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Prospettive assistenziali, n. 65, gennaio - marzo 1984

 

 

Editoriale

 

IL CASO MORANTE E LA CURA DEGLI ANZIANI CRONICI

NON AUTOSUFFICIENTI

 

 

Il 16 dicembre 1983 Alberto Moravia, il più fa­moso scrittore italiano, denunciava la dramma­tica situazione della sua ex-moglie, Elsa Moran­te, anch'essa famosa scrittrice.

In sostanza Moravia chiedeva l'intervento del Presidente della Repubblica «perché un contri­buto pubblico aiuti ad affrontare le spese della malattia della scrittrice, circa 100 milioni all'an­no» (1).

Molti si trovarono a disagio di fronte alla cruda realtà di una persona appartenente all'intelligen­tia, che improvvisamente non era più in grado di provvedere a se stessa. Il disagio era ed è tale che ancora oggi nessuno osa dire, quasi fos­se un insulto per la scrittrice, che Elsa Morante è «un'anziana cronica non autosufficiente».

Non ci interessa prendere in esame la posizio­ne dei benpensanti, scandalizzati dalla divulga­zione del caso, ma non dall'abbandono dei vecchi malati cronici da parte del servizio sanitario na­zionale.

Vediamo quali sono state le reazioni nell'area delle sinistre.
 

L'Unità del 18 dicembre 1983 riporta un corsivo, probabilmente scritto dal direttore, in cui i cit­tadini sono ripartiti fra quelli di serie A e di se­rie B.
Lo riproduciamo integralmente:
«Il caso Morante, emerso alle cronache in questi giorni, suggerisce qualche considerazione di ordine più generale. Come è noto la scrittrice Elsa Morante giace in clinica, gravemente malata e le spese per curarla superano - a quanto ha dichiarato il ma­rito Alberto Moravia - i cento milioni all'anno. Non godendo la Morante - come in genere scrit­tori e artisti - di pensioni e previdenze adegua­te, ci si appella allo Stato e al presidente Pertini perché l'aiutino. È giusta o no questa richiesta? Noi vogliamo prescindere dalle polemiche nel caso specifico che sta già sollevando contrasti anche aspri di opinioni nei circoli letterari, ma riteniamo di poter dire che in via di principio ci pare giusto, in un caso così, appellarsi allo Stato.

«Fior di scrittori che hanno celebrato la Re­pubblica - da Saba a Penna a Cardarelli - sono ingiustamente morti in miseria o in tali condizioni si stanno spegnendo, come Riccardo Bacchelli. Si può obiettare: perché bisognerebbe fare una differenza fra questi cittadini e ogni altro?

«Perché, rispondiamo, questi personaggi han­no dato - in valori non effimeri - alla colletti­vità doni preziosi, e perché, ancora, ad essi spes­so la collettività si è rivolta per averne giudizi e illuminazioni "sopra le parti" su temi di impe­gno civile e morale, riconoscendo così implici­tamente un ruolo diverso rispetto ai quello di altri cittadini. E dunque non è giusto che nel momento del bisogno si dica brutalmente che le loro sono faccende private. Nella nostra concezione un ar­tista a scrittore è anche un bene pubblico, e bene sarebbe - al di là dell'intervento specifico che ora si chiede - che lo Stato prevedesse per essi un fondo pubblico di solidarietà».

Numerose le reazioni. In una lettera al diret­tore, Daniela Abbondo (2) afferma: «Leggendo il tuo articolo dedicato a Elsa Morante del 18.12.1983, non posso dirmi d'accordo per quanto ri­guarda la discriminazione che, secondo me, fai tra gli intellettuali e gli altri ceti sociali.

Gli scrittori sono uomini da considerarsi come altri lavoratori; essi svolgono un lavora intellet­tuale per me più ripagante di altri, perché trag­gono dal loro operato maggiori soddisfazioni. Se il caso della Morante (perché scrittrice) fa emer­gere - ed è giusto - un problema scottante come l'essere deboli e non tutelati dallo Stato, non fa invece notizia (anzi è un fatto normale) che non vengano decentemente curati cittadini che lavorano per gran parte della loro vita; che danno alla società in base alla loro capacità e alla loro possibilità tanto quanto gli scrittori o cate­gorie intellettuali possono dare».

