Prospettive assistenziali, n. 66, aprile - giugno 1984
L'INFORMAZIONE AL
FIGLIO ADOTTIVO
FRANCESCO SANTANERA
L'informazione corretta al bambino sulla situazione di figlio adottivo è il problema fondamentale
dell'adozione (1).
Infatti nell'informazione confluiscono tutte le
problematiche di fondo del rapporto adozionale. I
rapporti personali, specialmente quelli fra genitori e figli, sono così
coinvolgenti sul piano emotivo e così ricchi di sfumature anche piccole, ma
sempre importanti, che non è possibile mascherarne e
tanto meno nasconderne la vera natura.
D'altra parte l'informazione non è un atto che si
compie una volta per tutte. Essa viene
fornita al figlia sia quando questi ha pochi anni, sia, nelle occasioni più
diverse, durante la sua minore età ed anche quando è adulto; l'informazione è
rivolta altresì a parenti, amici, conoscenti, insegnanti, ecc.
La situazione di figlio adottivo non può nemmeno essere taciuta ai medici curanti (2). L'adozione non è
soltanto l'intervento ottimale per i minori in situazione
di abbandono, ma costituisce anche un notevole arricchimento della personalità
dei genitori adottivi.
In parole povere, l'adozione è estremamente
positiva per tutte le persone coinvolte.
Non si può ragionevolmente pensare di mettere in crisi o sconvolgere il rapporto adottivo, impostandolo
su basi non veritiere.
L'informazione al figlio sulla sua situazione di
figlio adottivo deve essere data: un corretto rapporto educativo ed affettivo,
così intenso come quello adottivo, non può avere come riferimento di fondo la falsità.
AI figlio adottivo, infatti, o si dice il falso (tu
sei stato procreato da noi) o si dice la verità (sei
stato procreato da altre persone). D'altra parte, se í genitori non dicono al
figlio la verità, è per il fatto che la ritengono
negativa, in genere sia per il figlio che per se stessi.
Le circostanze in cui deve
essere fornita l'informazione sono le più diverse e spesso le più inaspettate.
L'informazione non è un problema tecnico, una formula
da imparare una volta per tutte e da ripetere al
figlio, ai familiari, ai terzi. È l'estrinsecazione del concetto di adozione che l'adottante ha nel profondo della sua
personalità. Ne deriva che non è possibile informare
correttamente il figlio, quando l'adottante non è intimamente convinto di
esserne il padre o la madre.
Procreazione e filiazione
Ma che cos'è l'adozione? A mio avviso, l'adozione, sul
piano reale, è la modalità con cui si diventa madre o padre di un figlio non
procreato. Ne consegue che bisognerebbe parlare più di genitori adottivi,
invece che di figli adottivi.
«Molti considerano ancora come sinonimi i due termini
"nato da" e "figlio di". Sappiamo, invece, che la
personalità non è determinata tanto dall'apporto ereditario, quanto
dall'ambiente, in particolare dall'ambiente familiare
che educa il figlio (procreato o adottivo), forma i lati essenziali del
carattere e costruisce in sostanza la base della sua personalità» (3). È questo
il punto centrale dell'adozione.
Non è che si voglia negare l'ereditarietà. È ovvio che tutti i bambini nascono con un patrimonio
ereditario. Si vuole negare che esista, per i figli adottivi come per tutti gli
altri, solo una ereditarietà fisica negativa. Si
vuole soprattutto negare che esista una ereditarietà
negativa sul piano morale: il bambino procreato da una persona colpevole di
reati di qualsiasi gravità o praticante la prostituzione (maschile o femminile)
non ha alcuna predisposizione nei confronti dei delitti o delle deviazioni
sessuali.
