Prospettive assistenziali, n. 65, gennaio - marzo 1984
GLI INTERVENTI DEL COMUNE DI TORINO
PER I MINORI: IL PROGETTO 0-6 ANNI
ANGELA MIGLIASSO (1)
Il Comune di Torino ha approvato nel luglio 1976 la
delibera istitutiva degli «Affidamenti e inserimenti attuati tramite volontari
e comunità alloggio comunali».
Da quella data al settembre 1983 sono stati effettuati 928 affidamenti, di cui 520 già conclusi e 408
ancora in corso (222 a volontari e 168 a parenti).
Già questi pochi dati sono indicativi del lavoro
svolto in questi anni. Ma per capirne il significato occorre
collocarli nel quadro complessivo delle scelte politiche e organizzative fatte
in questi anni.
Prevenzione del bisogno assistenziale
La delibera del 1976 si poneva l'obiettivo primario
di evitare il ricovero dei minori in istituto e indicava quali interventi
dovevano essere attuati per favorire il raggiungimento di questo
obiettivo. Veniva evidenziata come prioritaria
l'attuazione di una politica di realizzazione e di incremento dei servizi
primari quali la scuola, la casa, e il lavoro, rispetto alle pure scelte assistenziali.
Le carenze in questi settori
infatti determinano da una parte condizioni di bisogno che producono una
domanda assistenziale, dall'altra l'impossibilità per i servizi
socio-assistenziali di fornire soluzioni alternative e più adeguate
all'intervento assistenziale puro e semplice.
Possiamo affermare ad esempio che la
politica scolastica attuata in questi anni con l'eliminazione dei
doppi turni nella scuola dell'obbligo, l'incremento delle classi a tempo piena,
l'apertura di nuovi asili nido e di nuove scuole materne, l'inserimento dei
minori handicappati in tutte le scuole (compresi i
nidi e le materne) ha determinato una sensibile diminuzione dei ricoveri (vedi
allegato 1). E questa diminuzione si è riscontrata sia per i ricoveri motivati
dalla scelta dei genitori di mandare in «collegio» i propri figli perché a
causa degli impegni di lavoro (spesso di lavoro a
turni) non possono custodirli al di fuori dell'orario scolastico (2), sia per
i ricoveri effettuati per ragioni più complesse la cui richiesta passa
attraverso i servizi socioassistenziali.
In questi casi l'operatore sociale che deve predisporre
un piano di lavoro per mantenere il minore nell'ambito familiare, utilizzando
tutte le risorse disponibili, trova nei servizi
scolastici un importante riferimento.
Per quanto riguarda l'uso delle risorse derivanti da
altri servizi primari, quali la casa ed il lavoro, le cui carenze
si sono particolarmente acutizzate in questi ultimi anni (3), l'Assessorato
all'assistenza ha definito dei rapporti di collaborazione sia con l'Assessorato
per la casa sia con l'Ufficio di collocamento. In virtù di questi accordi gli
operatori sociali possono segnalare alla Commissione
per la casa e alla Commissione collocamento tutte le situazioni in cui la
soluzione del problema casa o del problema lavoro consentirebbe di evitare il
ricovero del minore o potrebbe facilitare la sua dimissione dall'istituto.
Questa collaborazione è stata efficace soprattutto
nei casi di ragazze madri, specie di quelle ricoverate con i figli, di donne
separate o vedove rimaste senza alloggio e senza lavoro.
Servizi assistenziali
alternativi al ricovero
All'interno delle scelte di politica , assistenziale la delibera indica di attuare con priorità
tutti gli interventi di appoggio e di sostegno alla famiglia di origine, quali
l'assistenza domiciliare e l'assistenza economica.
I nuclei con minori seguiti dal servizio di aiuto domiciliare sono stati 68 nel 1982, per un totale
di circa 160 minori. I dati riferiti al primo semestre del 1983 indicano un
incremento dei casi seguiti, pari a 82 nuclei.
Questo tipo di intervento non è
quantitativamente rilevante (la fascia di popolazione che assorbe il
maggior numero di interventi di aiuto domiciliare è infatti quella degli
anziani), ma è qualitativamente significativo; l'appoggio dato alla famiglia
(per lo più a famiglie numerose con la presenza di un solo genitore e che
lavora) nei momenti organizzativi più critici della giornata (l'esempio più
semplice è l'accompagnamento casa-scuola) consente in questi casi il mantenimento
dei minori nella loro famiglia.
Altri interventi di appoggio
domiciliare sono stati attuati per iniziativa degli operatori dei servizi
socio-assistenziali di alcuni quartieri (in accordo con gli uffici di
coordinamento centrale), utilizzando le attività di volontari e di tirocinanti
delle scuole per educatori specializzati.
