Prospettive assistenziali, n. 63, luglio - settembre 1983
L'INTEGRAZIONE DEI SERVIZI SOCIALI E
SANITARI IN CAMPANIA
ERMENEGILDA
RICCI
Affinché i lettori possano essere informati sulla situazione
- molto preoccupante sotto tutti gli aspetti - dei servizi sanitari e sociali
della Campania, pubblichiamo la comunicazione svolta da Ermenegilda Ricci al
Convegno nazionale sul tema «Salute, sistema sociale e mondo
vitale: dalla sociologia della medicina alla sociologia della salute» (Bologna,
30 aprile - 1° maggio 1982). Attualmente
l'Autrice presta servizio, in qualità di assistente sociale, presso il servizio
socio-sanitario geriatrico dell'U.S.L. n. 54 di Battipaglia (SA); inoltre in collaborazione col Prof. P. Lo Re - Cattedra di sociologia Facoltà di Magistero
di Salerno - coordina il gruppo di ricerca per lo studio dei «Problemi di
sociologia della medicina».
La mancanza di un piano sanitario regionale, fatta
eccezione per la legge regionale n. 57 del 9.6.1980 che istituisce le Unità
sanitarie locali e definisce schematicamente solo alcune funzioni amministrative,
rende impossibile la definizione di un modello di organizzazione
dei servizi sociali e sanitari per le UU.SS.LL. in Campania.
Un primo passo serio nella direzione giusta, sia sul
piano legislativo che operativo, sarà possibile solo
se si partirà da un'analisi delle specifiche realtà e delle condizioni
particolari di queste, sia sul piano politico cioè dei rapporti e quindi dei
livelli di partecipazione della classe dirigente non meno che della base, sia
sul piano della cultura dei servizi e l'informazione capillare circa la natura
e le competenze delle istituzioni socio-sanitarie operanti sul territorio.
Sulla base degli elementi in nostro possesso sia pure
in modo schematico, possiamo delineare lo stato
attuale dei servizi socio-sanitari in Campania.
In quasi tutte le UU.SS.LL.
delle cinque Province (Avellino, Benevento, Caserta,
Napoli e Salerno) è stato nominato il Presidente, in alcune si è riunito solo
qualche volta il Comitato di gestione, e in pochissime sono stati avviati i
servizi sociosanitari con i relativi piani d'intervento.
Le prime realizzazioni sono
state registrate nelle zone colpite dal sisma del 23 novembre 1980. Il
«terremoto», almeno in questo caso, ha giocato un ruolo «positivo»,
infatti ha consentito, a partire dall'intervento di emergenza e da quello
volontario, di organizzare e talvolta di istituire formalmente delle strutture
di assistenza socio-sanitaria.
Non una legge dello Stato, dunque, ma interventi
straordinari hanno fatto sì che, ad esempio nelle UU.SS.LL.
n. 54 (Battipaglia, in
provincia di Salerno) e n. 4 (Avellino) fossero istituiti dei servizi
territoriali di geriatria e pediatria.
Nella maggior parte dei casi, manca tutto o quasi, ma
di sicuro ci sono sempre i «programmi d'intervento»: tutti minuziosi, completi
e ricchi di proposte operative, perfettamente ideati, spesso non ancora
collegati alle strutture già esistenti o da istituire.
La U.S.L. n. 59 (Vallo della Lucania,
provincia di Salerno) ha già a disposizione complessi
tabulati dattiloscritti nei quali sono raccolti i programmi e la «pianta
organica».
L'unico intervento operativo di questa
U.S.L. è consistito finora nel trasformare la qualifica di direttore
sanitario dell'ospedale in coordinatore sanitario e quella del direttore amministrativo
in coordinatore amministrativo. Questo l'unico atto operativo, riscontrabile in
quasi tutte le UU.SS.LL. della
nostra Regione.
Ad Avellino il Comitato di gestione dell'U.S.L. n. 4
(comprendente 37 Comuni) si è riunito ufficialmente il 1° aprile 1982.
Tuttavia, dal 18 gennaio '82 già operano sul territorio di competenza di questa U.S.L. un servizio pediatrico ed un servizio geriatrico, i quali comprendono operatori sociali e
sanitari (sociologi, assistenti sociali, pediatri, geriatri, infermieri,
neuro-psichiatri, terapisti della riabilitazione, neurologi e psicologi),
operanti in équipe, ma privi ancora di un coordinatore a livello di U.S.L.
