Prospettive assistenziali, n. 63, luglio - settembre 1983

 

 

PIATTAFORMA SUI PROBLEMI DEGLI HANDICAPPATI (1)

 

 

Premesse fondamentali

 

Riconoscimento effettivo alle persone handi­cappate dei diritti fondamentali spettanti a tutti i cittadini.

Pertanto occorre che leggi e provvedimenti di qualsiasi natura consentano alle persone han­dicappate e alle loro famiglie di usufruire dei servizi fondamentali: casa, sanità, scuola, forma­zione professionale, sport, cultura, tempo libero, ecc., e di poter acquisire tramite il lavoro, gli strumenti, anche economici, per la propria au­tonomia.

Ne deriva altresì, al fine di evitare ogni forma di emarginazione, che i servizi devono essere forniti - in tutta la misura del possibile - nella zona di appartenenza del soggetto (Unità locale).

Esclusivamente nei casi in cui il soggetto non sia in grado da solo (e, se minore di età, con l'aiuto dei propri familiari) a provvedere a se stesso, occorre che leggi e regolamenti stabili­scano interventi di natura assistenziale diretti, in ogni caso, ad assicurare al soggetto stesso e al suo nucleo famigliare il massimo di autonomia possibile.

L'erogazione di interventi assistenziali non de­ve limitare o eliminare le prestazioni sociali non assistenziali (sanità, casa, scuola, ecc.), sempre al fine di assicurare, in concreto, il massimo pos­sibile di autonomia.

L'erogazione dei servizi non assistenziali e assistenziali nel territorio (Unità locale) di ap­partenenza del soggetto, non solo è una condi­zione necessaria (anche se non sufficiente) per evitare l'emarginazione, ma è una modalità di intervento che non deresponsabilizza gli ammini­stratori locali e gli operatori dei vari servizi non assistenziali e assistenziali interessati.

È inoltre una procedura che permette un effet­tivo controllo della situazione ed una verifica dei risultati raggiunti da parte dei familiari, delle or­ganizzazioni sociali e dei cittadini interessati.

È infine un metodo che favorisce l'intervento del volontariato.

 

Che cosa potrebbe e dovrebbe fare il Parlamento

 

- Approvazione del Piano sanitario nazionale in cui sia previsto un progetto specifico di pre­venzione, diagnosi (soprattutto precoce), cura, riabilitazione e inserimento sociale degli handi­cappati.

- Definizione di norme legislative e regola­mentari per l'assegnazione di alloggi e comunità alloggio, nell'ambito delle normali costruzioni, agli handicappati ed alle loro famiglie in misura e distribuzione tali da non costituire ghetti.

- Estensione dell'abolizione delle barriere ar­chitettoniche a tutta l'edilizia pubblica e privata, prevedendo norme per l'adattamento dei regola­menti edilizi. Si veda al riguardo le modifiche del regolamento edilizio approvate dai Comuni di To­rino e Milano. Si veda inoltre la legge della Pro­vincia di Trento 27 luglio 1981 n. 12 «Norme per il superamento di situazioni emarginanti soppor­tate da persone con difficoltà psichiche, fisiche e sensoriali».

- Norme specifiche, anche dì natura econo­mica, per l'adeguamento funzionale e per l'ab­battimento delle barriere architettoniche esisten­ti in alloggi e comunità alloggio occupati o da occupare da parte di handicappati in modo da renderli in grado di soddisfare le esigenze speci­fiche degli handicappati stessi.

- Approvazione di una legge quadro sul col­locamento obbligatorio al lavoro che consenta un effettivo inserimento lavorativo agli handicap­pati. AI riguardo si vedano le conclusioni del Convegno di Jesolo del 17/19 ottobre 1980 pub­blicate sul n. 53, gennaio-marzo 1981, di Prospet­tive assistenziali.

- Approvazione della legge quadro di riforma dell'assistenza prevedendo in particolare:

- la sottrazione di tutte le competenze attual­mente esercitate dal Ministero dell'interno con trasferimento al Ministero della sanità;

- l'attribuzione alla Regione di compiti di le­gislazione specifica, programmazione, coordina­mento;

- gestione di tutti i servizi assistenziali da parte degli stessi organi di governo locale prepo­sti alla gestione dei servizi sanitari;

- trasferimento di tutte le IPAB (compresi i ventimila miliardi di patrimonio ed i trentacin­quemila addetti) ai Comuni singoli e associati;

- una definizione chiara dei ruoli e rapporti fra enti pubblici, istituzioni private, volontariato.