Possiamo citare, ad esempio, alcuni affidamenti
diurni, alcuni interventi di «custodia» del minore, dopo l'orario scolastico,
in assenza dei genitori e infine gli interventi di appoggio
educativo, che si sono concretizzati per lo più nei casi di adolescenti e di
handicappati psichici.
È necessario a questo punto uscire da questa fase
sperimentale e, utilizzando le esperienze fin qui condotte, indicare le linee di intervento amministrativo e tecnico, valide per gli
operatori di tutti i quartieri della città.
L'assistenza economica viene
erogata in base a parametri definiti in apposita deliberazione, a sostegno dei
nuclei in difficoltà economiche. Nel 1982 l'assistenza economica continuativa è
stata erogata a 1568 nuclei familiari con minori, mentre il numero di interventi straordinari di assistenza economica a nuclei
con minori sono stati 3971; la spesa complessiva è stata di L.
1.587.370.000.
Precisiamo a questo proposito che in virtù della
Convenzione esistente tra il Comune di Torino e l'amministrazione provinciale
di Torino solo il Comune eroga prestazioni economiche per i minori, anche per i
casi di competenza dell'Amministrazione provinciale (ex O.N.M.I. - ex I.P.I.M.).
Collaborazione con l'Autorità
giudiziaria
Le condizioni delle famiglie però sono non di rado compromesse da problemi così gravi (disgregazione
dei nuclei, incapacità educative, disturbi di tipo psichiatrico di uno a di
entrambi i genitori) che gli aiuti economici e sociali non producono quei
miglioramenti indispensabili per una crescita serena dei minori che vivono al
loro interno. Per tutelare efficacemente i minori in questi casi è purtroppo necessario
prevedere il loro allontanamento dai nuclei di origine
attuando:
a) segnalazioni all'Autorità giudiziaria;
b) affidamenti familiari;
c) inserimenti in comunità alloggio.
Per quanto riguarda la collaborazione con l'Autorità
giudiziaria si rileva che dal novembre 1981 (momento
in cui l'ufficio centrale ha iniziato la raccolta sistematica dei dati) ad
oggi, i servizi si sono occupati complessivamente di 2378 casi che comprendono
2607 minori.
La collaborazione si riferisce a tutti i tipi di
provvedimenti che possono essere emessi dall'Autorità giudiziaria nei confronti
dei minori, dei quali si elencano i più significativi:
- quelli che prevedono che il
Comune assuma la cura e la custodia del minore (n. 233);
- i decadimenti della potestà parentale
(n. 52);
- le dichiarazioni di stato di adottabilità (n. 60);
- le opposizioni di primo e secondo grado alla
dichiarazione dello stato di adottabilità
(n. 48).
Particolarmente significativo
inoltre è il numero delle richieste (n. 920) provenienti dall'Autorità
giudiziaria per lo svolgimento di una inchiesta sociale: si tratta in questo
caso di una generica segnalazione volta all'accertamento di una situazione che
può richiedere o non richiedere specifici provvedimenti giuridici.
È sicuramente questo il filone di collaborazione nel
quale il lavoro dei servizi può incidere maggiormente: infatti
l'accertamento richiesto dall'Autorità giudiziaria significa per lo più una
presa in carico del caso e la messa in opera di tutti quegli interventi
prioritari dei quali si è già parlato.
Il servizio di affidamento
familiare
L'affidamento familiare è una valida risposta ai
problemi affettivi, educativi e materiali del minore la cui famiglia di origine si trovi nella temporanea, o presumibilmente
temporanea, impossibilità di svolgere adeguatamente i propri compiti. È
l'intervento da usare prioritariamente, al posto del ricovero in istituto, ed è
anche da adattare ogni qual volta sia possibile, per
far uscire dagli istituti quei minori che già ci sono. Priorità
tra l'altro ben evidenziata dalla recente legge n. 184 del 4 maggio 1983.
Abbiamo già riferito all'inizio di questo
articolo i dati quantitativi sugli affidamenti realizzati in questi
anni. Vogliamo ora descrivere i passi organizzativi più significativi
che hanno consentito di giungere a questi risultati.
Nel febbraio del 1980 è stato costituito l'Ufficio di
coordinamento centrale per gli affidamenti con funzioni promozionali e di
supporto rispetto ai servizi sociali di zona e per la creazione di uno
schedario centrale dei minori affidati e delle famiglie affidatarie
disponibili:
Nel novembre del 1980 è stata predisposta, con la
partecipazione dell'ANFAA, una circolare per i servizi sociali di zona e per i
servizi di neuropsichiatria infantile contenente le procedure
e le metodologie di intervento sull'affidamento familiare.