Il servizio di pediatria fa capo al reparto di pediatria
e neonatologia dell'ospedale provinciale di Avellino e svolge la sua attività attraverso i poliambulatori istituiti presso i Comuni e le scuole
compresi nei distretti di base. Per il servizio geriatrico
tra non molto sarà aperto l'ospedale diurno che diventerà punto di riferimento
per i vari presidi geriatrici.
È prevista, inoltre, un'attività di un servizio
sociale polifunzionale costituito da operatori sociali
di entrambi i servizi (pediatrico e geriatrico) per
l'analisi delle dinamiche delle aree sociali. Si interviene
contemporaneamente su tutte le fasce d'età (bambini, giovani, adulti, anziani)
sia a livello familiare che ambientale.
Si è già accennato alla U.S.L.
n. 54 di Battipaglia, il cui bacino
di utenza è composto dalla popolazione di otto Comuni siti nella zona immediatamente
a sud della città di Salerno.
Il sisma del 23 novembre 1980 ed una
particolare congiuntura politica (le forze politiche di governo hanno
attuato tacitamente un decentramento con aree riservate di influenza, avviando
però una operativa e significativa organizzazione dei servizi con interessi
particolari e/o di gruppo) hanno fatto sì che, ancor prima della stessa
istituzione della U.S.L., fosse organizzato negli
otto Comuni un servizio socio-sanitario, sia geriatrico
che pediatrico.
A differenza di Avellino,
questi servizi sono funzionanti ormai da circa un anno. Ed in questo periodo è
stato possibile, talvolta con successo, sperimentare forme di
integrazione, attuate per ora solo in singole iniziative, fra il
servizio sanitario e quello sociale.
Un lavoro, questo, sul territorio tutto da organizzare
al servizio di un'utenza assai bisognosa che esprime una domanda
indifferenziata e non specifica di assistenza, e ciò
per le carenze storiche di servizi insufficienti, i quali hanno, nonostante
tutto, operato senza il riparo delle mura di una divisione ospedaliera.
Come si diceva, questa stessa condizione ha
accelerato la crescita del servizio sociale che è divenuto
interprete e selettore dell'originaria indistinta domanda di assistenza.
Seguendo un'intuizione del prof. Ardigò,
possiamo dire che a Battipaglia
si sta realizzando una «diffusione» dell'ospedale sul territorio, una trasposizione
cioè di quella organizzazione sul modello di assistenza territoriale.
Le indagini sulla natura e la qualità della domanda, le ricerche storico-etnologiche, l'intervento
nelle scuole e comunque tutte le iniziative d'integrazione sociale trovano nel
burocratismo ospedaliero, nella trasformazione, richiesta dai medici,
dell'operatore sociale in assistente sanitario, in breve, nell'ostinato tentativo
di medicalizzare l'intervento, un duro
imbrigliamento che cerca di affermare l'egemonia ospedaliera anche sui servizi
sociali.
Per quanto l'esperienza sia
ancora limitata, un cenno va fatto, in particolare, alla figura del «sociologo»,
al quale l'organizzazione ospedaliera, riaffermando anche qui la propria
logica, ha affidato responsabilità di tipo «primariale»,
riproducendo per analogia il rapporto medico-infermiere.
Del resto anche la professione del sociologo sconta
l'indeterminatezza del suo ruolo nel settore dell'assistenza. Ciò è dovuto in parte alla novità di questa professione, in
parte anche alla non ben collaudata formazione universitaria. Queste
considerazioni sono valide, a maggior ragione, per gli assistenti sociali. Non
c'è addirittura una formazione omogenea e mancano le
strutture per una seria ed adeguata preparazione tecnico-professionale.
Queste difficoltà, ai diversi livelli di responsabilità nella
U.S.L. di Battipaglia sono all'ordine del
giorno e si incontrano nel lavoro quotidiano. Il nostro sforzo è teso a
trasformare lo svantaggio derivante dalla condizione ora descritta in un'occasione di riflessione non solo sulla nostra identità
professionale ma sull'identità stessa del servizio, che se ha una «definizione»
sul piano legislativo manca di una «definizione» vera che nascerà solo dai
fatti, dall'esperienza vissuta, dalla storia.
