Prospettive assistenziali, n. 66, aprile - giugno 1984
IL PROCESSO DI RIORGANIZZAZIONE
DEL SERVIZIO SOCIO-ASSISTENZIALE NELL'USSL 27
FRANCO MONDINO (1)
Questo contributo vuole essere un apporto alle tematiche che si stanno affrontando circa il ruolo
dell'assistente sociale nel processo di riforma ed, in particolare, nella
programmazione dei servizi.
Si tratta più che di un'elaborazione articolata, di
un tentativo di «leggere», attraverso l'esperienza concreta di una zona, che
cosa è possibile fare oggi per riorganizzare il lavoro dell'assistente sociale
rendendolo sempre più adeguato alle nuove esigenze riformatrici.
La mia esperienza operativa (sia come assistente
sociale di base e sia come coordinatore dei servizi socio-assistenziali) si
colloca nel territorio dell'USSL 27 che presenta le seguenti
caratteristiche:
- è una zona di 1a e 2a cintura torinese;
- comprende 17 Comuni organizzati in 8 distretti
socio-sanitari;
- il Comune sede dell'USSL è
Ciriè;
- la popolazione è di circa 80.000 abitanti;
- è un territorio ad economia mista (prevalentemente
settori industriali ed agricoli) influenzato da consistenti processi di pendolarismo (in uscita soprattutto);
- l'USSL ha assunto dal 1.2.82 le funzioni di programmazione-organizzazione-gestione
di tutte le funzioni socio-assistenziali ad eccezione dell'assistenza economica
erogata direttamente dai singoli Comuni, secondo le modalità e i criteri
espressi dagli organi dell'USSL e previa istruttoria sociale da parte degli
operatori di distretto.
Ovviamente, non intendo con questo contributo, né
fornire delle regole pratiche generali che vanno bene
per tutti e in tutte le situazioni, né porre a modello le linee organizzative
attivate nell'USSL 27, quanto fornire un contributo di riflessione che ha come
presupposto le seguenti considerazioni generali:
1) ogni incisivo intervento di riorganizzazione
dei servizi socio-assistenziali richiede, a livello zonale la puntualizzazione
di un definito progetto di programmazione e organizzazione dei servizi. Anche
se tale progetto va considerato come una ipotesi
flessibile il cui adeguamento deve essere effettuato man mano che si avanza nel
confronto con i problemi, esso rappresenta l'elemento fondamentale senza il
quale, il cambiamento «reale» non può avvenire. Infatti, se non si dispone di una visione strategica dei fini che si intendono conseguire
e degli obiettivi intermedi si rischia di non affrontare i problemi «essenziali»;
2) l'attivazione del processo di integrazione
dei servizi esige, soprattutto in questo momento, sia una valorizzazione del
servizio socio-assistenziale e sia una professionalità da parte degli operatori
«ricca» e non rinunciataria, capace di contribuire con la propria specificità
alla definizione delle metodologie e degli obiettivi dell'USSL;
3) ogni linea di riorganizzazione
del servizio socio-assistenziale, attivata alla luce degli obiettivi della
riforma, richiede un « ripensamento » dell'intervento professionale degli
operatori che sappia attivare e collegare le prestazioni a carattere
socio-assistenziale e gli interventi di prevenzione.
Nell'ambito del servizio socio-assistenziale dell'USSL
27, sulla base dei presupposti suddetti, si è ritenuto di procedere, in via
prioritaria, alla definizione di un progetto di unificazione,
organizzativa e formale, dell'intervento del servizio sociale professionale di
distretto delle cui linee esporrò sinteticamente.
