Prospettive assistenziali, n. 62, aprile - giugno 1983

 

 

Libri

 

 

FRANCESCA ICHINO PELLIZZI (a cura di), L'affido familiare. Problematiche e risultati di una ricerca, Franco Angeli, Milano, 1983, pp. 366, L. 12.000.

 

Il volume raccoglie i risultati della prima ri­cerca compiuta in Italia in materia di affidamento di minori a scopo educativo.

L'indagine ha riguardato 190 affidi familiari, per un totale di 167 minori.

I requisiti perché un caso venisse incluso nel­la ricerca sono stati i seguenti:

1) l'affido doveva essere stato effettuato 0 preso in carico dal Centro ausiliario per i pro­blemi minorili (un gruppo di volontari che opera presso il Tribunale per i minorenni di Milano fin dal 1969) in collaborazione o non con i servizi sociali territoriali;

2) l'affido doveva essere stato preso in carico o effettuato nel periodo compreso fra il 1973 e il 1980;

3) le notizie sul minore e sulla famiglia d'ori­gine dovevano essere sufficienti a rispondere al­meno al 90% delle questioni poste da un questio­nario composto da 70 domande.

Gli obiettivi della ricerca erano cinque:

a) valutare i progressi dei minori e la loro si­tuazione;

b) individuare le condizioni ottimali per gli af­fidi «normali» e per i casi a rischio;

c) analizzare i dati quantitativi al fine di poter trarre conclusioni anche dal punto di vista qua­litativo, specialmente per quanto riguarda i casi difficili (minori in età elevata, istituzionalizzazio­ne prolungata, ecc.);

d) stabilire un rapporto più sistematico con i servizi non solo sul piano operativo, ma anche sul piano del confronto teorico;

e) offrire una base concreta agli operatori che da anni collaborano alla selezione delle famiglie ed alla conduzione dei gruppi di appoggio.

I risultati della ricerca, estremamente interes­santi, riguardano:

- le caratteristiche dei minori (età, sesso, du­rata dell'affido, presenza di handicaps, violenze subite dal minore nella famiglia di origine, rico­veri in istituto, livello scolastico, presenza di fratelli e sorelle, rientro nella famiglia d'origi­ne, ecc.);

- le caratteristiche della famiglia affidataria (età, professione, titolo di studio, tipo di abita­zione, presenza di conviventi, relazioni fra l'affi­dato ed i figli degli affidatari, famiglie con più minori in affido temporaneo o sine die). Sono poi descritte alcune situazioni familiari specifiche;

- le caratteristiche della famiglia d'origine (situazione giuridica e di fatto, rapporti con il minore, tipologie psicofisiche e comportamen­tali dei genitori d'origine, ecc.).

Sono inoltre affrontati i problemi relativi agli affidi temporanei ed a quelli sine die, ai casi di pluriaffido, alla selezione e preparazione delle famiglie affidatarie, ai criteri di abbinamento, ai gruppi di appoggio degli affidatari.

In allegato sono riportati i dati di una appro­fondita ricerca canadese sull'affido.

A tutti coloro che si interessano di affidamento familiare, consigliamo vivamente la lettura del libro.

Riteniamo inoltre che i numerosi problemi sol­levati dalla ricerca italiana e da quella canade­se dovrebbero essere oggetto di discussione di gruppo da parte degli operatori in servizio e degli allievi delle scuole per assistenti sociali, per edu­catori, per psicologi, per neuropsichiatri infantili e per operatori giuridici e amministrativi.

 

 

AA.VV., Progetto Torino - Le frontiere della città, Franco Angeli Editore, Milano, 1982, pp. 324, Lire 12.000.

 

Anche i non esperti sanno che la fascia più consistente e più indifesa degli emarginati è co­stituita dagli anziani. Non lo sanno invece il Co­mune ed i ricercatori dell'Università di Torino (Istituto di scienze politiche).

Ai vecchi non si fa cenno nella ricerca «scien­tifica» ed «operativa» tesa a «focalizzare cri­ticamente i termini reali e le linee di tendenza in cui si presenta oggi la marginalità sociale ur­bana».