Infatti, solo attraverso un diuturno confronto delle
condizioni ambientali, sociali, economiche, politiche, sanitarie locali con
l'attività e gli interventi dei diversi operatori si definiranno i ruoli, le
responsabilità, i caratteri della domanda di assistenza
e le risposte dei servizi.
I due servizi (pediatrico e geriatrico),
avviati a Battipaglia, operano su binari paralleli,
tenendo presente le diverse dinamiche appartenenti a
due fasce d'età così lontane cronologicamente (bambini da 0 a 12 anni e
anziani da 60 anni in poi) ma entrambe ipersensibili, caratterizzate da bisogni
nascenti dalla situazione sociale, economica e ambientale nella quale vivono e,
a volte, appena sopravvivono.
Partendo da queste constatazioni, il servizio
socio-sanitario pediatrico dell'U.S.L. 54 ha ritenuto opportuno impostare un piano programmatico di medicina dell'età evolutiva già
in via di attuazione con la collaborazione e la partecipazione dei Comuni e
delle istituzioni scolastiche.
I presidi socio-sanitari in cui operano le varie équipes abbracciano un territorio molto ampio con una
popolazione pediatrica di 29.281 unità ed una popolazione scolastica di 24.284
unità, per cui sono stati attrezzati anche degli
ambulatori presso alcune scuole dei singoli Comuni. Tutto ciò in stretta
collaborazione con i medici scolastici, attraverso visite complete per
classi-filtro (I, IV elementare e I media) e dépistage mirati per specifiche età rischio.
In attuazione del programma specifico di «educazione
sanitaria», per esempio, a Montecorvino Pugliano sono stati organizzati incontri su temi
particolari che rappresentano un momento finale di verifica del lavoro svolto e
del grado di apprendimento dei bambini attraverso
mostre di disegni (fatti dai bambini stessi).
In alcuni presidi è stata avviata un'attività di animazione in collaborazione con gli insegnanti per una
migliore interazione sociale soprattutto per quei bambini che hanno problemi di
socializzazione. Sono state infatti organizzate delle
«feste» che hanno coinvolto più fasce d'età: bambini, adolescenti, genitori,
insegnanti e anziani.
A Giffoni Valle Piana, in
occasione del «Carnevale '82», è stata organizzata dal servizio pediatrico e geriatrico, in collaborazione con l'amministrazione
locale, la scuola elementare, l'Ente autonomo del Festival del cinema per i
ragazzi e i Consigli di quartiere, una manifestazione per la quale oltre allo
spettacolo degli alunni delle scuole elementari è stata allestita una sfilata
di carri, nel tentativo di riprendere un'antica tradizione di questa zona (a
nostro avviso, un sicuro e valido momento di aggregazione
e di partecipazione collettiva).
Anche nei presidi del servizio geriatrico
non sono mancati incontri con le forze sociali dei Comuni (associazioni, gruppi
giovanili, scuole, medici di base, amministratori) che hanno portato
all'allestimento di «feste incontro».
La «festa», in queste iniziative, rappresenta il momento
finale di un determinato periodo di attività che vede
gli anziani finalmente protagonisti, in un coinvolgimento generale che supera
barriere ideologiche e generazionali. Infatti, nel caso di Giffoni
Valle Piana oltre agli anziani, che hanno contribuito all'allestimento degli
incontri con lavori artigianali, poesie, ecc., hanno
partecipato attivamente insegnanti, bambini e ragazzi unitamente alle forze
politiche e sociali del luogo. Così a S. Cipriano Picentino si è andati ad un «incontro» pubblico col
Sindaco, i bambini di una IV elementare e alcuni
rappresentanti ultrasessantenni.
In altri Comuni sono stati raccolti vari tipi di
materiali come: filastrocche, canti, giochi d'un tempo, proverbi, fotografie
antiche, parole dialettali ormai in disuso, le
opinioni dei «nonni» attraverso un «questionario» preparato dai bambini
stessi, poesie, canti, scenette e balli folkloristici.
Con tutto ciò si è tentato di riprendere tradizioni e
usanze dimenticate che comunque ancora oggi sono ricche di valori da non
trascurare e che fanno parte del tessuto culturale primarie di questi ambienti.