Tale «progetto» è stato ritenuto necessario per i
seguenti motivi:
1) garantire una gestione coordinata delle competenze
che consenta sia di perseguire gli obiettivi indicati e la promozione
delle alternative alle situazioni di emarginazione sia di orientare le
capacità professionali verso una sempre più completa conoscenza del
territorio e dell'uso delle risorse esistenti;
2) proporre un'organizzazione del servizio sociale
che impedisca la frattura (o la nascita della frattura
stessa) tra operatori «pensanti» (coordinatore e ufficio centrale di
programmazione) e operatori «esecutori» (gli altri);
3) chiarire la specificità del settore socio-assistenziale
e definire le modalità di rapporto con gli altri operatori del distretto sia
rispetto alla presa in carico interdisciplinare del
singolo utente e sia rispetto ai filoni di lavoro comuni;
4) omogeneizzare i metodi e gli
strumenti (schedari, registri, modulistica, parte delle cartelle) e impostare
un corretto discorso tra ufficio
centrale e distretto.
Tale progetto ribadisce le
funzioni del servizio sociale professionale e ne evidenzia le conseguenze
organizzative. Infatti, si è ritenuto che il servizio sociale debba garantire nel distretto le seguenti funzioni:
1) presa in carico del caso «sociale»;
2) promozione di interventi
alternativi al ricovero;
3) messa in evidenza dei problemi
prevalenti del distretto, possibilmente in termini di rischi eliminabili, ed
elaborazione di conseguenti priorità
e piani d'intervento.
A ciascuna di queste funzioni l'assistente sociale di distretto nell'ambito delle 36 ore di lavoro,
dovrebbe dedicare un tempo di lavoro predeterminato.
PRESA
IN CARICO DEL CASO
Si è ritenuto di puntualizzare i seguenti aspetti: -
le modalità di ricevimento del pubblico;
- l'iter per la presa in carico;
- i problemi connessi ad una funzione di filtro verso
altri servizi o operatori presenti nel distretto.
A)
Ricevimento del pubblico
Si è proposto a tale riguardo: che l'orario del
ricevimento sia di almeno 6 ore settimanali di cui almeno una in ore preserali; che l'utenza, in particolare per l'apertura di
nuovi casi, sia invitata (sia pubblicizzando l'orario di apertura
e le competenze del servizio sociale) ad osservare tale orario preferibilmente
in modo rigido, fatte salve le situazioni di urgenza; che il primo colloquio
finalizzato all'apertura di un caso nuovo sia condotto dall'assistente
sociale, che si assume la responsabilità della presa in carico (e promuove il
coinvolgimento necessario di altri operatori) per tutti i casi di competenza,
indipendentemente dalla fascia di età o categorie dell'utente (2). Tale
colloquio si è ritenuto dovesse essere mirato ad alcuni obiettivi: privilegiare nel primo momento un atteggiamento di ascolto
della persona e di attenzione al modo in cui viene presentato il problema;
evidenziare in un rapporto di chiarificazione quale è il problema prevalente
(di quali persone del nucleo, da cosa deriva, quali richieste produce) - informare
sugli interventi che si intravedono come possibili. A tale proposito, sul
versante organizzativo, è stata prevista una riunione periodica di distretto
(tra operatori con problematiche comuni) con le seguenti finalità: discussione
circa l'assunzione in carico del caso; la messa in evidenza degli obiettivi che
ci si propone di raggiungere; la verifica degli
interventi svolti e dei risultati ottenuti su alcuni casi precedentemente
presi in carico. La riunione, oltre che essere occasione di formazione
permanente, è anche un momento concreto di integrazione
dei servizi socio-sanitari.
B)
Funzione di filtro
L'esigenza di riflettere su un momento di prima
filtro dell'utenza, che si presenta a tutti i servizi socio-sanitari del
distretto, è emersa sulla base delle seguenti motivazioni:
- riuscire a valutare correttamente l'insieme dei
problemi che sottendono alla richiesta dell'utente, e, quindi, non
precostituire una risposta solo in base alle competenze del
singolo operatore cui si è rivolta inizialmente la persona;
- promuovere un intervento rapido e pertinente da
parte di servizi diversi o operatori diversi, facendo
pervenire direttamente le richieste all'operatore
direttamente competente senza passaggi obbligati da parte dell'utenza (es.
colloquio con assistente sociale per una visita ginecologica).