Se l'ereditarietà sul piano fisico (come ad esempio
il diabete) può comportare a volte problemi anche gravi (di qui una ulteriore esigenza di una corretta informazione), una
parte non indifferente dei fallimenti adottivi è da addebitarsi esclusivamente
al concetto di ereditarietà morale negativa che orienta, in modo anche
persecutorio, gli adottanti e pregiudica quindi qualsiasi valido rapporto
educativo.
«Il timore irragionevole di un'ereditarietà nefasta si insinua a poco a poca nella psiche dei genitori adottivi
e dirige inconsciamente le loro reazioni. Il più piccolo incidente sessuale, la
prima bugia, serviranno da pretesto per alimentare
l'ansietà. L'ossessione dell'ereditarietà, lo spettro della tara altereranno
ben presto i rapporti genitori-figlio, e gli adottanti non si accorgeranno più
dei loro errori educativi. Le loro reazioni non sono più dirette verso il
figlio, ma verso il fantasma della madre prostituta o
del padre delinquente. Tutto ciò crea un clima di insicurezza,
ipermoralizzatore, pieno di divieti, di tabù, che il
bambino respinge. Egli reagisce con l'opposizione, aggravando i suoi
turbamenti e le esigenze dei genitori: è un circolo vizioso»
(4).
Coloro che non sono convinti profondamente di poter
diventare genitori a pieno titolo di un bambino non
procreato, coloro che credono nella priorità del cosiddetto vincolo del
sangue, tutte queste persone, al di là di qualsiasi altra valutazione, sono
assolutamente inidonee ad adottare, poiché mai saranno convinte di essere
genitori veri di un figlio vero. Non è che tutte le adozioni da essi compiute siano dei fallimenti: ma questi si verificano
praticamente ogni qual volta le attese degli adottanti non vengono soddisfatte
da coloro che sono stati adottati.
È pertanto facilmente spiegabile anche il motivo per cui si possono riscontrare fallimenti nel rapporto con i
figli, da parte di genitori adottivi preparatissimi sul piano pedagogico. Infatti non serve a nulla possedere conoscenze approfondite
se esse non fanno parte dei propri profondi convincimenti.
Di qui una constatazione: la preparazione dei
genitori adottivi ha senso esclusivamente quando le concezioni di vita e le
motivazioni di fondo sono tali da consentire
riflessioni, aperture, approfondimenti: in sostanza, quando c'è la disponibilità
concreta al cambiamento, quando si è intimamente convinti di poter maturare
sul piano personale per adeguarsi alle esigenze del figlio.
Tra coloro - tanto più se si tratta di entrambi i coniugi - che vivono chiusi in se stessi, sono
tutto casa e lavoro, non partecipano alla vita sociale, hanno rigide regole di
vita, ritengono di possedere verità assolute, è ben difficile, se non
impossibile, che vi siano adottanti i quali accettino la personalità del
bambino, che non siano ossessionati dalla sua negativa ereditarietà morale,
che non vedano nel loro profondo l'adozione come uno strumento per salvare i
minori «in pericolo», o peggio per risolvere i loro personali problemi o per
conservare traballanti rapporti coniugali. In sintesi, è difficile che non
considerino il bambino come un oggetto da plasmare secondo i loro principi.
Il bambino non viene e non verrà mai considerato loro figlio. Solo se e quando farà le cose che piacciono ai
genitori, essi si sentiranno appagati delle loro fatiche, perché l'adottato in
questo modo dimostrerà adeguata riconoscenza.
Se però l'adottato, pur senza fare cose riprovevoli,
non seguirà in tutto e per tutto il volere dei genitori, allora, quasi sempre, saranno guai.
L'iter scolastico, la carriera professionale, i
rapporti con gli amici soprattutto dell'altro sesso,
l'appartenenza a questo o a quel partito o sindacato e le altre scelte
fondamentali di vita, saranno tutti banchi di prova per l'adottato.
Per questi adottanti ogni discorso sull'informazione sarà visto come uno strumento per
conquistare il bambino, una spiacevole necessità da utilizzare per legarlo al
loro destino (solo noi ti abbiamo voluto bene e tu devi fare altrettanto).