Il servizio geriatrico
dell'U.S.L. 54 abbraccia un territorio nel quale la popolazione anziana rappresenta
il 15% della popolazione totale. L'attività, sia
ambulatoriale che domiciliare, negli otto Comuni prosegue dal 15.7.81
con sempre più frequenti controlli medici. Il che sta a
testimoniare che è andata sempre più affermandosi la credibilità del servizio
tra gli anziani, precedentemente un po' diffidenti e restii alla «visita medica».
Abbiamo constatato che il DPR 616, col quale si dà ai Comuni l'autonomia
necessaria per rispondere in maniera concreta alla domanda di salute espressa
dalla popolazione, è stato sempre disatteso. I Comuni nei quali operano le équipes del servizio socio-sanitario geriatrico hanno creato non poche difficoltà per la
paura, la scarsa volontà e l'incapacità degli amministratori di trasformare il
proprio impegno in possibilità di risposte tecniche, non burocratizzate. In
verità, gli operatori, in questi casi, sono andati oltre l'impegno
ambulatoriale e quindi prettamente sanitario, sviluppando una concezione più
volte ribadita che vuole la salute non solo come
assenza di malattia ma come «benessere generale», un bene individuale sì ma non
per questo meno «sociale».
Prima di intervenire direttamente, per non rischiare
di offrire agli anziani attività e proposte non
adeguate ai loro bisogni, sono stati rilevati sia dalle schede informative che
dai colloqui avuti con gli stessi anziani alcuni dati statistici relativi alle
classi d'età, al luogo di nascita, allo stato civile e soprattutto all'impiego
del tempo che per queste persone ormai al di fuori del sistema produttivo
rappresenta un grosso problema. Naturalmente non tutte le realtà territoriali
dell'U.S.L. 54 hanno le stesse caratteristiche, ma per quelle che sono
tipicamente rurali le esigenze degli anziani sono molto simili. Ad Ulevano sul Tusciano, per esempio,
mentre molti sono coloro che hanno svolto in passato
attività agricola (circa il 90%), sono pochissimi coloro che ancora oggi
coltivano un piccolo orto, neppure quando ne hanno uno di proprietà.
La maggior parte degli anziani di Olevano
vive con pensioni minime dopo aver lavorato per anni in campagna o nelle
fabbriche di tabacco e di conserve, e l'ozio, o meglio il «non aver nulla da
fare», è la loro peggiore malattia. Il 75% è analfabeta o
semianalfabeta e solo qualcuno è riuscito a conseguire la licenza
elementare. È stata così richiesta al Provveditorato agli studi di Salerno l'istituzione
di un «corso di alfabetizzazione»
per anziani (ultrasessantenni) analfabeti e semianalfabeti, con lo scopo di
creare un momento d'incontro tra gli anziani stessi che permetta loro di
riprendere o addirittura cominciare a «studiare», nonostante l'età, di
confrontarsi e soprattutto di sentirsi utili ed impegnati.
Molte delle attività del servizio geriatrico
sono state programmate in base alla legge regionale n. 29 del 30 aprile 1981: «Interventi
a favore degli anziani».
Nei presidi geriatrici dell'U.S.L.
54 si sta così tentando, nonostante le difficoltà burocratiche, di attuare quanta previsto da questa legge che vuole essere nella
nostra regione un primo passo verso il «reinserimento» di coloro che appartengono
alla cosiddetta «terza età». Sono stati così richiesti alla Regione:
l'istituzione del servizio di assistenza domiciliare
(artt. 1 e 2, L.R. 29), la promozione di lavoro volontario e retribuito (lettera C,
art. 1) e contributi per convenzioni con alberghi e pensioni della Campania per
consentire, nei periodi di media e bassa stagione, in zone climatiche
favorevoli, la permanenza degli anziani in stato di autosufficienza (lettera D,
art. 1). Per il prossimo mese di giugno, infatti, è previsto un soggiorno
estivo per 75 anziani ultrasessantenni di Battipaglia
e Olevano sul Tusciano in
tre turni di dieci giorni ognuno presso un albergo del Comune di Ravello (sulla costiera amalfitana).
In questo caso la «vacanza» diventa per l'anziano non solo l'occasione di un mutamento nella vita di routine ma il momento di
incentivazione di una presenza in quanto soggetto partecipante e non oggetto
di cura.