- Inserimento, nelle leggi riguardanti i tra­sporti, lo sport, la cultura, la sanità, la previden­za e gli altri settori sociali ed economici, di nor­me in modo che i relativi interventi ed attività siano usufruite da tutti i cittadini, handicappati compresi.

 

Che cosa potrebbe e dovrebbe fare il Governo

 

Il Governo dovrebbe collaborare attivamente con il Parlamento per la rapida approvazione di quanto indicato nel paragrafo riferito al Parla­mento.

È anche auspicabile che il Governo cessi di approvare decreti legge (salvo i casi di compro­vata urgenza) e soprattutto cessi di inserire nei decreti legge norme emarginanti per la fascia più debole della popolazione (tickets, espulsio­ne dal lavoro, ecc.).

 

Che cosa dovrebbero e potrebbero fare le Regioni

 

- Delega di tutte le funzioni gestionali (for­mazione professionale, urbanistica, assistenza scolastica, sport, cultura, agricoltura, artigiana­to, ecc.) alle Unità locali in modo di arrivare gra­dualmente ma senza perdere tempo alle Unità locali di tutti i servizi di base.

- Inserimento, nell'approvazione di leggi ri­guardanti la casa, i trasporti, la sanità, la forma­zione professionale, il diritto allo studio, di nor­me specifiche che assicurino anche agli handi­cappati l'utilizzo dei servizi destinati alla popo­lazione.

- Approvazione di una legge di riordino dell'assistenza (finora vi hanno provveduto le Regio­ni Basilicata, Friuli Venezia-Giulia, Piemonte, To­scana, Umbria).

- Approvazione di piani di programmazione per i servizi sanitari ed assistenziali (come hanno fatto ad esempio, le Regioni Marche e Piemonte) ed estensione dei piani stessi a tutte le funzioni di competenza delle Regioni.

- Adozione di un piano straordinario per do­tare ciascuna Unità locale:

1) di almeno un centro diurno per handicappati psichici ultraquattordicenni la cui gravità rispetto alle condizioni fisiche e psichiche non consenta alcuna forma di inserimento lavorativo;

2) di almeno una comunità alloggio per handi­cappati psichici privi dì sostegno familiare. Le comunità alloggio devono essere considerate una alternativa al ricovero negli istituti tradizionali e nelle cosiddette case o residenze protette.

- Approvazione di norme per una idonea vi­gilanza degli istituti pubblici e privati di assi­stenza.

- Istituzione di una anagrafe di tutti i ricove­rati in istituto (minori handicappati e non, adulti, anziani) in modo da conoscere in ogni istante la situazione.

- Riconoscimento effettivo delle forze sociali (metodo di governo, consultazioni non rituali, in­formazioni, ecc.).

 

Che cosa dovrebbero fare i Comuni singoli e associati (Unità locali)

 

Moltissime sono le competenze che i Comuni da soli non sono in grado di svolgere a causa delle loro dimensioni.

In Italia, ad esempio, su n. 8.056 Comuni, ve ne sono ben n. 7.176 che hanno meno di 10.000 abitanti e che quindi non hanno gli strumenti idonei per una corretta amministrazione, né pos­sono averli con spese accettabili di investimento e di gestione.

Dunque, per fare in modo che i cittadini possa­no avere i servizi a cui hanno diritto, è necessario che i Comuni si associno.

Per la sanità è stata creata l'Unità sanitaria locale.

Con la legge della Regione Piemonte del 23 agosto 1982 n. 20, sono state delegate le funzio­ni assistenziali e l'Unità locale adesso si chiama «socio-sanitaria».

È necessario che questo processo vada avanti per tutte le altre materie (formazione professio­nale, sport, cultura, agricoltura, artigianato, ecc.) in modo che i cittadini abbiano un unico e globale riferimento nell'Unità locale di tutti i servizi di base.

I Comuni singoli e associati dovrebbero agire in modo da dare attuazione a quanto è scritto nei paragrafi relativi alla Regione e alle Province.

Inoltre è necessario ed urgentissimo che i Comuni metropolitani decentrino le funzioni ge­stionali alle Circoscrizioni come già previsto da una legge dello Stato del 1976.

Anche i Comuni singoli e associati devono rifiutare di predisporre le cosiddette residenze o case protette per il ricovero dei minori e adulti handicappati e di anziani, orientandosi invece sulle comunità alloggio.

Una attenzione particolare deve essere rivolta ai pluriminorati ed agli handicappati non auto­sufficienti.