Intervengono anche gli Onorevoli Adalberto Mi­nucci, Giovanna Bosi Maramotti, Renato Nicolini e Giuseppe Vacca, tutti del PCI, che presentano una interrogazione per chiedere che ad Elsa Mo­rante «siano destinate forme adeguate di assi­stenza come riconoscimento del contributo che essa ha dato, con la sua opera narrativa cono­sciuta in tutto il mondo, alla dignità della cultura nazionale».

A loro volta gli Onorevoli Natalia Ginzburg e Andrea Barbato della Sinistra indipendente chie­dono, tramite una interrogazione «una sovven­zione in favore di Elsa Morante».

A nessuno dei nostri parlamentari e al giornale del PCI viene, però, in mente che la drammatica situazione di Elsa Morante è analoga a quella di decine di migliaia di cittadini anziani: per l'intel­lettuale si chiedono favori, per gli altri vecchi niente.

Noi concordiamo con la presa di posizione del Coordinamento sanità e assistenza fra i movimen­ti di base che ha scritto in data 20 dicembre 1983 al Presidente della Repubblica la seguente lette­ra: «I quotidiani, riferendo sulla penosa situazio­ne della scrittrice Elsa Morante, hanno accennato ad un Suo intervento per il trasferimento dell'il­lustre paziente in struttura pubblica "ove il rico­vero non sia a carico della degente". La notizia, così come riferita, pare a noi se non altro im­precisa e soprattutto tale da diffondere disinfor­mazione e sconcerto. La situazione della Morante è uguale a quella di migliaia di anziani malati cro­nici non autosufficienti e le leggi vigenti, tanto per la Morante quanto ovviamente per tutti gli altri, stabiliscono che il Servizio sanitario nazio­nale deve curarli senza limiti di durata e gratui­tamente.

«Questo diritto, stabilito dalla Legge 4.8.55, n. 692 e dal decreto del Ministro del lavoro del 21.12.56, è stato ribadito dalla Legge 12.2.68, nu­mero 132, in cui, all'art. 29, è previsto che il fab­bisogno dei posti letta ospedalieri va calcolato per i pazienti acuti, cronici, lungodegenti e conva­lescenti. - La legge di riforma sanitaria ha confer­mato il diritto alla prevenzione, cura e riabilitazio­ne di tutte le malattie, quali ne siano le cause, la natura e la durata.

«Accade invece continuamente che, a seguito di illegali dimissioni o non ammissioni in ospe­dale di malati cronici all'anziano od ai suoi pa­renti rimanga la sola alternativa del ricovero in clinica privata (con costi di 200/250.000 lire al giorno) od in istituto di assistenza ove, con spesa comunque pesantissima (50.000 lire al giorno) il paziente rimarrà privo di assistenza riabilitativa e sanitaria.

«Ci siamo permessi di sottolineare alla Sua ben nota sensibilità una situazione generale fon­te di tanti disagi per molte persone anziane, au­spicando che il caso di Elsa Morante serva al­meno a far considerare il grave problema con maggiore attenzione e non solo a promuovere un intervento eccezionale quanto sporadico de­terminato unicamente dalla popolarità della sfor­tunata scrittrice».

Stupisce anche che nessuno abbia avuto il co­raggio di proporre il ricovero in una casa protet­ta, struttura che le leggi dell'Emilia Romagna, Marche, Piemonte, Toscana e Veneto e la prassi delle altre Regioni riservano agli anziani cronici non autosufficienti. Ma - si sa - nel nostro pae­se, il settore assistenziale è riservato esclusi­vamente a chi non ha appoggi.

 

 

(1) La Stampa del 16 dicembre 1983.

(2) Cfr. L'Unità del 6 gennaio 1984, «Lettere all'Unità».

 

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