L'informazione non sarà vista come un atto dovuto che richiede un salto culturale sia personale che
sociale, una liberazione da concezioni che ci sono state trasmesse come ovvie,
una riflessione di fondo sull'educazione e sull'ereditarietà, una presa di
coscienza delle cause che portano alcuni genitori di origine a disinteressarsi
dei loro nati.
Nel caso in cui l'ingresso in famiglia sia avvenuto quando il bambino ha superato i primi 3-5 mesi di vita,
i genitori adottivi devono anche fare molta attenzione nel comprendere i
comportamenti derivanti dalla carenza di cure familiari.
Se l'adozione non è concepita come filiazione, molti
e gravi problemi possono sorgere quando si tratta di
bambini di razza diversa. Nei casi di bambini del terzo mondo, ad esempio,
alcuni adottanti arrivano addirittura a porsi nei confronti del figlio
adottivo come coloro ai quali egli deve riconoscenza eterna, perché gli hanno
salvato la vita.
Anche l'insistenza affinché il figlio adottivo proveniente
dal terzo mondo assimili informazioni (e a volte anche comportamenti) in merito
al suo paese d'origine, può essere la prova di una adozione
problematica.
Va inoltre sottolineato - e
questo fatto è della massima importanza - che non vi è solo un rapporto
educativo da parte dei genitori nei confronti del figlio, ma che vi è anche un
influsso formativo sui genitori da parte del figlio.
Non soltanto si diventa figli di quei determinati
genitori (d'origine o adottivi), ma si diventa anche genitori (d'origine o
adottivi) di quei ben determinati figli.
Pertanto molto di quanto è stato scritto in precedenza riguarda anche il rapporto genitori e figli
biologici, rapporto che mai dovrebbe essere impostata sul possesso, sulla
forza, sul ricatto, bensì sulla crescita reciproca.
Due opposte concezioni sull'adozione
Al di là dei giudizi di comodo, occorre affermare che, a partire
dalle prime iniziative condotte dall'Associazione nazionale famiglie adottive e
affilianti (5), iniziative che portarono all'approvazione della legge 5 giugno
1967, n. 431 istitutiva dell'adozione speciale, continuano a scontrarsi due
opposte concezioni dell'adozione:
- la prima considera prevalenti, in modo assoluto, i
diritti e le esigenze dei bambini;
- la seconda ritiene invece che l'adozione sia un
rimedio alla mancanza di discendenti o uno strumento di redenzione di
potenziali disadattati.
È evidente che da queste due concezioni discendono due diverse impostazioni del rapporto genitori adottivi -
figli, e pertanto anche due differenti contenuti sul l'informazione.
Se il genitore adottivo è convinto nel suo profondo di essere la madre o il padre del bambino, l'informazione
sarà semplicissima: sono tua madre (o tuo padre) e non ti ho procreato. Il che
vuole anche dire che il genitore si assume tutte le
responsabilità in merito al rapporto educativo.
Quando invece l'adottante non si
sente madre o padre, allora l'informazione può essere così espressa: non sono
tua madre (o tuo padre); tua madre e tuo padre (i cattivi) ti hanno abbandonato;
io invece (il bravo) ti ho preso e ti voglio tanto bene.
Ne deriva che l'adottato si sente figlio di nessuno.
Il suo rapporto con gli adottanti rischia di non essere autentico,
ma condizionato dalla riconoscenza che il figlio di nessuno deve ai
suoi salvatori.
Dire all'adottato che continua ad essere figlio di
nessuno è un'ottima molla perché questi, soprattutto nel periodo
adolescenziale, si metta alla ricerca dei suoi genitori d'origine, genitori
d'origine che gli adottanti stessi considerano quelli
veri.