Nella primavera del 1981 si sono realizzati incontri
tra i servizi sociali di zona e l'ufficio centrale per discutere in merito
alle più rilevanti problematiche minorili della zona e verificare le nuove
procedure sugli affidi. Queste iniziative hanno consentito di riaffermare la
centralità degli affidamenti familiari rispetto agli altri interventi per i
minori e di concordare in conseguenza tutti gli
aspetti organizzativi per la loro realizzazione.
Ma almeno altre due iniziative significative
hanno contribuito allo sviluppo degli affidi: la campagna di pubblicizzazione e di informazione sugli affidamenti
familiari, ed il progetto per i minori in età compresa tra 0 e 6 anni.
Queste iniziative, anch'esse realizzate con la
collaborazione e la partecipazione delle forze sociali
che si interessano dei minori e in particolare dell'ANFAA, sono state gli
strumenti che hanno fatto lievitare gli interessi sui problemi dei minori e
sugli affidamenti familiari. E non solo l'interesse
dei cittadini di Torino e delle famiglie che hanno risposto all'appello (80
famiglie), ma anche degli operatori che certamente sono stati chiamati, in
prima persona, ad una maggiore responsabilità in questo settore.
La campagna di pubblicizzazione
è stata attuata usando tutti i mezzi di informazione:
conferenza stampa, pubblicità sui principali quotidiani cittadini, manifesti,
locandine, opuscoli. La distribuzione del materiale è avvenuta anche tramite i
Consigli di circoscrizione che, su indicazione dell'Assessorato, si sono poi
impegnati in momenti di informazione e di dibattito
nei singoli quartieri.
Riflettendo sulle cose da fare possiamo dire che è necessario rilanciare a breve una analoga
iniziativa di pubblicizzazione, per mantenere o ridestare
gli interessi, anche in considerazione dei compiti che la nuova legge n. 84 del
4.5.83 «Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori» affida ai
servizi sociali. Ma anche in considerazione del fatto
che un servizio di affidamento familiare non può prescindere dal consenso e
dalla partecipazione dei cittadini e dall'impegno che famiglie e persone singole
danno in termini di affetto, cura ed educazione ai minori loro affidati. Il
progetto per i minori da 0 ai 6 anni (di cui parleremo più avanti) è stato lo
strumento attraverso il quale si è realizzata una maggior attenzione sulle
soluzioni da attuare per i bambini più piccoli, sia da parte dei servizi sociali
periferici, sia da parte degli Uffici di coordinamento centrali impegnati in
un lavoro di controllo e di aiuto ai servizi
territoriali a garanzia dell'operatività del progetto.
Confrontando i dati dei nuovi
affidamenti realizzati negli ultimi tre anni - 141 nel 1980, 261 nel
1981, 175 nel 1982 - si vede che all'aumento degli affidi corrisponde la
diminuzione dei ricoveri dei minori che passano da 483 nel 1980, a 453 nel
1981, a 401 nel 1982. L'aumento degli affidamenti e la diminuzione dei ricoveri
è particolarmente rilevante per i minori in età
compresa tra 7 e 12 anni.
Comunità alloggio
Le Comunità alloggio aperte in questi anni (dal 79 ad
oggi) per i minori sono 22 di cui:
5 di pronto intervento per
minori da 0 a 6 anni (2 accolgono in casi particolari anche bambini più grandi,
fino ai 10 anni); di queste, 2 sono gestite dal Comune e 3 dalla Provincia di
Torino;
8 per minori
in età scolare (1 gestita dal Comune,
7 gestite da Cooperative in convenzione con il
Comune);
9 per
adolescenti (4 gestite dal Comune e 5 gestite da Cooperative in convenzione con il
Comune).
Ogni comunità ospita da 6 a 8 minori. Nelle comunità
di pronto intervento vengono ospitati ogni anno circa
25/30 minori, con una permanenza che va da pochi giorni fino ad un anno. Le
comunità di pronto intervento si caratterizzano come una valida risposta ai
bisogni dei bambini più piccoli se si riesce a garantire che la loro permanenza
sia temporanea. Vengono pertanto inseriti in queste
comunità i minori le cui famiglie si trovano in difficoltà per un breve periodo
di tempo (es. malattie, ricoveri ospedalieri, ecc.) o i minori per i quali è
necessario realizzare un approfondimento della situazione (del minore e della
sua famiglia di origine), prima di definire un efficace piano di intervento. Si
tratta in questi casi per lo più di minori per i quali: o si ipotizza
o si attende o c'è un provvedimento del Tribunale per i minorenni. Dall'esame
dei dati, si verifica che sono questi i minori che
restano più a lungo in comunità.