Dal punto di vista organizzativo le soluzioni
adottate sono diversificate a seconda che nel distretto
sia già attivata un minimo di organizzazione di servizi socio-sanitari o che
nel distretto sia necessario un lavoro preliminare promozionale.
Esse sono le seguenti:
a) unificare nel servizio sociale
di distretto tutti gli operatori sociali e costituire un riferimento unico per
la ricezione dei problemi e gli
interventi socio-assistenziali;
b) proporre il servizio sociale come riferimento e
«passaggio» obbligato anche per le segna]azioni ed il
primo colloquio per situazioni che successivamente devono essere prese in
carico da altri operatori o servizi (es. psicologo, ginecologo, ecc.).
La prima ipotesi operativa, indispensabile in, realtà
distrettuali ove è presente un minimo di organizzazione
di servizi, è ritenuta la più corretta anche perché non pare opportuno che sia
una specifico servizio a fungere da filtro, nel senso di essere passaggio
obbligato per l'utenza, rispetto ad altri, per í seguenti motivi:
- si rischia di provocare una funzione, da parte del
servizio sociale, di semplice « segreteria » rispetto ad altri servizi o
interventi;
- si rischia, convogliando obbligatoriamente tutta
l'utenza ad un unico momento di prima ricezione, di creare una tortuosa e lunga
procedura prima che la persona possa contattare il
servizio più utile.
La seconda ipotesi operativa, utile in realtà distrettuali
ove i servizi sono ancora in via embrionale e per tempi opportunamente
definiti, può essere considerata «strumentale» rispetto all'individuazione
degli interventi successivi del servizio socio-assistenziale e rispetto
all'adozione di una metodologia di lavoro
distrettuale.
PROMOZIONE
E ORGANIZZAZIONE DEGLI INTERVENTI, IN PARTICOLARE IN ALTERNATIVA
AL RICOVERO
Una seconda funzione, che va garantita da parte
degli operatori, e per la quale sono richiesti agli operatori dei tempi di
lavoro, è quella relativa ad interventi alternativi al ricovero o per la promozione di interventi e risorse non presenti nell'USSL.
A tale proposito sono stati previsti momenti diversificati:
a livello di
distretto
- gli operatori, oltre che a promuovere e coordinare
servizi specifici (quali l'assistenza domiciliare e i gruppi di famiglie
affidatarie), devono collaborare alle iniziative di informazione
sociosanitaria e di attivizzazione della
partecipazione dei cittadini e delle forze sociali;
- gli operatori procedano in modo sistematico a
quantificare e promuovere il fabbisogno di nuovi interventi
(es. fabbisogno di servizi per minori nel territorio);
a livello
centrale
- gli operatori partecipano alla riunione quindicinale
con il coordinatore per uno scambio di problematiche, momenti di formazione,
attività promozionale su temi già approfonditi in sottogruppi (scambio di informazioni ed esperienze sui casi e filoni di lavoro,
problemi organizzativi);
- gli operatori partecipano ai gruppi di lavoro
periodici e sistematici sui progetti (anziani, minori, handicappati). A questi
gruppi che lavorano per l'attuazione dei progetti-obiettivo
partecipano le assistenti sociali che hanno scelto, nel periodo considerato, di
approfondire la problematica specifica (sia nello studio, sia nella
formazione). Tali assistenti sociali, inoltre, risultano essere anche di
supporto tecnico per il problema scelto per la formazione sia alle altre
assistenti sociali di distretto e sia all'ufficio
centrale di USSL.
