiaro, elastico, adattato al­le forze a disposizione;

d - creare una serie di strumenti, interni agli uffici, e di servizi di massima;

e - occorre creare un sistema di formazione permanente degli operatori per prepararli ai nuo­vi compiti».

Inoltre «occorre potenziare, con la creazione di sub-commissioni, l'attuale commissione compo­sta dai rappresentanti politici ed amministrativi delle 5 UU.SS.LL. che si occupa di problematiche comuni a tutto il territorio fiorentino, coordinan­done gli interventi».

Riassumendo, i punti ritenuti più determinan­ti e urgenti sembrano essere:

- vengano costituiti i distretti e i servizi ven­gano sistemati in sedi adeguate;

- si ricerchino soluzioni per i vari servizi che ora sono carenti o inesistenti;

- il personale sia meglio utilizzato e distri­buito e si giunga alla precisa definizione della posizione contrattuale;

- si abbiano direttive omogenee e ben rego­lamentate;

- si istituisca un coordinamento e un collega­mento fra le UU.SS.LL., non solo a livello politi­co, ma anche operativo. «Questo anche per evi­tare sia una differenziazione in termini di rispo­sta ai cittadini, sia i rischi di una programmazione basata più sulla competizione che sulle esigenze del territorio».

 

Sub-aree

Dalla zona 10/H non sono pervenute risposte.

Per la zona 10/F si riporta testualmente:

«- ampliamento dell'organico;

- ridefinizione del titolo del servizio sociale in rapporto con gli altri settori;

- assunzione da parte dei Comuni di un ruolo promozionale preponderante sia in termini di pro­grammazione che di riconversione della spesa per quanto riguarda il settore stesso.

L'entrata in vigore della 833 e la individuazione di specifiche unità operative ha stravolto i rap­porti di collaborazione e di intesa sperimentati».

Anche per la zona 10/G si riporta per intero quanto è pervenuto: «Alcune considerazioni sul seminario. Si auspica che gli organizzatori del proposto seminario diano particolare importanza ai contenuti generali, piuttosto che alla individua­zione delle lacune e carenze locali portate dagli operatori a cui si rischierebbe di non dare solu­zioni costruttive.

In primo luogo il seminario dovrebbe preve­dere la partecipazione degli amministratori, in quanto lo scopo dovrebbe essere quello di rag­giungere una linea politica omogenea per tutte le USL, che sia di guida alla organizzazione dei servizi sociali per l'attuazione di una serie di pro­grammi che si integrino con gli obiettivi e moda­lità operative previste dalla legge 71/80 e dal pia­no regionale sanitario.

Inoltre il seminario dovrebbe, a nostro avviso, individuare linee di condotta per programmare una serie di regolamenti necessari per l'attuazio­ne di servizi quali: assistenza economica (nell'ot­tica del minimo vitale), ricoveri istituzionali, re­sidenze protette e/o assistite, centri diurni, inse­rimento lavorativo di invalidi, tossicodipendenti, malati di mente.

Ci sembra anche di primaria importanza l'ana­lisi del ruolo che gli operatori sociali dovranno svolgere nel servizio, nei rapporti con. la popola­zione e con operatori di altri servizi. In parti­colare occorre definire le finalità del ruolo degli assistenti sociali e quindi il loro profilo professio­nale: queste considerazioni sono valide anche per altre figure professionali quali l'assistente domi­ciliare, il personale educativo addetto alle resi­denze protette, assistite e ai centri diurni. Oc­corre inoltre che siano date indicazioni su ca­ratteristiche e criteri da seguire per l'individua­zione della figura preposta al coordinamento del settore a livello dell'USL.

Dovrebbero essere riconsiderate le varie espe­rienze finora fatte sull'istituzione e funzionamen­to dei distretti, poiché risultano molto differenzia­te da realtà a realtà e comunque tutte carenti per quanto attiene allo svolgimento di attività promozionali in genere.

Crediamo infine che la sede del seminario dia la possibilità agli operatori di avere una maggiore conoscenza del piano sanitario regionale, in quan­to ci risulta che pochi abbiano avuto la possibilità di consultarlo».

 

(Hanno effettuato la sintesi: Ferrini M. Grazia e Arrighi Giuseppina)

 

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