Vogliamo a questo punto, prima di parlare del
progetto 0-6 anni, aprire una parentesi per riferire sull'organizzazione dei
servizi sociali.
Organizzazione dei servizi socio-assistenziali
La città di Torino è suddivisa in
23 quartieri; in ogni quartiere è stato aperto il centro di servizio sociale
in cui lavorano assistenti sociali, collaboratrici familiari, impiegati
amministrativi (dipendenti dal Comune di Torino); in ogni quartiere
funzionano anche questi servizi sanitari (dipendenti dall'U.S.L. 1-23 Torino):
neuropsichiatria infantile, psichiatria adulti, consultori familiari e
pediatrici. I servizi per la
prevenzione delle tossicodipendenze sono stati organizzati a livello di
dipartimento (insieme di più quartieri).
Agli operatori dei centri di servizio sociale compete
l'erogazione di tutte le prestazioni socio-assistenziali, in
risposta ai bisogni espressi dall'utenza del quartiere, senza suddivisioni
dell'utenza né per fasce di età, né per categorie. Competono anche ai servizi
sociali di zona le attività promozionali per settori di intervento
quali: gli affidamenti familiari (ricerca e selezione delle famiglie
affidatarie, informazione e conduzione del gruppo di affidatari),
i rapporti col volontariato, il coordinamento dell'assistenza domiciliare (verifica
dell'intervento e distribuzione del lavoro delle collaboratrici familiari).
I servizi sociali operano in collaborazione con i
servizi sanitari presenti sul territorio (nella maggior parte dei quartieri
tutti i servizi lavorano nella stessa sede) sia in
riferimento ai singoli casi, con la formulazione di piani di lavoro comuni, sia
in riferimento agli interventi promozionali.
Una recente delibera del Comune di Torino attribuisce
alle Circoscrizioni le funzioni gestionali relative ai
servizi socio-assistenziali e la dipendenza funzionale degli operatori di
tutti i servizi (compresi quelli delle comunità alloggio e dei centri socioterapici per handicappati ultraquattordicenni) dal
Presidente del Consiglio di Circoscrizione e la dipendenza gerarchica dal
coordinatore tecnico-amministrativo dei servizi socio-assistenziali.
Agli Uffici centrali di coordinamento delle attività socio-assistenziali, che sono organizzati a
loro volta per settori di intervento (affidamenti familiari, comunità
alloggio, ricoveri, rapporti con l'Autorità giudiziaria, assistenza economica e
domiciliare) competono:
- le attività di supporto amministrativo ai servizi
decentrati;
- la predisposizione tecnica degli atti che definiscono
i vincoli ai quali le Circoscrizioni devono attenersi
nella gestione dei servizi;
- la raccolta, l'elaborazione e la
diffusione dei dati e delle informazioni provenienti dai servizi e dalle
Circoscrizioni;
- la consulenza tecnico
amministrativa ai coordinatori, agli operatori dei servizi e alle Circoscrizioni;
- il raccordo tecnico con gli altri Assessorati
comunali;
- l'aggiornamento e la formazione del
personale.
Progetto 0-6 anni
Entriamo ora nel merito del «progetto 0-6». Il
progetto è stato elaborato nel maggio '81 e valutato e discusso con tutte le
forze sociali, laiche e religiose che si interessano
di problematiche minorili, i rappresentanti degli istituti, le Autorità
giudiziarie nonché i Consigli di Circoscrizione. Con questo progetto si vuole
raggiungere «l'obiettivo prioritario di non avere più bambini da 0 a 6 anni
ricoverati negli istituti a carico del Comune di Torino, attraverso una
tempestiva politica di alternativa al ricovero». Può
sembrare un obiettivo «troppo ambizioso» (come è
stato definito da un partecipante alle consultazioni sul progetto), ma è stato
importante affermarlo e fare ogni sforzo per tentare di raggiungerlo,
verificando nel contempo l'efficacia della politica di interventi alternativi
al ricovero già predisposti dall'Amministrazione comunale.
Per garantire la concretezza operativa alle ipotesi
di lavoro formulate nel progetto, è stato costituito
un gruppo di lavoro formato da funzionari dell'Assessorato all'Assistenza del
Comune e della Provincia di Torino, dal Presidente del Tribunale per i
minorenni, da rappresentanti degli istituti, delle comunità alloggio
convenzionate e dall'ANFAA.