MESSA
IN EVIDENZA DEI PROBLEMI PREVALENTI DEL DISTRETTO
L'obiettivo di tale funzione non può che essere la
prevenzione delle situazioni di emarginazione; tale
obiettivo, per non restare formulazione vuota, deve essere tradotto in
concreti piani di lavoro mirati a situazioni precise.
Si è fornito alle assistenti sociali non un elenco
di specifici obiettivi, ma una serie di indicazioni
metodologiche per la costruzione dei piani di lavoro sia per la messa in
evidenza e la localizzazione (mappe) dei problemi o rischi prevalenti nel
distretto e sia per la scelta delle priorità.
Rispetto al primo punto si è evidenziata la necessità
di identificare i problemi prioritari del distretto
se possibile in termini di' rischio (cioè situazioni che possono provocare
danno) o comunque di realtà che possono essere modificate per ridurne le
conseguenze di emarginazione e di danno e di come farli emergere.
Tra gli strumenti:
- analizzare i problemi e le richieste d'intervento presentate al servizio sociale;
- recuperare le possibili conoscenze ed esperienze
dei problemi di distretto di altri operatori e altre
forze che, per il loro ruolo, posseggono informazioni utili;
- recuperare i dati oggettivi disponibili;
- ordinare i problemi o rischi da focalizzare secondo
uno schema che li evidenzi per fascia di età e
selezionando un numero molto limitato di problemi per ciascuna fascia di età
(perché sia realistico un intervento).
Rispetto al secondo punto si è evidenziato che i
piani di lavoro devono essere inerenti ai problemi (o rischio) più frequenti
e/o gravi perfezionando la conoscenza del singolo problema evidenziando il
numero delle persone esposte o colpite (ad es. numero degli anziani non
autosufficienti del distretto), la localizzazione all'interno del distretto
della situazione di rischio o problema e delle persone esposte (ad es. zone di abitazione degradate con concentrazione di anziani
soli), rischi che possono essere concretamente rimossi o modificati.
Da questo iter metodologico
dovrebbe essere possibile pervenire a dare un contributo alla «mappa» dei
problemi prioritari del distretto. Tale mappa è in ogni caso uno strumento di
partenza, che va continuamente aggiornata e perfezionata, ma è la base per
definire piani di intervento di distretto «mirata»
alle specificità del distretto stesso.
Tale elaborazione di piani necessita
che gli operatori abbiano ben chiaro gli strumenti e le procedure su ciascun
problema (rapporto o intervento di altri operatori, strumenti del servizio
sociale) e che evidenzino, nella misura del possibile, gli strumenti per
misurare l'efficacia degli interventi, rispetta al problema su cui si lavora
(si pensi, ad esempio, alla conoscenza dei ricoveri in istituto come indice di
verifica per le alternative) (sistema informativo).
Per assolvere a questa terza
funzione sul piano organizzativo sono state evidenziate le seguenti
considerazioni:
- promuovere i necessari rapporti a livello distrettuale,
con gli altri operatori, e con i politici presenti nel distretto, sia per
costruire la mappa dei problemi, sia per definire in comune gli eventuali piani
d'intervento di distretto e sia per promuovere interventi di competenza
comunale ritenuti necessari nei piani di intervento
preventivo e riabilitativo (es. iniziative di tempo libero per i giovani ecc.);
- prevedere un'apposita
elaborazione e lavoro specifico da parte del servizio socio-assistenziale, che
può trovare un momento di partenza nell'ambito delle riunioni periodiche di
progetto, o nella stesura della relazione periodica di distretto.
L'elaborazione derivante da questa funzione del
servizio rappresenta un supporto tecnico indispensabile alla definizione e al
l'aggiornamento del piano zonale di attività di spesa
e degli specifici progetti obiettivi.
Conclusione
Vorrei evidenziare che la proposta esposta è
sperimentale, anche se approvata dal Comitato di gestione dell'USSL, non è
ancora attivata in tutte le sue parti ed è basata sull'indispensabilità che,
anche sul piano organizzativo, il settore socio-assistenziale
non venga subordinato alla sanità, ma conservi la sua specificità, specificità
che non deve e non può contrastare con la professionalità degli operatori e
l'adeguato livello tecnico delle prestazioni.
