Prospettive assistenziali, n. 65, gennaio - marzo 1984

 

 

SIGNIFICATO, REALTÀ E PROBLEMI DELL'INTEGRAZIONE SOCIALE DELLE PERSONE CON DEFICIT FUNZIONALI

 

 

Gli intervenuti all'incontro sul tema: «Signifi­cato, realtà e problemi dell'integrazione sociale delle persone con deficit funzionali», promosso dal Movimento Operativo per la Lotta contro l'E­marginazione Sociale (MOLCES), e svoltosi a Bologna il 3 dicembre 1983, presso il Centro civico del Quartiere Lame, a conclusione del dibattito ampio ed aperto,

premesso

1) che l'«effettiva integrazione sociale» dell'individuo si realizza quando esso ha l'opportu­nità di partecipare a pieno titolo alla vita del con­testo sociale e culturale in cui vive, e quando da tale contesto è pienamente accettato senza re­more, senza pregiudizi e senza atteggiamenti di­versificanti;

2) che le persone portatrici di deficit funzio­nali, spesso sufficientemente inserite nella so­cietà, non sono, però, «effettivamente integra­te», se si considera che, purtroppo, vengono guardate pietisticamente e con diffidenza, e che sono appena tollerate dai datori di lavoro e dalla scuola;

3) che l'atteggiamento emarginante della so­cietà si radica nella vecchia cultura in cui il de­ficit è stigma, è annientamento della persona, è inefficienza, immaturità e povertà;

4) che la società non viene aiutata a cambia­re, e che i pregiudizi ed i preconcetti di cui è imbevuta vengono, anzi, costantemente alimen­tati dall'erroneo comportamento delle istituzio­ni educative per ragazzi portatori di deficit fun­zionali e delle cosiddette «associazioni di cate­goria», le quali

a) hanno monopolizzato le problematiche del deficit, non le hanno divulgate per imporle alla pubblica attenzione ed hanno favorito, in tal mo­do, la disinformazione, la deformazione della real­tà e la creazione di falsi problemi;

b) hanno puntato esclusivamente alla monetiz­zazione del deficit, ignorando del tutto il proble­ma della istituzione di adeguati servizi sociali;

c) hanno rivendicato agevolazioni e privilegi squalificanti, senza rendersi conto delle conse­guenze estremamente negative che potevano sca­turirne;

d) hanno largamente contribuito all'isolamento delle persone portatrici di deficit, incoraggiando, favorendo ed esaltando la costituzione di strut­ture e di organizzazioni specifiche, inevitabilmen­te segreganti;

e) hanno sminuito la persona umana, imponen­do un'avvilente tutela dalla culla alla bara;

f) hanno esercitato un costante e colossale ac­cattonaggio in nome del deficit, che lede grave­mente la dignità ed il decoro di tutti, coinvolgen­do anche coloro che rifiutano la tessera asso­ciativa;

5) che, comunque, non è tanto il deficit in quan­to tale ad ostacolare ed a rendere difficile l'inte­grazione sociale delle persone che ne sono por­tatrici, quanto piuttosto la situazione evidenziata e la mancanza, o l'inadeguatezza, dei mezzi e dei servizi necessari per superare l'handicap, ossia lo svantaggio, che il deficit produce;

impegnano

 

pertanto il «MOLCES» e se stessi individual­mente ad operare affinché

1) venga avviata una intensa e corretta cam­pagna di sensibilizzazione e di informazione dell'opinione pubblica per mettere nella giusta luce le persone portatrici di deficit funzionali e per rimuovere, quindi, la pesante mole di pregiudizi, di preconcetti e di pietismo da cui oggi sono schiacciate;

2) vengano avviati contatti con i ministeri del­la pubblica istruzione e della sanità, nonché con le Organizzazioni sindacali, allo scopo di realiz­zare un incisivo aggiornamento teorico-pratico di tutto il personale della scuola, delle équipes delle USSL e degli operatori sociali in genere sull'integrazione scolastica dei ragazzi portatori di deficit, da effettuarsi in orario scolastico attra­verso la televisione. Ciò in quanto i corsi di spe­cializzazione, previsti dal D.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970, sono insufficienti, inadeguati, farraginosi, condotti con poca serietà, fonte di speculazione e frequentati quasi esclusivamente da coloro che sperano in una rapida e comoda sistemazione, tanto da gravarsi di notevoli spese e di sacrifici;