I lavori del gruppo si sono orientati principalmente
in tre direzioni:
- verifica costante dei dati relativi
agli interventi realizzati per i minori da 0 a 6 anni (ricoveri in
istituto, in comunità pubbliche e private, affidamenti realizzati);
- proposte di modifica di tutti gli
aspetti organizzativi del lavoro dei Servizi sociali, a seguito di nuove
disposizioni (legislative o deliberative)
o per migliorare i criteri e le modalità di lavoro;
- iniziative per informare anche altri servizi, in
particolare i servizi sanitari operanti nei quartieri, degli obiettivi e del
lavoro sul progetto e per avviare nel merito ipotesi di raccordo e di lavoro comune tra i Servizi socio-assistenziali e i
servizi di neuropsichiatria infantile, psichiatria adulti, tossicodipendenze.
Riferiamo in breve i dati relativi
ai minori collocati fuori dalla famiglia:
a) minori ricoverati in istituto (sono compresi in questi casi i minori ospiti di comunità private) a
carico dell'Ente pubblico (Comune, Provincia): erano 68 nel 1980, sono passati
nel 1981 a 43 e nel 1982 a 30. Questi 30 erano tutti ospitati
in comunità situate in Torino; nessuno in istituto di tipo tradizionale;
b) minori in affidamento familiare. Sono stati
avviati 57 nuovi affidamenti nel 1980, 62 nel 1981 e 56 nel 1982. Gli
affidamenti ancora in corso alla fine del 1982 sono 80;
c) minori in comunità di pronto intervento. Nel 1980
funzionava una sola comunità che ha ospitato circa 40
minori, scelti in modo che fosse garantita la temporaneità della permanenza.
Nel 1981 le comunità funzionanti erano 4, di cui due aperte a giugno; i minori
ospitati complessivamente sono stati 74. Nel 1982 con
quattro comunità funzionanti sono stati ospitati 103 minori (4). Le
valutazioni che possiamo fare su questi dati sono:
1) oltre il 50% dei minori da 0 a 6 anni fuori dalla famiglia di origine ha un provvedimento del
Tribunale per i minorenni. Se prendiamo ad esempio i minori da 0 a 6 anni
ricoverati in istituto - comunità private al 31.5.83, che sono 22, verifichiamo
che 12 hanno un provvedimento del Tribunale di cui:
2 con dichiarazioni di adottabilità (sono infatti già stati dimessi);
4 con l'apertura dello stato di adottabilità;
2 con dichiarazione di adottabilità e ricorso in Corte d'appello;
4 con affido dal Tribunale per i
minorenni al Comune di Torino;
2) il consolidamento degli interventi di appoggio alle famiglie, usabili per far fronte anche
alle difficoltà temporanee dei nuclei, ha determinato l'inserimento nelle
comunità alloggio dei minori in situazioni familiari di alto rischio;
3) il numero costante di affidamenti
familiari attuati in questi anni è determinato, oltre che dalla possibilità di
avere più posti nelle comunità alloggio, dai problemi che sorgono di fronte a
situazioni di minori dati in affidamento dal Comune e successivamente
dichiarati adottabili.
Sulla base di queste valutazioni è parso utile al gruppo discutere
e risolvere, per quanto possibile, innanzitutto i problemi derivanti dal
rapporto tra affidamenti e adozioni, riflettendo su due aspetti:
- la necessità di conciliare la salvaguardia
della continuità dei rapporti affettivi dei bambini con la regolarizzazione
definitiva della loro situazione;
- l'opportunità di contenere la durata della
permanenza dei minori in comunità alloggio per un
periodo massimo di 6 mesi, in considerazione del fatto che non si ritiene che
la comunità possa essere la soluzione idonea in attesa degli sviluppi e della
definizione giuridica del caso.
Per la soluzione del problema è stato definito un
accordo tra l'Assessorato all'assistenza del Comune e il Tribunale per i
minorenni (5) in cui sono state precisate le modalità
per attuare affidamenti, su autorizzazione del Tribunale per i minorenni e in
collaborazione con l'Ufficio unico adozioni, in tutti i casi in cui la
situazione familiare è condizione di grave rischio e pregiudizio per il
minore. Dal marzo '83 (data dell'accordo 3.3.83,
Circolare n. 389) gli affidamenti familiari di questo tipo sono stati 31,
realizzati per la maggior parte per minori ospiti di comunità di pronto
intervento.