È corretto evidenziare che anche nell'USSL
27 vi sono alcuni problemi nella sperimentazione del progetto:
- il rischio che diventi il «documento dei sogni», irrealizzabile in alcune parti, per la complessità
e ampiezza dei problemi che deve affrontare l'assistente sociale di distretto;
- il rischio che i suddetti contenuti, siano solo recepiti formalmente dall'Ufficio di Direzione dell'USSL e,
quindi non siano adeguatamente sostenuti nella realizzazione integrata che sottendono.
Un documento illuministico che non può «procedere bene» se non «vanno avanti»
anche gli altri servizi sanitari dell'USSL;
- il rischio che venga
considerato un documento «statico», che non sa adeguarsi rapidamente alle
necessità che si evidenziano.
A queste obiezioni è difficile rispondere, perché la
risposta è data dalle cose che si possono fare in tempi e circostanze definite
e dall'evoluzione complessiva del processo socio-sanitario nelle USSL.
Ci terrei tuttavia, a sottolineare
i seguenti aspetti:
- non tutto è realizzabile subito: si tratta di
iniziare a fare un passo per volta tenendo a riferimento un progetto
complessivo;
- il progetto tenta di conciliare nell'operatività
dell'assistente sociale di distretto l'esigenza di avere nel distretto un
assistente sociale polivalente di tutte le problematiche socio-assistenziali
e di far sì che approfondendo filoni specifici di lavoro, si partecipi
alla programmazione distrettuale e zonale.
È evidente che nell'ambito del progetto proposto il
contributo alla programmazione da parte dell'assistente sociale si esplica in modo trasversale attraverso le tre funzioni.
Il progetto rappresenta un'ipotesi che vuole
conciliare le indicazioni del piano socio-sanitario regionale (assistente
sociale nel distretto) e le considerazioni di chi ritiene
oggi non proponibile avere operatori capaci di svolgere in modo tecnicamente
significativo tutte le competenze socioassistenziali.
SCHEDA
INFORMATIVA U.S.S.L. N. 27
Territorio
L'USSL 27 è situata a Nord di Torino e ricopre parte
di quella zona che é chiamata Basso (o Sud) Canavese; comprende 17 Comuni (per
una popolazione complessiva di 76.425 abitanti); Comune capofila dell'USSL è Ciriè, sede del presidio ospedaliero in cui sono collocati i servizi amministrativi e gli uffici
centrali dell'Unità socio-sanitaria.
L'USSL è caratterizzata da una notevole eterogeneità
territoriale, socio-economica e politica: in base a
queste differenze è possibile suddividere il suo territorio in tre sub-aree.
La prima sub-area comprende i Comuni gravitanti
nella prima e seconda cintura di Torino - Borgaro
(8.700 ab.), Caselle (11.000 ab.), San Maurizio (6.700 ab.), Ciriè (18.800 ab.), Robassomero
- ed è discretamente industrializzata. Vi sono situate le maggiori fabbriche ed
industrie della zona; ad esempio Borgaro offre da
solo circa 5.000 posti di lavoro industriale, costituendo perciò un forte polo
di attrazione della forza lavoro; altri poli sono
Caselle con l'Aeroporto e l'Aeritalia (industria a
livello nazionale), e Ciriè (Saiag,
Algat, Cartiere, ecc.). Questa sub-area è stata
caratterizzata - com'era logico attendersi - da un
elevato processo di urbanizzazione e terziarizzazione. I Comuni che la
compongono, fino a poco tempo fa aventi un'economia prevalentemente agricola,
hanno assistito in questi ultimi decenni al processo di espansione
dell'area metropolitana, che qui è tuttavia arrivato in ritardo rispetto ad
altre direttrici di espansione (verso Sud-Ovest, verso Ovest). Ai problemi tipici
di tale espansione, quali l'immigrazione, spesso unita
- a causa di una politica edilizia non adeguata (es. concentrazione delle case
popolari) - all'emarginazione di gruppi di popolazione, con la rottura del
tessuto sociale preesistente, si sono aggiunti, con la crisi degli anni '70, i
problemi della disoccupazione e dell'abitazione. I Comuni si sono trovati
spesso impreparati ad affrontare adeguatamente i problemi indotti dai
cambiamenti subiti e a rispondere alle nuove esigenze del territorio.