3) vengano assicurati ai ragazzi portatori di deficit che frequentano la scuola gli aiuti ed i sussidi necessari per l'apprendimento e per l'ef­fettiva integrazione scolastica, e vengano corret­tamente utilizzati gli insegnanti di sostegno, ove occorrano realmente, evitando che si formino le «mini-classi» speciali in quelle normali;

4) venga istituito un centro nazionale statale per la ricerca, la produzione e la distribuzione di tutto ciò che occorre per rendere sempre più age­vole e più proficuo l'accesso delle persone con deficit allo studio, alla cultura, all'informazione, al lavoro ed alla fruizione del tempo libero;

5) vengano soppressi gli istituti per ragazzi portatori di deficit e devoluti i loro beni al centro, di cui al precedente punto 4, per l'attuazione e la realizzazione degli scopi e dei compiti ad esso affidati;

6) vengano soppressi gli istituti, le scuole ed i corsi speciali per la formazione professionale dei giovani portatori di deficit, e create le condi­zioni necessarie per la loro immissione in quelli normali;

7) vengano istituiti efficienti servizi, ivi com­presi quelli per la lettura e l'accompagnamento, tali da colmare le maggiori spese derivanti dal deficit. Ciò in quanto gli attuali assegni o inden­nità producono sperpero ed abusivismo senza ri­solvere il problema, essendo del tutto insufficien­ti per una parte dei fruitori e superflui per l'altra, mentre sono numerosissimi coloro che ne frui­scono senza averne alcun diritto;

8) venga revisionata la normativa concernente il settore delle pensioni dette di «invalidità» e degli assegni o indennità allo scopo di eliminare le attuali gravi storture, quali

a) la pensione a chi dispone anche di redditi da lavoro. La pensione, infatti, deve competere a coloro cui è preclusa, in modo assoluto, ogni attività lavorativa, ed essere assegnata in base ad un rigido criterio di scalarità, che tenga conto del reddito in godimento;

b) la pensione ai bambini privi della vista, che può dar luogo a gravissime conseguenze parti­colarmente d'ordine psicologico;

c) gli assegni ai bambini definiti «invalidi ci­vili», se dichiarati «totalmente invalidi» con la grave conseguenza che, da adulti, non potranno aspirare ad un'occupazione, qualora non venga modificata la legge 2 aprile 1968, n. 482, che detta norme per l'assunzione obbligatoria al lavoro del­le persone con deficit. Ma grave soprattutto e sconcertante è che un bambino possa essere di­chiarato «invalido al cento per cento»;

d) il cumulo delle pensioni per le persone con deficit plurimi. Occorre, invece, un intervento più corretto sul piano giuridico e più congruo sul piano economico;

9) venga revisionata la normativa concernente il collocamento al lavoro, occorrendo modificare il concetto di «invalidità» e quindi le norme oc­cupazionali ad esso legate. «Invalido» non è chi è portatore di un deficit, ma chi, per gravis­sime deficienze fisiopsichiche, si trova nella «to­tale e reale incapacità di svolgere alcuna attività lavorativa». La soluzione giusta e corretta con­siste nel reperire o adattare il posto di lavoro per le persone portatrici di deficit, tenendo conto delle capacità residue di ognuna di esse, e non già della «percentuale di invalidità»;

10) vengano superati i corporativismi e le set­torializzazioni. Le persone portatrici di deficit, quale che sia la causa e la natura del deficit stes­so, debbono combattere la battaglia per l'integra­zione sociale unite ed insieme con le forze sin­dacali e con tutti i cittadini aperti e sensibili, pur nel rispetto, ovviamente, delle peculiari esigenze che ogni deficit pone;