Di questi 31 minori:
- per 3 il provvedimento di dichiarazione dello
stato di adottabilità è
divenuto definitivo e gli affidamenti si sono già tramutati in affidamenti pre-adottivi;
- per 5 la dichiarazione dello stato di adottabilità sta per diventare
definitiva e non si prevedono ulteriori ricorsi;
- per i restanti 23 minori la risoluzione giuridica
della situazione appare ancora molto aleatoria e
lontana nel tempo.
È sicuramente troppo presto per poter dare una
valutazione approfondita sull'accordo, ma pensiamo di
poter già affermare che, nonostante le comprensibili difficoltà e la
delicatezza del lavoro che si deve svolgere, l'accordo si sta rivelando
positivo.
Così come si è rivelata positiva
la conferenza stampa promossa dagli Assessorati all'assistenza del Comune e
della Provincia, nel dicembre '82, sul tema degli affidamenti in generale ed in
particolare per proporre l'affidamento familiare di tre bambini piccoli (di cui
due erano ospiti di una comunità alloggio e uno di un istituto) portatori di handicaps.
L'iniziativa è stata presa in considerazione del buon
esito che aveva ottenuto una precedente conferenza stampa fatta dal Sindaco di
Torino per l'affidamento della piccola Monica, una bimba gravemente
handicappata (6).
I risultati positivi che si
incominciavano ad ottenere rispetto alla diminuzione dei minori ricoverati
dall'Ente pubblico, ha indotto il gruppo a verificare la possibilità di
conoscere, in termini più generali, il fenomeno dei ricoveri compresi quelli
disposti da privati.
È iniziata pertanto una ricerca su tutti i 120 minori
ricoverati nel 1982 a carico di privati in istituti di Torino (i cui dati vengono raccolti dalle équipes di
vigilanza del Comune) senza suddividerli per fasce di età, ma prestando
maggior attenzione alla fascia 0-6. Per tutti questi minori si è voluto
verificare subito quali altri elementi di conoscenza si avevano. I dati
ottenuti non sono stati ancora definitivamente elaborati, ma da una prima
valutazione almeno il 40% dei casi ha avuto una cartella negli uffici di
servizio sociale e/o un fascicolo al Tribunale per i minorenni. Questo dato
conferma in linea di massima l'ipotesi che molti ricoverati privatamente
provengono da situazioni familiari difficili e che
pertanto questi casi dovranno essere riverificati dai servizi sociali.
Una ricerca è stata avviata anche per conoscere quanti minori vengono ricoverati da privati in
istituti fuori Torino. I dati sono stati raccolti presso l'Assessorato
regionale all'assistenza da due allieve della Scuola superiore di servizio
sociale del Comune per la preparazione della loro
tesi, ma devono ancora essere elaborati.
Per quanto attiene infine ai rapporti di collaborazione
con i servizi sanitari (psichiatria adulti e servizi per la cura e prevenzione delle tossicodipendenze) l'analisi di diversi casi ha
evidenziato una carenza di orientamenti generali, comuni a tutti i servizi,
relativamente alla considerazione in cui deve essere tenuto il minore rispetto
ai problemi dell'adulto-genitore.
Le riflessioni su questo tema e le discussioni fatte
con gli operatori di questi servizi sono state condotte tenendo conto di tre
obiettivi:
- necessità di tenere sempre in considerazione i preminenti interessi dei minori, senza subordinarli
agli interessi del genitore-paziente;
- necessità di arrivare alla
precisazione di modalità di lavoro comune sui nuclei familiari tra servizio
sociale, équipes psichiatriche, servizi per le tossicodipendenze e neuropsichiatria
infantile;
- possibilità di ottenere da questi servizi sanitari
aiuti e consulenze nei casi in cui servono chiarimenti (anche per il Tribunale
per i minorenni sulle capacità di rapporto educativo ed affettivo dei
genitori).
Riteniamo non sia facile risolvere questi problemi
perché troppe differenze culturali orientano in modo diverso il lavoro degli
operatori dei singoli servizi, compreso il servizio
sociale. Un primo piccolo passo è stato fatto cercando di mettere d'accordo tutti i servizi su un punto: segnalare al
servizio sociale tutti i minori, e particolarmente i più piccoli (0-6), che
vivono in nuclei dove uno o entrambi i genitori sono seguiti dalle équipes psichiatriche o dai servizi per le tossicodipendenze.
Siamo convinti che il confronto tra i diversi
operatori può avvenire attraverso la presa in carico dei casi, con un piano di
lavoro in comune che salvaguardi le specificità degli interventi, ma che miri
ad una soluzione concordata da tutti i servizi e gli operatori che intervengono
sul caso.