La seconda sub-area comprende quei Comuni che sono
collocati sull'asse stradale Ciriè-Valli di Lanzo
(Noie, Villanova, Mathi,
ecc.), e che sono stati investiti solo parzialmente dai processi sopra
descritti. Vi è la compresenza di strutture industriali ed attività agricole, e
l'innesto delle prime sulle seconde è avvenuto senza
modificare troppo la situazione preesistente e senza creare problemi
particolari.
La terza sub-area è composta da
quei Comuni (Barbania, Front, Rocca, ecc.) che sono
più isolati, fuori dalle principali vie stradali, e più hanno mantenuto le
loro caratteristiche rurali. Sono in genere paesi di poche centinaia di abitanti, la cui attività prevalente è l'agricoltura o la
piccola industria artigiana, e che presentano ancora legami di solidarietà e
parentela tipici delle società preindustriali. I problemi emergenti sono
quindi del tutto diversi da quelli della prima o
seconda subarea,: abbandono da parte dei giovani dei paesi, elevata
percentuale di popolazione anziana, mancanza dei servizi primari (soprattutto
i trasporti), alcoolismo, ecc.
Servizi
L'USSL 27 è suddivisa in 8 distretti che offrono
alla popolazione i servizi di base:
distretto
1 - Ciriè - S. Carlo
distretto
2 - S. Maurizio - S. Francesco al Campo
distretto
3 - Barbania - Front - Vauda
- Levone - Rocca
distretto
4 - Nole - Villanova -
Grosso - Mathi
distretto
5 - Robassomero - Fiano
distretto
6 - Caselle
distretto
7 - Borgaro
distretto
8 - Mappano (frazione di Borgaro,
servita per metà dai servizi di Caselle e per metà da quelli di Borgaro).
Anche dal lato dei servizi di base si rispecchia la
disomogeneità di allocazione delle risorse evidenziata
a proposito del territorio: ad esempio, il distretto 3 è ancora sprovvisto di
un assistente sociale; i consultori familiari sono presenti nei distretti
1-2-3-4-6-7; il servizio di assistenza domiciliare è stato attivato solo a Ciriè (distretto 1), Robassomero
(distretto 5) e Borgaro (distretto 7), S. Maurizio
(2), Caselle (6). I servizi sovradistrettuali, ossia
di USSL, sono il centro tossicodipendenze ed il
servizio di salute mentale, situati a Ciriè; il
centro di riabilitazione per handicappati (0-14 anni) a S. Maurizio e, dal
marzo 1984, il Centro Diurno Socio-terapeutico per
handicappati (14-30 anni) a Ciriè.
In campo sanitario, tutti i servizi integrativi di
base sono a Ciriè, sede della ex
Saub (ma esiste anche uno sportello decentrato a
Caselle) e dell'ospedale civile, che ospita al suo interno il poliambulatorio.
Gli interventi normativi e programmatori più
rilevanti dell'USSL 27 nel settore socio-assistenziale, sono stati:
- la determinazione dei criteri generali per
l'erogazione degli interventi di assistenza economica;
- la definizione dei criteri e
delle modalità d'intervento economico da parte dell'USSL, nei casi di ricovero
in istituto;
- la definizione, dei criteri d'intervento in caso di affidamento di minori, handicappati, anziani;
- la determinazione dei contenuti e dei criteri
generali di erogazione del servizio di assistenza
domiciliare;
- il passaggio delle funzioni socio-assistenziali all'USSL (delibera del 25.9.81) e, con l'approvazione
della legge regionale 20/82, la delibera di congruenza.