11) vengano dissuase le persone portatrici di deficit dal rinchiudersi in strutture ed in organiz­zazioni specifiche, create su misura, quali i cir­coli ricreativi, le case di vacanza e di riposo, le federazioni sportive, ecc. e vengano incoraggiate, invece, ad uscire all'aperto, a mescolarsi agli altri, a servirsi delle medesime strutture di cui si serve ogni altro cittadino: non si può autoemar­ginarsi e poi accusare la società di emargina­zione

12) venga esperito ogni possibile tentativo per far sì che le associazioni si rendano conto che non aiutano le persone portatrici di deficit a cre­scere e a responsabilizzarsi, e che non ne favori­scono certo l'integrazione sociale, ma che anzi, esse per prime le discriminano e le emarginano offrendo anche all'opinione pubblica un esempio estremamente negativo quando si sostituiscono alle predette persone ed operano per loro conto; quando pretendono di tutelarle e di rappresentarle per tutta la vita, anziché spronarle a frequentare le strutture e gli uffici di tutti, e a rivolgersi ai sin­dacati al momento del bisogno;

13) vengano del tutta eliminate le raccolte di fondi in nome del deficit, comunque organizzate e gestite, perché l'obolo sollecitato dal deficit viene sempre offerto pietisticamente e si iden­tifica inevitabilmente con l'accattonaggio che umi­lia ed offende, perpetuando l'immagine del por­tatore di deficit accattone. La gente, infatti, non fa distinzioni davanti al deficit e generalizza ine­sorabilmente;

14) vengano combattuti tutti quei privilegi ed agevolazioni legati al concetto di beneficenza, che umiliano senza risolvere i problemi reali, co­me l'esonero dai ticket, la gratuità del viaggio sui pubblici mezzi di trasporto o dell'accesso agli spettacoli cinematografici e di vario genere, che possono essere giustificati ed assumere il signi­ficato di giustizia sociale solo se concessi a co­loro che godono di redditi molto bassi, di pensio­ni minime o sociali, sebbene sarebbe molto più corretto e più rispettoso della persona umana, incrementare tangibilmente tali entrate;

15) venga rispettato il concetto di protesi, che è quello di «rimpiazzamento della funzione o dell'organo mancanti», e vengano, quindi, eliminati dagli appositi nomenclatori tutti gli altri sussidi, per i quali, invece, è giusto fissare prezzi corri­spondenti a quelli di normali strumenti, che ab­biano qualche analogia con i sussidi speciali;

16) vengano, in ogni caso, eliminati dai no­menclatori delle protesi gli orologi e le sveglie tattili, la cui concessione gratuita fa scandalo e vergogna. Ma immorale ed indice di assoluta mancanza di coscienza civica è pure l'inclusione in detti nomenclatori di costosissimi apparecchi elettronici per la discriminazione degli ostacoli, che non hanno alcuna utilità pratica;

17) venga studiato ed avviata un piano nazio­nale per l'abbattimento di tutte quelle «barrie­re» che complicano quotidianamente la vita non solo delle persone portatrici di deficit, ma anche delle persone anziane, delle donne in stato inte­ressante e di chi ha qualche impedimento tem­poraneo, e che vanno dalle barriere architetto­niche vere e proprie ad un insieme di piccoli, ma non meno gravi, inconvenienti, fra i quali il non facile riconoscimento delle banconote, la diffi­coltà di leggere i prezzari dei negozi, perché scritti troppo in piccolo, l'impossibilità di indivi­duare i numeri degli autobus, quando non sono collocati sulla fiancata degli autobus stessi;

18) vengano soppressi i finanziamenti da parte dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali alle associazioni e a certi enti o istituti superati dal tempo o addirittura inesistenti, per essere profi­cuamente e responsabilmente utilizzati: le asso­ciazioni debbono saper rinunciare ai grandi appa­rati e reggersi con le quote e con i contributi vo­lontari degli associati;

19) vengano combattute tutte quelle iniziative, come la «giornata nazionale del cieco», che sono del tutto negative perché suscitano soltanto pietismo e compassione.

 

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