Riflessi operativi
Per una adozione corretta è
di fondamentale importanza la selezione dei genitori adottivi. Per i motivi
sopra indicati, questa attività deve essere incentrata
sulla conoscenza delle opinioni che gli aspiranti adottanti hanno nei riguardi
dell'influenza dell'ambiente e dell'ereditarietà fisica e morale.
Pertanto, nei colloqui condotti da assistenti sociali
e/o da psicologi (6), occorre accertare in modo approfondito quale
è la concezione che gli aspiranti adottanti hanno dell'ereditarietà morale e
quale può essere l'influsso di tale concezione nei confronti delle loro
reazioni affettive e del loro comportamento educativo (7).
È indispensabile che siano escluse dall'adozione non
solo le persone che ritengono secondaria l'influenza dell'ambiente nello
sviluppo del bambino (8), ma anche coloro che hanno
una personalità rigida, fatto che è negativo non solo per tutti i figli, ma
soprattutto per quelli adottivi.
Infatti, questi ultimi spesso devono superare anche i
pregiudizi che sono ancora presenti nella società e, purtroppo, anche nelle
strutture prescolastiche e scolastiche: si pensi, tanto per fare un esempio,
ai libri in cui la maternità e la paternità sono spiegate come derivanti
esclusivamente dal vincolo del sangue.
Poiché numerosissime sono le domande di adozione, è oggi possibile una severa selezione degli
aspiranti adottanti.
D'altra parte, quasi sempre
le adozioni fallite sono portate come esempio per sostenere l'influsso
dell'ereditarietà morale e il valore determinante del vincolo del sangue.
In conclusione, la superficialità che si riscontra in alcuni operatori e magistrati nel campo
della selezione delle coppie adottive non solo rischia di determinare
ripercussioni negative, spesso irreparabili, nella vita di quel determinato
bambino, ma danneggia tutti gli adottati e tutti gli adottanti.
Il tema dell'adozione è così ricco di implicazioni
umane e sociali che magistrati, operatori e amministratori dovrebbero
impegnarsi ad approfondirne i vari aspetti.
È pertanto motivo di profonda delusione e di grave
preoccupazione la proposta avanzata da esperti «faciloni», forse alla ricerca di entusiastici consensi da parte di coloro che non intendono
impegnarsi, di realizzare la selezione delle famiglie adottive con la
predisposizione di quiz, da sottoporre alla valutazione anonima di calcolatori
elettronici.
(1) In questa nota si fa riferimento
soprattutto all'adozione di bambini in tenera età. Il problema dell'informazione è tuttavia sostanzialmente uguale, qualsiasi sia l'età
dell'adottato al momento dell'ingresso nella famiglia adottiva.
(2) Ad esempio una informazione
corretta deve essere fornita quando il medico curante chiede notizie sulle condizioni
in cui è nato l'adottato e sulle malattie e cause di morte dei suoi ascendenti.
(3) Cfr. G.
PERICO e F. SANTANERA, Adozione e prassi adozionale, Centro
Studi Sociali, Milano, 1968, p. 117.
(4) Cfr. G.
PERICO e F. SANTANERA, op. cit., pag.
128.
(5) Questa era la denominazione
dell'ANFAA nel 1962, anno della sua costituzione.
(6) A nostro avviso sarebbe preferibile
che i colloqui fossero condotti contemporaneamente da due operatori. Oltre ai
colloqui con i coniugi visti separatamente ed insieme, sono di
estrema utilità, per la maturazione delle coppie e per la loro autoselezione e autopreparazione,
le riunioni di gruppo di aspiranti genitori adottivi.
(7) Cfr. G.
PERICO e F. SANTANERA, op. cit., p. 124
e segg.
(8) Una dimostrazione convincente
dell'influenza dell'ambiente è fornita dalle vicende di bambini allevati da
animali. Al riguardo si può affermare che noi siamo persone perché nati e allevati da esseri umani.
www.fondazionepromozionesociale.it