Siamo anche convinti che questo confronto deve essere
completato dai progetti di formazione che sono attualmente
in elaborazione per tutti gli operatori che operano sul territorio. Gli
obiettivi dei progetti di formazione possono essere così riassunti:
- perfezionare l'approccio dei
servizi ai problemi del nucleo familiare e non solo del singolo;
- creare una cultura comune sui problemi dei minori
prevedendo in tempi utili quando è necessario allontanarli dal nucleo di origine e definendo i criteri comuni in base ai quali
fare la valutazione del loro stato di abbandono.
Allegato 1
I servizi scolastici nella città di Torino
Asili nido ......................................................................................... 39
Scuole materne ............................................................................... 158
(92 comunali; 66 statali)
Scuole elementari con classi a tempo pieno ....................................... 1494
(873 classi a tempo pieno statale; 621 classi a tempo
pieno comunale)
Scuole medie con classi a tempo pieno ............................................. 209
Popolazione in età asilo nido ............................................................. 26.734
frequentanti ..................................................................................... 3.281
Popolazione in età scuola materna .................................................... 31.456
frequentanti ..................................................................................... 20.970
Popolazione in età scuola elementare ................................................ 70.718
frequentanti ..................................................................................... 62.767
Popolazione in età scuola media ....................................................... 47.255
frequentanti ..................................................................................... 45.188
Allegato 2
Circolare n. 389 del 3.3.1983 (7)
Nell'ambito dei lavori del gruppo a suo tempo
istituito per l'attuazione del progetto di deistituzionalizzazione
per minori da 0 a 6 anni, è stato affrontato e discusso il problema del
rapporto tra affidamento e adozione.
La discussione ed il relativo approfondimento del
tema si sono resi necessari partendo da alcune
premesse e precisamente:
1) sempre più frequentemente ci si trova di fronte a
situazioni di minori dati in affidamento familiare dal Comune di Torino e
successivamente dichiarati adottabili;
2) sempre più frequentemente ci si trova di fronte
alla necessità di conciliare la salvaguardia della
continuità affettiva dei bambini con la regolarizzazione definitiva della loro
situazione;
3) la permanenza dei minori in comunità di pronto
intervento non può essere considerata una soluzione definitiva in attesa degli sviluppi e della definizione giuridica del
caso in quanto deve essere comunque temporanea (massimo 6 mesi).
Sulla base delle suddette premesse l'Assessorato alla assistenza sociale del Comune di Torino e il Presidente
del Tribunale per i minorenni di Torino hanno concordato le seguenti
indicazioni operative:
a) per i casi di bambini figli di ignoti,
per i quali si va rapidissimamente all'adozione è meglio evitare l'affidamento
familiare, e seguire la attuale procedura che prevede il passaggio del bambino
dall'ospedale alla comunità alloggio per brevissimo tempo e immediatamente alla
famiglia adottiva;
b) analoga soluzione va prevista per i casi in cui
l'abbandono è talmente evidente per cui ragionevolmente
si può pensare che la procedura per la dichiarazione dello stato di adottabilità sarà rapidissima (morte dei genitori, loro
dichiarazione di voler rinunciare al figlio);
c) per i minori in situazioni di alto
rischio per i quali è già stata inoltrata, al Tribunale per i minorenni la
segnalazione per l'apertura dello stato di adottabilità,
non si procederà all'affidamento familiare, salvo precise disposizioni del
Tribunale per i minorenni a norma dell'art. 314/6 del Codice Civile.
Qualora il Tribunale per i minorenni ritenesse opportuno l'affidamento del minore si procederà
come segue:
1) la famiglia affidataria
dovrà essere scelta tra quelle in lista di attesa
presso l'Ufficio unico adozioni, che si sono dichiarate disponibili ad accogliere
un bambino la cui situazione giuridica non è ancora definita;
2) la scelta avverrà d'intesa tra l'Ufficio unico
adozioni e l'Ufficio coordinamento per gli affidamenti
familiari che, con i servizi sociali di zona, verificherà l'idoneità delle
coppie in riferimento al caso specifico del minore da affidare;
3) se entro un periodo massimo di tre mesi non venisse reperita una coppia tra quelle già in lista per
l'adozione, il Servizio sociale di zona e l'Ufficio coordinamento per gli
affidamenti, d'accordo con l'Ufficio unico adozioni, potrà procedere alla
ricerca di una famiglia tra quelle già selezionate per l'affidamento
familiare, che abbia i requisiti formali e sostanziali per l'eventuale adozione
di un bambino. La coppia stessa presenterà domanda di adozione
al Tribunale per i minorenni;
4) il Tribunale per i minorenni farà un decreto con il
quale autorizza il Comune, tutore provvisorio o affidatario,
a immettere il bambino in affidamento presso la
famiglia scelta seguendo i criteri e le modalità di cui ai punti 1), 2) e 3);
nello stesso decreto preciserà le modalità degli eventuali incontri del minore
con la famiglia di origine, evitando sempre che tali incontri consentano alla
famiglia di origine di individuare la famiglia affidataria;
5) il Comune realizzerà l'affidamento ricorrendo a
tutte le cautele idonee per tutelare la riservatezza della famiglia affidataria;
6) dopo la definitiva dichiarazione dello stato di adottabilità, l'affidamento
familiare verrà trasformato dal Tribunale per i minorenni in affidamento pre-adottivo, se non risulteranno serie controindicazioni,
nell'esclusivo interesse del bambino;
7) dopo che eventualmente sia stato dichiarato
l'affidamento pre-adottivo il Tribunale per i minorenni
affiderà il controllo su questo preferibilmente ai Servizi sociali
territoriali o all'Ufficio unico adozioni o ad ambedue i servizi congiuntamente
ed in collaborazione tra loro, a seconda della
situazione in concreto.