In particolare i Comuni possono:

- modificare il regolamento edilizio in modo che tutte le nuove costruzioni (abitazioni, negozi, supermercati, uffici, stabilimenti) siano fatte sen­za barriere architettoniche. Analogo principio do­vrebbe essere applicato, per quanto possibile, nelle ristrutturazioni;

- eliminare le barriere architettoniche nei pas­saggi pedonali, dalle strutture comunali (piscine, palestre, scuole, ecc.);

- prevedere nelle nuove costruzioni finanziate dai Comuni e in quelle in cui il Comune ha un ruolo (ad esempio nel caso di convenzione con privati) la destinazione dì alcuni alloggi ad handi­cappati, anziani, casi sociali e la istituzione di un adeguato numero di comunità alloggio;

- istituire il servizio di assistenza economica con parametri prefissati, come alternativa al ri­covero in istituto dei cittadini meno abbienti;

- istituire il servizio di aiuto educativo so­prattutto per i genitori di bambini handicappati molto piccoli;

- prevedere la possibilità di accesso degli handicappati nelle scuole materne e negli asili nido comunali;

- istituire i servizi di assistenza domiciliare e di affidamento familiare a scopo educativo.

 

Che cosa dovrebbero e potrebbero fare le Province

 

Stante le necessità che tutte le funzioni assi­stenziali siano svolte dai Comuni singoli o asso­ciati a livello delle Unità locali, le Province do­vrebbero trasferire ai Comuni singoli e associati le attività attualmente svolte.

Queste attività comprendono l'assistenza a:

- ciechi e sordi poveri rieducabili;

- figli di ignoti e minori riconosciuti dalla sola madre (handicappati e non handicappati);

- gestanti e madri nubili o comunque biso­gnose;

- servizi ed interventi relativi al segreto del parto.

Inoltre le Province che, non avendo dato attua­zione al DPR 24.7.1977 n. 616, svolgono ancora attività nei confronti degli insufficienti mentali, dovrebbero trasferire le relative funzioni ai Co­muni singoli e associati, perché siano gestite tra­mite le Unità locali: la gestione di tutte le fun­zioni da parte dei Comuni singoli e associati (Uni­tà locali) consentirebbe ai cittadini di avere un unico interlocutore, eviterebbe i conflitti di com­petenze che sussistono sempre quando gli organi istituzionali sono più di uno.

È evidente che il trasferimento deve compren­dere funzioni, personale, strutture, attrezzature e finanziamenti.

Una convenzione per il trasferimento delle funzioni suddette dalla Provincia ai Comuni sin­goli e associati (Unità locali) è stata approvata dalla Provincia di Torino il 14 settembre 1976.

 

Che cosa dovrebbero e potrebbero fare le istituzioni pubbliche (IPAB) e private di assistenza

 

Per accelerare il trasferimento delle IPAB ai Comuni singoli e associati, i relativi Consigli di amministrazione potrebbero chiedere alla Regio­ne l'emanazione di decreti di estinzione delle IPAB stesse.

Mediante questa procedura la Regione Piemon­te ha dichiarato estinte oltre 150 IPAB (vedi anche il libro di Mario Tortello e Francesco San­tanera, L'assistenza espropriata, Nuova Guaraldi Editrice).

Nei decreti di estinzione deve essere precisato che la destinazione dei beni è vincolata al setto­re dell'assistenza sociale.

Nell'attesa del trasferimento o dell'estinzione, le IPAB dovrebbero mettere a disposizione dei Comuni singoli e associati gli alloggi di loro pro­prietà ed eventualmente altri beni (cascine, ter­reni, locali vari, ecc.) affinché siano destinati, anche mediante le opportune riconversioni pa­trimoniali, ad abitazione o altri servizi per handi­cappati, per anziani o per altri casi sociali.

Gli enti privati dovrebbero dare la loro colla­borazione alla creazione di servizi alternativi (co­munità alloggio, ecc.) mediante la ristrutturazio­ne o riconversione delle strutture.

I Comuni dovrebbero collaborare in questa di­rezione, ad esempio mettendo a disposizione dei privati, cooperative comprese, sia i locali neces­sari (ad esempio appartamenti per le comunità alloggio), sia le proprie risorse al fine di assicu­rare un costante aggiornamento anche al perso­nale operante nelle strutture private.

 

 

 

(1) Testo approvato dal Comitato regionale piemontese dell'Associazione nazionale famiglie fanciulli e adulti sub­normali il 2 luglio 1983.

 

 

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