Prospettive assistenziali, n. 63, luglio - settembre 1983

Notiziario dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale

LA CISL - ENTI LOCALI DI TORINO CONTRO L'INSERIMENTO SCOLASTICO DI UN HANDICAPPATO FISICO

Ci sono due modalità per contrastare l'inseri­mento scolastico degli handicappati.

Una è quella ormai superata di manifestare apertamente la propria opposizione. È superata perché i fautori di questa linea non hanno argo­menti validi per giustificare l'emarginazione sco­lastica dei bambini handicappati.

L'altra modalità, invece, è efficacissima e col­laudatissima: consiste nell'affermare che si è favorevoli, anzi favorevolissimi, all'inserimento. Affinché la realizzazione sia ottimale, ovviamen­te nell'interesse preminente del bambino, si pon­gono condizioni rigidissime: aggiornamento di tutto il personale della scuola (per la cui realizza­zione occorre formare i formatori, istituire le scuole necessarie, varare i regolamenti relativi, definire organici e mansioni, ecc.), acquistare le attrezzature occorrenti, compiere le ristruttura­zioni necessarie dei locali e abolire quindi tutte le barriere architettoniche predisponendo i ne­cessari progetti operativi, assumere e preparare il nuovo personale specializzato (educatori, inse­gnanti di appoggio, ecc.), verificare se spetta ai bidelli (pardon, agli operatori scolastici) accom­pagnare ai servizi igienici gli handicappati op­pure se è necessario assumere e formare altri operatori con una idonea qualificazione, e via continuando.

Tutte queste condizioni, nessuna esclusa, de­vono essere soddisfatte prima di avviare qual­siasi iniziativa di inserimento, in modo da soddi­sfare compiutamente le esigenze dei fanciulli handicappati.

Nell'articolo «Il caso del ragazzo handicappato della scuola "Duca degli Abruzzi"», apparso sul n. 2, febbraio 1983 del notiziario CISL - Enti lo­cali, Guido Ambrosini, le cui lotte per l'inseri­mento scolastico degli handicappati sono rimaste memorabili nella storia di Torino, si scaglia con­tro tutti coloro che non tutelano il ragazzo A.P. (per tutelarlo in pieno l'Ambrosini ne scrive co­gnome e nome per esteso, di modo che tutti lo sappiano), colpito da «fragilità ossea congenita».

Si tratta di un handicap che richiede una altis­sima specializzazione. Infatti, nel certificato me­dico, che l'Ambrosini diligentemente trascrive, si legge: «Il bambino necessita di particolare as­sistenza al fine di evitare traumi, anche minimi che possono provocare fratture».

Ad una lettera del direttore didattico della scuola che riferisce di un incontro avuto in me­rito al bambino handicappato, segnalando che per il servizio di assistenza non ci si sente ade­guatamente preparati e «coperti da garanzia as­sicurativa», l'Assessore all'istruzione del Comu­ne di Torino risponde che «gli operatori scola­stici dipendenti da questa civica amministrazio­ne sono adibiti, tra le altre mansioni, all'assi­stenza degli allievi portatori di handicap» garan­tendo che «tale assistenza risulta coperta da garanzia assicurativa».

L'Ambrosini, sconvolto dalla risposta dell'As­sessore, dopo aver sostenuto che vi sono dubbi circa la copertura assicurativa, si lancia, sempre nell'interesse del bambino, in «alcune riflessioni di ordine morale, tecnico, politico e giuridico».

Tuona: «È semplicistico dire che tra le man­sioni degli operatori scolastici vi è compresa anche quella dell'assistenza agli handicappati». Infatti, secondo l'Ambrosini, nel mansionario è scritto: «Per gli handicappati di varia gravità relativamente ai momenti educativi, alla assi­stenza, alla pulizia personale, si provvede con personale specializzato medico, paramedico, do­cente e di appoggio. L'operatore scolastico è tenuto ad intervenire nelle varie fasi in collabo­razione con il personale suddetto».

Quindi, sembra di capire dalle forti e documen­tate argomentazioni dell'Ambrosini, che per dare ad esempio la mano al bambino handicappato il bidello (pardon, l'operatore scolastico) deve ave­re il consiglio, l'appoggio, l'aiuto tecnico di un medico o di un paramedico, magari di una intera équipe di specialisti.

Per concludere, se non si sollevano polveroni, l'assistenza ad un ragazzo con handicap fisici, com'è il caso di A.P., è un falso problema. Se ci fosse la volontà di inserirlo, alcuni incontri con i genitori e con il medico curante e un po' di buon senso, avrebbero risolto da tempo la si­tuazione.

 

www.fondazionepromozionesociale.it