Messi gli anziani nel dimenticatoio (sono for­se troppo numerosi? Le loro condizioni di vita sono talmente degradate per cui è meglio non par­larne? È stato deciso di non far conoscere le vistose carenze dei servizi?), la ricerca ha riguar­dato i dimessi dal carcere, la malattia mentale sul territorio, l'handicap psico-fisico, la tossico­dipendenza, i giovani emarginati.

L'indagine è stata compiuta mediante interviste ad operatori sociali, sia quelli «pubblici e isti­tuzionali», sia quelli «volontari ed auto-organiz­zati».

Si tratta di una scelta molto discutibile. Essa, infatti, parte dal presupposto che gli operatori siano gli unici interpreti delle esigenze degli emarginati.

Prendendo in esame il capitolo «Il caso degli handicappati», notiamo numerose imprecisioni, non solo marginali ma sostanziali. Una poi è ma­croscopica. Si afferma che «Le organizzazioni sindacali, tramite l'istituzione di gruppi di coor­dinamento, seguono il problema della formazio­ne professionale a tutti i livelli. Essi mantengo­no i contatti con il Comune, la Provincia, la Regio­ne, l'Unione industriale, ecc. Quale esempio ci­tiamo un progetto triennale 1978-1980 per la for­mazione professionale di giovani handicappati in­seriti in corsi normali, organizzato dal sindacato, con l'appoggio del Fondo sociale europeo e che coinvolge un migliaio di allievi», progetto di cui non siamo riusciti a trovare traccia alcuna.

 

 

ERNESTO CAFFO (a cura di), Abusi e violenze all'infanzia, Edizioni UNICOPLI, Milano, pp. 212, Lire 12.000.

 

Questo volume contiene il risultato di due giornate di studio, le prime, svolte a Castelgan­dolfo dal 29 febbraio al 2 marzo 1980 sul tema dell'abuso e della violenza all'infanzia. La prerogati­va di questo incontro è stata quella di raccogliere insieme giuristi e medici, sociologi e pedagogisti, persone di provenienza e di origini diverse, che hanno avuto per la prima volta l'opportunità di scambiarsi esperienze e punti di vista, basandoli sul comune impegno di rivedere il problema dell'abuso agito sull'infanzia e di cercarne soluzioni preventive.

L'incontro è stato organizzato dalla Associazio­ne italiana per la prevenzione dell'abuso all'infan­zia, organismo nato recentemente con lo scopo di promuovere, soprattutto attraverso la informa­zione e con la diffusione delle conoscenze acqui­site, un rispetto totale dell'individuo nel corso della sua prima formazione e dell'intera età evolu­tiva, nonché di salvaguardare le potenzialità natu­rali di crescita, tutelando queste soprattutto nei confronti degli abusi, anche involontari, di na­tura sia fisica che mentale, che possono fin dai primi tempi della vita pregiudicare seriamente la realizzazione.

Il convegno aperto dalla relazione introduttiva di Alfredo Carlo Moro, che ha sviluppato la pro­blematica dell'abuso all'infanzia nel nostro pae­se, si è sviluppato in relazioni e gruppi di studio per una approfondita analisi dei parametri del problema.

L'abuso all'infanzia (il childabuse degli anglo­sassoni) infatti non comprende solo i casi sensa­zionali dei bambini picchiati o uccisi ma anche e spesso, alcune altre forme più sottili e invisibili ma altrettanto dannose. Esistono ancora genitori che ritengono che i figli appartengano a loro, sia­no di loro proprietà, e in modo arbitrario, decido­no la loro vita senza un adeguato rispetto per la loro individualità e personalità. Il fenomeno della vendita dei bambini è solo un esempio di questa grave situazione. D'altra parte ci sono genitori che collocano i loro figli in strutture educative o assistenziali per tutta la giornata con il fine di liberarsi dall'impegno della loro cura. Altri ele­menti che non possono venire ignorati sono le numerose attività post scolastiche che le fami­glie della classe media urbana impongono ai loro figli, convinte che queste siano necessarie per il successo della nostra società consumistica. Il risultato che ritroviamo spesso è che i bambini vengono derubati della loro infanzia ed inibiti nell'espressione e nello sviluppo delle loro personali potenzialità creative.

Oltre al tema dell'abuso all'infanzia all'interno della famiglia, il convegno ha affrontato il proble­ma dell'abuso all'infanzia da parte delle istitu­zioni.

 

(Dalla presentazione)

 

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