Prospettive assistenziali, n. 62, aprile - giugno 1983

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

ANCORA VIOLENZE IN UN ISTITUTO DI ASSISTENZA AI MINORI

 

«Stampa Sera» del 2 maggio 1983 ha dira­mato la seguente notizia:

«Un allievo della "Città dei ragazzi" è fuggito in Sicilia dalla nonna per sottrarsi alle violenze e alle minacce di alcuni suoi compagni di colle­gio e alle punizioni corporali del suo "educatore". Tutto parrebbe frutto di una fantasia malata se non esistessero prove inoppugnabili, comprese le lesioni, a dare veridicità al racconto del ragazzo tredicenne fatto prima alla madre, poi alla polizia e al magistrato. Contro G.S., 59 anni, via M., as­sistente della "Città dei ragazzi" al centro della vicenda è stata ora avviata l'inchiesta».

La notizia è confermata dal direttore dell'Isti­tuto, Don Giovanni Arbinolo, che su «La Voce del Popolo» dell'8 maggio 1983 riconosce che è suc­cesso «un fatto veramente deplorevole».

Su questa situazione, l'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie e l'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale hanno dira­mato il 3 maggio 1983 il seguente comunicato stampa:

«La denuncia delle sevizie subite dal minore Massimo F. ricoverato presso la Città dei ragaz­zi di Torino, per l'ennesima volta ripropone il problema dei ricoveri in istituto dei fanciulli (at­tualmente i minori piemontesi istituzionalizzati sono ben 5.000), mette in evidenza le paurose ca­renze della legislatura vigente (il Parlamento non ha ancora approvato la legge di riforma dell'assi­stenza ritenuta urgente fin dal 1955) e sottolinea i vuoti di intervento delle autorità preposte.

Basti precisare che:

- la Regione Piemonte, nonostante le pro­messe, non assicura l'aggiornamento dell'anagra­fe dei ricoverati, per cui non si sa nemmeno quan­ti siano i bambini e gli adolescenti ricoverati in istituto;

- le norme stabilite dalla Regione Piemonte non vincolano gli istituti ad assumere i dirigenti e l'altro personale con una specifica preparazione professionale, nonostante che detto personale debba provvedere alla educazione dei ragazzi e spesso alla loro rieducazione;

- il Comune di Torino e gli altri Enti locali con­tinuano ad affidare i minori agli istituti pubblici e privati senza stabilire condizioni di sorta: nu­mero massimo dei minori ricoverati, posti letto per camera, numero e formazione degli opera­tori, tenuta della cartella personale del minore, rapporti con la famiglia e con l'ambiente socia­le, ecc. Ne deriva, fra l'altro, che la vigilanza, quando viene fatta, non può che essere generica;

- gli istituti per minori, come quelli per gli anziani e per gli handicappati, non sono in re­gola con le norme per la prevenzione ed estinzio­ne degli incendi e con le disposizioni anti-infor­tunistiche.

Per quanto riguarda la Città dei ragazzi, pre­cisiamo che finora è rimasta senza risposta la richiesta fatta il 30 marzo 1983 dal Coordinamen­to sanità e assistenza fra i movimenti di base al Provveditore agli studi e all'Assessore all'istru­zione del Comune di Torino per la soppressione delle tre classi interne dell'istituto.

È sperabile che, dopo questo episodio, i mi­nori ricoverati presso la Città dei ragazzi possa­no frequentare le scuole esterne (centinaia sono i posti disponibili), opportunamente ripartiti nel­le classi al fine di non creare nuovi ghetti, in, modo che essi possano trarre i vantaggi della so­cializzazione con compagni non istituzionalizzati.

È sperabile che la Regione Piemonte, il Comune di Torino, gli Enti locali ed i Vigili del Fuoco assu­mano con la massima urgenza i provvedimenti di loro competenza in modo da tutelare i minori ri­coverati in istituto e soprattutto operino per evi­tare i ricoveri attraverso interventi alternativi la cui validità è stata ampiamente sperimentata (aiu­ti economici e sociali alle famiglie, adozione dei minori in situazione di abbandono, affidamenti fa­miliari a scopo educativo, comunità alloggio)».

 

 

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