d) Quando si presentano situazioni di grave
pregiudizio per il minore, per cui occorre procedere
al suo allontanamento dai genitori ed è molto probabile che successivamente si
verifichino condizioni di abbandono materiale e morale, si potrà provvedere ad
un affidamento familiare con le seguenti modalità:
1) il Tribunale per i minorenni affida il minore al
Comune di Torino;
2) la scelta della famiglia affidataria
deve avvenire, come per il caso precedente, tra quelle in lista di attesa presso l'Ufficio unico adozioni che si sono
dichiarate disponibili ad accogliere un bambino la cui situazione giuridica non
è ancora definita;
3) se entro un periodo massimo di tre mesi non venisse reperita una coppia tra quelle già in lista per
l'adozione, il Servizio sociale di zona e l'Ufficio unico adozioni potranno
procedere alla ricerca di una famiglia tra quelle già selezionate per
l'affidamento familiare, che abbia i requisiti formali e sostanziali per
l'eventuale adozione di un bambino. La coppia stessa presenterà domanda di adozione al Tribunale per i minorenni;
4) il progetto di affidamento
deve essere segnalato mediante verbale dall'Assistente sociale di zona,
d'intesa con l'Ufficio coordinamento per gli affidamenti, al Giudice di
territorio che apporrà il suo visto di esecutività;
5) il Giudice deve stabilire con provvedimento le
modalità degli incontri del minore con la famiglia di
origine.
e) Nei casi in cui occorre allontanare il bambino
dalla famiglia, ma non si profila al momento una situazione che possa sfociare
in uno stato di abbandono, qualora il Servizio sociale
intenda procedere ad un affidamento familiare, sceglierà la famiglia che
riterrà più idonea, curando, se si tratta di minori inferiori agli otto anni,
che i coniugi siano in possesso dei requisiti di età e di anni di matrimonio
necessari per una eventuale futura adozione. Sarebbe preferibile scegliere una
famiglia affidataria con figli propri.
L'affidamento verrà
segnalato per iscritto al Giudice di territorio dall'Ufficio coordinamento per
gli affidamenti per la sua collocazione in un generico dossier «affidamento in
corso».
Il presente accordo verrà
applicato a titolo sperimentale per il periodo di un anno.
(1) Relazione tenuta da Angela Migliasso, Assessore all'assistenza del Comune di Torino al
convegno nazionale di Torino dell'11-12 novembre 1983 sul tema «L'attuazione
della nuova legge sull'adozione e l'affidamento familiare. Proposte a confronto
fra magistrati, amministratori di Regioni e di Enti
locali, operatori e movimenti di base», promosso da ANFAA, CIAI e Prospettive assistenziali.
(2) Va segnalato a questo proposito che
la FIAT ha mantenuto per molti anni convenzioni con diversi istituti della
città per il ricovero dei figli dei dipendenti.
(3) I disoccupati a Torino sono circa
42.000 (dati Ufficio Collocamento settembre 83). Le cause di sfratto dal 1979
al settembre '83 sono 30.350; le sentenze di sfratto sono state nello stesso periodo 17.839.
(4) Sono esclusi da questi dati i
minori ospiti dell'ultimo reparto dell'IPIM, che si dovrà presto trasferire
nella quinta comunità.
(5) Cfr. l'allegato n. 2.
(6) Si tratta di una bambina priva dei
quattro arti (n.d.r.).
(7) Circolare dell'Assessorato
all'assistenza del Comune di Torino e del Tribunale per i minorenni di Torino.
www.fondazionepromozionesociale.it