Tutto il lavoro svolto finora dagli operatori dei
servizi socio-sanitari dell'U.S.L. 54 ha funzionato come un propulsore per
l'attuazione a Battipaglia di una riforma che ancora
oggi trova antichi ed interessati «ostacoli». La battaglia però non è del tutto vinta, il nemico da sconfiggere resta ancora
l'ignoranza di chi rifiuta lo sviluppo ed il progresso e di chi con falsi ed
inopportuni impedimenti burocratici tenta di arrestare un tipo di
organizzazione assistenziale socio-sanitaria che vuole avere al centro del suo
impegno i bisogni della gente e non gli interessi campanilistici, privati o
clientelari.
In margine al discorso sulla U.S.L.
54, va segnalato, inoltre, che, insieme ai servizi testé descritti, è
funzionante una struttura di servizio sociale all'interno del presidio
ospedaliero composta da un'équipe di otto assistenti sociali ed un sociologo.
Questo servizio risente più degli altri, dell'azione per certi aspetti persino
fagocitante della logica organizzativa dell'ospedale. Modellare il lavoro
sulla logica delle divisioni, attendere l'indicazione sanitaria per gli
interventi di fatto riduce e rischia di svilire gli interventi che pure sono
effettuati attraverso l'attività di un centro I.V.G.
(1) come previsto dalla legge n. 194 sull'interruzione volontaria della
gravidanza; un centro trasfusionale che opera sul territorio attraverso incontri-informativi nelle scuole illustrando l'importanza
della donazione del sangue e della medicina preventiva (controllo periodico
dello stato di salute del donatore); un centro per tossicodipendenti che,
attuando un programma di prevenzione, ha preferito evitare isolate conferenze
sulla «droga» intervenendo con la sensibilizzazione diretta di coloro che sono
i protagonisti del processo di formazione della personalità giovanile, con
incontri-informativi, proiezioni di filmati, formazione di cooperative di lavoro
di tipo artigianale.
Si diceva, all'inizio, che non è
possibile descrivere l'assetto istituzionale complessivo della organizzazione
sanitaria in Campania; quanto detto fin qui si riferisce a singole realtà
sviluppatesi nonostante l'assenza di una regolamentazione regionale.
Una riflessione, concludendo,
riteniamo di poterla proporre e riguarda il peculiare tipo di incidenza dei
processi riformatori sulla realtà del nostro Mezzogiorno. Bisogna rivedere la concezione fondata su di un'analisi diffusa, nonostante
sia superficiale, secondo la quale una delle cause principali della mancata
attuazione delle riforme nel Sud è rappresentata dall'arretratezza. È, invece,
un processo attivo di «abbandono», storicamente determinato fin dall'Unità
d'Italia, che ha determinato l'instaurarsi di un particolare tipo di rapporto
tra il cittadino e l'istituzione-stato (2).
È su questo «rapporto-chiave» che bisogna lavorare.
Non è questa la sede per approfondire il discorso, ma certamente, in
conclusione, va ribadito che una cultura dei servizi
si potrà sviluppare nel Sud solo se la riflessione, anche quella fondata sul
buon senso, e la ricerca scientifica sapranno smascherare le tecniche gattopardesche
e decifrare le interdipendenze esistenti tra le diverse articolazioni del
potere.
(1) Questo centro ha già raccolto
alcuni dati statistici relativi all'utilizzazione dei servizi predisposti da
parte delle utenti. Come risulta dal registro IVG del
gruppo operatorio-ostetrico-ginecologico sono stati
praticati nell'arco di tempo gennaio-dicembre 1981 n. 628 IVG su un totale di
n. 778 prenotazioni (avrebbero quindi rinunciato all'interruzione 150 donne,
il che non è certo in quanto non è da escludere che abbiano fatto ricorso ad
istituzioni private). Le donne che frequentano il centro sono:
per il 71,6% casalinghe, per il 22,2% impiegate, per il 23,4% diplomate e per
il 70,9% senza un titolo di scuola superiore.
Inoltre, il 53,8% ricorre
all'interruzione della gravidanza per motivi socio-economici,
mentre il 16,3% per motivi psicologici e il 32,3% per motivi di salute.
L'età media delle donne che si
rivolgono al centro IVG è intorno ai 28-30 anni anche se
risulta in aumento la frequenza delle giovanissime (fino ai 20 anni).
(2) P. ALISON e A. ODDATI, Meridione e legge 180: la durezza del
manicomio e i processi riformatori, in «Fogli d'informazione», dicembre
1980, n. 70.
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