Ancora su un piano prevalentemente propositivo
si sono fermati i vari progetti-obiettivo (tutela materno-infantile,
anziani, handicappati, dimessi dagli ospedali psichiatrici). Attualmente tutti i servizi dell'USSL hanno steso il proprio
PAS (Piano di attività e di spese previsto dalla legge regionale n. 27 del
10.3.82), che ora deve affrontare il lungo cammino della consultazione e
dell'approvazione.
Operativamente parlando, al di là
della costituzione dei servizi sopra citati, le iniziative più
importanti intraprese dall'USSL 27 in questi ultimi anni, in campo
socio-assistenziale, sono:
- l'attivazione del piano tutela materno-infantile
(1982) relativamente alle visite mirate ai bambini da
1 a 5 anni e ai rapporti con la scuola materna, elementare e media;
- l'attuazione di un corso di formazione e
qualificazione per il personale adibito, o da adibire in futuro, al servizio di assistenza domiciliare e alle strutture tutelari;
- la costituzione del gruppo famiglie affidatarie e promozione di una campagna di sensibilizzazione all'affidamento;
- gli incontri quindicinali tra
tutti gli assistenti sociali operanti nei distretti, come momento di
riflessione, qualificazione ed aggiornamento.
Volontariato
la presenza nell'USSL 27 di volontariato organizzato
operante in campo socio-assistenziale, è limitata alla città di Ciriè, che comprende diversi gruppi ed associazioni che
lavorano, spesso, non solo limitatamente a Ciriè, ma
estendono la propria attività a tutta l'USSL o ai paesi più grossi. Seguendo
in ordine cronologico rispetto alla nascita, questi gruppi sono:
- la Conferenza di S. Vincenzo,
presente da circa 15 anni, comprendente 20-30 persone. Opera in campo assistenziale
fornendo aiuto economico (denaro, generi alimentari, legna, mobilio, vestiti,
ecc.), consulenza legale, appoggio e sostegno nelle situazioni di difficoltà.
Attua i propri interventi mediante visite domiciliari periodiche (di solito
settimanali) ed estende il proprio raggio d'azione anche ai Comuni vicini. II
gruppo ha subito in questi ultimi anni una certa evoluzione: comprende diverse
persone giovani, l'età media si è abbassata e tende ad intervenire in modo
nuovo e più incisivo, cercando di superare il vecchio concetto di assistenzialismo. Ha rapporti quasi settimanali con il
servizio sociale di Ciriè, con il quale vengono definiti i rispettivi ambiti d'intervento e discussi
i casi seguiti da entrambi. La S. Vincenzo è un'associazione strutturata a
livello nazionale, regionale e zonale, per cui il
gruppo di Ciriè è in contatto con gli altri gruppi
che operano a livello regionale. Nell'USSL 27 vi sono altri gruppi della S.
