Prospettive assistenziali, n. 67 bis, luglio - settembre 1984

 

 

INTRODUZIONE

 

 

In questo numero speciale, realizzato grazie al sostegno economico dell'Assessorato alla sicu­rezza sociale della Provincia di Torino, vi è la sintesi di tutti gli articoli aventi riferimenti al tema delle comunità alloggio (1) pubblicati su Prospettive assistenziali dal 1° gennaio 1968 (da­ta di uscita del numero 1) al 30 giugno 1984.

Gli articoli più importanti sono invece ripor­tati integralmente nella seconda parte di questo numero.

Prospettive assistenziali ha sempre sostenuto e sostiene la validità delle comunità alloggio quale alternativa al ricovero in istituzioni totali.

Si tratta di una iniziativa assistenziale applica­bile alle persone (bambini, adolescenti, adulti, handicappati, anziani, ecc.) che, per cause diver­se, non sono in grado di vivere autonomamente.

È una iniziativa attuabile anche da parte del settore sanitario nei confronti di tossicodipen­denti e di malati mentali.

Nella definizione delle priorità di intervento as­sistenziale, occorre partire dall'esigenza di assi­curare il massimo di autonomia possibile alle persone ed ai nuclei familiari. Ne deriva che le prestazioni devono in primo luogo consentire la permanenza dei soggetti nel loro nucleo familiare o nel loro domicilio.

Pertanto gli interventi assistenziali prioritari sono quelli concernenti le prestazioni varie di servizio sociale (informazione e consulenza), l'aiuto economico, l'assistenza domiciliare, l'ado­zione dei minori in situazione di abbandono, l'affi­damento familiare a scopo educativo, l'inseri­mento di adulti handicappati e di anziani presso famiglie, persone e nuclei parafamiliari.

Solo dopo questi interventi si può e si deve col­locare il servizio relativo alle comunità alloggio, servizio che - lo ricordiamo - non è un inter­vento ottimale da proporre a tutta la popolazio­ne, ma un rimedio assistenziale. Spesso il rico­vero in istituto (o l'accoglimento in comunità alloggio) è la conseguenza della mancanza o in­sufficienza degli interventi di prevenzione del bi­sogno assistenziale, prevenzione che si attua as­sicurando a tutti i cittadini, compresi quelli più deboli, le condizioni necessarie per una esistenza fondata sulla massima autonomia possibile dei singoli e dei nuclei familiari. È dunque necessario intervenire prioritariamente a livello di sanità (assicurando non solo cure idonee ma anche tem­pestive prestazioni riabilitative), di lavoro (ridu­cendo la disoccupazione ed eliminando anche il lavoro nero ed il doppio lavoro), di pensione (ele­vando soprattutto gli importi più bassi, il che significa anche fare pulizia delle false invalidità e sopprimere le cosiddette baby-pensioni), di abi­tazione (attuando non solo l'abbattimento delle barriere architettoniche, ma prevedendo anche - soprattutto nell'edilizia economica e popola­re - appartamenti di tipo collettivo, ad esempio per comunità alloggio. Di fondamentale impor­tanza è anche la riconversione a fini sociali degli ingenti patrimoni delle IPAB), di istruzione-for­mazione (stabilendo quanto necessario per il pie­no inserimento degli handicappati).

Analoghi interventi devono essere previsti per tutti gli altri settori: cultura, sport (non compe­titivo), tempo libero, ecc. Poiché le comunità al­loggio sono uno dei servizi assistenziali (e nem­meno il prioritario), ne deriva la necessità di inse­rire detto servizio fra le attività di competenza delle Unità locali.

Ne deriva anche l'esigenza che gli utenti delle comunità alloggio provengano esclusivamente dal territorio dell'USL in cui la struttura è inserita, salvo situazioni motivate da particolari esigenze dell'utente e non provocate da carenze di servizi. In tal modo sarà possibile all'utente richiedere ed ottenere le altre prestazioni assistenziali a cui ha diritto; nello stesso tempo il personale delle co­munità alloggio (pubbliche o private che siano) potrà conoscere le carenze presenti nella zona e rivendicare quanto necessario sia a livello pre­ventivo che riparativo.

È altresì assolutamente indispensabile per evi­tare che le comunità alloggio diventino piccoli istituti, che esse siano inserite nel vivo del con­testo sociale ed abitativo, evitando «concentra­zioni» di più strutture nello stesso stabile. La riorganizzazione dei ricoveri nei cosiddetti grup­pi-famiglia, la creazione dei villaggi SOS sono realtà ben diverse dalle comunità alloggio: si tratta in sostanza di tentativi diretti ad isolare socialmente i più deboli.

Le comunità alloggio possano essere pubbli­che o private (anche se molto preoccupante sa­rebbe una situazione di monopolio da parte dei privati), purché l'organizzazione e il funzionamen­to siano rispettosi delle esigenze degli ospiti. Pertanto, di fondamentale importanza per tutte le comunità alloggio, sono la preparazione del personale, i livelli quantitativi degli operatori, la collocazione e l'ampiezza delle strutture, la dispo­sizione dei locali, l'organizzazione delle attività interne, la partecipazione degli utenti alla vita sociale esterna.

Altro aspetto non marginale riguarda i criteri relativi all'immissione e alla dimissione degli ospiti, criteri la cui determinazione e accerta­mento competono, a nostro avviso, all'ente pub­blico (Unità locale e, transitoriamente, Comuni e Province).

La definizione di parametri da osservare da parte delle comunità alloggio pubbliche e priva­te, non solo risponde alle esigenze di non discri­minare utenti e personale, ma consente anche di compiere analisi raffrontabili delle esperienze, dei risultati raggiunti e dei costi sostenuti.

Va inoltre rilevata l'attuale pericolosissima ten­denza da parte del settore sanitario di trasferi­re al settore socio-assistenziale gli interventi nei confronti dell'utenza più difficile (malati mentali, tossicodipendenti, anziani cronici non autosuffi­cienti), utenza che richiede un coinvolgimento molto impegnativo del personale e notevoli inve­stimenti in denaro. Questi tentativi devono esse­re respinti con fermezza se si vuole evitare che l'assistenza assuma nuovamente il ruolo di «spazzatura sociale» e ridiventi cioè il settore a cui vengono inviate le persone emarginate dal­la sanità, dalla scuola, dal lavoro, dalla previ­denza.

Da notare che il ruolo «spazzatura» dell'assi­stenza è perfettamente in linea con le scelte po­litiche che escludono la prevenzione del bisogno assistenziale nei riguardi della fascia più debole della popolazione.

Infine vogliamo ricordare che per superare le situazioni di emarginazione delle persone più de­boli, la nostra esperienza ci dice in modo incon­trovertibile che è necessaria la partecipazione concreta di tutti coloro che credono che i diritti debbono essere attuati anche nei confronti di co­loro che non hanno - né avranno mai - alcuna possibilità di autotutela (bambini, insufficienti mentali gravi e gravissimi, anziani cronici non autosufficienti), partecipazione che si esprime con lotte concrete nei confronti degli enti tenuti ad intervenire. La semplice delega agli enti pub­blici e privati, in definitiva, è un comodo rifiuto delle responsabilità sociali che ciascun cittadi­no ha in quanto tale.

 

 

 

(1) Le comunità alloggio sono anche denominate gruppi appartamento, focolari, pensionati.

 

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