Vincenzo, che operano però in modo isolato e sono composti in genere da poche
persone; risulta quindi difficile venire a conoscenza delle loro attività e delle loro stessa presenza;
- il gruppo inserimento
handicappati: ha iniziato la propria attività nel 1978/79, ed è composto
da circa 30 persone (persone sensibili al problema dell'handicap, e persone che
tale problema la vivono direttamente). Inizialmente ha contattato tutti i casi
di handicappati presenti nella zona, chiedendo poi all'USSL di fare
altrettanto (non esisteva sino ad allora alcun
elenco). Il gruppo si è collocato subito in posizione di interlocutore
rispetto alla struttura pubblica, individuata nell'USSL, ed ha portato avanti
i problemi e le esigenze degli handicappati. L'anno scorso ha aperto un negozio
in cui vengono venduti lavori in cuoio fatti da
alcuni handicappati nel retrobottega: tale iniziativa ha soprattutto lo scopo
di sensibilizzare la gente su questo problema. Attualmente il gruppo si è
costituito come cooperativa, si è trasferito in locali più grandi per poter
accogliere più persone: la consapevolezza che nel momento
attuale, con migliaia di disoccupati, è improponibile il discorso
dell'occupazione degli handicappati, non significa per il gruppo rinunciare a
portare avanti il discorso della professionalità del l'handicappato e quello
del rispetto della legge 482 sul collocamento obbligatorio. Oltre, quindi, ai
rapporti di stimolo nei confronti dell'ente pubblico e di verifica della
gestione dei servizi, ora sono stati perfezionati
accordi per instaurare una forma di collaborazione tra cooperativa e centro
diurno. Il gruppo, come ulteriore strumento di
sensibilizzazione dell'opinione pubblica, stampa un giornalino con articoli
scritti per buona parte da handicappati stessi;
- l'AVO (Associazione Volontari Ospedalieri) è nata lo scorso anno, ed ha organizzato, prima di iniziare la
propria attività, un corso di formazione per le persone che volevano impegnarsi
in questo tipo di volontariato. È composto da circa 35
persone (al corso avevano partecipato circa 70) ed opera presso l'ospedale di Ciriè e in alcune case di riposo. Lo spazio specifico di intervento consiste non nell'aiutare o supplire il personale
infermieristico di ruolo, ma nel fornire compagnia e calore umano ai malati che
non sono, o non possono, essere assistiti dai parenti. I volontari, che
provengono dai vari Comuni della zona e sono di tutte le età, fanno i turni in
ospedale ed assicurano la loro presenza per alcune ore la settimana; si
ritrovano una volta al mese per confrontare le proprie
esperienze e superare insieme le difficoltà di ciascuno;
- sempre da circa un anno, in Ciriè,
è presente un piccolo gruppo di giovani che opera nel
campo delle tossicodipendenze; è un gruppo molto informale che, per il
momento, lavora senza farsi troppa pubblicità; e che sta ancora definendo le
proprie specificità e linee d'intervento.
Questi i gruppi presenti a Ciriè: nell'USSL 27 - se si eccettua il gruppo «Gli amici degli anziani ed handicappati» di S.
Maurizio (attività varia e generica) - non ce ne sono altri, per lo meno che
abbiano un minimo di organizzazione e di continuità
d'intervento. Nei vari Comuni, ci sono invece parecchi volontari singoli, che,
proprio per il tipo e le caratteristiche di questo modo di fare volontariato
sono di difficile censimento; inoltre attività di volontariato sono svolte dai vari gruppi parrocchiali presenti nella
zona: anche in questo campo, data la discontinuità e la genericità
dell'impegno, è arduo tentare anche un minimo di rilevazione sistematica degli
interventi.
Il coordinamento tra le forze di volontariato
presenti nella zona è pressoché assente. L'anno scorso, il gruppo inserimento
handicappati ha organizzato una giornata di riflessione sul problema
dell'emarginazione cercando di coinvolgere le persone impegnate nei vari
settori, ma con scarso successo.
Per quanto riguarda i rapporti con l'Ente pubblico,
si limitano alle iniziative che ciascuna singola associazione prende nei
confronti di politici ed operatori sociali; sono mancati finora momenti di
raccordo permanente dei vari gruppi di volontariato tra di
loro, e con l'Ente pubblico.
(1) Coordinatore dei servizi
socio-assistenziali dell'USSL 27 del Piemonte.
(2) Cfr. l'editoriale del n. 56, ottobre-dicembre 1981, di Prospettive assistenziali «Proposta di una organizzazione specifica dell'assistenza a livello
locale».
www.fondazionepromozionesociale.it